Intervento di Alberto Oliverio

Professore Emerito di Psicobiologia presso l’Università La Sapienza di Roma

I MOVIMENTI E LA COSTRUZIONE DELLA MENTE

Quando Maria Montessori svolgeva la sua opera, le neuroscienze non esistevano: nascono negli anni Sessanta. Io oggi parlerò prevalentemente del ruolo delle sensazioni, della motricità e della pratica psicomotoria in rapporto alla costruzione della mente, come vedete un tema Montessoriano. Il ruolo dell’azione della motricità e delle sensazioni è empiricamente noto; per esempio, quando i bambini vanno in bicicletta, sentono l’aria e se vanno veloci sentono anche il cuore che batte. Tutti questi aspetti riguardano il fatto che gli esseri umani sono fatti per assorbire sensazioni e per agire, per modificare l’ambiente in cui si trovano. Noi siamo già programmati per rispondere ai movimenti. Se un bambino piccolo vede dei punti in movimento che corrispondono alle articolazioni del corpo (spalla, gomito, polso…), e poi vede su uno schermo scuro i punti che si muovono su un’immagine corporea, ritiene che quello sia un essere umano che si sta muovendo. La sua mente è programmata per riconoscere gli esseri umani attraverso il movimento. Il movimento che osserva penetra nella sua mente e lo porta a ritenere che quello sia un essere umano. Il bambino di pochi giorni o mesi di vita, vedendo dei punti in movimento anche di profilo, li identifica come un essere umano. Poi, se vede una persona vera in movimento, presterà meno attenzione: essendo simile a ciò che ha osservato prima, la sua attenzione decade.

Tantissimi ricercatori hanno indicato come i segnali corporei siano importanti nella costruzione della mente, perché questa ha dei rapporti con il corpo e non ha senso dire che cosa fa parte del corpo e cosa della mente. Gli studenti, per esempio, di fronte ad un’interrogazione sentono il cuore che accelera ed è un segnale delle emozioni di cui possono essere preda. Oppure una serie di percezioni che mandano alla nostra mente dei messaggi sullo stato del corpo: c’è un dialogo continuo tra mente e corpo ed è difficile capire che cosa viene prima e che cosa viene dopo.

Questo aspetto del rapporto tra la motricità e la costruzione della mente si verifica molto precocemente, proviamo a calarci nella mente di un bambino piccolo che sta nella sua culla e il mondo che gli si presenta è legato a tutti i movimenti e ai gesti materni. Immaginate che la mamma ci sia e poi non ci sia più, si avvicina e poi si allontana, quindi il bambino piange la mamma lo prende e lo culla, col risultato che il bambino è contento, e questo crea rapporti temporali e di causa-effetto basati sul “prima” e sul “dopo”. In maniera tacita rappresentano delle categorie temporali e causali che sono molto importanti per la costruzione di una serie di attività mentali. Infatti, i rapporti temporali e causali hanno un ruolo fondamentale. Per esempio, le attività mentali legate al lessico; quando parlo, io produco dei movimenti con gli organi fonatori: lingua, labbra… questi movimenti li devo articolare in un “prima” e un “dopo”.

Il bambino piccolo che impara a parlare, prima fa esercizi di movimento di lallazione e poi esercizi per produrre i movimenti nella giusta sequenza, C’è un “prima” e c’è un “dopo”, fonemi che devono essere nella giusta successione per produrre un significato e, se quel significato viene raggiunto, allora ci possono essere delle conseguenze, per esempio la contentezza del bambino per essere riuscito a parlare, ma anche conseguenze in relazione al mondo che lo circonda. Tutto ciò riguarda aspetti della motricità essenziali per il linguaggio. Nel linguaggio prima pronunciamo semplici parole, poi sequenze di parole, poi frasi e questi nessi temporali e causali sono fondamentali. Entrano a far parte della nostra mente, sono attività tacite, non pensate e ragionate.
Molto spesso si segue uno schema in cui si considera che l’azione segua la percezione, ma in realtà c’è una sorta di circolo, di movimento continuo, in cui l’azione locomotoria (allungare una mano, provare una sensazione, raggiungere un oggetto, prenderlo senza schiacciarlo …) avviene entro un circolo vizioso dove l’azione in qualche modo modifica l’ambiente e questo ci dà delle percezioni e così via.

