capitolo ii

Amore

Non annaffiamo un fiore se sboccia, lo annaffiamo affinché sbocci.

Amare un figlio non garantisce che lui si sentirà amato. Se un bambino non percepisce l’amore che proviamo per lui potrebbe sentirsi insicuro, incapace di esprimersi o indifeso. Potrebbe ricorrere a comportamenti distruttivi o diventare compiacente e sopprimere il suo sé autentico come sistema per ottenere la nostra approvazione. Le ragioni per cui non sente il legame affettivo con noi possono dipendere dal fatto che non esprimiamo l’amore in modo che riesca a percepirlo, oppure che si sente meno amato rispetto a un fratello, o ancora che il nostro amore è condizionato.


Ma noi non annaffiamo un fiore se sboccia; noi lo annaffiamo affinché sbocci. In modo analogo, per fiorire un bambino deve essere sicuro del nostro amore. Quando invece l’amore viene usato per controllarlo, il risultato è che lui finisce per dubitarne. Se, per esempio, vostro padre vi dimostrava il suo amore solo quando vi comportavate in un certo modo o portavate a casa buoni voti, nell’intimo potreste esservi chiesti se vi amava davvero. Un bambino non è qui per essere valutato e poi ricompensato con l’amore. Ogni bambino nasce meritevole d’amore. L’amore è senza orpelli quando è senza condizioni.


A volte i genitori confondono l’essere amato con il lasciar fare al bambino tutto ciò che vuole. Nessuno può fare sempre quello che desidera. Certo non possiamo guidare come ci pare, a volte ci fermiamo quando invece vorremmo continuare. Ci sono considerazioni per i bisogni degli altri che limitano la nostra libertà o la proteggono. Ma questo non ha niente a che fare con l’amore. Piegare il mondo per assecondare ogni capriccio di un bambino può minare lo sviluppo naturale della sua capacità di adattamento emotivo. Egli nasce in un mondo reale e nella comunità sociale cui voi appartenete. Ne vuole far parte, vuole appartenere all’effettiva rete sociale della famiglia e degli amici. Trattatelo come un vostro eguale pur nel rispetto dei suoi limiti. Potrebbe non avere ancora la capacità di aspettare o condividere, ma non significa che possa fare a pezzi la casa, ottenere qualsiasi giocattolo, o tirarvi i capelli. Amarlo, del resto, è venire incontro ai suoi bisogni con premura e gentilezza; dargli forza ed empatia quando la vita non esaudisce ogni suo desiderio.


L’altro aspetto dell’amare un figlio come lui vuole essere amato è accettare il suo modo unico di esprimere l’amore. Un bambino ha bisogno che l’espressione del suo amore venga accolta anche se dà fastidio. Può infastidirci che un bambino allaghi il pavimento del bagno, però potrebbe asciugare per esprimerci il suo amore. Se pensate che vostro figlio sia distruttivo tenete a mente Winnie The Pooh: la casa di Ih-Oh sembrava a Pooh un ammasso di legna, così lui l’ha smontata per costruire a Ih-Oh una casa nuova.


Dare e ricevere amore deve essere fatto senza condizioni. Se un bambino è costretto a dimostrarsi all’altezza per essere amato, e se deve misurare con cura l’espressione di sé, diventa ansioso e dubita del proprio valore. Alla fine, una simile lotta per l’amore diventa una continua corsa per compiacere l’altro o per essere all’altezza delle aspettative, una corsa in cui non ci si sente mai appagati perché la sensazione di non avere valore è onnipresente, tranne in quei momenti in cui si accontentano gli altri o si fa bene qualcosa. È questa l’essenza di una scarsa autostima. Ci sentiamo insicuri se temiamo che la nostra prestazione o il nostro comportamento non possano farci guadagnare l’accettazione agognata. Un forte desiderio di dimostrarsi all’altezza è il risultato di un non sentirsi tali e di sapersi amati solo se si fa qualcosa.

Non che i nostri genitori non ci amassero, ma per molti di loro la libertà di esprimere un amore incondizionato era inficiata dalle norme culturali e dal dolore irrisolto dovuto al modo in cui loro stessi erano stati cresciuti. Molti di loro non hanno mai sperimentato un amore incondizionato, per quanto i loro genitori certamente li amassero. Quando si sono ritrovati di fronte ai propri figli, questi genitori possono essersi sentiti dolorosamente incapaci di dare ciò che non avevano mai provato. Molti di noi sono cresciuti temendo che se non avessero fatto quello che i genitori si aspettavano non sarebbero stati amati, ma è un sentimento che non vogliamo trasmettere anche ai nostri figli. Adottiamo allora l’atteggiamento espresso da Mary Haskell in una lettera d’amore al poeta Kahlil Gibran:

Nulla di ciò che diventerai mi deluderà; non ho idee preconcette su cosa vorrei che fossi o facessi. Non ho alcun desiderio di immaginarti, ma solo di scoprirti. Non puoi deludermi1.

Se un bambino non dubita del vostro amore e della vostra ammirazione per lui, il suo appagamento è il terreno sul quale i suoi sforzi avranno successo. L’azione che condurrà a suo nome sarà autentica, egli sarà libero dalla preoccupazione di ottenere la vostra approvazione, e quando vorrà farvi piacere farà qualcosa per soddisfare i vostri bisogni (non il suo personale bisogno di raggiungere un traguardo), non vi aiuterà né sarà premuroso per guadagnare il vostro amore, ma perché vi ama.


Per capire come esser certi che il bambino senta di essere amato, dobbiamo evitare di usare l’amore come una merce da offrire o da negare in cambio di un certo comportamento o risultato. L’amore è il contesto in cui tenete saldo il bambino affinché si senta libero di essere se stesso. Le sue scelte e il suo comportamento non influenzano il contesto d’amore e le soluzioni alle difficoltà sono trovate nell’ambito di questo contesto.


Amare vostro figlio è vederne lo splendore e scoprire il valore del suo punto di vista. Non è questione di amare il suo disordine o il male che ha fatto alla sorella, ma quando si arriva a simili circostanze da una prospettiva d’amore, nel qui ed ora (senza i vecchi dischi che ci girano nella testa), si vede il bisogno del bambino e si osserva: “Oh, è divertente spargere i fagioli per tutto il tavolo!”, oppure “Vedo quanto te la sei presa con tua sorella. Vorresti mostrarmi (dirmi) come ti senti?” mentre con gentilezza lo allontanate dalla sorella e lo aiutate a trovare una soluzione efficace al suo dilemma. Amate le sue scelte e la direzione che ha preso proprio perché amate lui, cosa che vi aiuta a entrare in sintonia con il suo modo di essere e a offrire soluzioni. Mettere a tacere la mente ed essere presenti vi aiuterà a trovare saggezza e amore. Osservate quello che vi dice la mente, analizzatelo come è suggerito nel primo capitolo e poi trasferitevi nel presente insieme a vostro figlio.

L’amore non è una ricompensa

I genitori sono spesso sconcertati all’idea di esprimere amore verso un figlio che agisce con aggressività; eppure, se lo facessero, scoprirebbero che l’aggressione non è altro che una richiesta d’amore o di attenzione verso qualche bisogno insoddisfatto. Il vostro amore, pertanto, è la risposta migliore al disagio di vostro figlio. Lui non ha controllo sul modo in cui i suoi sentimenti si rivelano, proprio come un adulto che urla e dice cose in grado di ferire. Il bambino aggressivo non sente il vostro amore come una ricompensa, si sente invece sollevato perchè è compreso e accudito, cosa che lo aiuterà a risolvere la sua angoscia. Fermando i suoi gesti e offrendo amore e cure, gli date gli strumenti per relazionarsi in modo gentile e pacifico. Se i bambini si sentono sicuri dell’amore dei genitori è più difficile indurli a far del male a un altro.


È al bambino che diamo il nostro amore, non alle sue conquiste o ai suoi comportamenti. L’amore è il contesto che colora tutto. Se ci sentiamo in collera con lui, non dobbiamo far altro che mettere in atto il nostro amore e ne saremo di nuovo deliziati, anche se costretti a negare le sue scelte. Per farlo, dobbiamo investigare i nostri pensieri (S di S.A.L.V.E.) e riguadagnare presenza. Voi non siete i vostri pensieri, essi vanno e vengono senza che possiate controllarli, ma non rappresentano la verità; se foste cresciuti altrove, avreste pensieri del tutto diversi. Scoprite se le idee esaltano o ostacolano l’amore; in questo capitolo ci saranno esempi sull’osservazione di pensieri che intralciano la percezione dell’amore.


Sapete di amare vostro figlio; perciò, se le vostre parole o le vostre azioni non sono gentili e affettuose non siete fedeli a voi stessi. Se le soluzioni vengono trovate nel contesto dell’amore sono di natura pacifica e rispettano le necessità e la dignità di tutti. Il vecchio credo dell’amore duro è solo un altro dei pensieri che giustificano le violenze sui bambini. Con l’unica eccezione di quelle rare situazioni in cui la sicurezza del bambino è prioritaria ed è necessario intervenire di forza (tirandoli di corsa via dalla strada), l’amore non fa mai male.


Se fossimo stati apprezzati senza se e senza ma quando eravamo bambini, ora non avremmo bisogno di una guida per sapere come amare. Non conosceremmo altri modi se non quello di riversare sui figli un copioso amore che non sia in relazione alcuna con ciò che fanno. Sono il nostro personale dolore e le nostre paure che ostacolano la capacità di lasciar andare e di amare senza condizioni.


Abbiamo conosciuto la scarsità, ed è una delle ragioni per cui abbiamo paura di dare. Forse temiamo che i figli diano per scontato il nostro amore e se ne approfittino; forse dare in abbondanza ci fa sentire vulnerabili, ed è la stessa paura che potrebbe aver impedito ai vostri genitori di esprimervi tutto il loro amore senza condizioni; nel corso di questo capitolo ne parleremo. Eppure la cosa migliore è proprio che il vostro amore sia dato per scontato. Un simile assunto sull’amore è quanto di più sano ci possa essere, è il terreno sul quale il bambino prospera e cresce bene, diventando un adulto empatico, amorevole e capace. Anziché dissipare la propria energia nel tentativo di guadagnarsi l’approvazione degli adulti, sarà libero di impegnarsi nella crescita e nel conseguimento dei suoi scopi.

L’amore visto dai bambini

Quelle che seguono sono poche linee guida per far sì che l’amore fluisca e sia riconosciuto dal bambino:

Soddisfare i bisogni

Quando un bambino non ha timore di esprimersi, quando ha la forza di condurre la sua vita e sa che i suoi bisogni saranno presi in considerazione, allora saprà di essere amato e sentirà di valere. Per questo, la prima via per garantire al bambino una tale sicurezza è quella di soddisfare i suoi bisogni nei termini a lui propri. I bisogni inascoltati si traducono nel percepirsi non meritevole d’amore, con le dolorose conseguenze emotive che questo comporta.


Uno dei modi in cui i bambini esprimono i bisogni è facendo delle richieste. I neonati si affideranno al pianto e ad altri messaggi di natura fisica; i piccoli ai primi passi useranno parole e comportamenti. Le richieste dei più piccoli andranno soddisfatte con prontezza, interrompendo le altre attività; solleciti nel dire “sì” e nel fare tutto il necessario per soddisfare bisogni e aspirazioni. I piatti possono aspettare, l’anima del bambino no. Le telefonate possono essere rimandate, l’amore no. Un piatto nuovo rimpiazza quello rotto, le ferite dell’anima lasciano cicatrici. Il disordine può essere messo a posto e ai danni si rimedia, ma un figlio è sicuro del vostro amore solo se noterà che è più importante degli oggetti e delle cose da fare.


Rispondere con prontezza non significa che non potrete mai contare sul fatto che il bambino sia in grado di aspettarvi mentre finite di fare qualcosa. Man mano che crescerà, certo del vostro amore, sarà sempre più in grado di adeguarsi anche ai vostri bisogni. Confidate nel processo e l’autenticità non andrà perduta. Lasciate a lui l’iniziativa, così saprete che non agisce per guadagnarsi il vostro amore. Non vi aspettate una prematura considerazione dei vostri bisogni; se il bambino percepisce che avete delle attese potrebbe sforzarsi di ottenere la vostra approvazione e si ricadrebbe nell’amore condizionato e nella manipolazione. I bambini, infatti, sono indotti dalle attese a fare ciò che desiderano gli adulti, il che è lesivo per la loro autostima e il loro senso di fiducia.


Proteggete l’autenticità del bambino quando si relaziona con voi, così quando sarà premuroso e attento lo sarà perché vi ama e si prende cura di voi. Agire spinto dal bisogno di ottenere la vostra approvazione, anziché da un autentico desiderio, gli provocherebbe risentimento e insicurezza. Sono proprio questi sentimenti negativi che impediscono lo sviluppo di un interesse autentico per gli altri.


