Come esprimere rammarico per sanare le ferite
Un bambino, come un adulto, non può essere soddisfatto da un semplice “Mi dispiace!”. Perché le scuse siano complete, vorrà che gli mostriate che sapete quello che gli è capitato: “Stavi giocando nell’acqua ed era ora di chiudere la piscina, tu non volevi uscire e io ti ho tirato fuori dall’acqua”. Dopo che vi avrà raccontato l’esperienza dalla sua prospettiva, chiedete come vorrebbe che vi comportaste la prossima volta.
A volte i genitori chiedono scusa quando non c’è nulla di cui scusarsi: “Mi dispiace ma non puoi avere quel dolcetto”; per il bambino, se il padre fosse davvero dispiaciuto, come quando si è tristi, non insisterebbe nel negargli quel dolce. Il bambino sarebbe molto felice di sollevare il padre dal proprio dispiacere e ottenere il dolcetto. È un messaggio disonesto che genera confusione; al contrario, essere autentici sarà fonte di chiarezza per vostro figlio. Anziché dirgli cosa può o non può avere, con un linguaggio del controllo e della negazione, parlate in prima persona e manifestate la vostra scelta: “Non voglio che mangi questi dolci perché non sono sani”. Se la comunicazione è chiara, sarà più facile che il bambino segua o faccia a sua volta una richiesta chiara: “Posso averne uno sano?”
Vogliamo dar valore a parole e azioni che esprimono rammarico, ma quando diciamo: “Mi dispiace di averti ferito” ci assumiamo la responsabilità delle emozioni del bambino. Per quanto ci si penta dei propri gesti e si capisca di aver provocato dolore, dobbiamo garantire al bambino il sacrosanto diritto di essere il solo autore dei propri sentimenti. Inoltre, suggerendo di essere noi la causa dei suoi sentimenti, insinuiamo che sia debole e non sia padrone delle proprie reazioni. È così che imparerà a percepirsi come vittima e a biasimare gli altri per le proprie emozioni.
È ovvio che vostro figlio abbia poco controllo sulle proprie reazioni, tuttavia resta sempre la vera sorgente del modo in cui sente e agisce. Se le nostre parole lasciano a lui la responsabilità dei suoi sentimenti, svilupperà una resilienza emotiva e avrà maggior controllo e più scelta sulle proprie reazioni.
Per evitare di trapiantare sentimenti in vostro figlio, lasciate a lui l’iniziativa sulle risposte.
Una madre mi racconta il suo sconcerto di fronte alla risposta del figlio a quella che lei considera una terribile calamità. Il padre ha cestinato un file del ragazzo dicendo che è senza nome. Sapeva che si trattava di una storia che il figlio stava componendo. Trovare sul computer un documento senza nome lo ha fatto arrabbiare e ha pensato così di dare una lezione al ragazzo.
Dopo aver scoperto che la sua storia è stata cancellata dal padre, il figlio si è mostrato sconcertato ma non se l’è presa. Sua madre, infuriata, gli domanda: “Non vorresti che papà ti chiedesse almeno scusa?”
Lui con calma risponde: “No, non importa, la riscriverò e sarà migliore.”
“Ma non sei furibondo?”, insiste lei.
“Per un momento sì, ma poi ho capito che non serve a nulla arrabbiarsi e non cambierebbe le cose, quindi penso che vada bene così.”
Il giorno dopo il padre gli dice: “Ho sbagliato a cancellare quel documento; in futuro non lo farò senza prima averti chiesto il permesso.”
Il ragazzo è soddisfatto.
Se vi rendete conto che le vostre parole o azioni hanno provocato sentimenti forti in vostro figlio e vorreste rimediare al danno prodotto, riconoscete l’accaduto e scoprite quali siano i suoi sentimenti. Parlate in modo semplice e diretto: “Ho urlato, vorrei non averlo fatto”. Evitate parole che esagerino le emozioni, così vostro figlio sarà libero di essere autentico. Prestategli attenzione e lasciate che scopra qual è la sua verità. Se parla, ascoltate e avvalorate, ma senza drammatizzare. Se non parla, potrebbe mostrarvi i suoi sentimenti attraverso il gioco con una bambola, con i gesti, disegnando o restando tranquillo in braccio a voi. Quando è passata potreste esprimere i vostri sentimenti con semplicità: “Mi sento triste perché vorrei che la nostra relazione fosse fatta di amore e rispetto”. Poi fate buoni propositi per il futuro e comunicateglieli.
Evitando di assumervi la responsabilità dei sentimenti del bambino, potreste commettere l’errore comune di dire: “Mi dispiace che tu l’abbia presa male”. È una frase che potrebbe significare che voi non avete fatto nulla di sbagliato ed è il bambino ad aver risposto con i sentimenti “errati”. Di solito questo scatena la rabbia. Limitatevi a descrivere l’accaduto, vostro figlio si fiderà di voi e saprà che vi importa di lui, non solo di voler cancellare il comportamento di cui vi rammaricate.
