Capitolo 5

Sostegno sociale

Non dobbiamo fare tutto da sole, non avremmo mai dovuto.

Brené Brown

Quando si studia la depressione post parto diviene chiaro che nelle comunità in cui c’è più sostegno c’è meno depressione.

Ariel Gore

Come neomamma quando ho avuto il mio primo figlio mi sono sentita terribilmente sola. La rete di amicizie che avevo al tempo lavorava tutto il giorno, e anche se ho cercato di prevenire questo problema andando ai corsi preparto che mi aiutassero a conoscere altre mamme, l’unica mamma con cui avevo legato ha avuto un parto traumatico e non è potuta uscire di casa per le prime settimane. Per i primi tre mesi o giù di lì, quindi, ero praticamente sola tutto il giorno con il mio bambino. Mi ricordo che andavo a fare lunghe passeggiate e guardavo con desiderio gruppi di neomamme che uscivano insieme al parco. Combattevo con sentimenti di vergogna e non sapevo come risolvere il problema. Con il tempo poi ho incontrato altre persone ai gruppi per mamme e bambini ma avevo bisogno di sostegno prima, e non c’è stato.


Il sostegno sociale è parte integrante del sostegno post parto. Se non hai persone attorno che ti aiutino, come riposerai? Chi ti cucinerà del cibo? Chi terrà la casa ordinata e baderà agli altri bambini? Ma oltre a questo, la sola presenza di altri adulti attorno a te mentre stai trovando la tua strada nella maternità ha effetti che vanno ben oltre l’aiuto pratico: è vitale anche per il benessere emotivo.

Se ti senti sola dopo il parto, sappi che qualcuno c’è. Secondo alcuni sondaggi più dell’80% delle neomamme di sente sola1. Ecco come alcune mamme l’hanno raccontato:

Mi sono sentita completamente isolata all’inizio della maternità. Tutto ciò che sapevo su me stessa era stato ribaltato. Siccome ero arrivata nel paese da poco, tutti mi conoscevano come una madre, e io avevo perso la mia cornice di riferimento, ed era diventato incredibilmente difficile avere una connessione con qualcuno, altre mamme, bambini ma soprattutto me stessa. Mi sono sentita davvero sola e molto a disagio.

Laura Scarlett

Lavoravo in un ambiente soprattutto maschile e mentre ero in congedo di maternità sono stata completamente dimenticata: nemmeno una telefonata in 10 mesi. Aggiunto al fatto che vivevo lontana da familiari e amici (la vita militare ha un sacco di lati negativi) e che mio marito era di stanza lontano da casa per i primi tre mesi di vita del mio figlio più piccolo, tutto ciò mi ha portato a sviluppare un disturbo di ansia. Non sono praticamente mai uscita di casa per sei settimane.

Rachael Ruddock

Ero incredibilmente sola dopo l’arrivo del mio secondo figlio. Avevamo traslocato un paio di volte, non avevo amicizie consolidate o una rete di sostegno, la famiglia era lontana e mio marito lavorava a tempo pieno. Penso che siano state la solitudine e la stanchezza insieme a farmi saltare dal nervoso durante il mio “periodo nero”. Ancora oggi mi innervosisco quando ripenso a quel periodo, a quanto fossi triste e sola. Penso che avere amiche e interazioni sociali regolari sia indispensabile per qualsiasi madre!

Kelly Mitchell

Ero sola il giorno in cui mio marito è tornato al lavoro. Avere un figlio ti dimostra chiaramente chi sono i tuoi amici: alcuni rimangono al tuo fianco, ma molti vengono persi nel tragitto verso la maternità! Amavo il mio bambino ma le giornate erano monotone e non facevano che isolarmi, e la mancanza di sonno era davvero dura da affrontare. Desideravo fortemente fare due chiacchiere con chiunque: il postino, l’addetto alla pulizia delle finestre, la cassiera di Sainsbury. Non vedevo l’ora che mio marito tornasse a casa dal lavoro per avere qualcuno con cui parlare, prima che si ripresentasse la solitudine di rimanere sveglia per metà della notte.

