capitolo V

Quanto hanno inciso le vaccinazioni
nella diminuzione delle epidemie
causate dalle malattie infettive

Le gravi epidemie provocate da molte malattie infettive sono sicuramente regredite o addirittura scomparse: è un risultato importantissimo, e ai vaccini se ne attribuisce il merito esclusivo. Ci è stata inculcata la convinzione che solo i vaccini abbiano debellato il vaiolo, ridotto la difterite, sconfitto la poliomielite, e che i danni da vaccino non esistano e che, se mai esistessero, sarebbero un piccolo tributo da pagare in questa guerra vittoriosa. È scontato: le epidemie degli anni passati non potranno tornare fino a quando tutti i bambini continueranno a essere vaccinati, anzi vaccinatissimi. Gli esperti indicano in genere la necessità di mantenere la copertura vaccinale superiore al 90% della popolazione per evitare il ripresentarsi delle epidemie. Questo consente l’instaurarsi della “immunità di gregge” (herd immunity) che, creando un ambiente umano globalmente sfavorevole per l’agente patogeno, protegge anche i soggetti non vaccinati.


Viene insegnato a tutti gli studenti di medicina, viene ripetuto in tutti gli articoli dei giornali e in tutti i servizi televisivi che si occupano di malattie infettive. È un luogo comune. Si cerca in tutti i modi di rafforzare la fiducia nelle vaccinazioni, dimenticando “gli invisibili”, le vittime delle vaccinazioni, e anche negando dati epidemiologici, evidenze statistiche e qualche pagina della storia della medicina.

Ancora oggi non conosciamo le vere ragioni del comparire o del regredire di alcune epidemie. È ignoto perché la lebbra abbia cominciato a regredire a partire dalla metà del XIV secolo. Nessuno riesce a spiegare la scomparsa della più terribile delle malattie infettive, la peste. Questa è causata da un germe, lo Yersinia pestis, che può essere trasmesso, nella forma bubbonica, dalla pulce del ratto e, nella forma polmonare, dalle goccioline della saliva. Nel 1348 in Europa si verificò una epidemia che in tre anni uccise almeno 50 milioni di persone. Ogni decennio si sono ripresentati focolai epidemici, sempre con milioni di vittime. D’un tratto, la peste si affievolisce, non si verificano più epidemie, e oggi si segnalano sporadici episodi in limitate zone del mondo, senza che sia mai stata effettuata alcuna campagna di vaccinazione di massa. Sul perché di questa scomparsa sono state fatte molte ipotesi; nessuna, comunque, pienamente soddisfacente1. Una sola è la certezza: i vaccini non c’entrano affatto.

L’insufficienza di studi clinici controllati sulla efficacia delle vaccinazioni potrebbe essere compensata dall’evidenza dei dati statistici ed epidemiologici: esaminando i numeri della morbilità (numero di malati) e della mortalità delle malattie infettive dovremmo registrarne una significativa diminuzione dopo la pratica di massa delle vaccinazioni, fino ad arrivare infine a una completa scomparsa delle malattie per cui si vaccina. Per questo abbiamo bisogno di dati e grafici di periodi di tempo prolungati, che ci diano informazioni anche degli anni precedenti l’introduzione dei vaccini. Non sempre si segue questo criterio: vengono di solito riportate le tabelle che mostrano la regressione delle malattie solo dopo l’introduzione delle vaccinazioni.

I difensori delle vaccinazioni presentano i dati di regressione delle malattie a partire dagli anni in cui vengono introdotte le vaccinazioni, omettendo di evidenziare il periodo antecedente che mostra come l’epidemia fosse già in calo, oppure omettendo di confrontare i grafici tra Paesi vaccinati e non vaccinati. In questo modo producono l’illusione che tali regressioni siano dovute ai vaccini. In assenza di vaccinazioni, le malattie regrediscono in tutti i Paesi in cui si eleva il livello di vita. Nonostante le vaccinazioni, le epidemie non regrediscono in quei Paesi in cui le condizioni igieniche o il livello di vita vi si oppongono2.

Se operiamo una ricerca approfondita non possiamo affermare che le vaccinazioni abbiano fatto scomparire o regredire le epidemie: hanno costituito un fattore, che ha portato un contributo importante soprattutto dove le condizioni igieniche e sanitarie erano insufficienti.

