le singole malattie

Introduzione

Perché è importante fare chiarezza

Per comprendere un bambino dobbiamo osservarlo mentre gioca, studiarlo nelle differenti manifestazioni del suo carattere. Non possiamo proiettare su di lui i nostri propri pregiudizi, le nostre speranze e paure, e neppure modellarlo in modo che risponda al modello foggiato dai nostri desideri. Noi siamo troppo propensi a giudicare il bambino in base alle nostre personali simpatie e antipatie, siamo incapaci di permettere che le sue relazioni con noi e con il mondo si svolgano senza che vi siano frapposte barriere e impedimenti.

Jiddu Krishnamurti1

Qualche anno fa fui invitata a parlare a un gruppo di neogenitori sul tema dell’attaccamento nei bambini piccoli. Il salone in cui si svolgeva l’incontro era gremito di madri che allattavano o cullavano i neonati per farli addormentare, o cambiavano pannolini. Trasportini, passeggini e borse per il cambio erano ammassati gli uni sugli altri, con copertine che straripavano da tutte le parti. Meredith, la coordinatrice del gruppo settimanale di sostegno, invitò i genitori a prendere posto seduti in cerchio; esordì con un caloroso benvenuto e chiese a tutti come andava. Alcuni risposero che erano finalmente usciti di casa, altri che erano riusciti a farsi una doccia e altri ancora replicarono che l’allattamento stava migliorando. Una madre dall’aria stanca prese la parola e disse: “La mia bambina piange ogni volta che la metto giù. La allatto finché non si addormenta, ma appena la sistemo nella culla si sveglia. Sono esausta!” – più d’una annuì e sospirò mentre Meredith le rispondeva: “Sì, è dura, vorreste un po’ di riposo ma loro hanno un bisogno costante della vostra presenza!”. Seguirono altri cenni di assenso, prima che Meredith proseguisse dopo una breve pausa: “Immagino che debba essere dura anche per i bambini, sono in una fase di transizione, da che erano dentro di voi tutto il tempo e sentivano il vostro calore, il battito del vostro cuore, si ritrovano, ora, a non sapere più come riuscire a restare sempre accanto a voi come prima.” La stanza si fece silenziosa per un istante e mi ritrovai a pensare alla prima volta in cui anch’io ero diventata madre; riuscivo a percepire in modo viscerale tutta l’apprensione, l’agitazione e la stanchezza di quelle madri.


Meredith mi diede allora il suo benvenuto formale di fronte all’assemblea dei genitori, dicendo di avermi invitata per parlare dell’attaccamento. Enfatizzò l’importanza della relazione umana e disse che il processo di attaccamento era già in via di sviluppo fra gli astanti e i loro piccoli. Mi aveva avvisata che avrei avuto non più di 15 minuti per trasmettere il mio messaggio, a causa dell’attenzione limitata. Guardai i volti stanchi e distratti delle madri mentre parlavo di come si presenta un buon attaccamento e di come aiuti la crescita; le mamme erano concentrate e pensierose, assimilavano il possibile mentre rispondevano ai bisogni dei neonati.


Mi fermai dopo 15 minuti e chiesi se ci fossero domande. Una mamma con un bimbo tutto accoccolato in braccio mi guardò e disse. “Cosa dovrei fare per disciplinarlo?” - fui presa alla sprovvista, cosa mai poteva aver fatto il neonato per dover essere disciplinato? La mia faccia aveva certo tradito la sorpresa perché lei si affrettò ad aggiungere: “Voglio dire, come farò quando sarà più grande?”. In realtà la sua domanda non era molto diversa dalle molte che io stessa mi ero posta da neomamma, o che di solito mi vengono poste dai genitori. Di norma, iniziano tutte nello stesso modo: “Come devo comportarmi quando il bambino fa la tal cosa o la tal altra?” - se non ascolta, se non vuole andare a dormire, se fa male al fratellino o alla sorellina? Eppure, mentre osservavo quel salone straripante di nuova vita, mi sentii a disagio per quella domanda. C’era qualcosa di ben più necessario che avrei tanto desiderato mi fosse chiesto. Avrei sperato che quella mamma mi domandasse quali fossero i segreti per crescere bene un figlio e svilupparne tutto il potenziale umano. Avrei voluto condividere con lei le meraviglie della crescita e il ruolo che le sarebbe spettato. La sua domanda sulla disciplina poteva ricevere una risposta solo dopo aver considerato in che modo i più piccoli prosperano e fioriscono. Avrei voluto fare un passo indietro rispetto al bisogno di sapere cosa fare sul momento e considerare invece cosa avrebbe dovuto fare per creare le condizioni di un sano sviluppo. Avrei preferito concentrarmi sulla maturità come risposta ottima e necessaria all’immaturità, e su come il compito del genitore sia fatto di pazienza, tempo e cure premurose.