Kirstie Broughton

Nel libro Mothering the New Mother, Sally Placksin spiega che:

“A generazioni di donne è stato insegnato che avrebbero saputo come essere madri perché lo spirito e l’istinto materno sono una “vocazione sacra” e un rito legato alla nascita. Tutte sappiamo come farlo, manca solo il bambino che ci faccia mettere in pratica questi nostri talenti innati. Ma mentre le madri dovrebbero essere incoraggiate a seguire il loro istinto (…) gran parte di questo comportamento materno è appreso e non istintivo, e senza il sostegno educativo ed emotivo di insegnanti o di educatori è molto più difficile e stressante da padroneggiare.”

Le difficoltà che si hanno con l’isolamento sociale e la solitudine sono aggravate dal fatto che c’è qualcosa di molto vulnerabile nell’ammettere di essere sole. Si possono provare sentimenti di vergogna, come se la mancanza di amici fosse un riflesso della propria mancanza di valore. Allo stesso modo, chiedere aiuto, in una cultura che tiene molto in considerazione l’indipendenza, può essere molto difficile e farci sentire come se stessimo fallendo.


Ho visto moltissime madri soffrire in silenzio perché credevano di essere le uniche ad avere difficoltà. Ci sono un tabù sociale e un silenzio attorno alle difficoltà della maternità che devono essere interrotti. Dobbiamo cambiare il modo in cui vengono presentati la vergogna e il silenzio e aiutare a reclamare il sostegno post parto che avevamo un tempo. Nel profondo sappiamo che non dovremmo fare tutto questo da sole. Come parte del cambiamento dobbiamo accogliere il nostro bisogno di sostegno ed essere più aperte rispetto alla nostra vulnerabilità.

“Le donne fanno esperienza di una serie di fattori di stress psicologico durante il puerperio. È stato dimostrato che il sostegno sociale è efficace nell’aiutare le donne ad affrontare questi fattori. Inoltre, è stato riscontrato che livelli bassi o inesistenti di sostegno sociale sono dei predittori della depressione post parto.”2

Brené Brown è una ricercatrice americana specializzata nello studio della vergogna e del potere della vulnerabilità. Come lei stessa spiega, essere vulnerabili non è una debolezza:

“La vulnerabilità è dove nascono l’amore, il senso di appartenenza, la gioia, il coraggio, l’empatia e la creatività. È la fonte della speranza, dell’empatia, della responsabilità e dell’autenticità. Se vogliamo avere degli obiettivi più chiari o vite più profondamente spirituali allora la vulnerabilità è la strada.”3

La mia speranza è che se una piccola percentuale di donne inizia a chiedere sostegno allora questo si diffonderà e tornerà velocemente ad essere normale. Dopotutto, la “teoria del set point” dimostra che basta che il 25% della popolazione faccia qualcosa perché questo diventi rapidamente la nuova norma4.


Un altro aspetto importante del sostegno sociale è considerare se sia genuinamente di aiuto oppure giudicante. Purtroppo la nostra cultura non sostiene le neomamme e questo spesso è estremamente giudicante: non è affatto di aiuto, perché alla maggior parte delle neomamme manca la sicurezza di sé per potersi giostrare in questo nuovo ruolo. Tutto ciò è vero in particolar modo quando si parla di donne che diventano madri per la prima volta, che si preoccupano molto di come svolgono il ruolo di madre e se sono “abbastanza brave”. Dobbiamo dare una spinta alla fiducia delle neomamme. Dobbiamo ricordarci che un tempo, anche nel mondo occidentale, il parto era un evento incentrato sulla comunità e sulla donna, e la gente offriva il suo aiuto senza che dovesse essere richiesto5. Una parte di questo aiuto si esprimeva anche nell’aumentare l’autostima della neomamma, come viene spiegato in un racconto di una madre della Colombia:

“La gente veniva a farmi visita, ma il bambino non era il centro delle attenzioni. Era sempre la madre. La madre era sempre al centro, e tutti dicevano “Hai fatto un ottimo lavoro” (…) Veniva elogiata, era il centro, non è come qui in America, in cui il bambino è tutto e la mamma viene totalmente scartata e dimenticata.”6

Non mi stanco mai di sottolineare l’importanza e il potere dell’aumento della fiducia per le neomamme. Molte provano un forte senso di colpa, mettono in dubbio la loro abilità e temono di non essere abbastanza brave come madri. Questo è piuttosto normale. Ma aggiungiamolo a una cultura in cui quasi ogni persona che la neomamma incontri ha dei “consigli” su come dovrebbe crescere il bambino, ed ecco che è molto facile che lei senta di non star facendo un buon lavoro.