Tutto questo dipende dal fatto che il nostro cervello ha strutture motorie complesse e importanti, per produrre il movimento e per anticipare il movimento. Io decido di prendere un oggetto, sono già pronto all’azione, immaginate di pensare di volervi alzare dalla sedia su cui siete seduti e pensatelo fortemente. In quel momento i vostri muscoli sono già allertati e ciò porterà a realizzare il movimento, ma questo avviene nel cervello. Per agire è necessario che alcune attività vengano attivate ed altre attività vengano inibite, anche il più semplice dei movimenti implica una attivazione di attività motoria e un’inibizione di altre attività motorie. Per esempio, prendere un oggetto indica che sto inibendo delle attività che potrei fare con la mano. Quindi azione e inibizione sono attività complementari. Ogni movimento richiede l’utilizzo di un numero di neuroni specifico, per cui l’inibizione di altre attività vuol dire produrre delle modifiche del sistema nervoso: questo rientra in una serie di comportamenti in cui noi agiamo, però inibendo tutto ciò che sarebbe di disturbo per produrre quell’azione. Immaginate ancora un bambino piccolo. Quando compie un movimento che a noi pare goffo, in realtà il bambino sta facendo pratica di inibizione, se per esempio deve afferrare una cosa, deve anche inibire movimenti laterali.

La produzione di movimento infatti è qualche cosa che non riguarda soltanto l’attivazione di alcuni schemi motori, ma anche l’inibizione di altri schemi, più neuroni o meno neuroni a seconda del tipo di movimento.

Molte delle attività motorie che noi pratichiamo vengono chiamate “memorie procedurali”, che si suddividono in sottogruppi, per esempio la memoria procedurale dell’equilibrio, quella di allacciarsi le scarpe…

Una memoria legata al significato si chiama semantica ed è quella che mi permette di spiegare dove si colloca una città. Le memorie procedurali sono estremamente importanti e riguardano la capacità del corpo di eseguire un’azione. Sono cose che si imparano, ma non si sa bene quando: bisogna anche tener presente che molto spesso alcune memorie legate ai significati vengono “proceduralizzate” cioè passate ad un registro in automatico, con dei vantaggi e a volte con degli svantaggi. La differenza tra un adulto e un bambino è anche il fatto che le memorie procedurali permettono all’adulto, per esempio, di misurare la potenza del movimento prensile, mentre il bambino ancora se la deve costruire.

Quando proferisco delle parole, attraverso il linguaggio produco dei suoni che non sono altro che movimenti, perché la mia bocca e la mia lingua producono dei movimenti che possono essere registrati, per esempio con un sonogramma. Questi comportamenti motori che hanno a che vedere con il linguaggio, secondo alcuni paleontologi, in qualche modo rassomigliano a quei primi passi che hanno portato gli esseri umani a raffinare i movimenti; ancora una volta c’è un parallelismo netto tra l’azione e la percezione, tra ciò che devo fare per produrre dei suoni linguistici e ciò che devo fare per produrre delle azioni che mi portano a modificare la realtà. Infatti in entrambi i casi io sto modificando, la realtà perché agisco sull’ambiente o comunico qualche cosa.

Inizialmente il linguaggio si basa su atti motori; molti hanno considerato che nel bambino piccolo, per esempio sordomuto, la produzione di gesti non educati ma spontanei in qualche modo ripete la stessa sequenza temporale e le stesse leggi della causalità presenti nei suoni di tipo linguistico. Sono in una sequenza con una logica interna ben precisa.

Il punto che volevo sottolineare è che motricità, immaginazione e coscienza hanno molti punti in comune. Il corpo manda dei messaggi alla mente e così la può influenzare.

