CAPITOLO VI

Ma è proprio vero che ce l'hanno tutte?

Cosa occorre per la riuscita dell’allattamento

Un’indagine svolta negli anni ’90 dall’Associazione Culturale Pediatri (ACP) indicava come principale motivazione l’abbandono dell’allattamento da parte delle mamme italiane era la mancanza di latte. Circa 10 anni dopo, l’indagine dell’ISPO (vedi nota 3 di pag. 82) conferma questa osservazione.


È ragionevolmente possibile che soltanto in quest’epoca della storia dell’uomo e, almeno inizialmente, soltanto nel mondo industrializzato si verifichi con tale sbalorditiva frequenza questa funesta e innaturale circostanza, chiamata in gergo tecnico “ipogalattia”? Gli esperti sono concordi nell’affermare che allattare è più una questione di motivazione, informazione e sostegno pratico, piuttosto che di seno! Vediamo questi tre aspetti a uno a uno:

  • Motivazione: quante persone conoscono le differenze fra latte materno e artificiale e fra allattamento al seno e al biberon, sia negli aspetti relazionali sia in quelli legati alle implicazioni di salute materno-infantile? Oggi tutti sanno che allattare fa bene alla salute, ma di fatto si afferma anche che “col latte artificiale i bambini crescono altrettanto bene”! Se una madre poi è determinata nel voler allattare, non di rado viene presa per fanatica o egoista.
  • Informazione: nella nostra cultura, si sono un po’ perse le conoscenze relative a come funziona la produzione di latte e come poppano i bambini. In una società che si definisce evoluta, tutte le persone dovrebbero conoscere almeno in linea generale come funziona l’allattamento! In particolar modo, le madri e i papà dovrebbero avere accesso alle informazioni adeguate già prima del parto.
  • Sostegno pratico: oggi le madri vengono incoraggiate ad allattare e talvolta fatte sentire in colpa se per qualche motivo non ce la fanno. Spesso però la maggior parte non riceve l’assistenza necessaria a iniziare bene l’allattamento e soprattutto non sa dove trovare un aiuto pratico competente, coerente e aggiornato per superare eventuali dubbi e le difficoltà, piccole o grandi, che possono incontrare strada facendo.

Quasi tutti problemi di allattamento potrebbero inoltre essere evitati o quantomeno risolti più facilmente se non esistessero barriere di tipo culturale, sanitario e commerciale.

Il processo della lattazione in pillole

Se si conosce il procedimento con cui avviene la produzione di latte, diventa più facile comprendere come l’allattamento sia veramente alla portata di tutte le madri. Si tratta di un meccanismo tanto perfetto e sicuro quanto l’ingranaggio di un orologio, ma altrettanto facile da turbare, se si interferisce mediante barriere di tipo fisico o emotivo e se si ignora poi come correre ai ripari.


Ogni donna inizia a sviluppare la ghiandola mammaria ancora prima della propria nascita, cioè quando è ancora nel grembo materno. Lo sviluppo si ferma durante l’infanzia per poi riprendere alla pubertà, e continuare ad ogni ciclo mestruale fino a circa 35 anni, ma si completa soltanto con la gravidanza, quando il sistema degli alveoli e dei dotti lattiferi (rispettivamente, le ghiandole dove si produce il latte e i tubicini che lo portano al capezzolo) crescono in vista dell’arrivo di un bebè. Questo avviene in tutte le donne, tranne eccezioni rarissime.


La mancanza o l’insufficienza di tessuto ghiandolare è effettivamente una delle cause che rende l’allattamento parzialmente o del tutto impossibile; questo però è un evento estremamente raro, che può riguardare all’incirca una donna su 50.000. Forse più frequenti sono i casi di interventi chirurgici al seno (anche di chirurgia estetica) che hanno in qualche modo danneggiato la ghiandola mammaria, ad esempio asportando parte del tessuto ghiandolare o lesionando le terminazioni nervose, indispensabili alla produzione del latte dietro lo stimolo della suzione. Queste sono pur sempre situazioni fuori dal comune, e peraltro sono sempre più numerose le donne che riescono ad allattare anche in seguito a interventi chirurgici, grazie alle capacità di recupero del corpo umano, a un supporto adeguato e un aiuto competente.