Come doula cerco sempre di far notare qualcosa di positivo, come quanto sia dolce e premurosa la madre mentre cambia il bambino, o quanto bene conosce i gusti del suo bambino, e lo dico ad alta voce. Ho visto tantissime madri scoppiare in lacrime quando faccio questi commenti positivi. Se vai a fare visita a una neomamma ti invito a cambiare il focus dell’attenzione, a guardarla con attenzione, e notare quando fa qualcosa che trovi adorabile quando interagisce con il suo bambino. Poi faglielo notare.


Un altro aspetto del sostegno sociale che è andato nella direzione sbagliata è che le donne vengono messe in silenzio e non sono capaci di esprimere i propri bisogni, perché la società si aspetta che siano entusiaste. Ho perso il conto di quante volte una neomamma ha iniziato a raccontarmi di sensazioni negative che ha provato durante il parto e poi ha continuato immediatamente dicendo “Ma il mio bambino è sano e questo è tutto ciò che importa”. Quando le donne credono a questo, o è ciò che viene detto loro, i loro sentimenti vengono invalidati. Quando senti che alcuni sentimenti sono sbagliati non riesci a elaborarli, o a guarirne. I tuoi sentimenti sono importanti. Tu sei importante. Milli Hill, la fondatrice del Positive Birth Movement, spiega:

“Quando una donna partorisce, un bambino sano è assolutamente, completamente e totalmente la cosa più importante. Non è TUTTO ciò che conta. Due cose, per ripetere: un bambino sano è la cosa più importante, E non è tutto ciò che conta. Anche le donne contano. Quando diciamo alle donne che un bambino sano è tutto ciò che conta spesso le riduciamo al silenzio. Diciamo, o quantomeno è fortemente implicito, che i loro sentimenti non contano e che, anche se il parto può averle fatte sentire ferite, scioccate o addirittura violate, non dovrebbero lamentarsi perché il bambino è sano e questa è l’unica cosa importante.”

Nei quasi dieci anni in cui lavoro con le neomamme, spesso sono stata la prima persona a dire a una madre che le hanno mentito, e che i suoi sentimenti contano.

Quando ho cercato di spiegare a mio suocero il trattamento scortese e le scelte che ci sono state ingiustamente negate durante il primo parto mi ha interrotto a metà frase e mi ha detto “Ma lui sta bene, no?”. Non gli interessava per nulla sentire come questo mi avesse toccata emotivamente.

Hannah Burns


Penso che questo sia aggravato dal fatto che nella cultura occidentale non siamo abituati a dover gestire sentimenti scomodi, figurarsi il lutto, quindi c’è una tendenza a considerare il risvolto positivo, perché crediamo, sbagliando, che ci possa aiutare. Diverse ricerche, tuttavia, dimostrano che questo tipo di atteggiamento ha come risultato solo il fatto che la persona si sente peggio (perché implica che stia sbagliando a provare quello che prova) e anche disconnessa (perché non si sente compresa). Ecco un video animato, in inglese, su come aiutare un amico in lutto che lo spiega in maniera molto semplice e chiara: www.refugein-grief.com/2018/07/19/help-a-friend-video.


Sono andata a fare visita a Kate, una neomamma, per aiutarla a scegliere una fascia. La sua bambina era nata prematura e lei aveva avuto un parto traumatico, seguito da un lungo periodo in terapia intensiva neonatale e difficoltà nell’allattamento. Chiedo sempre del parto, perché per me è importante sapere se il parto può aver inciso sul suo corpo e quindi sul sostegno che offro. Chiedo anche perché so quanto sia importante fare un resoconto delle esperienze del parto con qualcuno che ti sta ascoltando senza giudicare. Quando Kate ha iniziato a raccontarmi del parto e del primo periodo postnatale si è commossa e ha subito affermato che tutto ciò che contava era la salute della sua bambina. Ho riformulato con delicatezza questa affermazione: “Non c’è niente di male nell’essere felici perché la tua bambina è sana e contemporaneamente sentire che il parto e tutto ciò che c’è attorno è stato una schifezza, perché sono due cose diverse”. È scoppiata in lacrime. Ho avuto la stessa esperienza innumerevoli volte quando semplicemente chiedevo “E come ti ha fatto sentire?” o dicevo “Non mi sorprende che tu sia turbata, perché sembra davvero un’esperienza difficile”.


