capitolo I

Come crescere
un Bambino piccolo

Capire è l’altro nome dell’amore. Se non si capisce, non si può amare.

Thích Nhât Hạnh1

Il luogo migliore per osservare lo spettacolo della prima infanzia è il parco giochi. I bambini piccoli scoppiano di vita, le gambe corrono, le braccia si agitano, il busto fa le curve sugli scivoli. Scienziati in erba vengono lasciati ai propri espedienti mentre esplorano pozzanghere e osservano vermi. I vestiti riflettono l’energia interiore: colori e motivi vivaci prendono vita sui corpicini in movimento. Alcuni parlano un linguaggio diverso, fatto di parole mancanti o consonanti perdute o alterate, da “mi pottiivolo” a “voio mangiae!”. È impossibile non sorridere a questi “trottolini” ai primi passi che si muovono nello spazio con il baricentro troppo in alto e imparano cosa sia la gravità. Nelle giornate di sole il parco è pervaso da un brusio vivace e l’energia si riverbera in tutto il vicinato. Merende e spuntini abbondano e i corvi voraci restano appollaiati sui tetti in attesa dell’occasione giusta per banchettare. Gli adulti si scambiano commenti su appetiti schizzinosi e sonni inquieti, sugli equilibri fra casa e lavoro e sulle strategie per far fronte ai capricci. È palpabile il loro bisogno impellente di dare una spiegazione al comportamento dei piccoli e confrontarsi con persone mature.


D’improvviso, un grido da sirena dei pompieri fende l’aria, è la protesta di un bambino al desiderio del genitore di andar via: “Nooooooo… non voglio andare!” - Gli adulti si scambiano cenni di comprensione mentre gioiscono in segreto perché non è il loro figlio ad avere una crisi. Un altro bambino corre incurante delle direttive impartite dal genitore, mentre un terzo dichiara ribelle: “lo faccio da solo!” - Due maschietti litigano per un secchiello: “è mio!”, “Lo voglio io!” - una voce disperata d’un tratto grida: “Devo fare la popò!”, e l’adulto di turno si lancia in azione. Un genitore stanco si precipita in soccorso di un piccolino che è caduto e piange in preda alla frustrazione. Ecco, in questo mondo recintato fatto di attrezzature per giocare dipinte di rosso, di giallo e di blù, c’è uno spaccato evolutivo dello splendore, della meraviglia e delle sfide che comporta crescere un figlio. In questi corpicini alberga il potenziale della crescita e la promessa di un futuro maturo. Il divario fra l’immaturità del presente e la maturità futura sembra gigantesco. A quest’età i bambini sono personcine sconsiderate, impulsive, curiose e assorbite in se stesse. Non pensano come noi, non parlano come noi, né agiscono come faremmo noi, ma dobbiamo aver cura di loro.

Le meraviglie della crescita

Da bambina, provavo un senso di stupore e meraviglia nel guardare i semi di fagiolo germogliare nei barattoli imbottiti di tovaglioli di carta imbevuti d’acqua. Il mitico stelo si allungava libero verso la luce, rompendo l’involucro del seme. Come poteva il seme contenere in sé il progetto del suo stesso sviluppo e prorompere in una nuova forma di vita?


Mio nonno mi portava spesso a vedere il suo orto; assecondava la mia curiosità e il fascino che esercitava su di me il mondo della natura. Da esperto orticultore, lo divertiva la mia impazienza nel dover attendere che le piante crescessero. Mi insegnava come si coltiva il terreno, quali sono le condizioni particolari di cui ogni pianta ha bisogno per crescere, e come avere un occhio vigile. Mentre condivideva con me l’abbondanza del suo orto, provavo una muta gratitudine per la sua assidua dedizione. So che gli sarebbe piaciuto moltissimo osservare i miei figli che scavano per raccogliere le patate come fossero un prezioso tesoro sepolto.


Oggi la fascinazione e la meraviglia le ho rivolte al modo in cui i bambini crescono. La trasformazione che avviene nei primi anni è pura magia. I neonati vengono catapultati nel mondo dalla loro esistenza acquorea senza la piena capacità di vedere, parlare, muoversi. Col tempo imparano a camminare e parlare e fanno progressi nell’interazione con le cose e le persone. Come piccoli scienziati, esplorano e prendono campioni dall’ambiente che li circonda, per loro il quotidiano è una straordinaria scoperta. Hanno un desiderio e uno spirito d’apprendimento impareggiabili. La loro brama di spiegare il mondo non teme l’ignoto. Fedeli al potenziale del loro sviluppo, ci crescono sotto il naso mentre tracciamo segni sul muro per misurarne l’altezza.


