capitolo 5

Acquaticità di base: bimbi 18-36 mesi

Dallo sviluppo all’apprendimento

Vi ricordate qual è stata la prima volta che vi siete cimentati nella preparazione di un piatto in cucina? Vi siete lanciati in un piatto temerario molto al di sopra delle vostre possibilità o vi siete limitati a una dignitosissima frittata? Io non so esattamente se fosse il mio primo esperimento culinario, ma ho il preciso ricordo di una “sogliola alla mugnaia”, piatto che peraltro credo di non aver mai più preparato, e neppure mangiato. Credo mi ricordasse un’amorevole tata dell’asilo che aveva il potere di rendere delizioso tutto quello che preparava.


Ricordo di aver seguito scrupolosamente tutti i passaggi, eppure il risultato fu assolutamente deludente. Usai più burro del necessario e la fiamma era troppo alta, quindi il piatto risultò untuoso, la crosticina bruciacchiata e il pesce si sfaldava malamente. Mi parve ugualmente di aver creato un “capolavoro” della gastronomia. È stato così anche per voi o avete buttato via tutto con un senso di bruciante sconfitta?


Vi offro questo aneddoto perché tutto l’apprendimento, anche quello in acqua, funziona in modo abbastanza simile: la parola d’ordine è gradualità. Si parte dai gesti abbozzati, dalla ricerca del movimento più efficiente. Ricerca che avviene spontaneamente, poiché la resistenza dell’acqua sul corpo lo spinge a naturali aggiustamenti dell’assetto e dell’equilibrio.


E così come la prima cipolla che triterò sarà tagliata in modo grossolano, a mano a mano che capirò come funziona, diventerò più efficiente nel gesto.

Un’altra caratteristica tipica dell’apprendimento è che avviene per approssimazioni successive. Sono aggiustamenti spontanei strettamente intrecciati con lo sviluppo cognitivo del bambino. Dobbiamo tenerlo sempre a mente: durante l’apprendimento ci sono connessioni neurali che costantemente si intrecciano. Dall’esterno noi vediamo la fatica, un movimento che non funziona; ma nel frattempo dentro il bambino, il ragazzo, l’adulto, l’anziano, si sta compiendo un processo di rimodellamento importante e massiccio, che richiede tempo ed energia. Quindi è sempre opportuno lasciare un fisiologico “tempo di latenza” nell’apprendimento, delle pause dall’allenamento che possono durare da alcuni minuti ad alcuni giorni.

Un altro aspetto che non dobbiamo mai dimenticarci è che l’apprendimento non avviene in un corpo e una psiche già strutturati, come nell’adulto, ma su un sistema dinamicissimo che è in costante cambiamento. Le gambe che diventano a mano a mano più lunghe e robuste, la coordinazione che si affina, sono elementi che influiranno positivamente sulle competenze acquatiche, segnando in qualche modo anche un ritmo di apprendimento che non è possibile cambiare più di tanto.


In questa fase, che va dai 18 ai 36 mesi, ha senso cominciare a parlare di apprendimento contestualmente allo sviluppo. Il bambino, infatti, ha consolidato i primissimi schemi motori che rappresentano di fatto le “fondamenta” dell’esplorazione, poiché gli consentono di approcciare e avvicinare il mondo che ha nelle immediate vicinanze. Finalmente nuovi livelli di complessità e coordinazione possono essere sperimentati ed effettivamente appresi.

Conta che ti passa

Ci stiamo occupando di apprendimento natatorio. Le riflessioni riguardano l’acqua, la sua esplorazione e l’adattamento del bambino al nuovo elemento. Elemento che come abbiamo visto, in realtà, conosce molto bene poiché da esso deriva.


