Conclusioni

Good news dal mondo dei giovani

Le notizie raccolte in questo libro si riferiscono agli eccessi che derivano dalla cultura adolescenziale dello sballo; d’altronde di rado gli avvenimenti che riguardano i giovani, degni di pubblicazione, afferiscono a episodi positivi che mettono in luce la buona volontà, l’impegno, lo spirito di iniziativa e di solidarietà dei ragazzi. Simili episodi non colpirebbero l’opinione pubblica poiché il bene in prima pagina non ha attrattiva quanto gli eventi negativi e molte volte, per veder stampata una buona notizia, bisogna farsi carico delle spese di pubblicità: solo il male ha diritto di cronaca.

È necessario tuttavia evidenziare questi fenomeni, proposti quotidianamente e subito dimenticati dal lettore assuefatto e anestetizzato, allo scopo di analizzarli e rielaborarli sforzandoci di comprendere quali strumenti educativi mettere in campo per prevenirli. Prendere coscienza delle insidie del web o della pressione mediatica è imprescindibile per non dover poi, affannosamente, ricucire strappi e situazioni sfuggite di mano o tenere testa a disagi giovanili ormai conclamati e difficili da estirpare.


Il bene lo conosciamo, si legge nello sguardo di un figlio che non sa come chiedere perdono per essere stato sgarbato, nel gesto di un giovane che cede il passo sul marciapiede stretto a un anziano, in quei ragazzi ribattezzati “angeli del fango” che a ogni alluvione prendono una pala e un treno per poter dare una mano dove c’è bisogno e in quelle adolescenti, uscite vittoriose da una feroce battaglia ingaggiata per annientare il loro corpo, che preparano fiocchetti lilla da distribuire in tutte le scuole italiane dove portano la propria esperienza. Si tratta di giovani che, nonostante gli aberranti segnali provenienti dalla società, nonostante il male di cui ogni giorno fanno esperienza nella vita reale e in quella virtuale, hanno il coraggio di uscire dal bozzolo, alzarsi dal divano e mettersi in discussione, sostenendo i propri princìpi e le proprie inclinazioni a testa alta, senza temere il bullo o il presunto vincente di turno. Sono adolescenti desiderosi di disallinearsi dall’omologazione dilagante che si nutre di identità effimere e intercambiabili, alla stregua di un abito dismesso in quanto passato di moda. Ragazzi cresciuti all’interno di relazioni famigliari stimolanti che ambiscono a intrecciare rapporti sinceri anche con il mondo esterno, sentendosi realmente, e non solo digitalmente, connessi agli altri individui e senza mettere in atto alcuna prevaricazione. Giovani che si percepiscono parte di una comunità più estesa, di un progetto comune che scardina l’odierno mito pervasivo dell’individualismo e dell’arroganza, per condividere un sogno che non sia quello di calpestare il prossimo per ottenere più potere e rispetto.

Allenarsi insieme alla lentezza

Condivisione, ascolto, gentilezza, disponibilità sono valori che vanno maneggiati fin da piccoli, in seno alla famiglia, per essere poi spesi nella società senza il timore di spacciare valuta fuori corso ma con la convinzione di far circolare solidarietà vera, fondata sulla reciprocità.


Il cervello dell’uomo si costruisce con lentezza e il suo periodo di plasticità, a differenza di quanto accade nel regno animale, dura anni, indicativamente fino al termine dell’adolescenza, durante i quali fortunatamente si è affidati alle cure famigliari. È compito degli adulti, quindi, esortare i giovani affinché plasmino il loro cervello, e di conseguenza il loro comportamento, ponendo attenzione a un dato scientifico importante: mentre la tecnologia ha incrementato moltissimo la velocità nelle relazioni, quella nelle comunicazioni fra neuroni è rimasta immutata; da ciò deriva la necessità di concedere tempo alla riflessione, al confronto, allo sviluppo di ogni individuo che si affaccia alla vita.


Anche il consumismo rappresenta un prodotto del pensiero rapido, che induce a mutare continuamente desideri e voglie, cedendo all’acquisto compulsivo dettato dall’azione istintiva, suggerita dalla moda del momento, dall’imperante hic et nunc e dall’incapacità di attendere per acquistare sulla scorta di una necessità ben ponderata.


