Interviste agli esperti

Intervista a
Pietro Marco Boselli

Biologo e Nutrizionista Docente di Biologia Modellistica della Nutrizione
presso l’Università degli Studi di Milano

Le adolescenti sono sovente alla ricerca della dieta miracolosa che le renda magre in brevissimo tempo, mentre i loro coetanei desiderano conoscere qual è il regime alimentare che assicuri loro un corpo muscoloso, sempre all’insegna del tutto e subito. Quali possono essere i danni sull’organismo di queste diete fai da te reperite sulle riviste o sul web?


A partire dal dato sociale, per il quale gli adolescenti subiscono maggiormente il fascino di modelli di riferimento esterni alla famiglia più che a quelli interni, a causa delle difficoltà del rapporto educativo o forse perché un reale rapporto educativo non c’è, le ragazzine hanno come obiettivo l’estetica, la bellezza del corpo e, dunque, sono attratte dalle figure femminili di fama che fanno “moda”. Viceversa i ragazzi sono più orientati a essere influenzati dalla prestanza fisica, quindi dalla massa muscolare. Ne segue che, in entrambi i casi, gli adolescenti non fanno domande dirette in casa, per paura di essere contraddetti, ma cercano di trovare consiglio negli ambienti ristretti nei quali si trovano a loro agio e socializzano. Le ragazzine parlano tra loro del modo con il quale conquistare la “forma estetica” il più simile possibile alla loro modella preferita. I ragazzini ne parlano più facilmente con amici con i quali praticano lo sport. In tale contesto le diete, se non sono strettamente “fai da te”, sono comunque inidonee, squilibrate anche quando lette su riviste o consigliate da allenatori e preparatori atletici. Inoltre si potrebbe tranquillamente dire che, anche quando fossero suggerite da un esperto, non sarebbero in grado di corrispondere alle necessità di ognuno. Infatti da anni ho dimostrato che i consumi di massa e di energia sono così diversi tra una persona e l’altra che una dieta media, anche se assegnata nell’ambito di una stessa categoria fisio-patologica, è sempre sbagliata. A prescindere dal sesso, dall’età, dallo stato fisio-patologico, se non scaturisce da una conoscenza fisiologico-metabolica dell’individuo, la dieta è casuale e ha lo stesso significato di una dieta fai da te. Qual è il rischio? Ogni dieta casuale produce effetti fuori controllo, imprevedibili appunto perché casuale, che lasciano comunque un segno indelebile nel corso del tempo.

Spesso i genitori sono assillati dai figli che chiedono loro di acquistare prodotti dietetici, bevande energetiche, integratori alimentari, pillole dimagranti: possono cedere davanti a simili richieste? Sono da considerare prodotti utili, inutili o addirittura nocivi?


Non so se le richieste dei ragazzi siano assillanti o meno. Proprio perché i ragazzi vogliono evitare risposte negative dirette, evitano di fare domande a meno che siano girate come fossero fatte dagli adulti che frequentano. Ad esempio sarà più facile per un ragazzo che frequenta una palestra rivolgere ai genitori una richiesta come suggerimento del personal trainer. Con due vantaggi: porsi al riparo dell’eventuale diniego e, nello stesso tempo, rafforzare l’esigenza dell’acquisto del prodotto desiderato. Così non tutti i genitori sapranno dire di no. In genere la nutrizione, quando garantisce la fornitura dei materiali necessari, non ha alcuna necessità di essere integrata, fatti salvi casi eccezionali. Si tenga conto del fatto che anche l’integratore cosiddetto naturale, preso a sproposito, può produrre danni. Si pensi ad esempio all’accumulo delle vitamine liposolubili, causato da una loro eccessiva introduzione nell’organismo. Qualsiasi altra molecola alla quale si associ tanto una attività quanto una tossicità può risultare nociva. Il rischio non è soltanto legato alle caratteristiche della molecola che viene utilizzata, ma è anche di natura psicoeducativa: è quello di incominciare a credere che non si possa essere prestanti e all’altezza dei compiti se non aiutandosi con qualcosa di estraneo e di esterno a sé. Questo atteggiamento non solo è falso ma costituisce l’anticamera della dipendenza. E ogni tipo di dipendenza sottrae la libertà all’individuo di potersi esprimere per quello che è e per ciò che vale.