Vi chiederete allora che ne è della convinzione comune per cui forti aspettative favoriscono grandi prestazioni. In effetti, nell’ambito di imprese accademiche o in cui si forgino delle abilità, i livelli stabiliti dall’insegnante con cui, in tutta libertà, il bambino o il ragazzo abbia scelto di studiare, possono incentivare lo sforzo dello studente a eccellere. Il maestro e l’allievo sono pari come persone ma non si trovano sullo stesso livello di preparazione. L’allievo ha scelto di farsi guidare dal maestro e spesso gli offre un compenso proprio per stabilire delle attese che incoraggeranno la sua spinta all’apprendimento.


Simili aspettative non trovano spazio in una relazione d’amore fra genitori e figli, o in qualsiasi altra relazione amorosa, e danneggiano sia la relazione sia lo sviluppo autentico delle caratteristiche attese. Non siete stati assunti da vostro figlio per dare una direzione alla sua vita; al contrario, vi siete proposti volontari per rispondere ai suoi bisogni e seguire la sua crescita con amore.


Aspettarsi che un bambino cresca al ritmo stabilito da voi contraddice il fatto di amarlo per ciò che è, altrimenti il suo valore sarebbe misurato in base alle vostre norme e tabelle di marcia. Amare vostro figlio vuol dire, invece, gioire del suo ritmo di crescita, tanto da lasciarlo libero a ogni passo di essere se stesso, libero dal timore che non lo amiate o non lo apprezziate se non si adegua ai vostri standard.


Siate fedeli al vostro amore. Anziché aspettarvi un comportamento rispettoso, trattate vostro figlio con rispetto; anziché aspettarvi che sia in grado di attendere e tenere in giusta considerazione i vostri bisogni, siate gentili e generosi con lui. Col tempo, emulerà le vostre qualità perchè vi ama e vuole essere parte di voi. Questo non significa che non potrete mai chiedergli nulla, ma non uscite dai confini delle sue possibili capacità. Ogni tanto potrete chiedergli di stare tranquillo, di aspettare, di portarvi qualcosa, ma rispettate la sua scelta, che sia un “sì” o un “no”. Alla fine imparerà a rispettare le preferenze degli altri così come le proprie.


Come già spiegato, amore e sollecitudine non significano dare al bambino licenza di far male a qualcuno o libertà di fare tutto ciò che vuole, cosa che nessuno ha. Significa che avete la responsabilità di provvedere a lui e di rispettarlo in modo che cresca con i suoi tempi.


Abbandonare la nostra idea di quali dovrebbero essere i comportamenti e le conquiste di un figlio può essere difficile. Quando nasce, sorge in noi automatica l’immagine di un bambino “facile” e “bravo”, che crescerà nella gentilezza e nel successo che noi ci figuriamo. Osservando la cultura attorno a noi, ecco che diventiamo prigionieri del ritmo incalzante delle aspettative; dovrebbe aiutare in casa a partire da una certa età, dire “grazie” e “per favore”, essere responsabile, pulito e quieto. Avrete notato che talvolta misurate il vostro stesso valore in funzione del comportamento di vostro figlio, soprattutto in pubblico? È all’altezza? Sono un bravo genitore?


In una seduta telefonica, Kara, mamma di Amanda, mi parlò del suo imbarazzo con la figlia, ma dopo aver investigato i propri pensieri tornò ad amare la bambina per come era:


Amanda da piccolissima è stata una bambina dolce e facile, sempre sorridente e desiderosa di andare dappertutto, tranquilla.


“Ero sicura che sarebbe diventata una bambina gioiosa e collaborativa. Ora ha sette anni e da quando ha più o meno tre anni faccio una gran fatica ad andare con lei a trovare altre persone e bambini, mi sento in tremendo imbarazzo. Spingeva e strappava gli oggetti, ora fa la prepotente con gli altri bambini e non pulisce mai dove ha sporcato. Quando entra in casa è come un tornado.”


Per aiutare Kara a investigare i pensieri che le impediscono di vedere la figlia con chiarezza, le dico: “Parlami delle tue aspettative su di lei.”


“Vorrei che si rendesse conto del caos che combina, che rimettesse a posto e giocasse con gli altri bambini senza comandarli a bacchetta”, mi risponde.

“Credi che possa essere la bambina che immagini?”, le chiedo, e questa è la parte in cui Kara verifica se ciò che pensa ha rilevanza e validità.


Lei sospira: “No, al momento non è quel tipo di persona”.

Resto in silenzio mentre Kara riflette sulla sua semplice intuizione: “Amo Amanda da morire, ma credo di amarla per come vorrei che fosse”, scoppia in lacrime, “Voglio amarla per come è ma non posso!”


“Quello che te lo impedisce sono solo i tuoi pensieri. Riesci a immaginarti insieme a lei senza l’aspettativa che debba essere ordinata e debba relazionarsi agli altri su un piano di parità?”


“Sì, oh sì, l’amerei per come è, la amo tanto!”

“Cosa temi di perdere accettando le sue qualità?”


“La gente penserebbe che sono una cattiva madre perché non la controllo.” (e questo è un altro pensiero doloroso che Kara scopre di avere). “Oh, è terribile! Le impedisco di avere una vita sociale così posso sembrare una brava madre, è orribile!”, singhiozza.


“Sì”, le dico, “Riesci a immaginare come le tue aspettative su di lei possano insegnarti qualcosa e aiutarti con Amanda se tu ascoltassi i consigli che ne verrebbero?”


“Non saprei. Vorrei che rimettesse a posto tutto il disordine che fa. Forse ho bisogno di riordinare la mia mente riguardo a mia figlia. Ho anche tanti disordini fisici da rimettere a posto.”


“E il tuo desiderio che si comporti con gli altri senza comandarli?”

“Oh, ma certo! Vorrei trattarla come un’eguale e non lo faccio!”

“E”, aggiungo, “trattare te stessa come alla pari rispetto agli altri genitori e alle altre persone. Non devi essere meglio di chiunque altro con una sorta di figlia perfetta e angelica.”


“Sì, ora capisco” dice Kara e inizia a ridere, “riguarda solo me. Sai, a volte la lascio essere se stessa. Ogni volta che andiamo al parco è così felice e vivace. Le piace anche fare le capriole e gioca per ore con gli acquarelli e la pasta da modellare. Forse le piacerebbe anche cucinare, ma come la mettiamo con il modo in cui tratta gli altri bambini?”


Le chiedo: “Il tuo pensiero che lei non debba essere prepotente è utile o rilevante?”


“No. Lei è autoritaria, se non avessi il pensiero che non dovrebbe esserlo potrei ammirare la sua capacità direttiva. Io ne ho così timore perché sono molto timida.”


“Perciò Amanda è una che sa prendere il comando, che si fa responsabile della visione d’insieme. C’è bisogno di leader, hai una grande maestra in lei.”

Al termine della sessione Amanda e il papà, il marito di Kara, si affacciano alla porta. Kara salta su dalla sedia e stringe a sé la bambina in un lungo abbraccio, mentre le lacrime le rigano le guance: “Non ho mai davvero saputo quanto ti amassi, Amanda. Ti amo perché sei tu!”


Nelle settimane successive Kara osserva la leadership della figlia e le fornisce occasioni per sfogare la sua esuberanza in tutta sicurezza: costruire, rotolarsi, nuotare, saltare su un trampolino elastico e così via.


“Credevo che sarebbe stato difficile” mi dice Kara, “ma non solo adoro Amanda per come è, anche gran parte dei nostri problemi sono svaniti. Ogni tanto vuole persino risistemare i colori e la pasta dopo aver dipinto e modellato, perché non può usarli di nuovo se si seccano in disordine. Sta bene con se stessa e con me.


La cosa più straordinaria è successa quando siamo andati a casa delle sue cugine. Quando zio Dave è entrato e ha chiesto di rimettere a posto i giochi, Amanda ha detto alle bambine cosa fare e, sotto la sua direzione, i giochi sono stati rimessi a posto senza litigi.”


Kara non ha dovuto rinunciare ai valori che voleva trasmettere alla figlia. Al contrario, li ha ampliati per includere il valore del saper vivere in sintonia con l’altro seguendone le inclinazioni. Amanda imparerà a tener conto delle preferenze degli altri perché la sua natura è stata rispettata. I bambini vogliono riuscire a essere parte di questa società, assimilano i valori dell’amore e della considerazione quando ne beneficiano per primi. Abbiate fiducia in loro: vi faranno capire quando sono pronti per adeguarsi a qualcuno dei vostri bisogni: Sarà un processo con alti e bassi finché non avranno sviluppato appieno la capacità di collaborare.

Affetto e contatto fisico

Chi da bambino ha ricevuto tanti abbracci, coccole, baci, tende a essere affettuoso in modo spontaneo. Se invece da bambini non si è avuto sufficiente contatto fisico potrebbe essere necessario darne e riceverne attraverso uno sforzo consapevole. I bambini hanno bisogno di tutti i tipi di affetto ogni giorno, ma l’espressione fisica dell’amore è l’argomento di questa sezione. Baci al momento di dormire, abbracci e coccole sul divano, tutti contribuiscono a dare nutrimento all’anima finché il bambino li accetta con gioia e piacere. A molti i baci non piacciono ma adorano le coccole.


Se un bambino rifiuta i gesti fisici di affetto, è importante trovare un tipo di contatto fisico che possa apprezzare. Alcuni sfuggono i baci e gli abbracci, sono bambini che spesso hanno un enorme bisogno di contatto ma si sentono troppo vulnerabili nei loro bisogni fisici e sono anche molto sensibili. Se vostro figlio si mostra a disagio offritegli un tipo di affetto fisico che sia meno diretto: fategli scorrere le dita sulla schiena, guardatelo negli occhi, di tanto in tanto toccatelo con gesti lievi, leggete insieme accoccolati e fate altre attività che implichino un certo contatto. Oltre a questo, dormite insieme a lui o restategli accanto per un po’ quando va a letto la sera; il momento di addormentarsi favorisce molte conversazioni intime, coccole e affettuosità. La condivisione del letto può curare e prevenire molte malattie emotive negli esseri umani di ogni età, perciò non esitate a seguire una delle maggiori guide istintive offerte dalla natura a proposito di coccole serali.


Continuate a essere affettuosi anche con gli adolescenti, ne hanno un bisogno disperato ma non osano chiederlo. I maschi soprattutto spesso non ricevono abbastanza affetto da adolescenti. Non temete la loro statura e a volte il loro atteggiamento spavaldo, hanno anche loro bisogno di affetto. Non toccateli di fronte agli amici o in pubblico ma, se vorranno, abbracciateli, baciateli, fategli un massaggio o mettetegli un braccio attorno alle spalle mentre guardate un film o leggete insieme.


I bambini che nei momenti di stress tendono a esprimersi in modo aggressivo sono spesso anche quelli che non amano il contatto con i genitori. Il motivo potrebbe risiedere in un senso di colpa, nel sentire di non meritarselo, oppure potrebbe essere legato alla loro natura sensibile. È ovvio che l’affetto è di grande aiuto a questi bambini nella loro lotta per diventare sicuri del vostro amore; il che li renderebbe meno aggressivi. Un bambino che resiste al contatto potrebbe anche avere una sensibilità fisica; in questo caso è necessario moderare la pressione del vostro tocco per evitare sensazioni di solletico, oppure limitarsi per un po’ solo a massaggi e carezze sulla schiena, se è quello che il bambino preferisce. Il momento di andare a dormire o quello in cui si fa il bagno sono occasioni per prendersi cura del corpo di vostro figlio con tenerezza. Inoltre fa un gran bene ai figli osservare le effusioni dei genitori, vedere i loro gesti di affetto reciproco e il toccarsi con gentilezza.


Alcuni bambini sviluppano un’avversione al contatto se ricevono affettuosità che non desiderano. Il rispetto del corpo del bambino è un elemento cruciale. Il nonno potrebbe pensare che salutarsi con un bacio è un rituale importante, ma se il nipote non vuole essere baciato la sua dignità deve essere rispettata. È il bambino a stabilire in che termini vada condivisa l’affettività fisica. I genitori non hanno alcun diritto sul corpo del bambino. Chiedere un abbraccio, insistere per prenderlo in braccio o baciarlo, non sono gesti affettuosi perché vìolano il corpo del bambino. È ovvio che a voi piaccia abbracciare e toccare vostro figlio, ma siate certi di non eccedere il suo bisogno di contatto. Il vostro rispetto del suo corpo è anche la migliore protezione nei confronti di eventuali condotte fisiche inappropriate da parte di altri.


Se trattiamo con dignità il corpo del bambino, l’affetto potrà elargire i suoi benefici: contribuirà a sviluppare l’autostima, stimolerà l’intelligenza e i buoni sentimenti, ridurrà la rabbia e le emozioni violente, accrescerà la salute del corpo e la fluidità dei movimenti, favorirà l’intimità e le premure.