Se stai facendo visita a una neomamma ti invito a porre queste semplici domande, ascoltare con attenzione e poi legittimare e parafrasare con delicatezza qualsiasi sentimento tu riesca a captare.

Come creare una rete di sostegno

Sono ben cosciente del fatto che non viviamo in comunità compatte, ma credo che sia possibile ricreare, almeno in parte, il sostegno che le donne ricevevano una volta. La cosa più importante che puoi fare è pianificare chi ci sarà per sostenerti dopo che il bambino sarà nato. Chi ti potrà aiutare praticamente, emotivamente e dandoti informazioni utili? Questo significa sostegno a casa, ma anche in un senso più ampio.


Se hai un compagno, vale la pena sedersi e discutere delle vostre aspettative sull’essere genitori e condividere il fardello di cose da fare prima che arrivi il bambino. Potreste avere aspettative diverse e quelle che non vengono discusse e che non vengono soddisfatte possono essere la causa di futili attriti. Il tuo compagno può essere la tua fonte di sostegno principale, ma se lavora come impiegato è possibile che riceva solo due settimane di congedo e tu potresti ritrovarti ad essere sola con il bambino per otto ore o più ogni giorno. Prendersi cura di un neonato è un lavoro intenso che richiede molte energie, e molte neomamme hanno disperatamente bisogno di una pausa quando il compagno torna a casa a fine giornata. Quando scrivi il piano di recupero postnatale includi chiunque possa aiutarti, compreso il tuo compagno, ma assicurati di inserire più persone possibile, perché fare troppo affidamento su una persona potrebbe non fornirti abbastanza sostegno.


Se l’ideale sarebbe avere un aiuto stabile in casa (o visite quotidiane), avere qualcuno che possa darti una mano per un paio d’ore, portarti qualcosa da mangiare, fare le commissioni, fare la spesa, fare la lavatrice o portare a passeggio il cane può essere davvero prezioso. Cerca di creare una rete più vasta possibile, da familiari ad amici, a conoscenze, colleghi di lavoro, e altre mamme che non sono appena entrate nel post parto.


Vale anche la pena tentare di creare una rete di sostegno postnatale di neogenitori che affrontano le stesse cose che stai affrontando tu perché, anche se possono non aiutarti praticamente, potranno fornirti un sostegno emotivo, dato che capiscono cosa stai passando. Un modo per farlo è partecipare a corsi prenatali, siano questi per la preparazione al parto o per esercizi preparto come yoga, aquanatal o pilates.


Il motivo principale per cui i genitori dicono di iscriversi a piccole classi di corsi prenatali è per incontrare altri genitori. Questo vale anche per chi diventa genitore per la seconda volta. Come educatrice nei corsi prenatali mi impegno molto per aiutare a creare un gruppo che funzioni anche al di fuori dal corso: chiedo a qualcuna di fare da segretaria sociale per il gruppo e di organizzare una cena in qualche posto prima che nascano i bambini. Il riscontro che ho ricevuto in seguito sottolineava quanto fosse stato utile avere qualcuno che rispondesse alle domande sul gruppo WhatsApp alle tre di notte e quanto fosse rassicurante incontrarsi per prendere un caffè la mattina. Molte persone rimangono amiche per anni anche dopo. Vale la pena quindi trovare in anticipo quali corsi, quali gruppi informali, e gruppi di madri e bambini ci sono nella tua zona da poter provare a conoscere.


Creare la tua rete di sostegno sarà molto più facile prima che arrivi il bambino che dopo il parto, quando tutto il tuo tempo sarà preso da lui. Se diventi mamma per la prima volta potresti non sapere dove trovare sostegno dalle tue parti, quindi entrare in contatto con mamme nella tua zona che hanno figli leggermente più grandi può essere utile.


So che incontrare altri gruppi come neomamma può intimidire; puoi essere preoccupata oppure sentirti vulnerabile. Come doula qualche volta ho accompagnato neomamme al loro primo giorno in un gruppo di mamme e bambini. Avere qualcuno che conosci un po’, anche se solo dalle chat su internet, potrebbe fare una grande differenza.