In Svizzera è stata effettuata un’analisi delle cause di morte provocate dalle maggiori malattie infettive.

La mortalità dovuta a tubercolosi, difterite, scarlattina, pertosse, morbillo, tifo, febbre puerperale e gastroenterite infantile cominciò a scendere molto prima dell’introduzione delle vaccinazioni. Il decremento era probabilmente dovuto ad una vasta estensione di diversi fattori legati all’incremento degli standard di vita: miglioramento quantitativo e qualitativo del cibo, migliore igiene pubblica e personale, migliori condizioni di vita domestica e lavorativa, e maggiore istruzione3.
La maggiore diminuzione, nella storia, della morbilità e mortalità causate dalle malattie infettive è stata prodotta non dai moderni antibiotici o dai vaccini, quanto dall’introduzione dell’acqua pulita e delle fogne4.

In particolare, i dati statistici indicano che:

  • la regressione delle epidemie si è verificata con curve simili sia nei Paesi e/o nei gruppi non vaccinati che nei Paesi e/o nei gruppi vaccinati a parità di condizioni igieniche;

  • l’efficacia delle vaccinazioni non è stata tale da impedire il verificarsi di epidemie, nonostante l’ampia copertura vaccinale della popolazione;

  • la riduzione dalla morbilità e mortalità per le malattie per cui sono stati creati i vaccini sono iniziate ben prima della immunizzazione stessa.


Facciamo alcuni esempi.

1. Regressione delle epidemie: confronto tra popolazioni vaccinate e non vaccinate
  • 1928: l’Ungheria è il primo Paese europeo che inizia la pratica della vaccinazione di massa dei bambini contro la difterite. L’esperienza viene condotta quasi esclusivamente nelle campagne, mentre gli abitanti di Budapest non vengono coinvolti. I grafici mostrano una riduzione della mortalità analoga tra il gruppo vaccinato e quello non vaccinato. (Graf. 5.1)
  • 1932: i diversi cantoni della Svizzera godevano già di un’autonomia che permetteva di effettuare scelte differenti, anche in ambito sanitario, per cui l’obbligo vaccinale non è stato istituito nello stesso momento. Questo permette di confrontare i dati di popolazione omogenee. Se ne ricava che i casi dichiarati di difterite si sono ridotti ugualmente nel periodo 1932-1940, sia nel Cantone di Ginevra, ove la vaccinazione era stata resa obbligatoria (da 137 a 20), sia nel Cantone di Vaud, dove la vaccinazione non era né obbligatoria, né diffusa (da 135 a 25). (Graf. 5.2)
  • 1945-1950: in Francia i decessi per difterite sono diminuiti da 1839 a 121 tra i bambini da 1 a 14 anni (vaccinati), da 517 a 34 tra i minori di 1 anno (non vaccinati). In entrambi i casi il tasso di riduzione è del 93%. (Graf. 5.3)
2. Regressione delle epidemie: confronto tra Paesi vaccinati e Paesi non vaccinati.
Nella Germania Occidentale, dal 1946 al 1952, i casi di difterite sono diminuiti da 153.335 a 20.905 (86%), il numero dei decessi da 6.280 a 533 (91%). Sono gli anni successivi alla conclusione della guerra, e, come è facile da intuire, caratterizzati da condizioni di grave povertà, e di assenza di vaccinazioni di massa in Germania. Negli altri 19 Paesi europei in cui tale pratica era effettuata, si è avuta una riduzione della morbilità per difterite del 76% e di mortalità dell’81%. I risultati sono perfettamente simili, con o senza il vaccino. (Graf. 5.4)
 


Declino comparato della difterite in 19 paesi (vaccinati) d'Europa e in Germania Occidentale (non vaccinata) dal 1946 al 1952. Casi e decessi. Scala Logaritmica.
Grafico 5.4

Tra il 1944 e il 1952 la riduzione di morbilità e mortalità per difterite in Canada (vaccinazione diffusa) e Giappone (vaccinazione assente) è stata simile. (Graf. 5.5)

 


Declino comparato della difterite in Canada (vaccinato) e in Giappone (non vaccinato) dal 1944 al 1952. Casi e decessi. Scala Logaritmica.
Grafico 5.5
3. Diffusione delle epidemie nonostante le vaccinazioni