Prestare attenzione

Sebbene di rado lo manifestino a parole, i bambini spesso si chiedono: “Sono abbastanza importante per i miei genitori da fargli desiderare di trascorrere con me tutto il tempo di cui ho bisogno?”. Se gli si presta solo un’attenzione parziale non riescono a sentire l’amore che vi lega. A volte il bambino insiste che lo guardiate mentre vi dice qualcosa, e se volgete lo sguardo altrove, anche solo un istante, magari vi prende il mento per riguadagnare la vostra attenzione e racconta da capo la sua storia. Se giocate con lui e al contempo leggete, siete al telefono o state per addormentarvi, non riceverà la sua dose d’amore. In modo analogo, non riuscirà a sentire il legame affettivo se dovrà condividerlo con un fratello. Anche dover dividere la vostra attenzione con un amico non è certo la stessa cosa del tempo trascorso con voi a tu per tu, e non può sostituirlo.


Alcuni genitori temono di viziare i figli mettendoli al centro dell’attenzione, tuttavia offrire un’attenzione indivisa è ben diverso dal far ruotare la vita intera attorno ai figli. Riguarda l’esistenza di un legame affettivo come quello che abbiamo con il coniuge e gli amici. Riuscite a immaginare una storia d’amore o un’amicizia senza trascorrere del tempo in intimità? Gli esseri umani fondano la prosperità della propria vita emotiva e intellettiva su questo tipo di intima condivisione.


Se, oltre alla famiglia, desiderate estendere la cerchia delle relazioni di vostro figlio in modo che ricordi la tribù o la famiglia allargata, e vi impegnerete a dar vita a una simile comunità, egli potrà stabilire relazioni con molte persone e creare forti legami affettivi con alcune di loro. Ciò nonostante, molto del modo in cui percepirà se stesso dipenderà sempre dall’intima relazione quotidiana con voi.


Per far sì che vostro figlio si senta sempre amato, trascorrete del tempo con lui a tu per tu, senza interruzioni e concentrandovi solo su di lui; in questi momenti fategli scegliere cosa fare. Ha bisogno di sentire che è importante, che conta nel vostro mondo, e di vedere che siete solleciti nel mettere da parte una lettura, le faccende di casa o le scartoffie, le commissioni, le telefonate e gli incontri con gli amici per trascorrere del tempo a tu per tu con lui. Se avete più di un figlio, ci vorrà un po’ di organizzazione. Quando invece per la maggior parte della giornata siete voi la sua unica compagnia, il tempo trascorso dedicandogli tutta la vostra attenzione non fa che esplicitare il vostro amore e soddisfare il suo bisogno di intimità e di vicinanza ad altri esseri umani. Se, infatti, siete la sua sola compagnia, rifiutare i momenti a tu per tu può instillare un dubbio sul proprio valore e diminuire la stima di sé. Prestare attenzione, se questa è indivisa e senza distrazioni, è la dichiarazione d’amore più forte che ci sia.


Gli adolescenti, non meno dei piccoli ai primi passi o dei bambini, hanno anch’essi bisogno di trascorrere del tempo con voi da soli. Oscillano fra il dar prova che non hanno più bisogno di voi e il verificare se siete ancora lì per loro. Rispettate il loro desiderio di modellare la propria vita in autonomia, ma siate all’altezza delle aspettative. Unitevi alla loro conversazione con interesse; informatevi sulla loro vita, i loro pensieri e sentimenti; offrite sostegno, partecipazione e mostrate la vostra gioia nel condividere la vita insieme a loro. Soprattutto, ascoltate cosa hanno da raccontare e siate sempre attenti quando vogliono mostrarvi qualcosa e condividerla con voi. Per loro è molto importante che li vediate per ciò che sono e li amiate per ciò che stanno diventando.


Quando la coppa dell’attenzione sarà colma, i più piccoli saranno contenti di starvi accanto mentre preparate la cena, pagate le bollette o suonate la vostra musica. Se il loro bisogno di attenzione è soddisfatto, anche i più piccoli pian piano saranno capaci di fare a meno della vostra attenzione per brevi periodi e di tanto in tanto. È una capacità che si manifesta da sola, non cercate di provocarla, né abbiate aspettative in tal senso.

Dawn ha avuto grandi difficoltà a conciliare la visita della sua ospite Sarah e le richieste della figlia piccola, Dona.
Mi chiama la sera in preda alla disperazione, mi dice che non vede Sarah da anni e ha bisogno che la figlia le lasci godere la compagnia della sua amica. Nel corso della seduta, scopre che la causa del suo stress sono questi pensieri: “Io e la mia ospite non dovremmo avere interruzioni” e “La mia ospite, Sarah, ha bisogno di tutta la mia attenzione, sempre.”

Dopo la seduta, Dawn cambia i programmi: il mattino seguente, anziché dire di continuo a Dona di aspettare, chiede alla sua ospite di attendere o di unirsi a lei mentre per un paio d’ore si dedica alla figlia dandole tutta la sua attenzione. Sarah diventa partecipe della gioiosa mattinata perché Dona vuole che entrambe la guardino ballare, cantare e saltare. Dopo un paio d’ore Dona è soddisfatta e inizia a giocare per conto suo. È talmente appagata che Dawn e Sarah possono chiacchierare per il resto della mattina senza quasi nessuna interruzione. Nel pomeriggio, il papà porta Dona a fare una passeggiata, e dopo un’altra mezz’ora in cui le viene prestata attenzione completa, per le due amiche è possibile stare insieme fino all’ora di cena.

È la soddisfazione del bisogno, non il suo languire, che determinano nel bambino la capacità di passare oltre e liberarsene. Il primo giorno, quando il bisogno di Dona era insoddisfatto, la giornata ha finito per ruotare attorno alla bambina e nessuno era contento. Al contrario, quando il suo bisogno di attenzione è stato soddisfatto, lei si è sentita appagata e la vita non ha più dovuto girare attorno a lei. La cosa è vera anche a lungo termine: più rispondete al bisogno di dipendenza del bambino, maggiore sarà la sua indipendenza quando sarà più grande e da adulto.


Offrite attenzione piena ed esperienze condivise. Se però la vostra attenzione è costante, lo priverete dell’opportunità di formarsi come individuo e di impegnarsi in attività indipendenti. Sarà lui stesso a farvi capire con chiari segnali il suo bisogno di attenzione o quello di impegnarsi in attività per conto proprio.


Stare insieme può voler dire lavorare con vosto figlio accanto. Sarà dunque partecipe della vostra vita in un contesto scelto da voi. Evitate di lavorare fianco a fianco più a lungo di quanto riesca a sostenere, siate sensibili ai suoi ritmi in modo che l’esperienza risulti positiva. Se volete che si unisca a voi durante un’attività che avete scelto, lasciatelo libero di seguire le vostre istruzioni o anche solo di guardare. La sua capacità di coinvolgersi in progetti altrui aumenterà gradualmente e sarà il risultato del suo sentirsi appagato e soddisfatto nelle diverse esperienze; per lui sarà più facile partecipare se potrà contare su un’attenzione piena quando ne sente il bisogno e se la partecipazione soddisfa anche i suoi interessi personali.


Quando gli prestate attenzione, il bambino non sentirà che lo amate se userete il tempo da trascorrere insieme per fargli fare ciò che decidete voi. In questi casi, è più probabile che si sentirà un mezzo per soddisfare i vostri bisogni e cercherà di essere all’altezza delle aspettative. Così facendo, è probabile che sviluppi una certa ansia e dubiterà del vostro amore. Se, al contrario, vi lasciate guidare da lui, percepirà tutto il legame d’amore e svilupperà anche la capacità di intraprendere delle attività e di stabilire quali siano i suoi interessi personali.

Max non sembra più tanto contento di stare con se stesso come un tempo e sua madre Leanne si rende conto di quanto il bambino rifiuti il modo in cui lei gli esprime il proprio amore, soprattutto quando lo fa a parole. In realtà, lui vuole che le parole non siano usate affatto. Così Leanne cerca di fare attenzione al modo in cui Max si sente amato. Scopre che lui vuole che lei ascolti le sue chiacchierate infinite sui dinosauri di legno, che in quel momento sono al centro dei suoi interessi. Il suggerimento le arriva un mattino in cui Leanne vede il bambino molto abbattuto perché la sorella maggiore non sopporta più la sua ostinazione con i dinosauri.
Quando Leanne dà a Max tutta la sua attenzione e ascolta le parole eccitate del figlio mentre descrive le misure, l’aspetto e la stabilità di quelle creature di legno, il volto del bambino si illumina. Per sguazzare nell’amore materno Max ha avuto bisogno che la mamma gli dedicasse tutta la sua attenzione e fosse interessata alle cose importanti per lui. Leanne continua a stare con il figlio in questo modo ogni mattina e la fiducia del bambino nel suo amore riappare, insieme alla gioia e alla naturale esuberanza.

A volte crediamo di seguire la rotta indicata dal bambino, ma di soppiatto cerchiamo di insegnare e guidare. Anche questo ci impedisce di prestare la dovuta attenzione, come ha insegnato alla sua mamma un bambino di cinque anni, durante un soggiorno a casa mia per una consulenza familiare:

Jeremy sta imparando ad andare sul monopattino e chiede alla madre di sedersi fuori a guardarlo. Quando vede che il bambino ha difficoltà con l’equilibrio, lei gli suggerisce dove mettere i piedi.
Jeremy si ferma, la guarda e dice: “Ti ho detto di guardarmi, non di insegnarmi.”

Al cuore dell’amore c’è il dare attenzione; richiede una totale accettazione del bambino, il seguire la rotta indicata da lui e creare un legame e un’intimità nei modi che più gli sono consoni.

Modi diversi di percepire l’amore

Quello di cui un bambino ha bisogno può essere stabilito da lui soltanto. Si sentirà legato a voi quando trasmetterete i vostri “ti voglio bene” sulla sua lunghezza d’onda, non sulla vostra. Se gli piace stare tanto fuori a giocare, amarlo significherà fornirgli un giardino sicuro e condividere con lui esperienze all’aperto. Se vostro figlio adolescente ama stare con gli amici e indossare vestiti buffi, amarlo significherà rendere possibili gli incontri sociali. Se il piccolo ai primi passi adora arrampicarsi, lo amerete davvero dandogli l’opportunità di farlo; se vuole le coccole, dedicategli un pomeriggio di effusioni sul divano o giocate al cavalluccio.


Riuscire a mettere da parte gli impegni significa darsi una buona possibilità di capire la realtà dei figli e individuarne i modi personali di ricevere amore. Si sentiranno sicuri quando agirete in sintonia con quei loro modi di percepire l’affetto. A dispetto delle parole “ti amo”, con cui molti genitori, in modo casuale e talvolta alla rinfusa, esprimono il proprio amore, un’autentica espressione d’amore deve scaturire da un’interazione nel presente. Vostro figlio potrebbe ricevere nutrimento affettivo da una storia, dall’essere tenuto in braccio, o dall’essere ascoltato. Potete dirgli quanto siete felici di stare con lui, quanto apprezzate questo momento insieme, o quanto vi sentite arricchiti dalla possibilità di conoscerlo; tuttavia, perlopiù le espressioni del vostro amore non gli trasmetteranno la sicurezza di essere amato tanto quanto rispondere ai suoi bisogni nei termini preferiti da lui.


Allo stesso modo, amarlo non vuol dire comprargli regali ogni volta che siete in un negozio o fare gli straordinari per acquistare vestiti firmati. Per quanto si pensi di essere spinti dall’amore, i doni materiali non riescono a veicolare il nostro affetto. È invece più probabile che i figli sentano la mancanza della nostra presenza amorevole quando siamo impegnati a fare acquisti o a lavorare. Potrebbero addirittura percepire l’eccesso di regali come un sistema facile per appagarli senza dover trascorrere del tempo insieme a loro. Un dono può esprimere amore quando è fatto pensando alle preferenze del bambino e accompagnato da un’espressione autentica del nostro apprezzamento e della nostra tenerezza.


Fate attenzione a tutti quei gesti che potrebbero contraddire la vostra espressione d’amore. Se, per esempio, un bambino percepisce l’amore soprattutto attraverso il contatto fisico e gli abbracci, potrebbe sentirsi confuso quando gli dite che lo amate mentre tenete in braccio il fratellino piccolo. Il miglior modo per assicurarsi che un figlio assorba il vostro amore è di esprimerlo come si addice a lui, con azioni che avvalorino la sua natura, la sua unicità, e mostrino una gioia sincera per la sua esistenza.

Essere bambino-centrici?

Alcuni genitori temono che dare un’attenzione esclusiva al bambino significhi diventare bambino-centrici, e che questo impedisca lo sviluppo sociale dei figli. Vorrebbero che il figlio si sentisse parte della comunità ma non il suo centro. Il loro esempio sono spesso le tribù o le famiglie estese, che offrono al bambino l’opportunità di sentirsi parte di una più vasta realtà sociale. Tuttavia, idealizzare la vita nelle tribù rischia di renderci ciechi di fronte alle reali possibilità offerte dal nostro tempo e dalla nostra cultura.