La cosa che apprezzo di più nei bambini piccoli è come la loro immaturità influenzi il mondo che osservano. Operano con informazioni incomplete e non sono in grado di comprendere il quadro generale. Mi è capitato di vedere un bambino con meno di cinque anni indicare le manette di un poliziotto e chiedergli se fossero per poggiarci la tazza del caffè. Un altro voleva sapere perché un agente si servisse di un manganello per rompere il finestrino di un’auto e aprirne la portiera, invece di “usare la maniglia come facciamo noi”. I piccoli sono impegnati a mettere insieme il mondo un pezzo alla volta, e le loro domande rivelano le parti appena scoperte. Un maschietto di 4 anni ha dichiarato alla madre: “il prosciutto viene dai maiali perché sono tutti e due rosa!”. Era anche certo che “quando i maiali diventano vecchi, camminano e camminano finché il prosciutto non viene via da solo!”. Il loro mondo non è soggetto alle costrizioni logiche degli adulti.


Grazie agli sforzi della scienza, tentiamo di comprendere i più piccoli, dallo svelarne lo sviluppo mentale ed emotivo fino al favorirne l’autocontrollo. Si tratta di scoperte significative, ma io sono molto attratta da ciò che la scienza non sa spiegare. Come possiamo misurare il piacere, la frustrazione e la meraviglia dei bambini mentre imparano come è fatto il mondo? Osservavo l’incanto dei miei figli al luccicare dei corpuscoli di polvere nella luce del sole, dopo aver aperto gli scuri delle finestre. Anche se nella mia mente incombeva il problema delle pulizie di casa, mi chiedevo come potessero rendere la polvere fonte di un tale piacere. Mentre siamo per loro come guide in una terra straniera, i bambini ci rimandano la traduzione che fanno del mondo. Con occhi vergini ci svelano cose a cui ormai abbiamo fatto l’abitudine o che ci sfuggono. Dall’affascinante scoperta di una coccinella al gusto delizioso del gelato, le cose semplici sono rese più dolci. I bambini piccoli vivono nel momento presente e se li seguiamo conducono lì anche noi.


Sono creature curiose e straordinarie, perciò la domanda su come dobbiamo crescerli può intimorirci e affascinarci a un tempo. Per migliaia di anni li abbiamo allevati in accordo con le tradizioni culturali e attenendoci al contesto nel quale si viveva. Le famiglie e le comunità hanno dato loro delle radici, fornendo risposte a domande chiave come: Chi sono? Da dove vengo? Qual è il luogo al quale appartengo? Assumendoci la responsabilità di accudirli, dobbiamo far fronte alla considerazione di come in primo luogo avvenga la loro crescita. Quali sono le condizioni affinché si sviluppino in modo sano?


I consigli sui bisogni fisici dei più piccoli abbondano. I genitori vigilano sulla salute, la dieta e il benessere fisico, mentre gli arti silenziosamente si allungano. Misuriamo l’altezza, il peso, la temperatura e il movimento per controllare che tutto sia a posto. Quando si ammalano li accudiamo fidando anche nelle risorse e difese del loro corpo perché ritrovino la salute. Abbiamo una fiducia intuitiva nelle potenzialità evolutive che hanno guidato la crescita fisica per secoli, e sappiamo che il nostro ruolo è quello di fornire le condizioni per il benessere.


Ma un bambino si sviluppa anche da punto di vista psichico, deve maturare una propria personalità e un’individualità autonoma; anche in questo caso, esistono potenzialità interiori innate che lo guidano. Proprio come per lo sviluppo fisico, la crescita non è assicurata a meno che non vengano garantite le giuste condizioni. Informazioni e consigli sul benessere sociale ed emotivo dei bambini si possono reperire senza difficoltà, ma si tratta di un materiale da cui spesso ci si lascia confondere e sopraffare. I consigli variano a seconda dell’esperto con cui si parla, con intere parti e diversi frammenti del tutto scollegati dalla scienza evolutiva. Il discernimento e l’intuito naturali dei genitori vengono sminuiti a favore di un crescente assegnamento sugli altri per ottenere indicazioni su come crescere i figli.