La motricità fa parte dei rapporti tra corpo e mente che sono stati studiati in maniera empirica. Aleksandr Luria, il grande neuropsicologo russo, ha parlato di “melodie cinetiche”, appunto per indicare la fluidità degli schemi motori che noi raggiungiamo quando abbiamo la possibilità di possedere uno schema: cioè fare pratica di azione e di inibizione, pratica di movimenti che diventano una memoria procedurale, non ci pensiamo più, andiamo in automatico. In qualche modo, un aspetto della nostra coscienza e autoconsapevolezza è legato al fatto che noi registriamo ciò che succede nel corpo sia che ciò si verifichi sia che noi lo immaginiamo. Noi possiamo praticare un movimento o immaginare un movimento, in ogni caso il corpo si trova in uno stato di preallarme in cui i muscoli sono più tesi. Quindi prima dell’azione c’è la pre-azione cioè la preparazione all’azione. Nella nostra mente, concepire un movimento è qualcosa di simile a quanto avviene per una serie di processi immaginari: ad esempio, io vedo una rosa e lo stimolo visivo finisce nella corteccia primaria, dove viene codificato; se io immagino una rosa, nella mia corteccia visiva succede la medesima cosa di quando la vedo; questo è un parallelismo che esiste tra immaginare un movimento e realizzarlo. Ecco, nel nostro cervello ci sono delle aree che si attivano quando noi pensiamo a delle entità linguistiche, a delle memorie linguistiche legate a percezioni. Per esempio, se pronunciamo una parola che riguarda un colore, c’è un’associazione tra la parola e le aree che decodificano il colore, e questa è una correlazione fortissima.

Quindi in molti casi, quando noi utilizziamo delle parole che hanno a che vedere con la motricità (saltare, correre…), attiviamo dei codici linguistici e delle strutture legate alla motricità, da qui la creazione di tante metafore linguistiche che hanno a che vedere, sempre, con la motricità.

Inoltre, noi inglobiamo ciò che vediamo fare dagli altri. È il caso dei così detti “neuroni specchio”, scoperti a Parma dal gruppo di Rizzolatti, in cui in qualche modo si costruisce una sorta di ponte tra osservatore e attore. Ci sono molti critici nei confronti dei neuroni specchio, perché forse sono stati utilizzati per spiegare troppe cose, però è indubbio che giocano un ruolo fondamentale nell’apprendimento, in quanto molte attività difficilmente possono essere spiegate a parole, ma vengono realizzate attraverso l’imitazione. Per esempio, non posso dire a un bambino di tre o quattro anni come fare una capriola descrivendogliela a parole; posso dirgli di piegarsi, mettere la testa in giù, spingere con le gambe e così via, però non arriverà mai a fare una capriola. Ma se vede un altro bambino fare la capriola, lo imita; e, secondo molti aspetti studiati dal gruppo di Parma, il vedere realizzare un’azione motoria in qualche modo attiva strutture nel suo cervello che lo preparano a eseguire quell’azione motoria. Il gruppo di Parma ha studiato in particolare quell’area azzurra che è la corteccia premotoria, quella che si attiva quando voi decidete di fare un movimento ma non lo eseguite. Io posso decidere di prendere quel pacchetto lì, ma poi mi trattengo. Però la mia corteccia premotoria, insieme a un’altra parte della corteccia, è in preallarme ed è pronta a far scattare un meccanismo nel momento in cui io dico: “Vai e prendila”, quindi ci sono, sia a livello di primati non umani sia a livello di primati umani, dei neuroni che si attivano quando servono a compiere azioni motorie abbastanza semplici. È l’esempio che penetra nella mente dell’osservatore e lo porta a compiere quella determinata azione, ma non per pura e semplice imitazione bensì perché i suoi neuroni “rispecchiano”, si attivano, nel momento in cui vede l’azione dell’altro; questo è stato definito come una sorta di ponte tra l’attore, cioè colui che compie l’azione, e l’osservatore. Naturalmente l’azione deve essere semplice e tanto più avviene quando l’azione è di tipo orale, per esempio portarsi alla bocca del cibo e via dicendo.

Da Andrew N. Meltzoff e M. Keith Moore, prima della scoperta dei neuroni specchio, sono state usate delle fotografie. Meltzoff mostrava al proprio figlio e ad altri bambini delle boccacce e i bambini piccoli, con grande sforzo, ripetevano tali boccacce. Bene, in gran parte questo non è soltanto legato ad un aspetto imitativo, che pure è proprio di tutti i primati: l’imitazione per noi è molto importante, nel bene e nel male tendiamo ad imitare gli altri. Ma esistono anche dei meccanismi di “rispecchiamento” che portano a rispecchiare un’azione motoria che abbiamo osservato: quindi questo è uno degli aspetti, se volete, montessoriani.