La famiglia nucleare non è una tribù e non può procurare un’esperienza analoga a quella delle grandi comunità; può però offrire un senso di appartenenza. In una famiglia, il senso di appartenenza e di essere un membro partecipe della stessa si sviluppa a partire dalla cura che si ha per ciascuno nella sua individualità, e dall’intima relazione a tu per tu. La vita non deve ruotare attorno al bambino, ma questo non vuol dire che egli non debba ricevere un’attenzione personale. Non sarà il solo a riceverla, si sperimenterà come parte della famiglia e imparerà ad aver cura dei bisogni degli altri. A ogni membro della famiglia è riconosciuto un pari valore. L’attenzione che si riceve è come il cibo e le altre cure, è una risposta a un bisogno umano. Il bambino sente di valere grazie al tempo e alle attenzioni che gli dedichiamo. Impara anche il valore di se stesso e degli altri osservando la cura che voi avete per voi stessi e per gli altri; se voi vi date valore, lui farà altrettanto.


Molti genitori anelano a costruire per i propri figli una comunità che ricordi quella tribale perché vorrebbero che i bambini si relazionassero con altre persone e coetanei, soddisfacendo appieno i propri bisogni di compagnia e attività comuni. Se per voi è importante, cercate con ogni mezzo di ricreare una comunità in cui far crescere i figli, date il via a progetti di vita in comunità o di co-housing, oppure unitevi a realtà già esistenti. Ricordate, però, che vostro figlio continuerà ad avere ancora bisogno della vostra attenzione indivisa; forse un po’ meno, ma non sempre.


Nella famiglia nucleare il bambino si trova spesso da solo con la mamma o il papà e forse un fratello. Non c’è nessun altro con cui giocare o con cui sperimentare un senso di appartenenza. Giocare da solo non è la risposta, per quanto vada bene finché piace al bambino. Non dobbiamo aver paura di offrire quel tipo di appartenenza e di attività che sono tipiche di una piccola famiglia moderna. Focalizzare la nostra attenzione sul bambino è la risposta amorevole a chi ha solo voi con cui giocare. Nella misura in cui il bambino assiste a una realtà in cui c’è un equilibrio e i bisogni di tutti vengono presi in considerazione, la cosa non è in contraddizione con il senso di appartenenza a una comunità.


Dobbiamo accogliere il presente e scoprire quali siano le nuove qualità che esso esalta nella natura umana. Se accettiamo con amore la nostra realtà, tutti gli altri valori troveranno il proprio spazio in modo armonioso, quale che sia la struttura sociale. Il risultato di crescere in una famiglia nucleare, con un’attenzione personale, è un diverso tipo di essere umano, che porta avanti possibilità e qualità diverse rispetto a chi è cresciuto facendo parte di una tribù. Leggere un libro a un bambino o seguire le sue ricerche non ne fa un mostro di egoismo, sviluppa piuttosto una forma di pensiero più individualizzata. Il bambino cresce per appartenere alla nostra società, in cui si dà valore all’individualità e al contributo creativo di ciascuno alla comunità più vasta. Nessuno dei due sistemi è migliore o peggiore, sono solo modi diversi di essere umani, da riconoscere e apprezzare.


La paura di essere bambino-centrici è simile a quella di viziarli con l’amore, le coccole, la generosità e la gentilezza. Non è necessario trattenere il proprio amore per paura di viziare i figli. Se, quando è solo con la mamma, il suo bisogno di relazionarsi è respinto, un bambino impara soltanto a essere insensibile e a sentirsi privo di valore.


Un altro presupposto del contesto tribale che molti genitori vorrebbero imitare è la possibilità per i bambini piccoli di assistere alle attività degli adulti, alle quali col tempo parteciperanno e nelle quali diverranno sempre più abili. Anche qui, la vita è cambiata; il tipo di attività che un bambino osserva a casa, spesso svolta da un genitore immobile (al computer, alla scrivania, al lavello etc.), manca di interesse e di stimolo. Alcune delle abilità fondamentali che un bambino desidera imparare richiedono un’interazione personale, mentre altre non rientrano neppure nell’ambito dei lavori che egli può osservare a casa.


Nella famiglia nucleare, il bambino piccolo è costretto a dipendere dall’attenzione che gli si presta a tu per tu, il che non è un bene né un male, è solo la realtà odierna da apprezzare e sulla quale svilupparsi. È grazie a questa attenzione che il bambino avrà il potenziale per diventare un pensatore indipendente e un innovatore come Einstein, Edison e Mozart. Crescerà e sarà un adulto attento e premuroso perché avrà sperimentato la gentilezza, la generosità e l’amore; diventerà un pensatore creativo perché il suo cammino individuale sarà stato assecondato.


I bambini abbracciano con entusiasmo la cultura in cui nascono, qualunque essa sia. La Natura ha reso gli esseri umani molto flessibili e capaci di crescere bene in modalità molto diverse. Per trasmettere l’amore per la vita e la pace interiore dobbiamo accogliere la nostra realtà per ciò che è, anziché desiderare un diverso stile di vita. Andiamo incontro alle esigenze dei figli così come si manifestano in relazione alla nostra società, e apprezziamo le qualità che ne scaturiscono. La felicità è scegliere ciò che è. Le nostre ansie si placherebbero se abbracciassimo con gioia ciò che stiamo lasciando ai nostri figli e permettessimo all’amore di fluire indisturbato.

Distinguere i vostri bisogni da quelli di vostro figlio

Pensate di fare tutto il possibile per trasmettere amore a vostro figlio, eppure lui sembra dubitare che vi importi del suo bene. Considerate la possibilità che siate voi a dirigere la sua vita, anche se non ve ne rendete conto. Quando dirigete la vita di un figlio o una parte di essa, il bambino o il ragazzo potrebbero sentirsi un mezzo per soddisfare i vostri bisogni.


Capita di confondere le nostre esigenze con la cura per i figli, proiettando i nostri bisogni su di loro.


Nonna Mary è venuta in visita per l’estate. I suoi due nipoti (otto e quattro anni) trascorrono felici le giornate senza alcun programma preciso. La nonna si agita e suggerisce dei modi per organizzare la giornata. Teme che i bambini si demoralizzino per mancanza di organizzazione. Ne parla di continuo e spiega il suo proposito al figlio, Jack, affinché si attivi per strutturare le giornate.


Al principio Jack la prende alla leggera, ma quando la madre insiste capisce che deve fare qualcosa. Usa la formula S.A.L.V.E. e si concede un minuto per separare (S) la sua reazione da quelli che potrebbero essere i bisogni della madre.


I pensieri che osserva dentro di sé sono: “Lei sbaglia, io ho ragione, i bambini stanno bene, non mi approva come genitore.” Capisce che si tratta di pensieri che non possono essere verificati e non sono utili a nessuno. Si rende anche conto che sta cercando l’approvazione di sua madre. Sorride a se stesso ed è in grado di focalizzare la propria attenzione (A) su di lei. Riflette sul fatto che a casa propria è abituata ad avere le giornate strutturate e si rende conto di quanto possa sentirsi a disagio in una vacanza non pianificata dove i bambini seguono il proprio estro.


Dopo aver ascoltato (L) la madre e avvalorato (V) la sua percezione, Jack pensa a come rendere le giornate un po’ più srutturate senza che i bambini siano costretti a fare cose che non vogliono. Nei giorni che seguono offre (E) alla madre delle opportunità di pianificazione. Le propone di aiutare a preparare da mangiare e ogni giorno pensa a uscite e attività che scandiscano la giornata e siano appropriate e prevedibili. Dopo un paio di giorni, la nonna dice: “Hai visto? Avevo ragione, in questa settimana i bambini hanno avuto giornate più strutturate e sembrano molto più felici.”


Proprio come la madre di Jack, noi tutti a volte siamo convinti di sapere cosa sia meglio per i bambini, tuttavia è più probabile che questo rifletta i nostri bisogni anziché i loro. Le nostre emozioni e i monologi interiori sono potenti e possono impedirci di vedere quale sia la via autentica del bambino; se imporremo la nostra visione, dubiterà del nostro amore. Sono situazioni facili da riconoscere, come quando vi sentite ribollire spinti dal forte desiderio di fargli fare ciò che ritenete giusto. Il termine “dovrebbe” fa di solito parte della nostra lamentela: “Dovrebbe pulire la sua stanza”, “Dovrebbe finire di mangiare”, “Non dovrebbe interrompere”, “Dovrebbe tagliarsi i capelli”, e così via. Tutte queste aspettative rappresentano il vostro bisogno che faccia qualcosa in accordo con il vostro film mentale, ma hanno poco a che vedere con cosa sia meglio per lui. Per sapere questo, basta che lo ascoltiate.


Prendetevi del tempo per l’autoesame e per separare i vostri bisogni da quelli di vostro figlio (S di S.A.L.V.E.). Una volta chiarito a chi appartengano i bisogni, siate onesti. Potete dire: “Ho bisogno che la tua stanza sia in ordine”; potete chiedere il suo aiuto e, se davvero si sentirà libero di scegliere, è probabile che vi dica di no, finché non capiterà che ogni tanto si offra di aiutare. Se non sceglie di venire incontro al vostro bisogno potete pulire la stanza, lasciarla nel caos oppure trovare un mutuo accordo che piaccia sul serio a entrambi.


Potete fare un ulteriore passo avanti per essere onesti con voi stessi. Continuando con l’esempio, potreste pensare che la stanza dei bambini deve essere ordinata, temere di non essere un buon genitore se la loro stanza è un caos, oppure avere la visione di altre case ordinate. Se esaminate tutte le vostre idee e ne considerate l’utilità e la verità, potreste far pace con il disordine di vostro figlio o rimettere a posto contenti, per fare un piacere a voi stessi.

I figli si sentono amati quando siete schietti in merito ai vostri bisogni ed evitate di controllarli o insegnar loro come dovrebbero essere. Apprezzate le loro scelte e comunicate le vostre; amarli significa davvero gioire del loro essere, apprezzare i loro modi e le loro scelte. Significa che nessuna aspettativa può frapporsi fra voi e un gioioso apprezzamento del bambino. Con le parole di Leo Buscaglia: “L’amore non offre mai una direzione, perché sa che condurre un uomo fuori dal suo sentiero significa farlo camminare sul nostro, e non sarà mai una cosa davvero giusta per lui, deve essere libero di seguire la sua strada.”2

Confondere i nostri bisogni con la direzione da far prendere a nostro figlio è ciò che accade spesso in ambito educativo. Quando desideriamo sostenere un figlio in un percorso di sua scelta ci sentiamo coinvolti nel suo successo e non ci è chiaro quale sia davvero un atto d’amore. “Devo permettergli di abbandonare la squadra, o amarlo significa incitarlo a proseguire nell’obiettivo che si era prefissato?”. Cos’è che un figlio vuole dai genitori nei momenti difficili? In realtà nulla nella vita, e tantomeno quando si è genitori, è mai evidente; ogni figlio e ogni situazione sono unici.


Amate i vostri figli con costanza e chiedetevi sempre: “È il suo desiderio o il mio?”, e, se è il vostro, esaminatene la validità e mettetelo a confronto con la realtà in modo onesto. Ad esempio, se vostro figlio vi nasconde la verità e voi dite che mente, il pensiero sottostante è: “Non dovrebbe dire bugie”. Ma è un pensiero che intralcia il vostro amore per lui. Se mente, vuol dire che doveva mentire, si tratterà quindi di scoprire perché teme di dirvi la verità.


In seguito, potrete ricostruire la fiducia perduta in modo che possa parlarvi di qualsiasi cosa senza timori.


Se vostro figlio si prefigge un obiettivo e ha bisogno che lo sosteniate per affrontare le sfide che dovessero presentarsi lungo il cammino, amarlo potrebbe significare difendere il suo impegno, non i momenti di paura o rassegnazione. Decidere quale sia il caso può sembrare difficile, perché ogni figlio è un individuo sensibile e ogni relazione è unica. Tuttavia, se la fiducia fra voi è intatta, avete una buona possibilità di capire come stanno le cose e distinguere i vostri desideri dai bisogni autentici di vostro figlio, offrendo ascolto e riconoscimento ai suoi timori. Quando i suoi sentimenti avranno avuto piena espressione e ascolto, è molto probabile che gli saranno più chiare le sue aspirazioni e la direzione in cui procedere. Ecco alcuni esempi:


Jack, che ha sempre fatto scuola familiare, a sedici anni dice ai genitori che è pronto per lasciare la famiglia e avventurarsi nel mondo in cerca di nuove esperienze. Dice di non essere più felice a casa. Dopo aver parlato dei suoi bisogni specifici, Kevin, il padre, si dedica allo studio di nuove opportunità. Fa delle ricerche online e molte telefonate per trovare un percorso che sia arricchente e sicuro per il figlio. Trova la possibilità di viaggiare in Europa e guadagnare crediti universitari, sei mesi di viaggio studio in Europa in autobus, un convitto stupendo di tipo alternativo e altre opportunità stimolanti.