La letteratura che affronta il tema della salute psicologica dei bambini è ulteriormente complicata da prospettive contraddittorie e in competizione. Il paradigma prevalente del cognitivismo-comportamentale esiste in severo contrasto con il modello evolutivo-relazionale. La mole delle tecniche e delle pratiche genitoriali odierne si fonda su una visione comportamentista della natura umana, sostenuta da professionisti formatisi in tal senso. Al cuore del comportamentismo vi è la convinzione fondamentale che non sia necessario comprendere le emozioni o le intenzioni per spiegare o modificare il comportamento di qualcuno2. B. F. Skinner, psicologo e principale promotore dell’approccio comportamentale, considerava le emozioni private e inaccessibili; si concentrava sul comportamento, che poteva essere controllato e misurato. Le emozioni venivano considerate variabili di disturbo, effetti secondari del comportamento, mai come la vera causa alla base di esso3.


Nell’approccio cognitivo-comportamentale, il comportamento del bambino viene forgiato e la maturità insegnata. L’assunto implicito è che un bambino impari ad essere maturo, con i genitori che controllano il processo anziché accompagnarlo nella crescita verso la maturità fornendo le condizioni perché questa si sviluppi pian piano. Il padre del comportamentismo, John B. Watson, scrisse: “Datemi una dozzina di neonati in salute, ben formati, e un contesto con specifiche dettate da me per crescerli; vi garantisco che, prendendoli a caso, li addestrerò per fare di ciascuno uno specialista a mia scelta: medico, avvocato, artista, commerciante, dirigente e, sì, persino mendicante e ladro, indipendentemente dai talenti, dalle propensioni, tendenze, abilità, vocazioni e razza dei loro padri.”4.

L’eredità di queste parole è stata un proliferare di pratiche per allevare i bambini, tutte fondate su tecniche manipolatorie, come i rinforzi positivi o negativi, le ricompense, le conseguenze e la coercizione, al fine di correggere i segni dell’immaturità. Tutta l’attenzione è incentrata su come affrontare il comportamento immaturo del bambino e le abilità dei genitori sono utilizzate per modificare le risposte apprese. In questo approccio le emozioni sono largamente ignorate e si ritiene che rientreranno nei ranghi una volta data forma al comportamento e al pensiero.

Per fortuna, la visione del mondo di tipo comportamentista è sotto esame e deve affrontare sfide crescenti dovute all’aumentare delle evidenze neuroscientifiche relative al ruolo cruciale dell’attaccamento e delle emozioni per il sano sviluppo della persona5.


Viene ora accettato dai neuroscienziati di spicco che il cervello umano nasca con un sistema motivazionale già predisposto, fatto di impulsi, istinti, emozioni innate e non apprese6. L’obiettivo nel crescere un figlio è quello di condurre emozioni, istinti e impulsi in un sistema di intenzioni che diano luogo a comportamenti evoluti. Le forze innate, un tempo ignorate dall’approccio comportamentale, sono ora venute allo scoperto e ritenute decisive nel forgiare la mente e il potenziale umano.


Nell’approccio evolutivo-relazionale i genitori sono come giardinieri che tentano di capire in quali condizioni i bambini crescano al meglio. L’attenzione viene posta sul coltivare forti relazioni adulto-bambino; saranno queste a fornire le fondamenta sulle quali si realizzerà il pieno potenziale dell’individuo. I genitori utilizzano la relazione per proteggere e preservare il benessere e il buon funzionamento emotivo del bambino. Gli evolutivisti non cercano di scolpire la maturità nel bambino ma lavorano per sostenere quelle condizioni che permetteranno al bambino di crescere in modo organico. Esiste un piano evolutivo naturale che guida la crescita; i genitori rappresentano la chiave necessaria a creare le condizioni che sblocchino e avviino tutto il processo. Proprio come per la crescita fisica, i bambini nascono con un programma interiore di crescita che, se sostenuto, li spinge verso una maggiore maturità psicologica ed emotiva. La maturazione è spontanea ma non inevitabile; i bambini sono come semi: hanno bisogno del giusto calore, nutrimento e protezione per crescere.

Quello di cui i piccoli hanno bisogno più di ogni altra cosa è un adulto che sappia saziare la loro fame di contatto e vicinanza. Urie Bronfenbenner, fondatore dell’Head Start Program, ha scritto: “Ogni bambino ha bisogno almeno di un adulto che sia follemente pazzo di lui.”7 Il grembo della nostra individualità ha una natura relazionale. Più di 60 anni di ricerca sull’attaccamento, dalla psicologia alle neuroscienze, concordano sull’importanza della relazione genitore-figlio per uno sviluppo e una crescita sani8.


Come disse John Bowlby all’Organizzazione Mondiale della Sanità a Ginevra, “Ciò che riteniamo essenziale per la salute mentale è che il neonato e il bambino piccolo possano sperimentare una relazione stabile, intima e affettuosa con la madre (o con un sostituto materno permanente) in cui entrambi trovino soddisfazione e gioia9.