Diciamo che l’agire insieme porta in qualche modo a facilitare il compito, perché involontariamente i bambini guardano gli altri: a volte agiscono da soli, a volte guardano gli altri e semplici azioni motorie in qualche modo entrano nella loro mente e facilitano l’apprendimento.

* Il progetto montessoriano
Sottolineo qui alcuni aspetti dell’educazione al movimento, alcuni aspetti dei “tempi dell’io” e dei tempi sociali e così via. In un mondo come quello attuale, in cui i tempi sono molto veloci, senza dubbio un bambino piccolo, o un ragazzino, è in grado di compiere delle azioni motorie ed ha dei riflessi più rapidi di quanto non li abbia io o di quanto non abbia un venticinquenne. Ciò nonostante, a volte i tempi sono troppo veloci per la mente di un bambino: ci sono dei momenti in cui i tempi devono essere rallentati perché un apprendimento motorio passa attraverso tempi più lenti di quanto non ritengano gli adulti. Questo è uno degli aspetti su cui si è soffermata la Montessori e su cui dobbiamo soffermarci anche noi, perché un aspetto importante dell’interazione è prestare attenzione e l’attenzione è fondamentale per ogni forma d’apprendimento; dico cose ovvie, che tutti i docenti conoscono, ma sappiamo bene che l’attenzione del bambino è di breve durata, che migliora con gli anni, perciò per favorire l’apprendimento bisogna in qualche modo cercare di ridurre i tempi di spiegazione di un’esperienza e cercare invece di far compiere al bambino un ruolo attivo. Bambino, ragazzo che sia, le associazioni sono importanti per potenziare l’attenzione, quindi se il bambino svolge un compito attivo e non è passivo ed è in grado di compiere delle associazioni tra parole e codici sensoriali, movimenti e via dicendo, l’attenzione e l’apprendimento indubbiamente migliorano.

Per concludere questo argomento, cito l’esempio del cosiddetto apprendimento recitato, che è stato molto utilizzato soprattutto in Francia per l’apprendimento linguistico. In poche parole, esso cerca di associare dei concetti linguistici a dei movimenti, questo perché le memorie procedurali sono delle memorie robuste, che si formano precocemente, e se si forma un’associazione tra una memoria procedurale, un movimento e un significato, l’apprendimento senza dubbio ne beneficia. Ancora una volta il movimento, se utilizzato, se generalizzato, se associato a qualche cosa di astratto, è una sorta di cavallo di Troia per facilitare l’apprendimento di esperienze che altrimenti sarebbero troppo astratte per il bambino. Alcuni pedagogisti (questo certamente non è un errore che fanno i montessoriani) hanno un concetto un po’ troppo astratto della mente infantile e invece, la mente infantile è concreta e basata sulla motricità; ma la motricità è un aspetto essenziale per andare oltre, lo è anche quando siamo adulti, lo è perché siamo fortemente sensibili a tutte le immagini e a tutte le metafore di tipo motorio; basta vedere la televisione per rendersi conto che l’abile comunicatore utilizza delle metafore e dei movimenti che richiamano la concretezza. La manipolazione del fatto in qualche modo modifica la realtà. Noi siamo fatti così e bisogna tenerne conto a partire dall’infanzia.

Vi ringrazio.

La mente del bambino
La mente del bambino
AA.VV.
Maria Montessori e le Neuroscienze.Raccolta degli Atti del Convegno del 18 ottobre 2014. I Convegni Internazionali si inseriscono in un circuito di eventi organizzati dall’Associazione Montessori Brescia per contribuire alla valorizzazione e alla diffusione del pensiero e del metodo pedagogico di Maria Montessori. Raccolta degli Atti con gli interventi di: Alberto Oliviero, professore emerito di Psicologia all’Università La Sapienza di Roma Grazia Honegger Fresco, pedagogista, scrittrice e allieva di Maria Montessori Kevin R. Rathunde, professore di Dipartimento di Studi su Famiglia e Consumatori all’Università dello Utah – USA Anna Maria Bianconi, docente dei corsi di specializzazione dell’Opera Nazionale Montessori Philiph O’Brien, presidente della Association Montessori Internationale Raniero Regni, professore di Pedagogia Sociale, Dipartimento di Scienze Umane all’Università Lumsa di Roma