Al termine della gravidanza, con la nascita del bambino e la conseguente espulsione della placenta, entrano in gioco i due ormoni della lattazione: la prolattina e l’ossitocina, i cui livelli nella circolazione sanguigna materna aumentano in modo significativo dopo il parto.


La prolattina presiede alla produzione del latte e i suoi livelli saranno tanto più alti quanto più spesso e più efficacemente il seno viene svuotato; all’opposto, se il seno rimane pieno i tassi di prolattina calano con conseguente diminuzione della produzione di latte. Va da sé quindi che per garantire una buona produzione di latte è necessario allattare spesso – per la maggior parte delle mamme, almeno 8-12 volte nelle 24 ore, specialmente nei primi tempi – e che il bambino poppi in maniera efficace, cioè che succhi in modo attivo, con segnali evidenti di deglutizione e senza causare dolore alla madre. Nel caso non sia possibile attaccare il bambino perché per motivi medici è stato separato dalla madre, o se il bambino non succhia, occorre estrarre con frequenza e regolarità il latte dal seno, almeno 6-8 volte nelle 24 ore, mediante spremitura manuale o uso di tiralatte.


La prolattina viene secreta in maggiori quantità durante la notte (ecco perché molte mamme riportano di “avere più latte” la mattina) ed è la sua concentrazione che inibisce l’ovulazione nella mamma che allatta.


Possono influire sui tassi di prolattina, e quindi sulla produzione di latte, oltre alla frequenza ed efficacia delle poppate, alcuni fattori fra cui i seguenti:


- il fumo materno. A volte i bambini di madri fumatrici, nonostante poppate frequenti, crescono poco: questo è dovuto all’effetto soppressivo della nicotina e si può rimediare smettendo di fumare o almeno riducendo il numero di sigarette. Alcune madri allattano pur fumando, senza notare effetti sulla produzione di latte1.


- disfunzioni ormonali provocate da alcune patologie, ad esempio: ipotiroidismo, disfunzioni della ghiandola pituitaria, o cisti ovariche. Questi non rappresentano però impedimenti assoluti, e anzi possono essere superati con una diagnosi e una cura adeguata. Anche la pillola anticoncezionale a base di estrogeni può avere lo stesso effetto di inibire la produzione di latte.


L’ossitocina, a differenza della prolattina, non influisce sulla quantità di latte prodotto, bensì sulla sua fuoruscita: questo significa che è grazie al rilascio di ossitocina nella circolazione sanguigna materna che il latte, dalle ghiandole in cui viene prodotto, viene immesso nei dotti lattiferi, che lo portano fino ai pori situati sul capezzolo. Il rilascio di ossitocina provoca nella mamma sensazioni di benessere, favorendo quindi relax e un senso di competenza ogni volta che allatta. Talvolta, il riflesso di emissione ha luogo ancora prima di attaccare il bambino al seno: basta che la mamma lo senta piangere o pensi a lui, o veda la sua fotografia…


Come e più della prolattina, esistono alcuni fattori che possono bloccare questo ormone, rendendo più difficile il riflesso di emissione. È infatti noto che lo stress, l’insicurezza, il dolore fisico o la preoccupazione possono inibire la discesa del latte, rendendo più complicato l’allattamento. Ciò non deve far pensare che i nostri ritmi di vita spesso stressanti siano un impedimento ad allattare – pensiamo che le mamme nei Paesi del sud del mondo spesso allattano in condizioni ben più stressanti delle nostre! Si sa infatti che basta poco a favorire il rilascio di ossitocina, e la conseguente discesa del latte: oltre che la calma e un ambiente favorevole e incoraggiante intorno alla mamma, possono essere utili tutte le tecniche di rilassamento, massaggi e impacchi caldi al seno (anche un bagno o una doccia calda), il contatto pelle-a-pelle con il bambino.

Iniziare bene l’allattamento

Iniziare l’allattamento in modo soddisfacente può essere determinante affinché una madre acquisti fiducia nelle proprie capacità e viva fin dall’inizio nel modo più facile e spontaneo questa relazione. Molte mamme che allattano hanno constatato quanto è stato di aiuto acquisire le informazioni giuste prima di partorire, e frequentare gli incontri di un gruppo di auto-aiuto sull’allattamento o presso un consultorio pubblico.