Di conseguenza diventa fondamentale educare i giovani al senso critico, sottraendoli all’influenza seducente del consumismo; allenarli al pensiero lento e riflessivo per stimolare la loro creatività e la loro fantasia, contrastando in tal modo la standardizzazione indotta dal pensiero veloce e superficiale. I ragazzi, bombardati da messaggi fast e dalle centinaia di immagini che possono succedersi nell’intervallo di un minuto in un videoclip, non riescono ormai a gestire situazioni che richiedono lentezza e concentrazione, un impegno costante in vista di un risultato procrastinato nel tempo.

Sostenere con coerenza un sistema di valori

Si sta assistendo a una bulimia di consumi a fronte di una anoressia di valori, accantonati per aver smarrito il loro originario appeal.

I valori, variabili a seconda delle società e dei momenti storici, sono il prodotto delle dinamiche derivanti dall’intreccio delle azioni degli individui. Il processo di secolarizzazione ha decretato la morte dei princìpi sui quali le religioni della redenzione basavano l’agire quotidiano, in previsione di una gratificazione ultraterrena, spianando la strada a una pluralità di valori emergenti interiorizzati con modalità differenti da ciascuna persona.


Le regole ricevute in famiglia dovrebbero essere rafforzate e sostenute anche da altri soggetti nell’ambito di un contesto sociale allargato. Nell’odierna società caratterizzata da una molteplicità di valori, sovente discordanti fra loro, è però facile riscontrare la mancanza di coerenza fra gli agenti di socializzazione (famiglia, scuola, gruppo dei pari) che contribuiscono a formare l’identità di un giovane: sono soprattutto i messaggi veicolati dai mezzi di comunicazione di massa che indeboliscono l’efficacia dell’azione genitoriale. Questo comporta un’inevitabile crisi dell’identità personale che deve essere, senza tregua, ridefinita come accade quando per svariate situazioni oggettive (per esempio la nascita di un fratellino, un lutto, il trasferimento da una città ad un’altra, il passaggio da una scuola di grado inferiore a una di grado superiore) il proprio ruolo si arricchisce o si modifica. Si tratta di svolte che richiedono una serie di aggiustamenti al fine di ristabilire quell’equilibrio dinamico che dovrebbe caratterizzare l’intera vita dell’individuo.

Trasformare i sentimenti

L’educazione comporta una relazione a due con prestazioni corrispettive, dove ognuno scopre gradualmente aspetti di se stesso sconosciuti, grazie all’altro: si educa e si viene, al contempo, educati agevolando uno il compito dell’altro. L’educazione, inoltre, deve essere sempre amorevole, sebbene in ogni rapporto fondato sull’affetto la difficoltà maggiore risieda nel dar voce all’amore attraverso condotte capaci di esprimere, adeguatamente, il sentimento che si prova nei confronti dell’altro. Spesso, invece, l’amore genitoriale travalica i confini del rispetto e, in nome del bene di un figlio, si commettono i più devastanti atti d’imperio, destinati non a correggere i presunti difetti come si desidererebbe, bensì a umiliare il ragazzo indebolendo la sua fragile autostima. Autostima che tende a sbriciolarsi, sotto i duri colpi delle critiche o dell’ostilità inferti dal gruppo dei pari, se i genitori non hanno contribuito a dotarlo di una corazza forgiata dall’educazione emotiva che si alimenta di dialogo e lo stimola a esternare emozioni, ansie e insicurezze senza il timore di essere deriso o giudicato.


Secondo il sociologo Kay T. Erikson

...i genitori che si trovano di fronte al problema dello sviluppo di un certo numero di bambini debbono rispondere costantemente ad una sfida, debbono crescere con loro. (…) Infatti questa debole e piccola creatura trasforma con sé l’intera famiglia.

I sentimenti che nutrono le persone sono continuamente in divenire e fin dalla più tenera età l’amore che un figlio prova per i genitori si trasforma permettendo di passare, lentamente, da una relazione totalizzante nei confronti di chi lo accudisce a un rapporto adulto e paritario. Questo processo travagliato, che si sviluppa nell’arco dell’adolescenza, è possibile se anche la figura genitoriale riesce ad adattare i suoi sentimenti di fronte al nuovo individuo che si sta formando. Sovente il giovane desidera ma, contemporaneamente, è tormentato all’idea di stravolgere gli equilibri che si erano creati all’interno della famiglia, tuttavia questa è l’unica strada percorribile per riuscire a recidere un legame totalizzante e spiccare il volo verso l’autonomia. Se questo non accade il ragazzo si ritroverà bloccato nella crescita, prigioniero di una relazione fusionale genitore-figlio che nuocerà alla sua maturazione, che è indispensabile per raggiungere l’indipendenza.