Quando i bisogni relazionali sono soddisfatti, i bambini si affrancano dalla loro fame più grande e possono sentirsi tranquilli - liberi di giocare. È attraverso il gioco che cresceranno e si trasformeranno nei cuochi, ingegneri, falegnami, insegnanti o astronauti di domani. È sul terreno relazionale creato da noi che scopriranno la loro vera forma, liberi da qualsiasi conseguenza che li forzerebbe nell’immutabilità. È nel nostro giardino che devono poter esprimere senza remore ciò che hanno nel cuore, senza timore di ripercussioni sulla relazione con noi, e dove le persone che diventeranno pian piano prenderanno forma, sganciate dalla pressione e dalla necessità della prestazione. Il giardino della crescita può essere coltivato solo offrendo con generosità ai bambini relazioni appaganti a cui ancorarsi. Senza radici non si può crescere. Se ci occupiamo di soddisfare i bisogni relazionali dei nostri figli e ci assicuriamo che i loro cuori non si induriscano, la natura penserà al resto. Non è necessario sforzarsi di farli crescere, basterà coltivare il giardino delle relazioni in cui fioriranno.

Lo sviluppo umano è una cosa sorprendente e meravigliosa. Grazie ai bambini piccoli ci è permesso gettare uno sguardo sul modo in cui noi esseri umani maturiamo la nostra individualità e su tutte le trasformazioni che avvengono lungo il percorso. La buona notizia è che la natura ha un suo piano di crescita, non solo fisica ma anche psichica. Quando creiamo le condizioni per lo sviluppo, abbiamo un ruolo maieutico nei confronti del potenziale evolutivo che alberga nei nostri figli. La sfida è quella di concentrare le nostre cure sulle premesse che alimentano la crescita, proprio come mio nonno era attento quando coltivava il terreno e capiva cosa serviva a ogni pianticella per prosperare. L’intento della natura non è maligno nel darci creature tanto impulsive, sconsiderate ed egocentriche - c’è del metodo nella follia, un piano che deve realizzarsi. Diventiamo impazienti quando si tratta dello sviluppo psicologico, ci siamo trasformati in scultori, invece che nei maestri giardinieri di cui i nostri figli avrebbero bisogno. Non è la conseguenza di una mancata dedizione, bensì di una mancata comprensione del modo in cui la maturità prende forma.

I tre processi di maturazione10

Cosa significa crescere un figlio affinché raggiunga il suo pieno potenziale, e come si fa a sapere di esserci riusciti? I genitori sono quasi unanimi quando si tratta di definire le caratteristiche che desiderano vedere nei figli. Di fronte alla domanda su quale sia l’aspetto più importante per loro, il 93% dei genitori vorrebbe che i figli diventassero indipendenti e responsabili della propria vita. In secondo luogo, ci sono i valori legati al lavoro indefesso, all’aiuto del prossimo, alla creatività, all’empatia, alla tolleranza e alla perseveranza11. Dunque conoscono l’obiettivo da raggiungere ma non sono certi di come una simile maturità si realizzi, visti gli inizi poco promettenti. Quali sono i processi interiori della crescita che trasformano un bambino in un individuo socialmente ed emotivamente responsabile?

Basandosi su decenni di ricerca, teoria e pratica evolutiva, il tutto distillato fino all’essenza, Gordon Neufeld ha messo insieme i pezzi per formare una teoria coerente del processo di maturazione umana. La crescita è guidata da tre diversi processi interiori, che sono spontanei ma non inevitabili: (1) Il processo di emersione dà vita alla capacità di funzionare in quanto individualità separata, e di sviluppare un forte senso dell’agire. (2) Il processo adattativo mette in grado una persona di adattarsi alle circostanze della vita e di superare le avversità. (3) Il processo integrativo aiuta un bambino a maturare come essere sociale, capace di entrare in relazione con il prossimo senza compromettere la sua integrità e identità personale. La presenza o l’assenza dei processi di emersione, adattativo e integrativo sono la misura o il “segno vitale” per valutare la traiettoria evolutiva di un bambino e il suo livello generale di maturità. È il nostro potenziale umano che ci farà diventare creature sociali, con una nostra individualità e in grado di adattarci, ma la cosa è possibile solo se gli adulti giocano un ruolo di sostegno nel coltivare le condizioni per la crescita12.

