Coltivare l’amore per se stessi (Il timore di essere assertivi)
Affinché l’amore fluisca libero verso i figli, dovete amare e apprezzare voi stessi. Amandovi, per gli altri sarà più facile volervi bene, e la corrente d’amore verso i figli sarà ancora più ricca. Dare è possibile solo quando si riceve, per questo ricevere è un atto d’amore.
Molti genitori che da bambini hanno vissuto un amore scarso e condizionato sono incapaci di spalancare le porte dell’amore nei due sensi. È possibile che si sentano loro stessi bisognosi d’affetto e fatichino a dare amore, oppure potrebbero rifiutare l’amore a vari livelli, sentendosi immeritevoli o imbarazzati. Sono tanti gli adulti che, non avendo ricevuto amore incondizionato da bambini, spendono soldi e tempo inseguendo sostituti dell’amore come il cibo, i beni materiali, la Tv, la fama, o altre strategie di autoconsolazione. Se sono insicuri del proprio valore, i genitori fanno fatica a essere assertivi ed esitano a dare linee guida chiare.
Guarire se stessi e chiudere una porta sul passato è un dovere verso i figli. Utilizzate il procedimento offerto in questo libro per esplorare e illuminare il modo in cui la vostra mente vi inganna e reclamate il vostro io autentico. Servitevi di terapeuti, gruppi di lavoro, eventi trasformazionali, libri, arte o qualsiasi altra strada a voi consona per ricostruirvi un’autostima e dar vita alla capacità di essere presenti e assecondare ciò che avete di fronte. (Per maggiori informazioni su un lavoro di autorealizzazione, consultate in fondo al libro la sezione Risorse). Riaccendere l’amore incondizionato per se stessi vi renderà liberi di amare; inoltre, dare agli altri vi farà sentire appagati.
Diventare genitori implica un enorme salto: dal sentirsi appagati attraverso una gratificazione personale al sentirsi appagati anche grazie alla soddisfazione di un altro. È il cammino che insegna ad allontanarsi dalla resistenza per abbracciare ciò che vi offre il presente. Più siete sicuri del vostro valore, meno avrete bisogno di concentrarvi su voi stessi e di negare le scelte dei figli. Sentirsi sicuri del proprio valore e non doversi preoccupare di guadagnarsi l’amore, vi rende liberi di amare vostro figlio e di poter apprezzare il vostro contributo alla sua vita. Inoltre, liberarsi dal bisogno di dimostrare il proprio valore facendo colpo sugli altri o dipendendo dal loro apprezzamento, fa sì che nei momenti difficili, in pubblico o davanti alla nonna, sia l’amore per vostro figlio a dettarvi le azioni, anziché la preoccupazione di fare una buona impressione su chicchessia.
Nonostante la vita con i figli richieda una maturazione e il superamento del punto in cui siamo dediti solo al soddisfacimento dei nostri desideri, anche il nostro appagamento merita attenzione. Mentre curate e sostenete lo sviluppo di un altro essere umano perché possa realizzare i suoi sogni, le vostre stesse aspirazioni vengono appagate in modi diretti e indiretti; tuttavia, i sogni di vostro figlio non sono i vostri, né sono il compimento di programmi stabiliti da voi. Mentre lo accompagnate nel suo viaggio, la vostra crescita personale ne viene esaltata in modi inaspettati, che infine diverranno parte del vostro cammino personale. Una madre mi raccontò di come la maternità avesse dato il via alla sua carriera.
Dorothy, mamma di una neonata e un bambino piccolo, mi chiama perché è triste per la sua carriera, mi dice che le sta ormai sfuggendo. Ha smesso di suonare il violino, di ballare e recitare. Si dedica solo ai bambini, condivide il sonno con loro, li allatta in tandem, ha evitato il nido e le baby-sitter e sta progettando di non mandarli a scuola per istruirli a casa. Quando mi chiama, una volta a settimana riesce a seguire una lezione di danza, ma nulla di più.
Spesso ci nascondiamo dietro vecchi bisogni per evitare di muoverci nel presente. Incoraggio Dorothy a indagare la verità dei suoi attuali bisogni.