Kevin mostra il materiale raccolto al figlio e dice: “Perché intanto non dài un’occhiata a questi siti e cataloghi? Quando ti sei chiarito bene le idee o hai domande parliamo dei tuoi piani e naturalmente possiamo anche cercare altre possibilità”. Jack prende la pila di informazioni senza entusiasmo e non ne fa nulla. Passano due settimane e Jack sembra aver voltato felicemente pagina.


Il padre alla fine gli chiede se ha novità sui suoi progetti, “No, in raltà no…” risponde il ragazzo e, dopo una pausa: “Per ora vorrei restare a casa. Sono entusiasta della mia vita qui e dei miei amici.”


Assecondando i bisogni espressi dal figlio, il padre dà a Jack fiducia e sostegno, il che offre al ragazzo la libertà di fare chiarezza e di scegliere. Una simile fiducia e sensibilità rendono possibile la scelta anche ai bambini più piccoli.


Iris, quattro anni, mentre gioca sulla spiaggia inizia a lanciare sabbia e a piangere: “Volevo restare da nonna!”. La nonna vive in un altro Stato e loro sono appena tornati da lì dopo una lunga visita. Verso la fine del soggiorno, Iris aveva nostalgia di casa e la visita alla nonna è stata abbreviata per questo motivo.


“Volevo restare da nonna” grida Iris.


“Va bene” dice la mamma, “Ho il telefono con me, vuoi che chiami e prenoti un biglietto aereo per tornare a casa di nonna?”; prende il telefono e aspetta che Iris decida. La bambina sembra pensierosa e resta in silenzio per un po’, poi dice: “No, voglio restare qui!”, torna sulla battigia e in men che non si dica è tutta presa dal gioco.


E se Iris avesse detto di sì? Per quanto poco probabile, la mamma avrebbe potuto discutere con lei in dettaglio e verificare l’effettiva possibilità del viaggio. L’espediente del telefono non era necessario, sarebbe bastato avvalorare i sentimenti della bambina: “Vedo che vuoi tornare dalla nonna”. In ogni caso, i bambini piccoli spesso rispondono bene alla libertà di scelta; offrire la possibilità di comprare un altro biglietto aereo ha fatto immediata chiarezza nella mente di Iris.


A volte la situazione richiede un tipo di sostegno più deciso. Un bambino sceglie un obiettivo e tuttavia, quando si presentano degli ostacoli o delle paure, è pronto a mollare. Dovremmo sostenere le sue paure dicendo: “Ma certo, abbandona pure le tue lezioni di immersione”, oppure sostenere la sua scelta originaria? E semmai, come? Durante una consulenza con me, una mamma ha condiviso la sua esperienza illuminante:


Brenda sceglie il balletto ed è molto brava. Qualche anno dopo è l’astro luminoso della scuola di danza, eppure, quando il suo insegnante le suggerisce di fare un’audizione per la compagnia di ballo giovanile, Brenda rifiuta e dice che odia l’idea. Al contempo, parla anche di abbandonare la danza. Le ore di studio diminuiscono e sembra disinteressata. “Non so se si tratta di una richiesta di libertà e fiducia, oppure se è solo paura del fallimento”, mi dice la madre, “Desidera davvero abbandonare o conta su di me per farle tener duro nonostante le paure e i dubbi?”


“Le hai chiesto quali siano i suoi pensieri e sentimenti?”, domando.


“Sì, ha ammesso di aver paura ma dice anche che non le importa più della danza e che entrare in un corpo di ballo sarebbe orribile.”


Chiedo ancora: “Le hai mostrato di aver fiducia nelle sue scelte? e se sì, lei è tranquilla all’idea di non fare l’audizione e lasciar perdere la danza?”


“Le ho detto che dipendeva da lei, non ha risposto e ha cancellato l’audizione. Non si esprime con chiarezza, io credo davvero che abbia una voglia matta di entrare nella compagnia ma abbia paura.”


Suggerisco a Nancy di ascoltare i pensieri e i sentimenti di Brenda, di riconoscerli non come se fossero veri e drammatici, bensì come un prodotto della mente. Questo dovrebbe aiutare la ragazza a distinguere la sua vera se stessa dalla sua voce interiore. Le spiego: “Solo se Brenda sarà in grado di agire a dispetto della paura riuscirà ad avere un’idea di quelle che sono le sue reali aspirazioni. Se compie una scelta in preda alla paura, non sarà una scelta libera, bensì dettata dal timore; ad essa seguirà il rimpianto e persino la depressione, se non coincide con gli intenti reali.”


“E se l’idea di lasciare la danza rappresentasse davvero il suo desiderio?”, mi chiede Nancy.


“Quando avrà espresso appieno i propri sentimenti, sarà in grado di compiere la sua scelta senza il giogo della paura. Sa quel che vuole; se vuole danzare lo farà nonostante la paura, altrimenti abbandonerà la danza senza rimpianti.”


Nancy ascolta i sentimenti di Brenda, senza offrire consigli o prendere iniziative; si limita ad avvalorarli e un’unica volta le dice che secondo lei ci sono buone possibilità che venga scelta. La rassicura dicendole che la danza è una faccenda che riguarda solo lei, e che l’amerà qualunque sia la sua decisione o l’esito dell’audizione.


Brenda sceglie di andarci, di sua volontà, pur continuando a dire che non è ciò che vuole, che è una cosa odiosa e spera di non passare. Se Nancy dicesse: “Allora cancellerai l’audizione?”, Brenda alzerebbe le spalle e non farebbe niente.


Brenda viene accettata nella compagnia di ballo e ottiene un ruolo di media importanza nella prima produzione. Adora ogni singolo istante di questa esperienza e ne è entusiasta, ma allo stesso tempo fa del suo meglio per sembrare disinteressata agli occhi dei genitori.


Talvolta un essere umano, a qualsiasi età, mostra disinteresse verso le cose che invece desidera tanto, oppure Brenda voleva difendere la propria dignità nel caso in cui non avesse superato l’audizione. Non sarebbe stato utile sostenere la sua paura, ma ascoltarla invece sì. Ascoltare i suoi dubbi e sentimenti l’ha aiutata a mantenere la propria integrità e a fare una scelta che non fosse dettata dal timore, bensì da una chiara visione di se stessa e delle proprie capacità.

Quando i figli dubitano del nostro amore

I bambini danno vita ai propri sentimenti soprattutto sulla base del modo in cui vengono trattati, e partendo dal loro punto di vista. Perciò, se vostro figlio chiede di stare insieme a voi e voi rispondete: “Non ora, tesoro, ho da fare!”, osservate l’espressione del suo volto e controllate che non sprofondi nella tristezza. Anche se alla domanda “Sei triste?” risponde con un “Va tutto bene!”, prendete spunto dall’espressione del suo viso e non dalle sue parole. Gli angoli delle labbra sono piegati all’ingiù? È serio e silenzioso? Fa finta di essere sereno o riconoscete qualche altro segno del suo dolore o della paura di perdere la vostra approvazione?


Se un figlio è insicuro del vostro amore, il più piccolo rifiuto lo getterà nella disperazione. Potrebbe pensare: “Lo sapevo, non mi ama, non valgo niente!”. D’altro canto, se invece è sicuro del vostro affetto, potrà sopportare che i suoi bisogni aspettino di tanto in tanto (a patto che sia grande abbastanza), infatti la cosa non gli evocherà ripetute esperienze passate. Quando le esperienze di “non amore” diventano troppe, il bambino perde la sua resilienza emotiva. Quando frasi come “Non mi ama”, “Non valgo abbastanza”, risiedono in permanenza nella mente del bambino, egli tenderà a spiegare tutto ciò che fate in modo che dimostri la validità del suo giudizio. In altre parole, inventerà la storia della sua vita sulla base delle vostre azioni e delle vostre parole; l’invenzione è sua ma voi giocate un ruolo nel suo dramma.


Non potete controllare la mente di vostro figlio, ma potete imparare a essere consapevoli dello stile con cui elabora la propria storia. Se dovete negare l’attenzione a un bambino ai primi passi mentre allattate la sorellina, leggete nei suoi occhi la conclusione a cui è giunto. Sta forse decidendo: “Non mi ama…” o “Non valgo abbastanza…”? Molti adulti dubitano del proprio valore in risposta alla involontaria negazione dei loro bisogni espressa dai loro genitori. Malgrado molte di queste esperienze di vita non possano e non debbano essere prevenute, se siete consapevoli dei sentimenti che vostro figlio nutre potrete sempre legittimarli e metterlo in condizione di trasformare le conclusioni a cui è giunto: anziché “Non mi ama”, potrebbe riuscire a dirsi cose come: “Odio aspettare che la sorellina finisca di poppare, però so che alla mamma piace giocare con me. Appena la sorellina si addormenta mamma starà con me e non vedo l’ora!”


Un neonato vi farà capire se ha paura quando lo mettete a dormire in una culla, lontano dal ritmo confortante del vostro respiro e dalla percezione del contatto fisico. Forse si sentirà solo e spaurito quando non lo tenete in braccio tutto il tempo di cui ha bisogno. Se timori e vecchie concezioni culturali vi impediscono di tenere in braccio e nel lettone vostro figlio per tutto il tempo di cui ha bisogno, potrebbe dubitare del vostro amore e del suo valore.


Un bimbo piccolo potrebbe pensare che non lo volete quando vi vede stringere il neonato; potrebbe sentirsi rifiutato ogni volta che gli dite di smettere di fare ciò che sta facendo, quando parlate al telefono e lo ignorate, quando usate parole che lo giudicano, o quando vi aspettate da lui qualcosa che non è in grado di fare.


Un bambino più grande potrebbe dubitare del vostro amore quando le vostre aspettative non coincidono con le sue, quando non avete tempo per lui, quando proteggete un fratello più piccolo, quando lo criticate, o persino quando lo elogiate. Può suonare strano che un bambino, lodato per le sue conquiste, dubiti dell’amore dei genitori, eppure potrebbe pensare che non sareste così “affettuosi” se non vi avesse in qualche modo impressionati e soddisfatti nei termini voluti da voi.


Molte volte al giorno inviamo lo stesso messaggio ai bambini: non siete importanti quanto altre cose (telefonate, visitatori, cena etc.), siete in basso nella lista delle priorità. Le nostre espressioni d’amore non sempre bastano per rimediare alle offese della giornata. Rischiamo che il nostro profondo amore resti sconosciuto al bambino, giunto ad altre conclusioni sulla base delle sue esperienze.


Un figlio non può sentirsi amato se si sente inetto, minacciato, o incapace di esprimersi per ciò che è, e neppure quando dubita che i genitori lo apprezzino. È possibile che si comporti come ci aspettiamo perché presume che amare significhi riuscire a compiacerci e ottenere la nostra approvazione. Tuttavia, non potrà sentirsi davvero amato fin quando non potrà esprimersi con pienezza e autenticità. Ecco perché il controllo (che si tratti di lodi e ricompense o minacce e punizioni), e la paura che ne deriva, inficiano la percezione del legame affettivo.


Un figlio che dubiti dell’amore dei genitori può annegare nella disperazione, che si manifesta come insicurezza e comportamenti generati dallo stress. Di volta in volta, questi comportamenti suscitano la rabbia dei genitori, che finisce per ferire il bambino. Ora ha la prova di essere sbagliato e che i genitori non lo amano, il che conduce ad altri sintomi di angoscia.


Per evitare di scivolare in questo circolo vizioso, dobbiamo guardare al di là del comportamento e individuare il dolore inespresso che lo ha suscitato. Più distruttivo è il comportamento, più grande è il bisogno di amore e rassicurazione. Altre manifestazioni legate al dubbio di essere amati sono: infelicità, disinteresse nel fare le cose, problemi di linguaggio o di apprendimento, enuresi notturna, tic, disturbi del sonno, aggressività, disturbi dell’appetito, tensione generale, irritabilità. Quando un figlio si sente del tutto sicuro dell’amore dei genitori, non ha bisogno di ricorrere a simili espressioni; si sente sicuro di sé e trascorre il tempo perseguendo le proprie passioni.

Riscoprire la capacità di amare senza se e senza ma.

Se avete dovuto fare una buona impressione e accontentare i genitori per guadagnarvi il loro amore, è probabile che ora siate riluttanti a offrire un amore incondizionato. Quando il comportamento di vostro figlio vi suscita rabbia o frustrazione, il dolore del passato potrebbe impedirvi di provare amore e di notare il bisogno sottostante che ha indotto quel comportamento.