Ecco delle storie di come alcune madri hanno creato una rete sociale per loro stesse:

Ho trovato online amici con interessi simili. Il lato positivo dei social! Ho trovato diversi gruppi su Facebook riguardo i pannolini lavabili e le fasce, che mi ha portato a trovare un gruppo locale di persone interessate all’attaccamento parentale. Dopo aver chattato online per un po’ sono andata ai loro incontri e ho stretto diverse amicizie. Sono diventata amica di persone nei gruppi Facebook nazionali e poi facevamo delle riunioni regionali. C’è sempre qualcuno lì, e di solito è qualcuno che capisce. Degli amici sempre a portata di mano.

Suzanne Hancock

Mio marito è stato trasferito lontano quando mio figlio piccolo aveva tre settimane ed è tornato solo quando aveva tre mesi. Vivere in una base militare significava che non avevo sostegno familiare vicino e mi sono isolata così tanto che ho sviluppato delle difficoltà nel mio modo di parlare, tutte le volte che chiacchieravo con qualcuno. Mi sono forzata ad andare a gruppi di yoga per mamme e bambini ed è stata la cosa migliore che potessi fare. Mi ci è voluta qualche lezione per potermi rilassare con altre madri attorno ma poi mi sono fatta delle vere amiche, amiche con cui potevo parlare.

Rachael Ruddock

Sono andata in una clinica per la pesatura e ho incontrato un’altra mamma: i nostri bambini erano nati a un giorno di distanza e abbiamo passato l’anno successivo a sopravvivere insieme. Ho anche usato i gruppi organizzati al centro per bambini della mia zona, sono stati un’àncora di salvezza. Penso che molte donne che si sentono isolate e sole e non riescono a uscire di casa abbiano la percezione della mamma che va ai gruppi come una che ha tutto sotto controllo, ma nel mio caso è stato solo il mio modo di sopravvivere all’isolamento e alla solitudine. Il punto non era non perdersi mai una lezione, ma trovare una comunità.

Jessica Mary Slender

Le mie due esperienze con il parto – e con il periodo post parto – si sono svolte come espatriata, in due paesi diversi. Nella prima, l’esperienza medica e del parto è stata difficile e traumatica, mentre il recupero e il periodo post parto sono stati appaganti, felici, pieni di sostegno, una tribù, un gruppo di madri che mi hanno guidato attraverso questo periodo e mi hanno aiutato ad orientarmi. Le persone si prendevano cura di me, fisicamente e mentalmente. Nella seconda, il parto è stato esattamente come speravo ed ero sopraffatta dalle cure e dalla felicità mentre ero in ospedale. Il periodo dopo il parto tuttavia è stata un’esperienza di solitudine, senza calore e difficile. Praticamente mi hanno abbandonata come una patata bollente e lasciata lì a cavarmela da sola. Dovevo trovare una tribù, prendermi cura di me e del bambino. Guardandomi indietro posso dire che è stato più facile recuperare la prima volta, grazie a tutto il sostegno.

Kate Brinch Sand

Scegliere le persone che ti aiuteranno a casa dopo il parto

Fai un elenco con qualsiasi membro della famiglia che possa aiutarti venendo a casa tua per qualche giorno o per qualche settimana per prendersi cura di te dopo la nascita del bambino.


Quando è nato il mio primo figlio mi ero accordata con i miei genitori perché venissero dalla Francia due settimane dopo il parto, allorché mio marito sarebbe tornato a lavoro. Dopo il parto, però, mia mamma non vedeva l’ora di conoscere il nipote e quindi mi ha chiesto se poteva venire prima. Mi disse che si sarebbe occupata di tutto in casa, fare la spesa, cucinare, pulire, e che noi non avremmo dovuto alzare un dito. Il che si è rivelato estremamente utile per noi che ci adattavamo a essere neogenitori. È stato magnifico averli intorno durante quel periodo così che noi potessimo rilassarci e godere nel fare la conoscenza del bambino senza avere nient’altro di cui preoccuparci. L’abbiamo apprezzato così tanto che abbiamo deciso di ripetere quest’esperienza quando è nata mia figlia.