Esiste un particolare stile nutrizionale che si sentirebbe di consigliare a chi ha figli adolescenti o non è possibile tracciare, neppure a grandi linee, i capisaldi di un corretto regime alimentare per questa età di importanti trasformazioni fisiche?


Per fortuna nel corso dei millenni l’uomo, in situazioni ambientali e condizioni culturali diverse, ha messo a punto diversi stili nutrizionali. I problemi legati ai disturbi del comportamento alimentare, che soltanto più recentemente si manifestano in modo così dirompente e diffuso, sono in un certo senso figli del benessere: possiamo trovare senza limiti qualitativi e quantitativi i cibi che desideriamo mangiare, in ogni stagione, in ogni luogo geografico della Terra. Finché tutto va bene è difficile pensare che a livello nutrizionale qualcosa non funzioni, quindi il proprio stile non viene posto sotto accusa. Viceversa quando qualcosa non va per il verso giusto o quando ci si percepisce diversi da come si è o si vorrebbe essere allora ci si pone il quesito nutrizionale. Come e quanto dovrei mangiare per stare meglio?
Premesso che, come già anticipato, non esiste una dieta che vada bene per tutti (recentemente mi sono imbattuto nella lettura di un bando europeo di concorso di ricerca che tra gli scopi aveva, se non ricordo male, quello di trovare una dieta che andasse bene per tutti gli europei!), io non sono in grado di consigliare dieta alcuna che non abbia individualmente calcolata. Se non esiste una dieta media valida per tutti, neppure all’interno della stessa categoria fisio-patologica di appartenenza, si può dire altrettanto e con maggiore forza per i bambini e gli adolescenti, i quali, oltre alla variabilità metabolica individuale, stanno già vivendo continue e importanti trasformazioni legate alla crescita. Se non una dieta vera e propria potrei, tuttavia, consigliare a tutti una identica regola di buon senso, che ho sempre seguito, che seguo e che è frutto dell’educazione che mi diedero i miei genitori: adottare lo stile della sobrietà nella varietà dei cibi.

Il cibo-spazzatura attrae i giovani che desiderano essere autonomi trasgredendo le regole famigliari, comprese quelle inerenti all’alimentazione. Come si può affrontare proficuamente il discorso junk food con i nostri figli?


Penso che i giovani non siano attratti dal cibo-spazzatura con l’intenzione di trasgredire le regole famigliari. Il cibo-spazzatura rappresenta uno strumento disponibile su tutto il territorio, a basso costo, per ritrovarsi in un luogo di aggregazione che non sia la casa di abitazione. Forse taluni non sanno neppure che cosa vanno a mangiare. O, se ne sono consapevoli, non ci credono. D’altra parte non basta neppure un’informazione dettagliata sui rischi che corrono. Davvero occorre offrire ai nostri figli un’alternativa che, sperimentata, diventi una condotta costante di comportamento. Il convincimento personale non può che risultare dalla sperimentazione dei vantaggi che porta il cibo sano contro i rischi che son recati all’individuo dal cibo-spazzatura. Tutto ciò comporta un impegno educativo ulteriore dentro le mura domestiche, perché a guardare bene, non è detto che la pratica del cibo-spazzatura riguardi solo gli ambienti esterni alle nostre case.

Com’è possibile persuadere un giovane a non percorrere la strada del doping, per migliorare le proprie prestazioni sportive, quando accanto a lui la maggior parte dei compagni la percorrono?