“Voglio godermi i bambini”, mi dice, “ma sento anche la mancanza di ciò che ero.”
“Saresti più felice con i bambini se non ti mancasse il modo in cui eri?”, le domando.
“Sì, sarebbe un tale sollievo!”, mi risponde pronta, “Il pensiero che mi manchi qualcosa fa male, ma come posso sapere con certezza che non mi manca nulla?”
Suggerisco a Dorothy di seguire lo scorrere della sua vita e di indagare le sue vere passioni nel presente, anziché restare ancorata al desiderio di riavere ciò che era in passato.
La settimana seguente, Dorothy mi racconta che ha cantato mentre faceva altre cose con la bambina in fascia.
Qualche anno più tardi ha iniziato a prendere lezioni di canto ed è entrata a far parte di un coro. Mi racconta che la musica non le è mai piaciuta tanto come adesso. La sua seconda figlia si è poi interessata ai musical e sono finite tutte e due sul palcoscenico a cantare, ballare e recitare.
Quando le ho fatto notare le sue conquiste, Dorothy ha osservato: “La parte migliore è che sono cresciuta e maturata in modi che solo la maternità avrebbe potuto offrirmi. Non solo apprezzo lo stadio della vita in cui mi trovo, ma ho fiducia nel modo in cui la vita evolve e ne godo ogni istante; questo arricchisce il mio matrimonio e ogni altra relazione o esperienza.”
Un’altra storia simile:
Un padre che ha lasciato il suo lavoro stabile per crescere il figlio mi racconta di come, una volta finiti i soldi, abbia deciso di intraprendere un’attività in proprio da casa perché adorava essere parte della vita del figlio. L’ultima volta che parlo con lui mi dice che la sua attività di programmazione è fiorente, ma non solo: il suo nuovo lavoro è molto più interessante del vecchio e suo figlio a tredici anni è già un esperto programmatore.
Se siamo tristi per ciò che ci siamo lasciati alle spalle, è solo perché abitiamo ancora nel passato. Il presente è in continuo cambiamento; è una cosa appagante se ne siamo consapevoli e restiamo coinvolti nel qui e ora. Nuove possibilità emergono di continuo ma, se la mente è aggrappata al passato, c’è il rischio di non notare né apprezzare ciò che ci viene incontro. Andare verso l’ignoto è la natura del vivere. La paura di lasciar andare il passato ci impedisce di godere appieno i nostri figli nel presente. Dopo la loro nascita, la vita non sarà più la stessa; sarà diversa, ricca, sempre mutevole. Finché seguiamo il flusso della vita in modo creativo, apprezzando il cambiamento, ci godremo una delle migliori avventure concesse all’essere umano.
Per aver cura di se stessi non è necessario essere concentrati solo su di sé. Possiamo prenderci cura di almeno qualcuno dei nostri bisogni fianco a fianco con i figli, concentrando la nostra attenzione su di loro. Del resto, la nostra capacità di prestar loro attenzione con amore e gioia è legata direttamente alla cura che abbiamo per noi. Lo facciamo per noi, per il nostro piacere. Per rinnovare la gioia di essere genitori, prendiamoci del tempo da soli o con un amico, anche dieci minuti al giorno aiutano a far fiorire la gioia anziché il risentimento per i bisogni costanti dei figli. Ma soprattutto, notate cosa dite a voi stessi quando provate impazienza o risentimento. Scoprite quali pensieri vi causano dolore e quali esaltano la vostra capacità di amare e vivere con vostro figlio.
L’appagamento deriva dall’essere presenti; se leggete un libro a vostro figlio desiderando invece curare il giardino, rinunciate entrambi a molta gioia. Sono i pensieri che vi tengono lontani dal piacere del momento. O portate vostro figlio con voi in giardino, o leggete il libro e tenete in serbo i pensieri sul giardinaggio per dopo. Godetevi l’attimo; fatevi inondare dalla meraviglia e dall’amore per il vostro bambino; se la mente è in giardino non ci riuscirete.