Un aspetto interessante che dobbiamo tenere presente è che insieme all’apprendimento delle competenze acquatiche, il piccolo deve gestire tutta un’altra serie di competenze non strettamente legate all’acqua e che tende spontaneamente ad “allenare”. Per tale motivo può essere molto utile assecondare questa sua necessità e dedicare alcuni momenti della sessione a giochi non esplicitamente legati all’acqua, ma relativi ad altre competenze. Mi preme soffermarmi particolarmente su questo punto, perché non dobbiamo essere rigidi: la continuità è sicuramente importante, ma visto che l’apprendimento in acqua prosegue in parallelo alle attività del quotidiano, non è insolito che i piccoli sentano il bisogno di portare in acqua temi che magari hanno sperimentato la mattina all’asilo, oppure al mercato con la nonna o semplicemente giocando da soli.


Qualche esempio: ci sono alcune attività di catalogazione e conta, che hanno il potere di tranquillizzare e di dare concretezza al bambino. Quindi può essere utile mettere in fila alcuni oggetti e contarli e ricontarli. Ne bastano dieci. È un esercizio che ha intrinsecamente una “ritualità”, che come interruzione e momento di riposo e ritiro in una sessione in acqua può essere molto efficace.


In generale, ogni esercizio di enumerazione può risultare molto valido. Non è necessario che io possieda oggetti. Posso anche mettermi a contare il numero di piastrelle, posso osservare ciò che ho intorno e contare. Semplicemente. Posso contare e ricontare dieci piastrelle a oltranza. Posso contarle a ritroso.

Con la stessa logica, invece che contare posso enunciare. I miei dieci oggetti hanno un nome, e sarà rasserenante per il bebè imparare e ripetere il nome dei miei oggetti. Alcuni esempi.


Che cos’ho? Una palla, un piattino, un bicchiere, un dado, una tavoletta. Il gioco può andare avanti per diverso tempo e il piccolo può trovare grande coinvolgimento in questa semplice attività. Potrà essere lui a chiedere di ripetere il nome degli oggetti. Potrà volerli enunciare al contrario, dall’ultimo al primo: tavoletta, dado, bicchiere, piattino, palla. Potrà desiderare che siate voi a dire il nome: in questo caso, lui si metterà semplicemente a indicare l’oggetto, attendendo che voi lo nominiate.


Lo stesso tipo di esercizio risulta particolarmente efficace se lo si declina sui colori. Ho palline colorate? Piattini? Cerchietti? Costruzioni di gomma? Giocare con i colori risulta sempre particolarmente efficace. Il concetto è il medesimo. Mi limiterò a prendere una pallina rossa e a dire “rosso”, così come “giallo” con quella gialla, e via così. Tornare a questo tipo di attività risulterà riposante e rasserenante, consentendo in seguito di affrontare un nuovo momento “acquatico”.


In questo modo, stiamo adottando un approccio improntato sulla interdisciplinarità e sulla contaminazione tra la teoria e la pratica, di cui molti studi ormai sottolineano l’efficacia: l’idea di base è che devo poter impiegare le competenze che acquisisco in più ambiti possibili e non in maniera rigida, in modo da avere elementi di concretezza.


Mamma, papà, riuscite a intuire quanta matematica sta facendo vostro figlio? Credo sia davvero importante porre l’attenzione su questo punto: da quando ha messo piede nell’acqua, sta facendo scorpacciate teoriche e pratiche di concetti matematico-scientifici basilari!

Livelli di apprendimento in parallelo

Il bambino non ha aspettative su ciò che impara: vive con la massima intensità ogni fase di questa esplorazione ed è bene fare in modo che sia così.

Un ulteriore aspetto che dobbiamo considerare è che sono presenti diversi tipi e livelli di apprendimento che procedono in parallelo. Il cervello struttura continuamente nuove connessioni neurali, e consolida esperienze che diventeranno le prime tracce mnestiche, cioè i primi ricordi del bambino. Tutto questo avviene in un corpo e una mente in continua crescita. Il bimbo cresce istante dopo istante: tutti i suoi tessuti e apparati sono in costante mutamento. Il suo corpo è impegnato in un lavoro incessante, per questo ha così tanto bisogno di dormire. Dorme e cresce. Mangia e cresce. Gioca e intanto cresce.