L’obiettivo individuale in ogni competizione è quello di vincere sugli altri. Se tale obiettivo negli ambienti sportivi e agonistici viene inculcato, come accade spesso, disgiunto da qualsiasi altro intrinseco valore dello sport, la via del doping si apre spontaneamente come una strada maestra. Pur di ottenere la vittoria a ogni costo, verranno quindi utilizzati mezzi che, al di là della liceità, costringono la fisiologia a funzionare in condizioni extra normali. Si genera un legame inscindibile tra l’assunzione della sostanza dopante e la prestazione, una sorta di relazione causa-effetto, che darà seguito al grave fenomeno della dipendenza fisica e psichica. Da un lato soffrirà fisicamente per l’astinenza e dall’altro l’atleta si sentirà obbligato a doparsi per vincere. Al contrario, se non lo farà, si vedrà inesorabilmente escludere dai traguardi ambiziosi e persino dal circuito dei campioni. Anche in questo caso è fondamentale il ruolo dell’educatore, ruolo che, nell’ambito sportivo-agonistico, è esercitato dall’allenatore, dal preparatore atletico e, a vario livello, da ogni altra figura che si trovi a interagire con lui. Personalmente, per come conosco l’ambiente, non ho mai riscontrato in un atleta mancanze gravi che non siano state, anche inconsapevolmente per incapacità o per negligenza, indotte, sollecitate, consigliate o giustificate tacitamente o più apertamente dagli educatori. Per due motivi: perché è verosimile pensare che, almeno all’origine del fenomeno, la proposta non sia partita dall’atleta ma da chi avrebbe potuto prescriverne l’acquisto e l’assunzione; perché in tutti gli sport gli atleti sono l’anello debole di una complessa catena di interessi.
Come se ne esce? Sempre e solo attraverso l’indicazione e la sperimentazione di un modo alternativo. Certo che se i metodi di studio nutrizionale non sono adatti e non consentono di quantificare i consumi specifici di materia e di energia del singolo atleta non si potrà mai pretendere di risolvere il problema. Per quanto riguarda il mio metodo (BFMNU), almeno da una decina di anni ho ampiamente dimostrato, sul campo, l’ottimizzazione delle prestazioni e il notevole balzo in avanti nelle classifiche mondiali di alcuni atleti. Ho inoltre dimostrato come dovrebbe sempre esserci sinergia tra la preparazione atletica e quella nutrizionale; fin dove possono spingersi entrambe e quali risultati di pertinenza debbano attendersi da ciascuna. Purtroppo non è bastato: non agli atleti ma ai cosiddetti “educatori” che, non capendo assolutamente nulla della materia che si stava trattando, hanno sospettato, a volte accusato e infine vietato la preparazione nutrizionale magari giustificandosi proprio dietro le leggi antidoping: poiché unici responsabili della vigilanza sull’applicazione e dell’osservanza delle norme antidoping da parte degli atleti non avrebbero potuto acconsentire a un “esterno” allo staff di occuparsi della nutrizione!
Dunque non bastano né un ottimo metodo né degli ottimi risultati fino a che non cambia l’approccio educativo verso il bene personale dell’atleta, che non dovrebbe coincidere con il solo successo sportivo, altrimenti tutto potrebbe essergli concesso pur di ottenerlo. L’atleta è debole in quanto non può che obbedire a ciò che gli viene comunicato. La sua carriera è condizionata dalle sue capacità ma, ancor più, dalle scelte delle Società e delle Federazioni.

Adolescenza
Adolescenza
Ilaria Caprioglio
Genitori e figli in trasformazione.Come affrontare la fase critica dell’adolescenza dei figli, assumendo il ruolo di guida, educando i giovani a un genuino desiderio di crescita. L’adolescenza è un periodo di metamorfosi, fisica e psicologica, vissuta dai nostri figli sotto l’influenza (sovente negativa) del mondo digitale.I ragazzi, lasciati soli in “autogestione”, tendono a orientarsi sulla linea dei coetanei, subendo la pressione della società odierna, improntata al narcisismo, al consumismo e alla competizione.Nel libro Adolescenza di Ilaria Caprioglio i genitori scoprono come tornare ad assumere, con coerenza e responsabilità, il ruolo di guida per educare i giovani a un genuino desiderio di crescita. Conosci l’autore Ilaria Caprioglio, avvocato e scrittrice, è sposata e madre di tre figli. Sostiene iniziative sociali rivolte ai giovani e promuove, nelle scuole italiane, progetti di sensibilizzazione sugli effetti della pressione mediatica e sulle insidie del web.È vice-presidente dell’associazione Mi nutro di vita e ideatrice della Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla contro i disturbi del comportamento alimentare.