I genitori mi raccontano spesso di come un giorno soffrano nell’accudire i figli, mentre il giorno dopo, facendo le stesse cose, si divertano moltissimo. La differenza sta nello scegliere dove stare. In altre parole, potete stare con vostro figlio e sentirvi contrariati (desiderando di essere altrove), oppure essere felici insieme a lui. Scovare i pensieri che vi tengono lontani vi aiuterà a restare nell’attimo presente; scriveteli e indagatene gli effetti su di voi.
È naturale che molti non arrivino a essere genitori già capaci in tutto quel che serve; ci evolviamo in corso d’opera, e anche questa è una cosa che dobbiamo imparare ad apprezzare. Non perdetevi la “corsa” nel tentativo di modellare i figli a misura dei vostri limiti; piuttosto, la vita insieme a loro vi offre l’opportunità di continuare a superare quei limiti e diventare più premurosi e attenti.
Durante una sessione telefonica, Robin ha fatto la scelta seguente:
Ayla, otto anni, ha l’abitudine di ripetere senza sosta parole e frasi mentre salta e parla a ritmo incessante. La madre non lo sopporta e cerca sempre di interrompere l’allegro chiacchierio della figlia.
Chiedo a Robin cosa sente quando l’impulso a fermare la conversazione ripetitiva della figlia la travolge.
“Mi sento irritata e impaziente. Voglio stare in pace, voglio essere lasciata sola.”
Robin è convinta che il suo bisogno sia reale, giusto, e che sua figlia debba imparare a smettere per il bene della mamma. Vuole che io le insegni modi migliori per controllare la figlia.
“Il comportamento di Ayla stimola il tuo disagio. Sicura di volerla limitare? O non preferiresti liberarti da questo senso di disturbo e ascoltare deliziata tua figlia?”, le chiedo.
“Ma certo, vorrei essere libera! In questo momento non riesco a controllare il mio impulso a fermarla. Non ho scelta, sono costretta dalla mia voce interiore. Ma non funziona, perché lei se la prende e io mi sento in colpa e distante.”
Le domando: “Quando ti arrendi alla tua voce interiore e fermi tua figlia, cosa cerchi di evitare? Come ti sentiresti se continuasse a parlare?”
La voce di Robin trema: “Non so cosa sia, so solo che sto piangendo.”
“Sì”, le dico, “Capisco, lasciati prendere dalla tristezza.”
“Mia mamma voleva sempre che stessi lontana, voleva sbarazzarsi di me”, ricorda Robin, “mi sentivo un fastidio per lei, e ora sono proprio come lei, provo le stesse cose per Ayla. Non voglio essere una mamma eppure lo voglio, la amo!”
“Vuoi desiderare di essere una mamma?”
“Sì, è così, ma quando lo sono vorrei fuggire via!”
“Hai paura di sentire ancora tutta la solitudine della tua infanzia?”
Robin risponde: “Sì, il dolore di essere respinta da mia madre. Non avrei mai creduto di mettere a tacere mia figlia per evitare di riaprire le mie vecchie ferite. Ora devo scegliere fra crescere o limitare Ayla”. Sorride, “In sostanza, la costringo a soddisfare i miei bisogni e i miei limiti. Sì, vorrei proprio essere felice con le chiacchiere di Ayla e farla finita con quel vecchio dolore.”
“Più tardi potresti esplorare questo pensiero che ti addolora a proposito del rifiuto di tua madre” le suggerisco, “Non respingi sul serio tua figlia, ed è molto probabile che tua madre fosse in una situazione analoga. Per ora, comunque, resta con i tuoi pensieri dolorosi su Ayla.
Quando la tua voce interiore ti dice ‘non lo sopporto, deve smetterla’, prenditi un minuto per farci caso, scriverlo e osservarlo. Vuoi davvero che tua figlia smetta di essere esuberante e chiacchierina?”
“No, voglio che sia libera!”
“Riesci a immaginare come ti sentiresti con tua figlia e la sua esuberanza senza che il pensiero di essere infastidita ti attraversi la mente?”