Ogni sessione in acqua deve quindi tenere conto di tutti i suoi bisogni, bisogni che non saranno sempre uguali. Se quindi, come abbiamo detto, è importante impostare un’esperienza il più possibile routinaria, sarà opportuno essere anche in ascolto per cogliere di volta in volta quei segnali che ci indicano quando è bene apportare un cambiamento.

Segnali per un cambiamento

Talvolta si creano le condizioni per sospendere la sessione. Le “giornate no” capitano a tutti. Anche al bebè. E le ragioni possono essere svariate. In un corpicino in continua crescita, un mal di pancia o un raffreddore possono essere piuttosto comuni. Anche l’uscita dei primi denti da latte può creare fastidi: il piccolo, infatti, può avere il sonno agitato e non riposare abbastanza; a volte può addirittura manifestarsi qualche linea di febbre.


Vi accorgete che non sta bene perché è irrequieto e piagnucola, oppure non riesce a rilassarsi ed è infastidito da ogni proposta. Non lo forzate. Provate a capire di che cosa si tratta. Magari ha solo fame. Come già detto, sentitevi libere di allattarlo nell’acqua se ve la sentite, anche in piscina. Lo vedrete rasserenarsi abbastanza rapidamente, se quello era effettivamente il bisogno da soddisfare.


Andate per tentativi: provate a immergervi e se vedete che il bambino trae giovamento dall’acqua continuate. Se invece è in difficoltà e la situazione gli provoca ancora più disagio, sospendete. È proprio una “giornata no.”

I travasi

I travasi, una delle proposte più conosciute della pedagogia Montessori, sono attività importanti per i più piccoli, perché consentono loro di concentrarsi, acquisire gradualmente sicurezza ed esercitare la motricità delle mani. Gli esercizi dei travasi sono semplici e ordinati. Attraverso del materiale reale il bambino costruisce la sua realtà e si sente indipendente. Solitamente questa attività viene proposta a partire dai 12-15 mesi, a seconda del bambino. Sono un “evergreen” che può essere riproposto anche più avanti con diverse modalità, variando la complessità e il tipo di materiale da travasare. Naturalmente noi ci occuperemo dei travasi di acqua, e le variazioni sul tema sono relative agli oggetti che si possono usare.


Travasare l’acqua in recipienti di diverse forme e dimensioni è un esercizio eccezionale per studiare il concetto di “conservazione delle quantità continue”, riprendendo la definizione di Jean Piaget, appassionato pedagogista del secolo scorso. Come abbiamo visto, il bimbo possiede una serie di false credenze che gli derivano dalle associazioni che compie, in relazione alle informazioni che possiede. Nel corso del suo apprendistato è più che mai potente il concetto di approssimazione successiva. E tutto avviene attraverso la sperimentazione e soprattutto l’osservazione. Travasare da un contenitore a un altro gli consente di scoprire un concetto tutt’altro che intuitivo: infatti, facendo una serie di generalizzazioni, il piccolo è portato a pensare che, dati alcuni contenitori differenti, se nel bicchiere l’acqua arriva all’orlo, quando vado a travasare il liquido nella tazza della colazione (che è più capiente) l’acqua arriverà ugualmente all’orlo e il livello sarà comunque il medesimo. Studiando i travasi il piccolo estrapolerà concetti come la capacità di un recipiente, il volume. Immaginate ora di lasciargli fare questo straordinario lavoro cognitivo sul bagnasciuga della spiaggia, o nella vasca, oppure sotto la doccia.

Anzi. Non immaginatelo. Facciamolo come esercizio!

Esercizio

Procurategli dei piccoli contenitori e lasciatelo esplorare, ovunque voi siate: vasca, piscina, mare, ma possono bastare anche una bacinella o perfino il bidet. Osservatelo. Prendete appunti, scrivete le parole che vi vengono in mente, annotate che cosa fa, come cambia il gioco. Se usa tutti i recipienti o solo alcuni.

Fate brevi annotazioni anche sul suo stato d’animo. Vi pare che sia tranquillo? È concentrato solo sui travasi o lo stare nella vasca o sul bagnasciuga lo distrae? Gioca da solo o sta tentando di coinvolgervi? Se vuole giocare con voi, non esitate: tralasciate l’osservazione e mettetevi a “travasare” insieme!