Da diversi anni è ormai chiaro e inequivocabilmente provato che per favorire l’allattamento è auspicabile attaccare il bambino al seno subito dopo il parto. Questa pratica viene riconosciuta sempre più importante via via che nuovi studi vengono pubblicati; è noto infatti che il contatto pellea-pelle fra madre e figlio subito dopo il parto riduce il rischio di infezioni, è associato a una maggiore durata dell’allattamento e favorisce l’attaccamento madre-figlio. Oggi sempre più studi confermano anche che un parto medicalizzato rende più difficile l’inizio dell’allattamento, sia per la madre che per il bambino. Altre pratiche che contribuiscono alla riuscita dell’allattamento sono le seguenti:


- Favorire ogni volta che è possibile il rooming-in, anche nello stesso letto, e il contatto pelle-a-pelle con la mamma.


- Verificare che il bambino sia attaccato correttamente2 al seno e succhi in modo efficace; questo garantisce da una parte il trasferimento di latte dal seno al bambino, e dall’altra è la prima e più importante forma di prevenzione di dolore ai capezzoli e ragadi.


- Allattare ogni volta che il bambino mostra di volersi attaccare al seno, svegliando i bambini sonnolenti, se necessario, e tenendo presente che il pianto è un segnale tardivo di fame, mentre si capisce che un bambino vuole poppare se gira la testa qua e là, apre la bocca, si succhia i pugni… È bene sapere che la maggior parte dei neonati necessita in media di almeno 8-12 poppate nelle 24 ore, ritmo che potrà proseguire per diversi mesi, anche se poi di solito le poppate diventano più veloci. Se non si può attaccare il bambino, per assicurare un’adeguata stimolazione del seno è necessario tirarsi il latte almeno 6- 8 volte nelle 24 ore.


- Non limitare la durata della poppata, lasciando che sia il bambino a staccarsi quando è sazio (alcuni bambini si addormentano al seno quando hanno finito la poppata).


Nelle prime settimane una poppata può durare anche un’ora, intervallata da pause in cui il bambino dorme; è come se mangiasse l’antipasto, il primo, il secondo e la frutta intervallati da sonnellini o piccole soste. Il comportamento tipico dei lattanti è in effetti quello di non poppare a intervalli regolari ma di fare spuntini ravvicinati e poi pause, secondo un modello che in gergo si chiama “poppate a grappolo”.


- Non offrire al bambino altro che il proprio latte, non usare biberon e/o succhiotti, che in questa delicata fase di apprendimento potrebbero portare a problemi di suzione e a poppate meno frequenti, con conseguenti difficoltà e possibile insorgenza di capezzoli dolenti e ragadi. Se si deve somministrare latte spremuto, esistono mezzi alternativi al biberon come una siringa senza l’ago, un contagocce, una tazzina, il dispositivo fatto da un tubicino inserito nel foro della tettarella del biberon.


In particolare, attaccare spesso il bambino prima della montata lattea (che arriva di solito fra la seconda e quinta giornata) è importantissimo perché:

  • Consente al bambino di assumere il preziosissimo colostro, il latte prodotto nei primi giorni in piccolissime quantità, a gocce più che grammi, vero e proprio concentrato di anticorpi, che aiuta l’espulsione del meconio prevenendo l’ittero e permette al bambino di abituarsi gradualmente a nutrirsi per via orale.
  • Aiuta l’utero materno a tornare velocemente alle dimensioni originarie.
  • Il bambino può imparare ad attaccarsi e succhiare in maniera corretta prima che il seno diventi pieno e turgido, e quindi il capezzolo e l’areola meno elastici.
  • Poppate frequenti nei primi giorni accelerano la comparsa della montata lattea e poi aiutano la mamma a prevenire l’ingorgo.

E proseguirlo nel migliore dei modi

Le prime settimane sono un periodo di rodaggio durante il quale la mamma e il bambino fanno reciproca conoscenza, e la produzione di latte si calibra in base alla richiesta del bambino. In questo periodo è veramente importante continuare con l’allattamento a richiesta, cioè ogni volta che il bambino desidera poppare, senza porre limiti di durata alla poppata. È utile evitare o almeno limitare l’uso del succhiotto.


Una cosa che ogni madre dovrebbe imparare a fare è riconoscere i segnali che le permettono di capire se il suo bambino sta ricevendo abbastanza latte. Ecco come:


- il primo segnale che il vostro bambino prende abbastanza latte è dato dal fatto che mostra soddisfazione dopo le poppate, è vivace, tonico, attivo, partecipe all’ambiente circostante e contento di stare in braccio e succhiare.