“Non saprei, non l’ho mai vista senza quel pensiero.”
“Immagina di riuscire nell’intento; tua figlia si adegua e smette di parlare a ripetizione, tu come ti senti?”
“Oh miodio! Orribile! Capisco… perciò senza il pensiero che lei sia un fastidio io voglio solo che Ayla sia se stessa, libera, viva, felice, espressiva!”
“Se ti liberi dei tuoi pensieri, anche lei sarà libera!”
“Sì, è così! Senza questi pensieri, la amo e basta!”
“Riesci allora a vedere l’aspettativa che non debba parlare a ripetizione come una lezione per te?”
“Oh, sì, sarei più felice se la smettessi con le mie incessanti chiacchiere mentali. Ma certo! Lei non fa che essere se stessa e io l’adoro!”
Ogni volta che i vostri limiti ostacolano l’amore e la generosità, avete l’opportunità di liberarvi. Vi amate abbastanza per spingervi fuori dalla vostra prigione emotiva? Proprio come aiutate i figli ad agire nonostante la paura, lo stesso dovete fare per voi; quando preferite l’amore alle veccie storie dolorose, anche i figli impareranno a compiere le stesse scelte.
Ampliare la tolleranza non vuol dire il sacrificio e la costante frustrazione dei propri bisogni a favore di quelli dei figli. Significa che imparate a distinguere fra bisogni e limiti indotti dagli antichi monologhi della mente. Se vi scoprite ad aver bisogno di controllare o fuggire, osservate i vostri pensieri con amore, ma non lasciate che dettino le vostre azioni. Fatevi aiutare da un terapeuta o un amico ad esplorare la validità di quei pensieri per voi e i vostri figli. Quando un bambino vi vede soccombere ai vostri limiti emotivi non impara l’amore verso se stesso, ma la debolezza e la paura. Mentre cerca di soddisfare il vostro bisogno di controllo, impara a temere le emozioni in se stesso e negli altri. Un bambino può essere premuroso e attento ai vostri bisogni, generoso e gentile se ha sperimentato la gentilezza e se osserva che siete in grado di aver cura di voi stessi.
Creare un legame attraverso l’amore non dipende neppure dal fatto che un altro sia amorevole con voi. L’esistenza di una relazione adulta appagante nella vostra vita è una benedizione ma non un presupposto necessario. È soprattutto la relazione con voi stessi che conta. Essere soddisfatti dal punto di vista emotivo dipende dalla capacità di vivere nel presente e di apprezzarvi, il che poi vi permette di amare i figli proprio per come sono, e di trarre una gioia immensa dal vederli crescere.
Amare voi stessi vi aiuterà anche a liberare i figli dal peso di dovervi dare affetto. I figli non sono qui per amarci, esserci grati o realizzare i nostri desideri e aspirazioni. La loro esistenza arricchirà in modo naturale la vostra vita, dandole significato, amore, imprimendole una direzione; ma non potete costruire la vostra relazione con loro sulla base di simili aspettative. Nell’istante in cui scoprite di avere un programma e desiderate che vostro figlio lo realizzi, sono i vostri bisogni quelli che cercate di soddisfare, non i suoi.
Alcuni genitori sono attenti al bambino, ma nello stesso tempo lo usano per realizzare i propri sogni. Concentrarsi sui bisogni dell’altro significa provvedere a lui per consentirgli di andare per la sua strada, non usare la sua vita per le proprie aspirazioni. Quando vi occupate dei figli, siate concentrati su di loro e non su di voi, abbiate cura di voi in modo indipendente rispetto alle cure che prodigate ai figli.
Esser parte della “avventura” di vostro figlio può essere fonte di grande gioia proprio perché non riguarda voi. Se vi arrendete a questa avventura siete nel presente, lontani dalle interferenze della mente. Essere slegati dai propri scopi personali fa sì che questo straordinario viaggio si dispieghi, come un’esplorazione di luoghi esotici, mai visti prima. Accompagnare un figlio sul suo cammino è proprio un viaggio in una terra inesplorata, è il modo in cui la Natura vi riconduce al presente.