Concedetevi qualche riflessione anche su come state voi, sul vostro stato d’animo. Osservarlo e osservare come evolve il gioco vi incuriosisce o il vostro pensiero è costantemente portato via dalla lavatrice che vi aspetta, le mail a cui dovete rispondere o un lavoro che va terminato? Il modo in cui gioca lo conoscete o sta prendendo una piega inaspettata che vi ha sorpreso?

Se preferite, potete anche mettervi a disegnare o a fare scarabocchi.


È inoltre possibile unire esercizi di travaso ad altri esercizi di apprendimento sensoriale. Vediamo qualche esempio. Proviamo a utilizzare per il travaso dei bicchierini di gomma o plastica. Vedremo che, a un certo punto, al bambino verrà abbastanza spontaneo utilizzare il bicchierino come bicchiere vero e proprio; non è insolito, infatti, che il piccolo abbia la tentazione di bere da quel bicchiere. Riempirà la bocca di acqua e alcune volte semplicemente deglutirà; poi gradualmente comincerà a riempire la bocca di acqua e a tenerla ferma lì per diversi secondi, per poi mandarla giù ancora una volta. Il livello successivo del gioco sarà quello nel quale non deglutisce più: tiene l’acqua dentro la bocca per alcuni secondi e alla fine la spinge fuori con l’aiuto della lingua.

Materiale utile

Generalmente quando pensiamo a quali giochi utilizzare nell’acqua ci vengono in mente alcuni oggetti che sono per così dire “gli immancabili” e che fanno parte del vissuto di tutti noi: una palla leggera, una tavoletta, i braccioli, la ciambella. Eppure gli oggetti che possono essere usati in acqua sono davvero innumerevoli.

Intanto dobbiamo chiederci quale tipo di bisogno vogliamo che soddisfi un determinato giocattolo. Possiamo infatti “frammentare” lo spazio acqua (che agli occhi del piccolo risulta immenso e vertiginoso) in tanti settori, proponendo oggetti con diverse “funzionalità”, a seconda dell’esigenza di quel momento.


Per esempio: vogliamo esplorare la profondità dell’acqua? Metteremo oggetti pesanti, come dei comunissimi cerchietti facilmente reperibili in commercio, che si appoggiano sul fondo o comunque non affiorano in superficie. Il bimbo sarà subito attratto da quelle ombre che intravede. Un suggerimento fai da te: puoi fabbricare un “pesetto” riempiendo una bottiglietta da mezzo litro con un po’ di ghiaia.

Vogliamo migliorare gli spostamenti? Metteremo qua e là oggetti che galleggiano e che andranno via via recuperati. Potete facilmente trasformare questa esperienza in una caccia al tesoro!


E ancora, vogliamo allenare il galleggiamento? Dissemineremo lo spazio con oggetti per sorreggerlo e che, se spinti sott’acqua, ritornano in superficie. Vanno benissimo i comuni braccioli, i tubi e i quadrettoni di gommapiuma, palle e palline.

Tieni a mente che, di sessione in sessione, c’è sempre un bisogno di sottofondo imprescindibile, che è fondamentale soddisfare: la sperimentazione in allegria! Quindi sono sempre graditi oggetti molto colorati, come “un mare di palline”, o buffi, come le paperelle gommose.

Esercizio

Ora trova tu un aspetto da esplorare e divertiti con il piccolo a scegliere o inventare gli oggetti da porre in acqua. Magari potete fabbricarli insieme con un po’ di fantasia e utilizzando materiali di recupero.

Primi tuffi e acquaticità neonatale
Primi tuffi e acquaticità neonatale
Maria Letizia Trento
Guida con esercizi e giochi per esplorare l’acqua. Una guida ricca di esercizi, di semplici ma preziose informazioni tecniche, nonché di aneddoti e racconti, pensata per accompagnare i neonati alla scoperta della loro corporeità e di questo magico elemento, di cui conservano ancora una vivida memoria.