Il messaggio che volevo trasmettere non era del genere che i neogenitori ascoltano di solito. Volevo svelare che il segreto per crescere un figlio non è quello di avere tutte le risposte, bensì quello di essere la risposta. Volevo condividere il fatto che la genitorialità non è qualcosa che si impari da un libro, per quanto i libri possano essere utili quando si cerca di capire come è fatto un bambino. Desideravo esprimere l’idea che a fare i genitori non si impara dai propri genitori, sebbene quelli bravi siano degli ottimi esempi. Intendevo riaffermare che le cure appropriate per un bambino non conoscono diversità di genere, di età o di etnia. Speravo di rassicurare tutti che i loro sentimenti di colpa, responsabilità, paura e cura non erano altro che il pilastro emotivo e istintivo su cui poggiare quella genitorialità di cui i figli avrebbero avuto bisogno. Tenevo molto a far capire che ogni bambino ha bisogno di un luogo tranquillo in cui poter giocare e crescere. Questo non significa essere genitori perfetti, né conoscere il da farsi in ogni istante. Ciò che serve è una forte spinta a voler essere il meglio per un figlio e a voler creare le condizioni per favorirne la crescita.

Diventare il meglio per un figlio

I bambini piccoli sono fra le persone più amate, ma anche fra le più incomprese. Le loro straordinarie personalità possono rivelarsi una sfida per gli adulti in quanto sfuggono alla logica e alla comprensione. Un momento sono sfrontati, recalcitranti e ribelli, quello immediatamente successivo illuminano la stanza con la loro gioia di vivere e le risate contagiose. Vista la loro natura imprevedibile, non è difficile capire perché i genitori desiderino tecniche e strumenti per gestire i comportamenti immaturi. Il problema è che le istruzioni non serviranno a capire come è fatto un bambino.

Per diventare il meglio per nostro figlio, dobbiamo comprendere la sua natura dall’interno. Non servono abilità, ma discernimento. È più una questione di ciò che vediamo quando guardiamo nostro figlio, anziché di ciò che facciamo. Si tratta di afferrare il quadro generale evolutivo piuttosto che perdersi nei dettagli del vivere quotidiano. Detto in parole semplici, la prospettiva è tutto. Se pensiamo che un bambino piccolo stia soffrendo, gli offriremo il nostro conforto, ma se invece crediamo che sia manipolativo potremmo tirarci indietro. Se lo consideriamo un ribelle, saremo tentati di punirlo, ma se capiamo che i bambini hanno forti istinti a resistere, ci sforzeremo di superare l’impasse. Se consideriamo eccessiva l’emotività di nostro figlio, vorremo calmarlo, ma se invece sappiamo che le emozioni forti vanno espresse, lo aiuteremo a imparare un linguaggio del cuore. Se pensiamo che la mancanza di concentrazione dipenda da una mente disturbata, ricorreremo a cure mediche, ma se scorgiamo l’immaturità dei bambini piccoli, basterà dar loro il tempo di crescere.

Quando li comprendiamo, e iniziamo a scorgere le ragioni evolutive che si celano dietro i loro comportamenti, l’aggressività sarà considerata meno sul personale, gli atteggiamenti oppositivi sembreranno meno provocatori e la nostra attenzione potrà dedicarsi alla creazione di quelle condizioni che favoriscono la crescita. È difficile fare progressi se non comprendiamo cos’è che spinge a un certo comportamento, o quando le nostre emozioni offuscano il quadro generale. Charlie, padre di due bambini piccoli, mi ha detto una volta: “Ero la persona più rilassata che si potesse immaginare, chiedete ai miei amici e vi diranno che ero il più calmo fra loro. Ora che ho dei figli, credo di avere invece un problema di gestione della rabbia.” Anche Samantha, madre di due maschietti, mi ha scritto: “ho capito che i miei figli non stanno cercando di farmi saltare di proposito fino all’ultimo dei nervi, e così ho ricominciato a godermeli.” La morale è che il modo in cui reagiamo ai bambini si fonda su ciò che vediamo, il che in definitiva determina il nostro comportamento. E, ancora più importante, il nostro comportamento determina il tipo di cure che i figli si aspettano di ricevere da noi.