Il primo obiettivo di uno sviluppo sano è la capacità di vivere in quanto creatura autonoma, e implica un movimento graduale dalla dipendenza all’indipendenza, arrivando all’autonomia dell’adulto attraverso il processo di emersione. È un processo che spinge il bambino verso un’identità distinta e l’esplorazione del proprio mondo. Il gioco è la sfera naturale nella quale si inizia ad esprimere il proprio sé emergente, il luogo di nascita della crescita verso una personalità definita e autentica, ma può esserci solo se il bambino è tranquillo nelle relazioni con gli adulti che lo accudiscono.


Il processo di emersione è molto fruttuoso, porta con sé, fra le altre, la capacità di funzionare quando si è lontani dalle figure di attaccamento, insieme alla possibilità di dar vita a obiettivi e interessi. I bambini emergenti sprizzano una magnifica vitalità e di rado si annoiano. Vi è in loro una vitalità luminosa, un senso di stupore e una curiosità che inducono alla sperimentazione, all’immaginazione, ai sogni ad occhi aperti. Gli amici immaginari nascono appunto da questo processo dell’individualità emergente.

I bambini emergenti si riconoscono anche per il loro spirito di avventura, che li spinge a essere entusiasti nell’imparare cose nuove, mentre cercano di dare un senso al mondo. Sono attivi nell’assumersi la responsabilità e forgiare la storia della propria vita, anziché diventare comparse in quella di qualcun altro. Il desiderio di essere un individuo unico è così forte che plagiare, copiare o imitare sono respinti come affronti all’integrità della persona. L’inno del bambino emergente è “Io faccio” o “lo faccio da solo”. Nel capitolo nove parleremo di come gestire la resistenza e l’opposizione naturali, che arrivano per far spazio alla propria identità.


Il secondo processo di maturazione che sottende allo sviluppo del potenziale umano è il processo adattativo. È alla radice del modo in cui si diventa resilienti e pieni di risorse, e di come ci si riprende dalle avversità. Non si può insegnare a un bambino ad adattarsi, è un processo che senza le giuste condizioni non può avvenire.

Il processo adattativo fornisce un bagaglio di resilienza che aiuterà il bambino a gestire ciò che lo aspetta e a prosperare nonostante gli ostacoli. Permette di imparare dai propri errori, di avvantaggiarsi delle correzioni e di sperimentare per tentativi ed errori. Sottende alla capacità di trasformazione quando si devono affrontare situazioni contro cui non c’è nulla da fare.


Il processo adattativo è anche la risposta quando si tratta di capricci, scenate e aggressività (ne riparleremo nel capitolo sette). I piani dei bambini piccoli vengono spesso mandati all’aria e questo li sconvolge, scatena la loro frustrazione e i tentativi di negoziare un esito più favorevole. Non sono nati con una serie di limiti e restrizioni che li preparino alla vita di tutti i giorni. A volte ci guardano esterrefatti come a dire: “Perché non posso avere un altro biscotto? Che razza di posto è mai questo?”


I bambini piccoli sono inclini al possesso, a essere primi e a ottenere ciò che vogliono perché la loro è una natura egocentrica. Il processo adattativo li aiuta a rinunciare ai loro programmi e a capire che possono sopravvivere anche se le cose non vanno come vorrebbero. Uno dei modi più rapidi per creare un bambino “prepotente” e “viziato” è quello di eludere il processo adattativo e impedirgli di turbarsi per tutto ciò che non può cambiare. Il personaggio di Veruca Salt in Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato è il paradigma di un bambino simile. Dà di continuo ordini ai genitori: “Lo voglio e lo voglio subito, papà!”. I genitori vivono nella paura costante di far fronte alle sue richieste. Il compito di un genitore è aiutare a preparare un figlio perché possa vivere nel mondo esistente, con le delusioni e gli sconvolgimenti che ne fanno parte. Il ruolo chiave del genitore nel sostenere la crescita dei figli in quanto creature adattabili verrà discusso nel capitolo sette.

Il terzo processo di maturazione è l’integrazione. È il processo responsabile della trasformazione dei bambini in creature sociali mature e responsabili. Richiede lo sviluppo del cervello e maturità emotiva. La frase “passaggio dai 5 ai 7” fu coniata da Sheldon White sulla base del lavoro di Jean Piaget e indica un significativo cambiamento nello sviluppo cognitivo del bambino piccolo. È un momento in cui riesce ad apprezzare il contesto e a tener conto di più di una prospettiva alla volta13. Questo passaggio segna la fine naturale della mentalità da prima infanzia e accompagna nell’età della ragione e della responsabilità14. I bambini diventano meno impulsivi nell’espressione di pensieri e sentimenti, iniziano a mostrare un controllo degli impulsi anche quando sono coinvolte forti emozioni. Anziché esplodere, possono dire “Quasi ti odio adesso!” e “Vorrei picchiarti!”, ma senza farlo. Si mostrano pazienti anche quando sono frustrati dall’attesa e iniziano a condividere per autentica considerazione dell’altro, non perché così gli si dice di fare. Sapranno perseverare nei loro propositi senza lasciarsi sopraffare dalla frustrazione. Modi più evoluti si faranno strada con gradualità e quelli immaturi, tipici della prima infanzia e descritti nel capitolo 2, diminuiranno in modo naturale.