È possibile interrompere questo circolo vizioso generazionale e permettere il fluire dell’amore. Se non siete in grado di separare le vostre reazioni emotive dal bisogno del figlio, rischiate di frenare l’amore e difendere il vostro diritto al rimprovero, al rifiuto o all’abbandono. In altri termini, rimproverare un figlio e credere che sia lui l’oggetto della vostra rabbia è un meccanismo di difesa, che vi aiuta a evitare i vostri stessi sentimenti. È la mente all’opera; è il film del passato che si proietta mentre voi siete, per certi versi, inconsapevoli e passivi.


Scrivete i pensieri che alimentano in voi sentimenti e intenzioni, investigateli come descritto nel primo capitolo. Per aiutarvi nel processo di autorealizzazione, notate come le difese che ostacolano l’amore siano radicate nella paura. Quelli che seguono sono alcuni dei pensieri e delle convinzioni tipiche che ostacolano l’amore, e alcuni modi utili per riconoscerli e sfuggire alla loro presa.

Liberarsi dalla paura di perdere il controllo

Molti genitori temono di perdere il controllo, che si approfitti di loro o che i figli crescano senza senso del limite né considerazione per gli altri. Quando sono guidati da questo genere di preoccupazioni, usano l’amore come fosse una ricompensa. A quel punto, la condiscendenza dei figli è solo frutto del timore di non raggiungere l’approvazione dei genitori. In questo modo, le paure si trasmettono di padre in figlio.


Lasciar andare le paure può essere una questione di scelta e di lavoro consapevole su se stessi nel corso degli anni. Si inizia col riconoscere ciò che ci spaventa, lasciando che la paura sia presente, per non doverci sottrarre a essa attraverso il controllo dell’altro o il misconoscimento dei suoi bisogni. Dopo di che, si può far brillare un raggio di “brutale onestà” sui pensieri che generano la paura. Sul serio non si risolverà mai ad aiutare? Crediamo davvero che non toglierà mai il pannolino? Non imparerà mai le buone maniere? Non leggerà… a meno che non lo si costringa a farlo ora? Una volta compreso che i nostri pensieri non rappresentano la realtà, si potrà agire liberi dal loro giogo e rispondere alle espressioni presenti del bambino.


Fra i genitori la paura che i figli se ne approfittino e prendano il sopravvento è molto diffusa. L’esempio che segue è accaduto durante un laboratorio di consulenza familiare a casa nostra.


Pete, tre anni, mangia le uova strapazzate accanto alla mamma. Dopo qualche boccone si ferma e dice: “Mamma, imboccami!”.


Sandy esita, è già un po’ ormai che Pete mangia da solo, si sente a disagio e risponde: “Puoi mangiare da solo, hai tre anni adesso!”

“Ma mamma, voglio che mi imbocchi tu!”


Sandy gli offre la mano e gli dice: “Ecco, prendi la mia mano e guidala come se ti imboccassi.” Tenta di farlo partecipare alla sua soluzione ma lui rifiuta.

Quello stesso giorno, nella nostra conversazione successiva, Sandy mi confessa la sua paura di essere controllata e manipolata dal figlio.

“Se non avessi questa preoccupazione, lo avresti imboccato?”, chiedo.


“Ma certo!”, mi risponde all’istante e con un gran sorriso, “Mi piacerebbe imboccarlo, lui ridacchierebbe e guarderebbe tutti pieno di gioia!”

Sandy capisce che sono i suoi stessi pensieri, e non Pete, all’origine delle sue paure, e si riprende il proprio potere, che è sempre stato nelle sue mani e non in quelle del bambino.


Quella sera Pete chiede alla mamma di mettergli il pigiama e di tenerlo in braccio per farlo addormentare. Lei accetta, e non appena il piccolo si addormenta, le lacrime le rigano il viso. Più tardi lo mette a letto e dice: “Di solito ci impiega così tanto ad addormentarsi, stavolta è stato molto diverso, così tranquillo e tenero.”


Sandy mi spiega come esiti a rispondere al bisogno di Pete di essere accudito: “È un bambino talmente oppositivo, non voglio che le sue richieste proseguano all’infinito o che si abitui a essere servito tutto il tempo!”


“In che senso è un bambino oppositivo?”, le domando.

“Dice sempre di no a tutto…” inizia Sandy, poi si ferma, “Oh, ora capisco”, prosegue, “Vuoi dire che sono io che dico sempre di no?”

“Dimmelo tu.”

“Io nego le sue scelte e dico che è oppositivo.”


Sandy ride mentre capisce che ciò che vede nel figlio non è altro che l’insegnamento che lei stessa ha bisogno di seguire. Vuole smettere di essere oppositiva con suo figlio.


Dopo la seduta, Sandy decide di rispondere alle richieste di cura di Pete e di osservare il proprio monologo interiore e pieno di paure senza assecondarlo. Dopo due giorni mi dice che Pete è “diventato” un bambino allegro e gentile e che entrambi si sono goduti tante coccole e affettuosità. “Sai, è strano”, mi confida, “esitavo a rispondere alla preghiera d’amore di mio figlio, eppure, spesso ho altrettanta paura a tracciare un confine e impedirgli di far male o mettere a soqquadro le mie cose. Non riesco ad affermare me stessa quando le sue azioni sono aggressive, così mi arrabbio e me la prendo con lui.”


“Qual è la paura?”, indago.

“Non saprei.”

“Cosa potrebbe succedere?”

“Che non ascolti e io mi senta sconfitta e impotente.”

“Credi davvero che non risponderebbe?”

“Non proprio, forse ho paura per me stessa.”

“Sì.”

“Di non meritare amore.”


Sandy fa una pausa e guarda fuori dalla finestra. I suoi occhi sono pieni di lacrime: “Da bambina ero convinta che mia madre non mi amasse perché non ero abbastanza buona. Mi sembrava di non meritare le cure e l’affetto. Ora temo di dare amore a mio figlio e allo stesso tempo non oso fare richieste per il mio bene.”


Quando vi rendete conto che state trattenendo l’amore o non osate essere una guida chiara e decisa, chiedetevi: “Cosa temo? Cosa potrebbe accadere?”. Lasciate che la vostra voce interiore si esprima per iscritto e investigate i pensieri che vi allontanano da vostro figlio. Sottoponete i pensieri e i timori alla luce della verità. Col tempo e grazie all’esercizio, la vostra mente imparerà a considerare le antiche reazioni come materiale da analizzare, non come linee guida per agire nel presente. Diventerà via via più facile, sia amare appieno vostro figlio, sia amare e affermare voi stessi.


Quando trattenente l’amore a causa delle paure, il bambino potrebbe sentirsi ferito ed esibire un comportamento disperato. Penserete allora che questa sia la prova che le vostre paure sono fondate e che non sia il caso di concedere oltre. Se accade, fermatevi e considerate che il suo comportamento è solo la prova che anche lui è spaventato. È la paura di perdere il vostro affetto che porta un bambino all’aggressività e ai gesti disperati. Non essere approvato si traduce, nella sua giovane mente, nell’essere privo di valore e non amato. Di contro, è la sicurezza nell’amore dei genitori che ci trasforma in persone gentili e premurose. Proprio come l’aria, ci rendiamo conto del nostro bisogno d’amore quando ci viene a mancare. Se abbonda, lo diamo per scontato e possiamo prosperare. Capire che la paura è un pensiero, non una realtà, ci rende liberi di agire senza darle retta. Ci permette di accogliere l’amore quando ci viene dato e di trasmetterlo con la stessa facilità.

Liberarsi dalla paura di fare da guida

Molti genitori sono in grado di elargire un amore incondizionato e vivono la paura solo quando si tratta di offrirsi come guide chiare e sicure. I bambini però percepiscono l’amore con facilità se possono affidarsi alla guida sicura del genitore.


Quando Ya-Fei mi chiama è in preda alla disperazione. Mi dice che non è riuscita a portare il figlio di nove anni alle sue attività perchè il fratello più piccolo, di sette, si è rifiutato di uscire di casa o di lasciarla andare e restare con il papà.


“Dopo che ce ne siamo andati sta bene, è davvero felice, però io non posso più farlo, non posso lasciarlo. Se ci provo, Leo si fa prendere talmente dalla rabbia che rompe le cose, si chiude nel bagno e diventa furioso.”


“Qual è la verità a proposito della tua capacità di andartene?”, le chiedo.

“Posso farlo ma ho paura degli accessi d’ira di Leo.”

“E credi che tragga beneficio dal fatto che ti ha impedito di andare?”

“No, non credo, ma non so cos’è che vuole!” replica Ya-Fei.

“Ma TU cosa vuoi, Ya-Fei?”


“I bisogni dei bambini sono in contrasto fra loro, non so cosa voglio.”

“Sì”, le rispondo, “ed ecco perché Leo è confuso da te e cerca disperatamente di riportare chiarezza nella sua vita.”


“Perciò non fa che riflettere la mia incapacità di essere una guida?”

“Sì.”

Alla fine della consulenza telefonica Ya-Fei si sente sollevata e ha le idee più chiare.


“Allora com’è andata?”, le chiedo la volta successiva.

“Ho detto a Leo in anticipo che non saremmo usciti troppo, così sarebbe potuto restare parecchio a casa. Gli ho anche detto che se il fratello deve andare da qualche parte, noi andremo e lui potrà venire con noi o, se è possibile, resterà con il padre o la baby-sitter. È venuto con noi, senza problemi. Non riuscivo a crederci; si è anche portato un giocattolo di sua iniziativa e si è avviato alla macchina prima di me.”


Quando offriamo una guida chiara e sicura, il bambino può affidarsi, appoggiarsi alle pareti che abbiamo costruito per lui, libero di esplorare e crescere. Non deve lottare per sapere cosa aspettarsi.


Un bambino può anche abituarsi a modi diversi di crescere se conosce la cultura della sua famiglia, l’amore è costante, sa di potersi esprimere e sa cosa aspettarsi. Infatti, in un contesto di amore e rispetto, i bambini riescono a crescere bene e diventare adulti felici nonostante condizioni economiche e culturali fra le più disparate.


Moses e Adam sono due ragazzi che ho avuto il piacere di ospitare a casa mia. Moses è stato con noi qualche giorno per un programma di scambio culturale studentesco, mentre Adam, che viaggiava come parte della sua esperienza di scuola familiare, ha trascorso un’estate insieme a noi. Nel corso degli anni siamo rimasti in contatto con entrambi.


Moses all’epoca aveva quindici anni, era cresciuto in una famiglia di Nativi Americani, in un ambiente severo. Era sicuro di sé, responsabile, gentile ed espressivo. Da lui emanavano forza emotiva e bellezza interiore. Adorava la sua famiglia e ci raccontava con passione delle sue tradizioni e costumi. Ci disse di aver scoperto quanto fosse diverso rispetto ai compagni di scuola. Non solo accettava queste differenze, ma le mostrava con orgoglio. Amava quello che i genitori gli avevano trasmesso, le severe regole di comportamento che vigevano a casa sua erano sostenute da un amore costante e non erano rinforzate in modo erratico.


Adam, viceversa, veniva da una cultura di libertà ed eguaglianza. Ero molto commossa dalla sua capacità di stabilire legami e mostrare la propria vulnerabilità. Il suo senso dell’umorismo rompeva ogni tensione e suscitava il riso senza che nessuno si sentisse mai sminuito. Come Moses, Adam si vedeva diverso dai coetanei e credeva che il non subire la pressione degli altri fosse la sua forza. Era orgoglioso di se stesso: “Non conta quello che la gente pensa di me, quello che importa è che io sia in pace con me stesso”, spiegava.


Questi due ragazzi possiedono la fiducia che deriva dalla chiarezza. Rendete chiaro al bambino il contesto della vostra vita comune e non dovrà consumare energie nel temere risultati imprevisti o indovinare le linee guida; potrà invece godere e impiegare la vita appieno. La paura di affermare se stessi come genitori è un ostacolo all’amore.


Essere chiari sul modo in cui funziona la famiglia significa che se un bambino ha pieni e pari diritti, oltreché un’esposizione alla gran parte delle cose che una cultura offre, la chiarezza sarà necessaria per sapere come salvaguardarsi, come seguire i vostri consigli, come rispettare la libertà degli altri e su cosa fare affidamento in caso di perplessità. Se, invece, un bambino cresce con libertà individuali e alcuni confini chiari in termini di quello a cui viene esposto o in relazione allo stile di vita familiare, è necessario che abbia precise linee guida sul tipo di decisioni da prendere in famiglia e sul modo in cui funziona il suo universo sociale, chi è responsabile per cosa, e come tracciare il proprio cammino individuale in autonomia.


Qualunque sia la cultura della vostra famiglia, siate chiari e decisi; vostro figlio, fiducioso, farà di tutto per esserne parte. Siate sinceri e costanti anche nello sforzo di distinguere le vostre difese dalla vostra autentica capacità di amare. Un bambino concederà molto spazio agli errori fintanto che siate aperti e onesti.