I piccoli rappresentano l’immaturità allo stato puro e gettano una luce sugli inizi ancora incompleti da cui tutti siamo partiti per crescere. Per quanto si guardi con orrore ai loro modi immaturi, potremmo scegliere di farci colmare di stupore e meraviglia al cospetto del continuo rinnovarsi della vita umana. Il segreto per liberare l’antico disegno della crescita non è in ciò che facciamo con i bambini, ma in ciò che siamo per loro. Nascondono la promessa di un futuro maturo che si realizzerà grazie alla nostra funzione maieutica - ed ecco perché comprendere i bambini è tanto importante.

L'approccio Neufeld

Capire i piccoli offre una comprensione del bambino utilizzando l’approccio evolutivo integrato ideato da Gordon Neufeld e fondato sull’attaccamento. Neufeld è un eminente psicologo evolutivo riconosciuto a livello internazionale, il cui lavoro ha determinato la creazione di un modello speculativo dello sviluppo umano che è a un tempo coerente, logico ed esauriente. Neufeld ha messo insieme i pezzi del puzzle evolutivo basandosi su più di 40 anni di ricerca, nonché di pratica. Il suo modello teorico prende le mosse da diverse discipline, incluse le neuroscienze, la psicologia evolutiva, la scienza dell’attaccamento, la psicologia analitica e la tradizione culturale. Fornisce una vera e propria mappa per comprendere come la maturazione dell’individuo si realizzi dalla nascita all’età adulta, così come anche il fallimento del processo di maturazione psicologica. Le strategie di intervento con i bambini non sono né artificiose né staccate dal naturale processo evolutivo o dalle relazioni umane. Al centro dell’approccio neufeldiano c’è il fondamentale obiettivo evolutivo di comprendere quali siano le condizioni richieste per la realizzazione del potenziale umano. Lo scopo è rimettere l’adulto in posizione di guida, una volta che sappia a menadito come è fatto il bambino. In altre parole, la cosa migliore per un figlio è un genitore che sia l’esperto del suo bambino.

Il mio coinvolgimento con Gordon Neufeld è iniziato più di dieci anni fa, ed è il risultato dei molti ruoli che svolgevo: ricercatrice, professoressa, terapeuta e, più importante di tutti, quello di madre. Dopo decenni trascorsi a studiare le modalità dello sviluppo, a insegnare, a lavorare come psicoterapeuta, mi sono imbattuta nel suo lavoro durante un seminario sull’adolescenza. Prima che fosse trascorsa un’ora ero già stata catturata dal modo in cui aveva dato un senso alla mia personale adolescenza e aveva spiegato il comportamento di tanti studenti a cui avevo insegnato o che avevo avuto in terapia. Il suo lavoro divenne per me un agente di trasformazione, soprattutto per capire aspetti dello sviluppo umano come la vulnerabilità, l’attaccamento e la maturazione. Capii che gli ambiti in cui mi ero focalizzata si erano fatti troppo angusti, in quanto consideravo il comportamento senza capire in cosa consistesse la crescita. Lavoravo con persone a cui erano stati diagnosticati dei disturbi senza una comprensione piena della vulnerabilità umana. Offrivo trattamenti e davo consigli per problemi di cui non avevo ancora una comprensione profonda. Mi ero persa, senza saperlo, in risultati di ricerca e pratiche staccate da un vero discernimento, senza alcuna possibilità di rimettere insieme i pezzi del puzzle. Ascoltare Gordon Neufeld mi ha riportata al buon senso e ha rimesso in cima alle mie priorità la comprensione profonda.