A volte potreste sentirvi davvero nel giusto, senza che ci sia proprio nulla da riconsiderare. Eppure, il turbamento di vostro figlio è la prova che è necessario comunicare. Non vi pentite di averlo tirato via dalla strada, ma se lui sussulta e si spaventa potreste ristabilire la fiducia fra voi riconoscendo il gesto improvviso e ascoltando quello che lui ha da dire a proposito dell’esperienza.
Rimediare agli errori non vuol dire fare un processo; non ha a che fare con il torto o la ragione. Se vostro figlio si sente ferito il suo sentimento è un’esperienza reale; se vi pentite di ciò che avete detto o fatto, anche i vostri sentimenti sono altrettanto validi. L’obiettivo è di creare un’intesa fra voi, fare chiarezza e ricostruire un legame di fiducia.
Jessie, cinque anni, va dalla mamma piangendo; le dice che suo fratello David, di dodici anni, ha distrutto il suo camioncino Lego®. Jessie non riesce a ricostruirlo e David si rifiuta di aiutarlo. Linda va nella loro stanza e rimprovera David che finisce per mettere il broncio.
Quando Linda mi chiama dice che lei aveva ragione e non c’era niente di cui scusarsi. Però, dopo aver considerato i sentimenti feriti di David, capisce che ci sarebbero stati modi migliori di esprimersi e che il suo desiderio è di ricucire con il figlio e scoprire come lui ha vissuto la situazione.
All’incontro successivo mi racconta la sua conversazione con David.
LINDA: “David, ho avuto una seduta con Naomi a proposito di quello che è successo ieri e ho capito che avrei voluto essere più consapevole dei tuoi bisogni. Potresti dirmi come ti sei sentito quando ti ho rimproverato?”
DAVID: “Oh, niente.”
LINDA: “Ti sei sentito frustrato quando ti ho accusato di essere incurante e tutto il resto?”
DAVID: “Forse, ma ora non importa.”
LINDA: “Sono d’accordo, ho aspettato troppo. Ma voglio che tu sappia che mi pento delle parole che ho usato e vorrei aver capito qual era stata la tua esperienza.”
DAVID: “Già, già”.
LINDA: “Mi sembra che non ti fidi, non pensi che a me importi sul serio.”
DAVID: “È così!”
LINDA riflette un attimo e prosegue: “Mi sento triste perché per me è molto importante che tu ti senta ascoltato.”
DAVID resta in silenzio.
LINDA: “Ti andrebbe di aiutarmi a capire come ti sei sentito?”
DAVID: “Va bene.”
LINDA: “Quando Jessie è venuto da me piangendo tu ti sentivi offeso?”
DAVID: “Sì, molto. È un gran piagnucolone e non racconta mai quello che ha fatto, e tu credi sempre ai suoi lamenti.”
LINDA: “Perciò ti sentivi arrabbiato e avresti voluto che scoprissi quello che era successo?”
DAVID: “Sì, o almeno che non fossi intervenuta. Jessie aveva preso dei mattoncini dalla mia nave spaziale per costruire il camion con cui stava giocando. Gli ho chiesto di ridarmeli e ho detto che gli avrei costruito un altro camion con altri pezzi.”
LINDA: “David, capisco ora quanto fossi arrabbiato quando ho preso le parti di Jessie e ti ho giudicato senza neppure sapere cos’era successo. Ora che mi hai raccontato tutto mi sento sollevata. La prossima volta mi limiterò a legittimare i sentimenti di Jessie e lascerò che risolviate da soli i vostri problemi.”
DAVID: “Va bene mamma.”
LINDA: “E se voi ragazzi avete bisogno di aiuto per risolvere una disputa, ascolterò ciascuno di voi e vi aiuterò a trovare una soluzione. Ti va di ricordarmelo se me lo dimentico?”
DAVID: “Non mi va però lo farò.”
LINDA: “Farò del mio meglio per ricordarmelo.”
Se Linda avesse solo detto: “Mi dispiace per averti rimproverato ieri”, David non le avrebbe creduto, e a ragione. Si sarebbe infuriato ancora di più: “Lei pensa che dire ‘mi dispiace’ cancelli quello che ha fatto, ma non è così… lo protegge sempre…” e via discorrendo, aggiungendo continui capitoli alla storia della sua vita legati al tema di non essere amato tanto quanto il fratello. Anziché semplici scuse, Linda ha effettuato un passaggio completo attraverso il quale madre e figlio sono approdati in un luogo di maggior comprensione reciproca e intesa affettiva, dissolvendo il dramma di David.
Alcuni genitori si aspettano delle scuse dai figli e li giudicano quando queste non arrivano a tempo o non sono espresse nella giusta maniera. Siate sempre e soltanto i padroni di voi stessi, crescete in gentilezza e imparate ad apprezzare i vostri figli qualunque siano le loro abilità, la loro maturità e il loro grado di sviluppo. Se sospettate che vostro figlio covi un senso di colpa e non osi comunicarvelo, potete alleviare il suo peso affrontando voi l’argomento per risolverlo. “Ti senti a disagio per aver perso la chiave?”, ascoltate e poi fategli sapere: “Farò un’altra chiave e sono certa che la vecchia spunterà fuori prima o poi. Anch’io perdo le cose, può succedere a chiunque”. Un abbraccio e altre espressioni d’affetto scioglieranno la tensione e risolveranno il problema.