Liberarsi dal timore della mancanza

Una delle più grandi paure con cui conviviamo è quella di non avere abbastanza amore o altre cose e condizioni che rappresentano l’amore. Dipende dall’aver ricevuto a pezzi e bocconi un amore condizionato quando eravamo bambini, e dal fatto che l’intera cultura è permeata dall’idea che si riceve il bene solo a condizioni. Un bambino nella nostra società osserva di solito un notevole scambio di beni e servizi ma ben poco dare o donare che sia fine a se stesso. Il risultato è una certa tensione nelle relazioni con il prossimo: “La mia gentilezza verrà ripagata? Io cosa ci guadagno?”. Quando invece la gentilezza ripaga sempre perché dare è già di per sé una ricompensa.


Se da bambini non avete ricevuto abbastanza attenzione, affetto o altre espressioni d’amore, avrete vissuto l’amore come qualcosa per cui lottare. Per usare un’analogia con l’aria, se l’amore era condizionato, allora boccheggiavate in un’affannosa brama d’amore. È un’esperienza che potrebbe impedirvi di abbassare le difese e lasciar andare la paura di non ricevere il necessario. Limita la capacità di dare e ricevere. Questa paura può essere una voce interiore talmente forte da impedirvi di essere nel qui e ora con vostro figlio. Ricondurvi al momento presente è, però, il modo migliore per liberarvi dalla tirannia degli antichi ritornelli sulla scarsità. Osservate cosa vi dice la mente, indagatene la validità, e immaginate come sareste senza quella particolare convinzione. Verificate se la lezione che la mente vi suggerisce per vostro figlio non abbia invece dei benefici per voi. Quando avrete fatto chiarezza, prestate attenzione a vostro figlio (S e A di S.A.L.V.E.).


Amare è il modo per avvicinarsi di più a Dio o all’incomprensibile. La Creazione vi mette fra le mani la responsabilità di accudire e amare un essere umano fino alla maturità. È necessario farlo senza trasformare il figlio in una nostra creatura, il che soffocherebbe la magia del suo essere. Trattate vostro figlio con rispetto e non avrete bisogno di manuali per genitori.


L’amore fluisce abbondante e senza limiti, a meno che non gli sbarriamo il cammino. Controllare il flusso dell’amore è come chiudere il cancello e decidere quanto debba ricevere il prossimo della fila. Lasciarlo fluire significa spalancare le porte da entrambi i lati. Quando la dedizione supera le paure personali, si cresce al di là dei propri limiti e i figli prosperano.

Coltivare l’amore per se stessi (Il timore di essere assertivi)

Affinché l’amore fluisca libero verso i figli, dovete amare e apprezzare voi stessi. Amandovi, per gli altri sarà più facile volervi bene, e la corrente d’amore verso i figli sarà ancora più ricca. Dare è possibile solo quando si riceve, per questo ricevere è un atto d’amore.


Molti genitori che da bambini hanno vissuto un amore scarso e condizionato sono incapaci di spalancare le porte dell’amore nei due sensi. È possibile che si sentano loro stessi bisognosi d’affetto e fatichino a dare amore, oppure potrebbero rifiutare l’amore a vari livelli, sentendosi immeritevoli o imbarazzati. Sono tanti gli adulti che, non avendo ricevuto amore incondizionato da bambini, spendono soldi e tempo inseguendo sostituti dell’amore come il cibo, i beni materiali, la Tv, la fama, o altre strategie di autoconsolazione. Se sono insicuri del proprio valore, i genitori fanno fatica a essere assertivi ed esitano a dare linee guida chiare.


Guarire se stessi e chiudere una porta sul passato è un dovere verso i figli. Utilizzate il procedimento offerto in questo libro per esplorare e illuminare il modo in cui la vostra mente vi inganna e reclamate il vostro io autentico. Servitevi di terapeuti, gruppi di lavoro, eventi trasformazionali, libri, arte o qualsiasi altra strada a voi consona per ricostruirvi un’autostima e dar vita alla capacità di essere presenti e assecondare ciò che avete di fronte. (Per maggiori informazioni su un lavoro di autorealizzazione, consultate in fondo al libro la sezione Risorse). Riaccendere l’amore incondizionato per se stessi vi renderà liberi di amare; inoltre, dare agli altri vi farà sentire appagati.


Diventare genitori implica un enorme salto: dal sentirsi appagati attraverso una gratificazione personale al sentirsi appagati anche grazie alla soddisfazione di un altro. È il cammino che insegna ad allontanarsi dalla resistenza per abbracciare ciò che vi offre il presente. Più siete sicuri del vostro valore, meno avrete bisogno di concentrarvi su voi stessi e di negare le scelte dei figli. Sentirsi sicuri del proprio valore e non doversi preoccupare di guadagnarsi l’amore, vi rende liberi di amare vostro figlio e di poter apprezzare il vostro contributo alla sua vita. Inoltre, liberarsi dal bisogno di dimostrare il proprio valore facendo colpo sugli altri o dipendendo dal loro apprezzamento, fa sì che nei momenti difficili, in pubblico o davanti alla nonna, sia l’amore per vostro figlio a dettarvi le azioni, anziché la preoccupazione di fare una buona impressione su chicchessia.


Nonostante la vita con i figli richieda una maturazione e il superamento del punto in cui siamo dediti solo al soddisfacimento dei nostri desideri, anche il nostro appagamento merita attenzione. Mentre curate e sostenete lo sviluppo di un altro essere umano perché possa realizzare i suoi sogni, le vostre stesse aspirazioni vengono appagate in modi diretti e indiretti; tuttavia, i sogni di vostro figlio non sono i vostri, né sono il compimento di programmi stabiliti da voi. Mentre lo accompagnate nel suo viaggio, la vostra crescita personale ne viene esaltata in modi inaspettati, che infine diverranno parte del vostro cammino personale. Una madre mi raccontò di come la maternità avesse dato il via alla sua carriera.


Dorothy, mamma di una neonata e un bambino piccolo, mi chiama perché è triste per la sua carriera, mi dice che le sta ormai sfuggendo. Ha smesso di suonare il violino, di ballare e recitare. Si dedica solo ai bambini, condivide il sonno con loro, li allatta in tandem, ha evitato il nido e le baby-sitter e sta progettando di non mandarli a scuola per istruirli a casa. Quando mi chiama, una volta a settimana riesce a seguire una lezione di danza, ma nulla di più.

Spesso ci nascondiamo dietro vecchi bisogni per evitare di muoverci nel presente. Incoraggio Dorothy a indagare la verità dei suoi attuali bisogni.


“Voglio godermi i bambini”, mi dice, “ma sento anche la mancanza di ciò che ero.”


“Saresti più felice con i bambini se non ti mancasse il modo in cui eri?”, le domando.


“Sì, sarebbe un tale sollievo!”, mi risponde pronta, “Il pensiero che mi manchi qualcosa fa male, ma come posso sapere con certezza che non mi manca nulla?”


Suggerisco a Dorothy di seguire lo scorrere della sua vita e di indagare le sue vere passioni nel presente, anziché restare ancorata al desiderio di riavere ciò che era in passato.


La settimana seguente, Dorothy mi racconta che ha cantato mentre faceva altre cose con la bambina in fascia.


Qualche anno più tardi ha iniziato a prendere lezioni di canto ed è entrata a far parte di un coro. Mi racconta che la musica non le è mai piaciuta tanto come adesso. La sua seconda figlia si è poi interessata ai musical e sono finite tutte e due sul palcoscenico a cantare, ballare e recitare.


Quando le ho fatto notare le sue conquiste, Dorothy ha osservato: “La parte migliore è che sono cresciuta e maturata in modi che solo la maternità avrebbe potuto offrirmi. Non solo apprezzo lo stadio della vita in cui mi trovo, ma ho fiducia nel modo in cui la vita evolve e ne godo ogni istante; questo arricchisce il mio matrimonio e ogni altra relazione o esperienza.”


Un’altra storia simile:


Un padre che ha lasciato il suo lavoro stabile per crescere il figlio mi racconta di come, una volta finiti i soldi, abbia deciso di intraprendere un’attività in proprio da casa perché adorava essere parte della vita del figlio. L’ultima volta che parlo con lui mi dice che la sua attività di programmazione è fiorente, ma non solo: il suo nuovo lavoro è molto più interessante del vecchio e suo figlio a tredici anni è già un esperto programmatore.


Se siamo tristi per ciò che ci siamo lasciati alle spalle, è solo perché abitiamo ancora nel passato. Il presente è in continuo cambiamento; è una cosa appagante se ne siamo consapevoli e restiamo coinvolti nel qui e ora. Nuove possibilità emergono di continuo ma, se la mente è aggrappata al passato, c’è il rischio di non notare né apprezzare ciò che ci viene incontro. Andare verso l’ignoto è la natura del vivere. La paura di lasciar andare il passato ci impedisce di godere appieno i nostri figli nel presente. Dopo la loro nascita, la vita non sarà più la stessa; sarà diversa, ricca, sempre mutevole. Finché seguiamo il flusso della vita in modo creativo, apprezzando il cambiamento, ci godremo una delle migliori avventure concesse all’essere umano.


Per aver cura di se stessi non è necessario essere concentrati solo su di sé. Possiamo prenderci cura di almeno qualcuno dei nostri bisogni fianco a fianco con i figli, concentrando la nostra attenzione su di loro. Del resto, la nostra capacità di prestar loro attenzione con amore e gioia è legata direttamente alla cura che abbiamo per noi. Lo facciamo per noi, per il nostro piacere. Per rinnovare la gioia di essere genitori, prendiamoci del tempo da soli o con un amico, anche dieci minuti al giorno aiutano a far fiorire la gioia anziché il risentimento per i bisogni costanti dei figli. Ma soprattutto, notate cosa dite a voi stessi quando provate impazienza o risentimento. Scoprite quali pensieri vi causano dolore e quali esaltano la vostra capacità di amare e vivere con vostro figlio.


L’appagamento deriva dall’essere presenti; se leggete un libro a vostro figlio desiderando invece curare il giardino, rinunciate entrambi a molta gioia. Sono i pensieri che vi tengono lontani dal piacere del momento. O portate vostro figlio con voi in giardino, o leggete il libro e tenete in serbo i pensieri sul giardinaggio per dopo. Godetevi l’attimo; fatevi inondare dalla meraviglia e dall’amore per il vostro bambino; se la mente è in giardino non ci riuscirete.


I genitori mi raccontano spesso di come un giorno soffrano nell’accudire i figli, mentre il giorno dopo, facendo le stesse cose, si divertano moltissimo. La differenza sta nello scegliere dove stare. In altre parole, potete stare con vostro figlio e sentirvi contrariati (desiderando di essere altrove), oppure essere felici insieme a lui. Scovare i pensieri che vi tengono lontani vi aiuterà a restare nell’attimo presente; scriveteli e indagatene gli effetti su di voi.


È naturale che molti non arrivino a essere genitori già capaci in tutto quel che serve; ci evolviamo in corso d’opera, e anche questa è una cosa che dobbiamo imparare ad apprezzare. Non perdetevi la “corsa” nel tentativo di modellare i figli a misura dei vostri limiti; piuttosto, la vita insieme a loro vi offre l’opportunità di continuare a superare quei limiti e diventare più premurosi e attenti.


Durante una sessione telefonica, Robin ha fatto la scelta seguente:


Ayla, otto anni, ha l’abitudine di ripetere senza sosta parole e frasi mentre salta e parla a ritmo incessante. La madre non lo sopporta e cerca sempre di interrompere l’allegro chiacchierio della figlia.


Chiedo a Robin cosa sente quando l’impulso a fermare la conversazione ripetitiva della figlia la travolge.


“Mi sento irritata e impaziente. Voglio stare in pace, voglio essere lasciata sola.”


Robin è convinta che il suo bisogno sia reale, giusto, e che sua figlia debba imparare a smettere per il bene della mamma. Vuole che io le insegni modi migliori per controllare la figlia.


“Il comportamento di Ayla stimola il tuo disagio. Sicura di volerla limitare? O non preferiresti liberarti da questo senso di disturbo e ascoltare deliziata tua figlia?”, le chiedo.


“Ma certo, vorrei essere libera! In questo momento non riesco a controllare il mio impulso a fermarla. Non ho scelta, sono costretta dalla mia voce interiore. Ma non funziona, perché lei se la prende e io mi sento in colpa e distante.”


Le domando: “Quando ti arrendi alla tua voce interiore e fermi tua figlia, cosa cerchi di evitare? Come ti sentiresti se continuasse a parlare?”


La voce di Robin trema: “Non so cosa sia, so solo che sto piangendo.”

“Sì”, le dico, “Capisco, lasciati prendere dalla tristezza.”