Il rapporto di dipendenza di cui un bambino fa esperienza con la madre è fondamentale in quanto, se è stato gratificante, lo porterà nel corso degli anni a sviluppare rapporti di fiducia con l’ambiente esterno. Attaccamento e regole materne determinano quindi i futuri modelli di comportamento: la sicurezza della dipendenza e il sostegno fornito dall’attaccamento risultano essere fattori indispensabili per l’acquisizione dell’autonomia.


Una società poco accogliente e il senso di precarietà derivante dalla crisi economica rendono molto più difficile per un giovane costruire la propria identità, svincolarsi dalla famiglia e costruirsi una posizione lavorativa indipendente. A causa della prolungata recessione il nucleo famigliare ha infatti assunto e consolidato il ruolo di rete sociale protettiva, capace di assicurare sostegno economico e psicologico ai figli. Nondimeno questa situazione si rivela dannosa in quanto i giovani, proprio per il protrarsi della dipendenza materiale dai genitori, sono esclusi da qualsiasi responsabilità derivante dall’ingresso a pieno titolo nel mondo adulto. Inoltre può accadere che un padre o una madre ponga in essere, in maniera più o meno conscia, una sorta di ricatto nei confronti del figlio aiutato economicamente, tenendolo legato alle proprie scelte e decisioni o, comunque, influenzandolo a causa del senso di colpa o di riconoscenza che tale situazione infonde al giovane.

Le nuove famiglie small o extra large

Relazioni particolari e talvolta più complesse da gestire sono quelle che si possono sviluppare nei nuclei famigliari con un solo genitore, le cosiddette small family nate da un divorzio, da una vedovanza o per scelta, che in Italia rappresentano il 16%, oppure nelle famiglie allargate, denominate extra large, che sono il risultato di separazioni e successive ricostruzioni con figli solo della donna o solo dell’uomo (il 13,4%) oppure sono ricomposte con i figli dell’attuale coppia e con quelli delle precedenti unioni (l’8,7%). A fronte dell’avanzamento di queste nuove realtà, i nuclei famigliari tradizionali stanno arretrando e rappresentano il 34,1 per cento. Le famiglie monorelazionali o quelle caratterizzate da un affollamento di relazioni rispecchiano i cambiamenti della società e presentano nuove difficoltà, dettate dall’esigenza di ricostruire l’equilibrio nel rapporto genitore-figlio turbato dall’ingresso di figure come il patrigno e la matrigna, definiti genitori “aggiuntivi” o “sociali”. Si tratta di nuclei, dilatati dalla presenza di fratelli uterini o di “quasi nonni”, che si caratterizzano per i confini incerti e ambigui sia sotto il profilo biologico sia sotto quello giuridico.


In queste situazioni, talvolta di estrema precarietà, può accadere che si rompano gli argini dei ruoli tradizionali e che un figlio si ritrovi a dover gestire le fragilità di genitori alle prese con crisi sentimentali o solitudine, creando in tal modo una complicità fonte di squilibri e gravosa per il giovane che nel genitore, seppur umanamente imperfetto, cerca sempre un punto di riferimento. Se non lo trova nell’ambito famigliare sarà più facilmente affascinato dalle persone che incontrerà lungo il suo percorso formativo e che acquisteranno ai suoi occhi, a torto o a ragione, tutta l’autorevolezza necessaria per divenire figure alle quali ispirarsi.


I ragazzi sono affamati di “adulti competenti” che trasmettano loro il senso di una progettualità impegnata e coerente mentre gli altri adulti, quelli che hanno abdicato al ruolo genitoriale o quelli che svolgono senza dedizione il proprio compito, sono invisibili ai loro occhi. Gli adolescenti desiderano incontrare individui che stimolino la loro curiosità intellettuale e i loro molteplici interessi, rafforzando l’idea che riusciranno con l’impegno a raggiungere i propositi che si sono prefissati. Spesso, invece, dal mondo adulto arrivano messaggi di cinica disillusione che tarpano le ali al futuro affettivo e lavorativo dei giovani. Gli adulti non comprendono che questo futuro, pur non appartenendo a loro e non potendo neppure immaginarlo, affonda le sue radici nel presente: per questo motivo devono insegnare ai figli a sviluppare l’empatia, la capacità di collaborazione e l’attitudine alla resilienza, a ragionare fuori dagli schemi, a cambiare prospettiva, sapendo giudicare le novità, al fine di costruirsi l’avvenire che saranno capaci di desiderare.