In Inghilterra la vaccinazione antivaiolosa fu introdotta nel 1798, e divenne universale e gratuita con i Vaccination Acts del 1840 e 1841. L’obbligatorietà fu sancita nel 1853 (Compulsory Vaccination Act). Ancora più stringenti furono le disposizioni del 1861, 1867, 1871 che dettero la possibilità di processare, imprigionare, e confiscare i beni ai genitori che rifiutavano la vaccinazione per i propri figli. In quegli anni si registrarono tre epidemie importanti: nel 1857-59, 1863-1865, e 1871-1872. Proprio nel 1872, con una copertura vaccinale dell’86% della popolazione, ci fu un picco di morti per vaiolo, dopo diciannove anni di vaccinazione obbligatoria. (Graf. 5.6)

La copertura vaccinale si abbassò sino al 61% nel 1898, anno in cui si raggiunse il valore più basso di morti per vaiolo, e in cui si abolì l’obbligo. Nel 1902 si ebbe una nuova recrudescenza di morti per vaiolo, quando i vaccinati erano aumentati sino a riguardare il 71,8% della popolazione. Con la riduzione della copertura vaccinale (al 40% nel 1920) anche la mortalità per vaiolo crollò. (Graf. 5.7)

Questo grafico mostra che i tassi di mortalità per vaiolo tra vaccinati e non vaccinati erano sovrapponibili. (Graf. 5.8)


Da uno studio pubblicato dal Dr. G. Buchwald5 risulta che non solo la vaccinazione antivaiolo non protegge, ma anche che i vaccinati possono essere colpiti dalla forma più grave della malattia. L’enciclopedia britannica (9° edizione) riporta che dei 30.742 casi di vaiolo in Baviera nel 1871, 29.429 si erano verificate in persone vaccinate. La Svezia vaccinò sistematicamente la popolazione nel 1871 e di nuovo nel 1872, ma nel 1873 è teatro della più tremenda epidemia di vaiolo della sua storia.


Il fatto è che la vaccinazione contro il vaiolo è la più antica, dispone delle informazioni statistiche più dettagliate, per cui la sua azione è facilmente valutabile. È anche quella a cui si attribuisce il merito della scomparsa della malattia a prescindere – e anzi contro le evidenze statistiche.


In realtà non è stata la vaccinazione a debellare il vaiolo, ma furono alcuni eventi accidentali collegati alle caratteristiche biologiche e cliniche dell’infezione, insieme con l’adozione di opportuni provvedimenti igienici.

La vigilanza, un corretto isolamento dei malati, la quarantena delle persone infette, la disinfezione degli oggetti entrati in contatto con i malati: con tali misure di sicurezza fu possibile fare sparire il vaiolo dalla faccia della terra in poco tempo. Nel 1967 in India, su una popolazione complessiva di 511 milioni di persone, erano state eseguite 537 milioni di vaccinazioni. In quell’anno vi fu un’epidemia con 60.000 casi accertati. Nel continente indiano l’aumento dei casi di vaiolo ha fatto sempre seguito ai programmi di vaccinazioni di massa, tanto che la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità decise di riorganizzare le misure di igiene nel trattamento dei malati, per arrivare ad affermare che
Durante la lotta decennale per l’eliminazione del vaiolo è emerso che il vaiolo può diffondersi anche in una popolazione completamente vaccinata. Pertanto si è adottata un’altra strategia: le vaccinazioni di massa sono state sostituite da un monitoraggio e da un trattamento mirato della malattia. L’esperienza insegna che una malattia infettiva grave come il vaiolo è stata fatta scomparire attraverso misure quali la quarantena e l’isolamento6.
4. Regressione della mortalità delle malattie infettive

Mostrare, con i grafici che seguono e per Paesi con dati disponibili, che molte epidemie erano in diminuizione già da tempo prima dell’introduzione delle vaccinazioni può provocare un certo stupore.

Ma non si può negare l’evidenza.