“Mia mamma voleva sempre che stessi lontana, voleva sbarazzarsi di me”, ricorda Robin, “mi sentivo un fastidio per lei, e ora sono proprio come lei, provo le stesse cose per Ayla. Non voglio essere una mamma eppure lo voglio, la amo!”


“Vuoi desiderare di essere una mamma?”

“Sì, è così, ma quando lo sono vorrei fuggire via!”

“Hai paura di sentire ancora tutta la solitudine della tua infanzia?”


Robin risponde: “Sì, il dolore di essere respinta da mia madre. Non avrei mai creduto di mettere a tacere mia figlia per evitare di riaprire le mie vecchie ferite. Ora devo scegliere fra crescere o limitare Ayla”. Sorride, “In sostanza, la costringo a soddisfare i miei bisogni e i miei limiti. Sì, vorrei proprio essere felice con le chiacchiere di Ayla e farla finita con quel vecchio dolore.”


“Più tardi potresti esplorare questo pensiero che ti addolora a proposito del rifiuto di tua madre” le suggerisco, “Non respingi sul serio tua figlia, ed è molto probabile che tua madre fosse in una situazione analoga. Per ora, comunque, resta con i tuoi pensieri dolorosi su Ayla.


Quando la tua voce interiore ti dice ‘non lo sopporto, deve smetterla’, prenditi un minuto per farci caso, scriverlo e osservarlo. Vuoi davvero che tua figlia smetta di essere esuberante e chiacchierina?”


“No, voglio che sia libera!”

“Riesci a immaginare come ti sentiresti con tua figlia e la sua esuberanza senza che il pensiero di essere infastidita ti attraversi la mente?”

“Non saprei, non l’ho mai vista senza quel pensiero.”


“Immagina di riuscire nell’intento; tua figlia si adegua e smette di parlare a ripetizione, tu come ti senti?”

“Oh miodio! Orribile! Capisco… perciò senza il pensiero che lei sia un fastidio io voglio solo che Ayla sia se stessa, libera, viva, felice, espressiva!”


“Se ti liberi dei tuoi pensieri, anche lei sarà libera!”

“Sì, è così! Senza questi pensieri, la amo e basta!”

“Riesci allora a vedere l’aspettativa che non debba parlare a ripetizione come una lezione per te?”


“Oh, sì, sarei più felice se la smettessi con le mie incessanti chiacchiere mentali. Ma certo! Lei non fa che essere se stessa e io l’adoro!”


Ogni volta che i vostri limiti ostacolano l’amore e la generosità, avete l’opportunità di liberarvi. Vi amate abbastanza per spingervi fuori dalla vostra prigione emotiva? Proprio come aiutate i figli ad agire nonostante la paura, lo stesso dovete fare per voi; quando preferite l’amore alle veccie storie dolorose, anche i figli impareranno a compiere le stesse scelte.


Ampliare la tolleranza non vuol dire il sacrificio e la costante frustrazione dei propri bisogni a favore di quelli dei figli. Significa che imparate a distinguere fra bisogni e limiti indotti dagli antichi monologhi della mente. Se vi scoprite ad aver bisogno di controllare o fuggire, osservate i vostri pensieri con amore, ma non lasciate che dettino le vostre azioni. Fatevi aiutare da un terapeuta o un amico ad esplorare la validità di quei pensieri per voi e i vostri figli. Quando un bambino vi vede soccombere ai vostri limiti emotivi non impara l’amore verso se stesso, ma la debolezza e la paura. Mentre cerca di soddisfare il vostro bisogno di controllo, impara a temere le emozioni in se stesso e negli altri. Un bambino può essere premuroso e attento ai vostri bisogni, generoso e gentile se ha sperimentato la gentilezza e se osserva che siete in grado di aver cura di voi stessi.


Creare un legame attraverso l’amore non dipende neppure dal fatto che un altro sia amorevole con voi. L’esistenza di una relazione adulta appagante nella vostra vita è una benedizione ma non un presupposto necessario. È soprattutto la relazione con voi stessi che conta. Essere soddisfatti dal punto di vista emotivo dipende dalla capacità di vivere nel presente e di apprezzarvi, il che poi vi permette di amare i figli proprio per come sono, e di trarre una gioia immensa dal vederli crescere.


Amare voi stessi vi aiuterà anche a liberare i figli dal peso di dovervi dare affetto. I figli non sono qui per amarci, esserci grati o realizzare i nostri desideri e aspirazioni. La loro esistenza arricchirà in modo naturale la vostra vita, dandole significato, amore, imprimendole una direzione; ma non potete costruire la vostra relazione con loro sulla base di simili aspettative. Nell’istante in cui scoprite di avere un programma e desiderate che vostro figlio lo realizzi, sono i vostri bisogni quelli che cercate di soddisfare, non i suoi.


Alcuni genitori sono attenti al bambino, ma nello stesso tempo lo usano per realizzare i propri sogni. Concentrarsi sui bisogni dell’altro significa provvedere a lui per consentirgli di andare per la sua strada, non usare la sua vita per le proprie aspirazioni. Quando vi occupate dei figli, siate concentrati su di loro e non su di voi, abbiate cura di voi in modo indipendente rispetto alle cure che prodigate ai figli.


Esser parte della “avventura” di vostro figlio può essere fonte di grande gioia proprio perché non riguarda voi. Se vi arrendete a questa avventura siete nel presente, lontani dalle interferenze della mente. Essere slegati dai propri scopi personali fa sì che questo straordinario viaggio si dispieghi, come un’esplorazione di luoghi esotici, mai visti prima. Accompagnare un figlio sul suo cammino è proprio un viaggio in una terra inesplorata, è il modo in cui la Natura vi riconduce al presente.

Far contenti i genitori

Se, come molte persone, siete stati condizionati a guadagnarvi l’accettazione, potreste accorgervi che alcune delle vostre scelte genitoriali sono fatte per essere all’altezza dei vostri genitori o di altre aspettative. Anche in quest’ambito, costruire la vostra autostima da soli o con l’aiuto di un professionista vi aiuterà a preoccuparvi dei figli anziché della vostra immagine o dei vostri genitori. Amare i figli significa non accettare compromessi barattando i loro bisogni con l’impressione che date agli altri. In uno dei miei laboratori, una madre ha condiviso la sua esperienza in merito a questo tema.


A quattro anni, Nathan porta ancora il pannolino.

I suoi genitori hanno fiducia in lui e non ne vogliono fare una questione.

Quando zia Lily viene a trovarli, esprime il proprio sconcerto e inizia a parlare a Nathan dell’uso del bagno. Un mattino gli dice: “Ti porto a fare una passeggiata al parco se usi il bagno e poi ti vesti senza pannolino.” Nathan se ne va e rifiuta di uscire con la zia.


“Coraggio, dài che ce la fai, ci divertiremo e per strada ti comprerò un dolcetto!”, gli dice la zia avvicinandosi a lui.


Per quanto in disaccordo con le trame manipolative di Lily, Martha, la madre, interviene e dice: “Va bene, Nathan, ci puoi provare. Forse è il momento giusto per togliere il pannolino e ti divertirai.”


Nathan resta bloccato, con la madre che non è più al suo fianco si sente confuso e indifeso.

“Allora?” dice la zia.


Nathan guarda ancora la mamma (sperando in un sostegno), poi fugge nella sua stanza piangendo.


L’insicurezza di Martha la porta ad agire contro i bisogni del figlio. Anche il più sicuro fra noi cade nella trappola di compiacere i parenti e persino gli estranei. Non è cosa per cui sentirsi in colpa, piuttosto da considerare, per diminuire il numero di volte in cui le nostre priorità vengono sacrificate. Martha se ne accorge e cambia direzione.


Nathan viene correndo dalla sua stanza e inizia a colpire la madre.

“Oh, noi non diamo colpi!”, dice la zia Lily, ma Martha le fa cenno di tacere e chiede a Nathan: “Sei sconvolto perché hai bisogno di decidere da solo sulle cose che ti riguardano?”


“Sì, sì!” risponde lui, smette di colpire e si butta sul pavimento.

“Ti sarebbe piaciuto fare le tue scelte?” chiede Martha toccandolo con dolcezza.


Nathan smette di scalciare e conferma: “Sì. Tu non mi vuoi bene, ti odio!”

“Quando la zia Lily ti ha invitato a uscire a patto che fossi senza pannolino avresti voluto che le dicessi di non infastidirti su questo argomento? È così?”

“Sì, sei TU la mia mamma, non lei!”, singhiozza Nathan.


“Hai ragione, e puoi restare con il pannolino finché vuoi, dirò a Lily che decidi tu per il tuo corpo.”


Si rivolge a Lily: “Nathan ha bisogno di decidere per conto suo.”

“Oh, d’accordo”, risponde la zia, “Andiamo lo stesso a fare una passeggiata e a comprare un dolcetto!”


“Non voglio andare”, dichiara Nathan.

Tutti e tre fanno nuovi programmi per il pomeriggio.


Amare un bambino significa stare dalla sua parte senza pensare al tipo di impressione che facciamo sugli altri. Come genitori siete chiamati a difendere la dignità e il benessere di vostro figlio. Rispettando vostro figlio mostrerete ai presenti nuove possibilità da cui potrebbero sentirsi ispirati.

Coerenza

I genitori spesso pensano di dover essere coerenti nelle loro risposte ai figli. Nel tentativo di esserlo a volte fanno cose che feriscono un figlio o creano rabbia e disappunto perché temono che l’incoerenza confonderà il bambino. Eppure, la sola coerenza che conta è quella dell’amore. Quando le vostre azioni denunciano un amore altalenante, il bambino non solo è confuso ma anche ferito e fuorviato. In quei frangenti non siete fedeli al vostro io amorevole.


Meglio cambiare le regole che l’amore; l’amore è la sola guida coerente al vostro comportamento. Chiedetevi: “Mio figlio sente il mio amore? Quando lo rimprovero sono in contatto con il mio sentimento d’amore per lui? Quando insisto che pulisca la stanza, che finisca i compiti e mangi tutto quello che ha nel piatto?”. Se vostro figlio vi obbedisce e pulisce la stanza mentre è risentito e sente di non valere niente, è valsa la pena di avere quella stanza pulita? Se fa i compiti di scuola o i suoi studi a casa, prende buoni voti però non è sicuro del vostro amore, quel successo scolastico che valore ha? C’è qualcosa che sia più importante dell’amare un altro essere umano in modo che egli lo sappia senza ombra di dubbio?

La Finestra

di Bruce Linton


Ero pronto per andare al lavoro

per tenere una lezione

mettevo gli appunti in borsa

quando entrò la palla

dalla finestra

e il vetro volò via,

un milione di minuscole lame

per tutto il soggiorno.

In quell’istante

ho sentito la rabbia crescere in me,

tutta la frustrazione di una casa

mai abbastanza in ordine,

le spese per far

riparare il vetro,

dover vivere per un po’

con il cartone o il compensato

al posto del vetro,

il pensiero di

come avrei mai

pulito tutte le schegge,

la rabbia è cresciuta ancora

perché sapevo

che avrei fatto tardi alla presentazione.

Ho sentito quei tuoi piedini di quattrenne

correre su per le scale.

Ho visto le tue piccole braccia

spingere per aprire la porta,

I tuoi occhi guardavano verso i miei

umidi, indagatori.

In quel momento la storia è cambiata.

Ti ho preso in braccio,

“Ti sei fatto male?

è solo una finestra,

si può sostituire.

Mi importa solo

che tu stia bene.

È solo un vetro,

figlio mio caro.

Ti amo,

prendiamo la scopa.”3

Mi viene spesso chiesto: i bambini sono talmente sensibili che dobbiamo camminare sulle uova per preservare il loro benessere emotivo? La mia risposta è: no, dobbiamo solo camminare “sull’amore”. I bambini sono in grado di sopportare situazioni dure e grandi sfide a patto che diano per scontato il nostro amore e possano esprimersi appieno. Quando camminano sul tappeto d’amore che srotoliamo ai loro piedi, saranno resilienti e pieni di risorse.

Crescere i nostri figli crescere noi stessi
Crescere i nostri figli crescere noi stessi
Naomi Aldort
Eliminare i conflitti e i litigi con i nostri bambini grazie all’amore incondizionato.Un approccio efficace per costruire relazioni autentiche e gratificanti con i propri figli, senza ricorrere a punizioni e minacce. Crescere i nostri figli, crescere noi stessi prende le mosse da una premessa radicale: né il bambino né il genitore devono dominare.Un libro di Naomi Aldort, famosa esperta di genitorialità, per tutti coloro che desiderano smetterla con i rimproveri, le minacce, le punizioni e vogliono rinunciare al controllo in favore dell’autenticità. Conosci l’autore Naomi Aldort è un’esperta di genitorialità; i suoi articoli, le sue conferenze e consulenze sono note a livello internazionale. Genitori da ogni parte del mondo approfittano della sua guida, per telefono o di persona.Cura il sito authenticparent.com