Vorrei ora presentare il concetto di “holding space”, cioè avere qualcuno che faccia spazio alle emozioni per te. Mi piace la definizione che ne dà Connor Beaton: “Holding space è il processo di assistere e riconoscere la validità dello stato emotivo di qualcun altro ed essere nel contempo presente nel tuo”7. Significa quindi che tu sei davvero presente alle emozioni e ai sentimenti di qualcuno, sei attento a ciò che ti suscita quello che dicono, in modo da rimanere presente e non essere trascinato nelle tue emozioni, senza iniziare a parlare delle tue esperienze. Heather Plett spiega che

“L’holding space non è qualcosa che è esclusivo degli educatori, degli istruttori o delle infermiere di cure palliative. È qualcosa che TUTTI noi possiamo fare l’uno per l’altro, per i nostri partner, bambini, amici, vicini e anche estranei che attaccano bottone mentre siamo sull’autobus per andare al lavoro.”8

Ecco un esempio di come mia madre ha rispettato questo principio quando stavo affrontando le difficoltà che porta con sé un bambino che piange. Quando mia figlia aveva tre mesi, mio marito è dovuto andare via per lavoro per tre settimane. Con un bambino di tre anni e una bambina di tre mesi non potevo sopportare il pensiero di stare da sola per così tanto tempo, quindi per quel periodo mi sono trasferita in Francia a casa dei miei genitori. Avere lì altri due adulti ha reso molto più facile la gestione dei bambini. Non solo c’erano altre persone che cucinavano, pulivano, tenevano in braccio la bambina o si occupavano del mio figlio più grande quando allattavo la sorella, ma significava anche che non ero sola e avevo persone con cui parlare. Mia figlia era incline ad avere una lunga fase la sera, tipo l’“ora delle streghe” e a volte si svegliava la notte piangendo a causa di quello che sembrava un dolore nella digestione. Non essere sola ha fatto davvero la differenza. Una notte mia mamma l’ha sentita piangere e si è alzata ed è venuta vicino a me. Non ha fatto niente, ma averla lì significava che potevo affrontarlo.


Quindi quando ti troverai a scegliere chi verrà a farti visita dopo il parto non posso sottolineare abbastanza quanto sia importante assicurarti che chiunque sceglierai per un aiuto non solo farà il suo dovere, ma ti farà sentire appoggiata anche nelle tue scelte genitoriali. Il senso di fiducia in sé stessa di una neomamma può essere molto delicato e le prime settimane dopo il parto non sono il periodo ideale per avere attorno qualcuno che ti fa sentire giudicata o inadeguata.

L’aspettativa che chiunque sia il benvenuto durante i primi giorni/ le prime settimane dopo il parto… emmmmh… no grazie. Abbiamo avuto visitatori indesiderati piombarci in casa a quattro giorni dalla nascita del mio secondo figlio ed è stato opprimente. Passavo la maggior parte del tempo nascosta in camera con il bambino, piangendo a dirotto. Dopo la nascita del mio terzo figlio le uniche persone che venivano a farci visita erano i miei genitori che ci aiutavano a badare ai due bambini più grandi mentre io, mio marito e il bambino facevamo dentro e fuori dall’ospedale per i primi giorni.

Emily Jane Gill


Come doula ho avuto molte conversazioni difficili con i clienti riguardo a questo argomento. Non è facile, soprattutto se la famiglia viene dall’estero, perché non c’è modo di prevedere quando sarà il parto e le persone possono avere un tempo limitato a disposizione. Se la tua famiglia arriva troppo presto è possibile che tu non faccia in tempo a partorire prima che se ne debbano andare. Devi valutare come ti sentiresti a passare il travaglio a casa con familiari intorno.

Come ostetrica di comunità mi preoccupava il fatto che molte visite postnatali mi lasciassero addosso una tristezza per quanto sole si sentissero le neomamme. Molte non uscivano di casa. Quindi ho fatto partire un gruppo di passeggiate di comunità chiamato “Bumps to Buggies” per il mio paese. Tutti sono benvenuti ad unirsi a noi per delle passeggiate divertenti, gratuite e amichevoli. Avere un contatto con altri genitori è molto importante: condividere, sostenere, raccontare esperienze, conoscenze e consigli. Uscire di casa, camminare e parlare, farsi nuovi amici. Le conversazioni arricchiscono, sono illuminanti e rassicuranti, anche per me come ostetrica. Chi viene a camminare considera le passeggiate come del tempo per sé. Si prendono del tempo per riflettere, esplorare e scoprire la loro transizione verso l’essere genitori. Trova la tua comunità. Dopotutto, “ci vuole un villaggio…”

Jenny Parsons

Altri modi per creare una rete di sostegno sociale

Ci sono molti gruppi Facebook nazionali e locali pensati per mettere in contatto i genitori. Ci sono anche un paio di applicazioni, come Mush o Peanut, che sono pensate per aiutare le mamme ad entrare in contatto con altre mamme che hanno bambini vicini di età e organizzare degli incontri. Puoi chiedere all’ostetrica o allo staff medico di segnalarti alcuni gruppi locali.