Una delle più importanti conseguenze evolutive del processo integrativo è la capacità di essere un’individualità separata in mezzo a tante altre persone. Quando si è in grado di restare fedeli al proprio punto di vista pur considerando le esperienze dell’altro, si guadagnano vedute più ampie e profonde.

I bambini piccoli possono agire solo considerando una prospettiva alla volta, che di solito viene espressa dal “è mio!”. Una persona matura dovrebbe poter essere in disaccordo pur mantenendo un senso di vicinanza con l’altro: “capisco il tuo punto di vista, vuoi ascoltare il mio?”. L’integrazione dovrebbe anche favorire l’emergere di un’individualità separata che non soccomba alla pressione dei coetanei, alla spinta ad uniformarsi, appiattirsi, essere il clone di qualcun altro. Come ha detto Katie, sette anni, alla sua amica mentre giocavano: “Non voglio essere il tuo coniglietto, non mi piacciono i conigli; io invece voglio fare la mamma criceto!”


Il nostro destino finale di creature sociali è quello di partecipare appieno alla comunità in cui viviamo e possedere un livello di ragionamento morale che vada oltre l’“Io” e consideri i bisogni generali. Se vogliamo che i nostri figli partecipino in qualità di cittadini responsabili e difensori della Terra, è necessario che diventino individui sociali maturi. Il nostro potenziale di creature sociali viene sviluppato attraverso sane relazioni genitori-figli.


Vi è una soluzione organica all’immaturità dei più piccoli ed è il naturale processo evolutivo in cui i genitori giocano un ruolo cruciale. Quando le condizioni per la crescita sono state assicurate, i processi interiori del sé emergente, dell’adattamento e dell’integrazione lanceranno la traiettoria del bambino verso la formazione della sua individualità. Anche il fallimento fa parte della condizione umana ed è proprio per questo che i genitori rappresentano la migliore scommessa per la crescita. Una personalità matura non può essere il frutto di insegnamenti o forzature; può essere solo il risultato del giusto nutrimento e della giusta protezione, può essere solo coltivata e preservata.

Preservare lo spirito dell’infanzia

Una sera, mentre facevo una presentazione a un gruppo di genitori, mi è capitato di ascoltare una madre che leggeva il titolo del libro di Gordon Neufeld e Gabor Maté, Tenetevi stretti i vostri figli15. Con voce allarmata si era rivolta all’amica dicendo: “Tenerceli stretti? Davvero? E dov’è il libro che ci spiega come liberarcene!?” Questo sentimento tradisce la fretta che abbiamo di far crescere i figli e vederli comportarsi in modo maturo. Sembriamo aver perso ogni pazienza nei confronti dell’immaturità e vogliamo che la stagione del raccolto arrivi quanto prima. Nei momenti di disperazione e frustrazione potremmo persino pretendere: “Sbrigati a crescere!”. Ahimé, non è cosa che possa affrettarsi, né comandando, pretendendo, incitando, spingendo, tirando, corrompendo, minacciando, promettendo, persuadendo, e neppure dando una pillola ai nostri figli.

Sono tutti d’accordo nel desiderare che i piccoli diventino maturi ma le differenze sono sostanziali quando si tratta di capire come fare. Vogliamo farli crescere o cerchiamo di controllarne lo sviluppo? Se abbiamo fretta faremo pressione. Se crediamo che sia necessario dar loro spazio e tempo per crescere creeremo le condizioni perché la cosa avvenga in modo naturale. Non possiamo fare tutte e due le cose. Uno sviluppo sano richiede pazienza e fiducia. Il problema quando si preme e si controlla è quello di interferire con i reali bisogni dei bambini. Si rischia di creare condizioni di vita stressanti in cui i bambini sentono che c’è qualcosa di sbagliato nel loro modo di essere. Quando i bambini piccoli sono spinti con troppa precocità all’indipendenza, si aggrappano a noi in preda all’insicurezza. Con il proposito di dar loro una forma matura prima di quanto la natura abbia previsto, rischiamo di reprimere, limitare e distruggere lo spirito dell’infanzia. Eppure si continua a fare pressione sui bambini, nonostante decenni di scienza evolutiva abbiamo dimostrato che i princìpi che governano la crescita non cambiano.