Esprimere amore per far sbocciare l’autostima

I genitori sono perennemente in bilico fra rigore e concessioni, senza per questo apparire incoerenti ma mostrandosi flessibili al mutare delle situazioni che si trovano via via a gestire, comprendendo al volo quando si tratta di un capriccio passeggero del figlio e quando invece sono davanti a un disagio più complesso e radicato. Essi devono impegnarsi ad affinare l’arte dell’attesa, dell’ascolto, del sostegno e del compromesso da mettere al servizio del giovane coinvolto in un processo di trasformazione sfiancante che lo rende irascibile, sfuggente, intollerante ma anche impacciato, insicuro, dipendente.


È fondamentale per un padre e per una madre apprendere il difficile mestiere di trasformare il sentimento di amore, che si nutre per un figlio, in comportamenti adeguati a esprimerlo. All’interno di una famiglia si deve riuscire a instaurare, attraverso una genuina interazione fra gli adulti, un clima di serenità e disponibilità con il quale affrontare le problematiche che insorgono, giorno dopo giorno, con un adolescente.


Un giovane evolve e acquisisce autonomia attraverso il meccanismo d’identificazione che gli permette di formarsi una determinata idea delle proprie caratteristiche mediante l’immagine che di lui rimandano genitori, insegnanti e altre figure di riferimento. Attualmente però la costruzione della stima di sé risulta essere sempre più il risultato di un’operazione sbilanciata, a discapito dell’intimità di ciascun individuo, verso l’“estimità” – termine coniato dallo psichiatra Serge Tisseron per indicare il desiderio di mettere in mostra se stessi. Tuttavia la validazione di sé esclusivamente attraverso questo elemento, come sta accadendo in particolar modo alla “generazione I like” che demanda a un’immagine il proprio valore, è tremendamente pericolosa per la solidità dell’autostima stessa. La selfie generation, ormai, si sta affermando attraverso l’autoscatto che, come ha proposto la direttrice del Media Psychology Research Center Pamela Rutledge, semanticamente assume il significato di “piccolo sé” poiché il dittongo ie rimanda al diminutivo della parola inglese self. Un piccolo sé idealizzato e virtuale alla costante ricerca di un palcoscenico e di consensi: una moda dilagante che ha permesso al termine selfie, nel 2013, di entrare nell’Oxford Dictionary e di essere eletto “parola dell’anno” ma anche di essere catalogato come una nuova patologia in quanto, in America, la definizione Selfie-Syndrome indica il disturbo psichico delle persone dedite ossessivamente a postare la propria immagine sui social network.


L’adolescenza, rappresentando l’inevitabile periodo di transito dal mondo dell’infanzia a quello adulto, è sempre stata travagliata e impegnativa, tuttavia nell’attuale contesto sociale tale passaggio è diventato enormemente più insidioso a causa delle sabbie mobili, virtuali e reali, che bloccano l’autostima e l’autonomia dei giovani, intrappolandoli nell’omologazione di una società adulta competitiva, narcisista, aggressiva, consumista e individualista. Per i genitori di oggi la sfida a nutrire il desiderio di crescita di un giovane comporta nuovi ostacoli che vanno affrontati con amore, impegno, sacrificio e con la consapevolezza di poter sbagliare e poter correggere, lungo il cammino, i propri errori all’insegna di una costante trasformazione non solo del figlio ma anche di se stessi.

Adolescenza
Adolescenza
Ilaria Caprioglio
Genitori e figli in trasformazione.Come affrontare la fase critica dell’adolescenza dei figli, assumendo il ruolo di guida, educando i giovani a un genuino desiderio di crescita. L’adolescenza è un periodo di metamorfosi, fisica e psicologica, vissuta dai nostri figli sotto l’influenza (sovente negativa) del mondo digitale.I ragazzi, lasciati soli in “autogestione”, tendono a orientarsi sulla linea dei coetanei, subendo la pressione della società odierna, improntata al narcisismo, al consumismo e alla competizione.Nel libro Adolescenza di Ilaria Caprioglio i genitori scoprono come tornare ad assumere, con coerenza e responsabilità, il ruolo di guida per educare i giovani a un genuino desiderio di crescita. Conosci l’autore Ilaria Caprioglio, avvocato e scrittrice, è sposata e madre di tre figli. Sostiene iniziative sociali rivolte ai giovani e promuove, nelle scuole italiane, progetti di sensibilizzazione sugli effetti della pressione mediatica e sulle insidie del web.È vice-presidente dell’associazione Mi nutro di vita e ideatrice della Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla contro i disturbi del comportamento alimentare.