Casi di poliomielite negli USA dal 1912 al 1970. La vaccinazione di massa fu introdotta solo negli anni ’60. (Graf. 5.9)

Casi di poliomielite in Italia dal 1925 al 1995. Si registra un primo picco in corrispondenza degli anni della Seconda Guerra Mondiale (il numero dei casi in epoca precedente era basso, anche in assenza del vaccino). Il secondo picco si registra dopo l’introduzione della vaccinazione di Salk del 1957. Nel 1969 viene resa obbligatoria la vaccinazione di Sabin, quando la malattia era quasi scomparsa. (Graf. 5.10)
Mortalità per difterite in Usa dal 1900 al 1967. La vaccinazione è stata introdotta nel 1949, quando la malattia era già in diminuizione. (Graf. 5.11)
Difterite: mortalità in Inghilterra e Galles. La vaccinazione fu introdotta nel 1934, quando la malattia era già da tempo in diminuizione. (Graf. 5.12)
Mortalità per pertosse in USA dal 1900 al 1960. La vaccinazione fu introdotta nel 1949. (Graf. 5.13)
Diminuizione della mortalità causata da pertosse in Inghilterra e Galles dal 1838 al 1978. Il decremento è stato dal 75,10 per 100.000 allo 0,9 per 100.000 nel 1950, anno in cui è stata introdotta la vaccinazione. (Graf. 5.16)
Mortalità per pertosse in Italia dal 1887 al 1950. (Graf. 5.17)
Mortalità per tubercolosi in Inghilterra e Galles dal 1838 al 1970. (Graf. 5.18)

Grafico 5.19


Grafico 5.20

Le vere cause delle malattie le vedremo nel capitolo successivo.


I grafici sono tratti da:

  • Delarue F., L’intossicazione da vaccino, Feltrinelli, Milano 1979. (Graf. 5.1, 5.2, 5.3, 5.4, 5.5)

  • Benatti C., Ambrosi F., Rosa C., Vaccinazioni tra scienza e propaganda, Il leone verde 2006. (Graf. 5.7, 5.10, 5.19, 5.20, 5.21 )

  • Kremer H, Sistema immunitario e vaccinazioni, Macro, (Graf. 5.18)

  • www.comilva.org (Graf. 5.17)

  • www.HealthSentinel.com (Graf. 5.6, 5.8, 5.9, 5.11, 5.12, 5.13, 5.16)

Bambini super-vaccinati - Seconda edizione
Bambini super-vaccinati - Seconda edizione
Eugenio Serravalle
Saperne di più per una scelta responsabile.Un’attenta disamina sulla questione dei vaccini, che mette a confronto dati e ricerche aggiornate, per aiutare i genitori a scegliere con consapevolezza. Eugenio Serravalle, medico specializzato in Pediatria Preventiva, Puericultura e Patologia Neonatale, ha approfondito il fenomeno delle invenzioni delle malattie e lo studio delle composizioni dei vaccini, con gli additivi, i conservanti e le sostanze chimiche che possono avere effetti dannosi sulla salute dei bambini.Fermamente convinto dell’utilità dell’immunizzazione di massa, per anni ha vaccinato i suoi pazienti con ogni vaccino disponibile sul mercato, finché si è reso conto di aver accettato senza riserve il concetto abituale secondo cui i vaccini siano sempre efficaci e sicuri.Libero da ogni pregiudizio, l’autore ha cominciato a porsi domande diverse, quelle che soprattutto i genitori si pongono: i vaccini provocano malattie irreversibili? I bambini sono troppo piccoli per le vaccinazioni? I vaccini causano reazioni pericolose per l’organismo? Somministrare troppi vaccini insieme sovraccarica il sistema immunitario?In Bambini super-vaccinati da pediatra infantile si cala nel ruolo di genitore, cercando di chiarire ogni dubbio sulla pratica vaccinale: il libro vuole quindi garantire il diritto a un’informazione obiettiva e consapevole sui rischi derivanti dalle vaccinazioni, sulla libertà di scelta e di cura, fornire quindi ai genitori, e non solo, tutte le informazioni utili per scegliere in piena autonomia.In questa seconda edizione viene approfondito ancor di più tutto quello che la letteratura scientifica internazionale mette a disposizione, confrontando dati e ricerche cliniche. Conosci l’autore Eugenio Serravalle è medico specialista in Pediatria Preventiva, Puericultura e Patologia Neonatale.Da anni è consulente e responsabile di progetti di educazione alimentare di scuole d’infanzia di Pisa e comuni limitrofi.Già membro della Commissione Provinciale Vaccini della Provincia Autonoma di Trento e relatore in convegni e conferenze sul tema delle vaccinazioni, della salute dei bambini e dell’alimentazione pediatrica in tutta Italia.