Non molto tempo dopo mi sono buttata a capofitto nello studio appassionato del processo umano di maturazione, dell’attaccamento e della vulnerabilità tramite il Neufeld Institute. Due anni più tardi, sedevo davanti a Gordon nel patio di casa sua durante una stupenda sera di primavera mentre mi faceva un colloquio per ottenere una borsa di postdottorato insieme a lui. Gli avevo chiesto in anticipo se ci fosse un argomento in particolare sul quale dovessi prepararmi e lui mi aveva risposto: “No, quello che serve è già dentro di te, basta che tu lo tiri fuori!”. Le sue domande quella sera furono ingannevolmente semplici ma volte a capire perché volessi studiare con lui. Gli dissi che la teoria che aveva costruito mi aveva fatto rimettere a fuoco la condizione umana; ero una terapeuta più efficace perché andavo alla radice dei problemi e stabilivo relazioni con gli studenti, inoltre ero completamente trasformata come madre. Gli dissi che mi sentivo spinta a garantire che il suo lavoro non andasse mai perduto e che desideravo aiutare genitori e professionisti a comprendere i bambini. È ovvio che le mie risposte devono essergli piaciute perché sono ancora qui, dopo più di dieci anni, a scrivere tutto ciò che ho imparato.

Il contenuto teorico e le immagini che troverete nel libro sono utilizzati con il permesso di Gordon Neufeld e sono basati su materiali per i seminari da lui stesso creati. Il materiale è tratto da più di 14 corsi organizzati dal Neufeld Institute, per un totale di più di 100 ore di seminari. Sono grata del permesso accordatomi di attingere a piene mani al materiale di Gordon Neufeld e di seguire il solco del suo lavoro pionieristico come studioso e insegnante. Per ulteriori informazioni sul Neufeld Institute e i suoi corsi, vi rimando all’appendice.

Per quanto questo libro si fondi sulla teoria di Neufeld, la stessa viene esplicata e illustrata grazie alla mia esperienza di madre e psicologa. È il libro che avrei voluto avere quando i miei figli erano piccoli, e quello che spero di dar loro quando diventeranno genitori. Le storie da cui il libro prende le mosse sono quelle che hanno condiviso con me genitori e insegnanti di bambini piccoli o assistenti all’infanzia, il corpo docenti del Neufeld Institute e i professionisti della salute, nonché quelle tratte dalla mia esperienza di madre. Il mio approccio come studiosa e scrittrice è sempre stato attento alla qualità, ogni fenomeno descritto prende vita grazie a una molteplicità di esempi che ne arricchiscono la visione e la comprensione. Le idee e le teorie sui bambini piccoli che, attraverso questa lente, ho condiviso nel libro vogliono essere rilevanti per voi adulti, favorirne il discernimento e aiutare a capire quel particolare bambino che è lì di fronte a voi. Tutte le informazioni passibili di identificazione sono state cambiate, così che ogni somiglianza con persone reali sia puramente casuale. L’unica eccezione è la storia di Gail nel capitolo 3. Gail era un membro molto amato del corpo docente del Neufeld Institute, che adorava tenere le sue lezioni sul gioco e i bambini piccoli.

Cosa vuol dire “Sto in pace, gioco, cresco”?2

La frase “sto in pace, gioco, cresco” rappresenta una mappa dello sviluppo evolutivo che apre la strada a un modo per comprendere come i bambini raggiungano il loro pieno potenziale umano. Non è un potenziale che riguardi in alcun modo i risultati scolastici o accademici, lo status sociale o il comportamento beneducato, talenti o abilità individuali.

La mappa evolutiva serve a guidare un bambino verso la maturità, la responsabilità sociale, la considerazione del mondo da molteplici prospettive. Serve a farlo diventare un individuo indipendente e unico, capace di assumersi la responsabilità delle scelte che compie e della direzione da assegnare alla propria vita. È una mappa che riguarda la fioritura del suo potenziale in quanto creatura che si sa adattare e ha la capacità di superare le avversità, resistere alle difficoltà e diventare resiliente. È una mappa per giungere al potenziale del bambino in quanto creatura sociale che esprima pensieri e sentimenti in modo responsabile, sviluppi il controllo degli impulsi, la pazienza e la considerazione, e comprenda l’impatto che il suo modo di essere ha sugli altri. È una mappa che serve a guidare le azioni di genitori, insegnanti, puericultori, nonni, zii, e qualunque adulto con un ruolo significativo, così che il bambino sviluppi tutta la sua persona. Stabilisce il modo in cui un adulto debba lavorare affinché i bambini possano avere la tranquillità necessaria a giocare e quindi crescere.