Una delle sfide più grandi per i genitori di oggi è proprio quella di preservare lo spirito dell’infanzia. La parola spirito deriva dal latino spiritus che significava soffio, alito di vita, forza vitale. Lo spirito è ciò che muove la propensione a crescere, a svilupparsi, a diventare, è alla base della vitalità. Se siamo divorati dal bisogno che i nostri figli raggiungano una forma di maturità senza pensare a preservare il loro spirito, i risultati saranno superficiali e di breve durata. Esiste una differenza fra il bambino che si comporta in modo maturo e quello a cui viene dato il tempo per diventare maturo. Ci siamo distratti e confusi cullandoci nella convinzione che un atteggiamento maturo sia sinonimo di maturità. Crediamo di poter controllare la crescita e non ci concentriamo su come influenziamo le condizioni che la favoriscono.

Possiamo insegnare a un bambino a fare molte cose sin dalla più tenera età, ma questo non va confuso con la maturità. Il pediatra T. Berry Brazelton ha scritto: “I bambini piccoli sono capaci di una compiacenza straordinaria. Possiamo indurli a camminare a nove mesi, a ripetere i numeri a due anni, a leggere a tre, e possiamo anche insegnargli a sopportare lo stress legato a simili aspettative. Tuttavia i bambini di oggi avrebbero davvero bisogno di qualcuno che gridasse a squarciagola: “A che prezzo?”16. La crescita ha le sue stagioni e forze che la guidano. Il seme della mela è nulla al confronto con l’albero che ne porta i frutti. Se cresciuti in fretta, i bambini pagano un prezzo in termini di sviluppo.


Vogliamo che i nostri figli diventino individui responsabili dal punto di vista sociale ed emotivo, ma la nostra società si preoccupa della prestazione genitoriale e non delle radici da cui le cure dei genitori devono scaturire. Ad esempio, è possibile far dire “scusa” o “grazie” a un bambino piccolo, ma questo non assicura che provi rimorso o gratitudine. Inoltre, i bambini percepiscono l’insincerità di certe azioni e reclamano fra di loro: “Dì ‘scusa’, dillo per bene!”. Quando sono costretti a dire “scusa” o “grazie”, le loro parole sono distaccate dalle emozioni e dai sentimenti che dovrebbero ispirarle. Qualsiasi fretta nel voler ottenere una prestazione da comportamento maturo rovinerà la comprensione di quelle emozioni che li renderebbero davvero umani. Non possiamo attenderci un sano sviluppo morale sulla base di falsità da facciata. Bambini premurosi e sensibili sono il risultato di cure familiari che nutrono le radici emotive da cui certi atteggiamenti scaturiscono. Per diventare una creatura sociale bisogna prima capire se stessi. La capacità di stare con gli altri, di mostrare considerazione e di prendersi la responsabilità delle proprie azioni sono il risultato di un sano sviluppo. Un bambino può recitare la parte della persona beneducata, ma è una rappresentazione senza alcuna profondità.

Lo spirito dell’infanzia viene eroso anche dall’assunto implicito per cui “prima è, meglio è”17. si tratta di una filosofia che permea le aspettative sul comportamento e la prestazione sin dalla più tenera età. David Elkind, psicologo dell’età evolutiva e autore di Miseducation: Preschoolers at Risk, dice che negli anni Settanta i genitori mettevano fretta ai figli, negli anni ottanta volevano superbambini e nei novanta volevano dare ai figli un vantaggio competitivo rispetto agli altri18. Al volgere del ventunesimo secolo la prima infanzia è ancora sotto minaccia poiché viene ripensata per accelerarne la crescita.


Parte del problema è dovuta al fatto che i genitori hanno perso fiducia, sono disorientati e culturalmente alla deriva quando si tratta di affidarsi a una concezione evolutiva della natura umana. Cosa è successo alla nostra fiduciosa convinzione interiore che i bambini sarebbero cresciuti bene con il tempo, la pazienza e la dedizione? I rapidi mutamenti sociali, economici e tecnologici degli ultimi 100 anni hanno smantellato tutta la sapienza e la cultura che riguardava i bambini e la loro crescita. In noi si insinua sempre più la convinzione di dover accelerare le performance dei nostri figli, e guidati da questo pensiero mettiamo sotto pressione la prima infanzia. Centinaia d’anni di tradizione genitoriale sono ormai frammentati, senza più alcun ancoraggio culturale. Non abbiamo più chiaro quale sia il futuro per cui prepariamo i nostri figli19. Oggi gran parte dei genitori non è altro che una generazione di immigrati nell’era digitale e deve crescere figli che sono i primi veri nativi dell’Età dei nuovi media20.