Associazioni britanniche per il sostegno

  • Doula UK, l’associazione per le doule nel Regno Unito, ha un elenco di doule all’indirizzo doula.org.uk9

  • Ostetriche libere professioniste offrono visite private e/o pacchetti di sostegno postnatale imuk.org.uk

  • The Positive Birth Movement è una rete di gruppi di sostegno per la gravidanza e il parto che si tengono in contatto con i social media www.positivebirthmovement.org

  • Lezioni e gruppi di babywearing: www.slingpages.co.uk

  • Homestart è una rete locale di volontari qualificati e sostegno esperto che aiuta le famiglie con bambini piccoli nelle loro difficoltà www.home-start.org.uk

  • L’organizzazione benefica NCT (National Childbirth Trust) organizza corsi prenatali e postnatali e incontri in diverse zone www.nct.org.uk

  • The Motherside offre una rete di sostegno e una comunità globale a tutte le mamme e future mamme, e organizza incontri locali themotherside.org

  • Calmfamily offre consulenze e corsi per educare e aiutare i genitori così che le famiglie possano avere rapporti più tranquilli che ottimizzino lo sviluppo dei bambini www.calmfamily.org

  • The Daisy Foundation organizza corsi prenatali e postnatali thedaisyfoundation.com

  • Netmums www.netmums.com

  • Gingerbread è un’organizzazione benefica che sostiene famiglie monogenitoriali www.gingerbread.org.uk

Sostegno per la salute mentale/trauma derivante dal parto

  • Per una lista di professionisti qualificati nella tecnica Rewind, una tecnica che permette di liberarsi velocemente dal trauma del parto, il sito www.traumaticbirthrecovery.com

  • Make Birth Better è un collettivo di genitori e professionisti che lavorano insieme per mettere la parola fine al trauma del parto www.makebirthbetter.org

  • Mind è un’organizzazione benefica che si occupa di salute mentale, con una sezione riguardo la depressione post parto www.mind.org.uk

  • Mia Scotland è una psicologa perinatale www.yourbirthright.co.uk

  • The Pandas foundation per la salute mentale perinatale www.pandasfoundation.org.uk

  • SHaRON è un sistema telematico di supporto tra pari, disponibile su app e sito web www.sharon.nhs.uk

Sostegno per l’allattamento10

  • National Breastfeeding Helpline,
    www.nationalbreastfeedinghelpline.org.uk. Tel: 0300 100 0212

  • The Association of Breastfeeding Mothers (ABM) abm.me.uk

  • The Breastfeeding Network (BfN), che include il servizio di informazioni per l’assunzione di farmaci durante l’allattamento
    www.breastfeedingnetwork.org.uk

  • La Leche League www.laleche.org.uk (per l’italiano: lllitalia. org)

  • NCT www.nct.org.uk Tel: 0300 330 0700

Alcune delle organizzazioni elencate sopra offrono anche gruppi locali a cui rivolgersi senza appuntamento.

  • Baby Cafe offre gruppi di sostegno per donne in gravidanza e che allattano www.thebabycafe.org

  • Lactation Consultants of Great Britain, www.lcgb.org. l’associazione professionale per consulenti di lattazione qualificati. I membri offrono consigli, sostegno e consulenze riguardo l’allattamento nel Regno Unito.

Il post parto
Il post parto
Sophie Messager
Cosa serve a una neomamma Pensare in anticipo al periodo dopo la nascita, individuando i bisogni della neomamma e gli strumenti e le strategie per sostenerla. Prepararsi al momento del parto è sicuramente importante, ma altrettanto fondamentale è concentrarsi sul periodo del post parto.In questo libro, Sophie Messager attinge alla sua esperienza di biologa e doula per dimostrare che pensare in anticipo al periodo dopo la nascita, individuando i bisogni della neomamma e gli strumenti e le strategie per sostenerla, è il modo migliore per iniziare al meglio questa splendida avventura.Il post parto è il primo titolo di “Parliamone”, la collana dedicata ai genitori di oggi: guide monotematiche dalla grafica giovane e un formato più agile, con studi aggiornati, su gravidanza, accudimento, educazione.