Questo libro intende garantire una comprensione vasta e profonda del bambino piccolo e al contempo sottolineare in che modo gli adulti possano creare le giuste condizioni per un sano sviluppo. Sebbene ogni capitolo si focalizzi su un tema specifico, è solo nel complesso che la visione del bambino si fa chiara e rivela come la crescita sia la risposta più importante all’immaturità di fondo.

Sto in pace, gioco, cresco argomenta l’importanza critica del gioco per lo sviluppo dell’infanzia, sottolinea come l’attaccamento fornisca quel contesto che favorisce la tranquillità e la crescita, come le emozioni siano il motore stesso della crescita e in che modo affrontare lacrime, crisi, ansie, separazione, resistenze, ribellioni e, naturalmente, anche la disciplina. Il capitolo finale affronta il tema della crescita degli adulti e di come il fatto di allevare i propri figli produca in loro una trasformazione; io spero che allevierà il timore che molti di voi hanno di dover essere già del tutto maturi prima di mettere al mondo un figlio.

Non è un libro in cui troverete istruzioni, dritte, tecniche, mantra o direttive da seguire, per quanto non manchino strategie in grado di aiutarvi a trovare la strada giusta per voi, fidando sul vostro personale discernimento. È un libro che vuole riaffermare il valore dell’intuizione e del buon senso, rassicurandovi perché non siete i soli a sentirvi perplessi di fronte a un bambino piccolo. Vi darà chiarezza dove ora c’è confusione e prospettiva dove aleggia la frustrazione, nonché pazienza, sapendo che esiste un piano evolutivo della natura per la crescita dei piccoli. È un libro per incitarvi a prendervi cura di loro così come sono - egocentrici, impulsivi, sconsiderati, incantevoli, curiosi e pieni di gioia. Vi farà capire che la loro immaturità non è un errore, bensì l’umile inizio da cui tutti abbiamo preso le mosse. Vi dirà di usare intuizione e discernimento per capire come è fatto vostro figlio, di fidarvi di ciò che vedete e dedicarvi a lui con sicurezza partendo da quel luogo che è dentro di voi. È senz’altro una mappa per quei genitori che vogliono essere il meglio per i figli, ma contiene anche tutto ciò che ogni bambino piccolo vorrebbe che gli adulti capissero di lui.

Capire i piccoli
Capire i piccoli
Deborah MacNamara
Come aiutare a crescere creature imprevedibili e meravigliose da 0 a 6 anni.Un manuale di facile lettura, ricco di consigli pratici e testimonianza dirette, per aiutare i genitori a comprendere la natura dei bambini piccoli. I bambini piccoli sono fra le persone più amate, ma anche fra le più incomprese.Le loro straordinarie personalità possono rivelarsi una sfida per gli adulti, in quanto sfuggono alla logica e alla comprensione: passano dall’essere sfrontati, recalcitranti e ribelli all’illuminare la stanza con la loro gioia di vivere e le risate contagiose.Le reazioni estreme, la rabbia apocalittica, i pianti inconsolabili e le impuntature senza cedimenti sono la cifra dell’immaturità, e per quanto dovrebbe sembrare evidente che essa sia un tratto costitutivo dei piccoli e li renda persone molto diverse dagli adulti, si rivela invece fra quanto di più misconosciuto e negletto. Deborah MacNamara, allieva e collega di Gordon Neufeld, uno dei più importanti esperti dell’età evolutiva, esplora l’intenso bisogno di attaccamento del bambino, l’importanza vitale del gioco, la natura della giusta disciplina e del tipo di relazione che è in grado di proteggere la crescita delicata dell’infanzia. In Capire i piccoli si trova ciò che serve ai bambini per crescere e prosperare, ma non prima di aver capito che i loro comportamenti, talvolta sconcertanti, non sono affatto la manifestazione di un disturbo o di un deficit e neppure di una “cattiva educazione”.Non guarderete più ai vostri figli e a voi stessi nello stesso modo, e pur scoprendo quanto sia critico il ruolo di genitore e adulto, vedrete anche come, dalla giusta prospettiva, sia più facile e naturale di quanto si creda. Conosci l’autore Deborah MacNamara è counsellor clinico ed educatrice con un’esperienza ultraventennale.Membro del Neufeld Institute, affianca alla pratica di consulente una regolare attività formativa rivolta a genitori, educatori, professionisti della salute mentale e chiunque si prenda cura dei bambini.Vive a Vancouver con il marito e due figlie.