Il passaggio dalle società agricole a quelle industriali e poi digitali, negli ultimi 100 anni e più, ha significato che siamo molto meno governati da quei ritmi naturali che per secoli hanno sostenuto la vita21. Nel mondo digitale, non viviamo più in accordo con i cicli lunari, solari e delle stagioni; i ritmi della natura sono ora rimpiazzati da una scansione del tempo di 24 ore su 24, 7 giorni su 7 e globalizzante. Steve Jobs viene citato per aver detto che non gli era mai piaciuto mettere interruttori sui dispositivi Apple22. Per quanto i nuovi strumenti e dispositivi promettano servizi infiniti, aumento delle prestazioni e connettività, vanno contro i principi evolutivi e i limiti che tuttora governano la natura umana. Le tecnologie e i nuovi strumenti ci hanno alienati dal mormorio costante dei ritmi naturali della vita. Possiamo fare molte cose più in fretta, ma crescere i figli non voleva essere una di queste.

La domanda che dobbiamo porci è quale sia il nostro ruolo nel crescere un figlio. Il genitore è una figura chiave nella vita del bambino, determinante nel creare le condizioni della crescita e nel difendere lo spirito dell’infanzia. Dobbiamo partire col piede giusto, farci guidare dalle giuste domande, quelle che riguardano il modo in cui i bambini possano fiorire, prosperare e diventare se stessi. La risposta all’immaturità è la maturità, quella che si dispiega quando un adulto diventa la risposta ai bisogni emotivi e relazionali del bambino. Il genitore ha un ruolo maieutico nei confronti della promessa contenuta nel potenziale umano che è in ogni bambino. Per farlo, dobbiamo essere consapevoli del ruolo che rivestiamo nel disegno della natura, così da contrastare e attutire gli sconvolgimenti sociali che oggi vanno di pari passo con la trasformazione tecnologica globale. Siamo fortunati, la scienza evolutiva ci può guidare, può aiutarci a rivalutare l’intuizione genitoriale, a sostenere le tradizioni culturali e a darci lumi quando ci sentiamo persi. I giardinieri esperti usano la scienza e l’intuizione per sapere cosa serva a una buona crescita, e confidano che il potenziale dipenda dal coltivare radici profonde in grado di tenere per tutta la vita.

Capire i piccoli
Capire i piccoli
Deborah MacNamara
Come aiutare a crescere creature imprevedibili e meravigliose da 0 a 6 anni.Un manuale di facile lettura, ricco di consigli pratici e testimonianza dirette, per aiutare i genitori a comprendere la natura dei bambini piccoli. I bambini piccoli sono fra le persone più amate, ma anche fra le più incomprese.Le loro straordinarie personalità possono rivelarsi una sfida per gli adulti, in quanto sfuggono alla logica e alla comprensione: passano dall’essere sfrontati, recalcitranti e ribelli all’illuminare la stanza con la loro gioia di vivere e le risate contagiose.Le reazioni estreme, la rabbia apocalittica, i pianti inconsolabili e le impuntature senza cedimenti sono la cifra dell’immaturità, e per quanto dovrebbe sembrare evidente che essa sia un tratto costitutivo dei piccoli e li renda persone molto diverse dagli adulti, si rivela invece fra quanto di più misconosciuto e negletto. Deborah MacNamara, allieva e collega di Gordon Neufeld, uno dei più importanti esperti dell’età evolutiva, esplora l’intenso bisogno di attaccamento del bambino, l’importanza vitale del gioco, la natura della giusta disciplina e del tipo di relazione che è in grado di proteggere la crescita delicata dell’infanzia. In Capire i piccoli si trova ciò che serve ai bambini per crescere e prosperare, ma non prima di aver capito che i loro comportamenti, talvolta sconcertanti, non sono affatto la manifestazione di un disturbo o di un deficit e neppure di una “cattiva educazione”.Non guarderete più ai vostri figli e a voi stessi nello stesso modo, e pur scoprendo quanto sia critico il ruolo di genitore e adulto, vedrete anche come, dalla giusta prospettiva, sia più facile e naturale di quanto si creda. Conosci l’autore Deborah MacNamara è counsellor clinico ed educatrice con un’esperienza ultraventennale.Membro del Neufeld Institute, affianca alla pratica di consulente una regolare attività formativa rivolta a genitori, educatori, professionisti della salute mentale e chiunque si prenda cura dei bambini.Vive a Vancouver con il marito e due figlie.