Altri segnali precisi sono quelli riguardanti il peso e la conta dei pannolini bagnati e sporchi:


- nei primi tre mesi, un bambino dovrebbe crescere con il latte materno da 125-130 grammi la settimana in su, o minimo 500 grammi al mese, e dovrebbe bagnare 5-6 pannolini al giorno, sporcandone almeno 2-3.


- Successivamente, ovvero dal 4° al 6° mese, la crescita di solito rallenta e può essere di 80 grammi la settimana (320-350 al mese) o più. I pannolini bagnati giornalieri dovrebbero rimanere 5-6, mentre quelli sporchi possono essere anche molto meno frequenti, fino a una sola volta la settimana.


È importante sapere che il bambino non poppa sempre con la stessa frequenza, in quanto non cresce sempre con lo stesso ritmo; necessita quindi di quantità diverse di latte. Questo non sarà un problema, se allatterete a richiesta: infatti se il bambino ha bisogno di maggiori quantità di latte popperà più spesso, provocando in qualche giorno un aumento della produzione.


A causa di mancanza di informazioni o assistenza inappropriata nel reparto maternità, molti allattamenti iniziano già con qualche problema. Per fortuna, nella stragrande maggioranza dei casi, si tratta di problemi risolvibili, e lo sono tanto di più se vengono affrontati per tempo. È fondamentale che ogni madre sappia a chi rivolgersi in caso di dubbi o difficoltà: spesso infatti la figura di riferimento in questi casi è il pediatra, persona competente in caso di patologie ma non sempre formato nella gestione dell’allattamento, comprese le strategie atte a superarne le eventuali difficoltà. La disinformazione o la fretta porta molti pediatri a suggerire alla madre la più veloce delle soluzioni ad ogni problema di allattamento, o presunto tale: il ricorso a una aggiunta di latte artificiale, che spesso fa entrare la madre in un circolo vizioso che la porta a concludere l’esperienza di allattamento prematuramente. Molte madri (e pediatri) però non sanno che è possibile riprendere l’allattamento dopo un’interruzione o un mancato avvio, pratica auspicabile e possibile con molta pazienza, un po’ di collaborazione da parte del bambino e soprattutto con l’aiuto competente da parte di una persona qualificata. A maggior ragione, nella grande maggioranza dei casi, è possibile togliere l’aggiunta, specialmente se si interviene tempestivamente (ma non è mai troppo tardi per provarci!).


Riportiamo nella parte finale del libro gli indirizzi utili per i genitori che desiderano informazioni corrette e aggiornate, e a cui ci si può rivolgere in caso di dubbi o anche di problemi più seri.

La maggior parte delle difficoltà in allattamento si possono superare, con l’assistenza adeguata.


Anche togliere una aggiunta o riprendere ad allattare dopo una interruzione è possibile.

La rilattazione


La ripresa dell’allattamento dopo averlo interrotto è molto più comune e praticabile di quanto non si possa pensare: ad esempio, viene proposta e praticata come routine in molti Paesi in via di sviluppo, per quei lattanti ricoverati a causa di diarrea e malnutrizione in seguito alla cessazione dell’allattamento: le madri vengono ricoverate con i loro bebè e aiutate a riprendere l’allattamento, tenendo il bambino al seno e tirando il latte. Questo ha esiti positivi nella maggior parte dei casi, eppure da noi quante madri e/o operatori sanitari sanno che la rilattazione è realizzabile e come si può favorire?


Ad ogni modo, questa pratica sta molto lentamente diffondendosi anche qui: a molte consulenti in allattamento è capitato di seguire con successo madri che, dopo aver smesso di allattare, decidono di voler riprovare a farlo. Un’esposizione particolareggiata di come si può rilattare esula dallo scopo di questo libro, ma diciamo che in pratica si tratta di stimolare il seno (con il tiralatte possibilmente elettrico, con una certa frequenza e regolarità), e contemporaneamente di provare ad attaccare il bambino al seno, e farlo con una alta frequenza, praticando durante il giorno almeno qualche ora di contatto pelle-a-pelle.


È impossibile riuscire a prevedere se il bambino vorrà riattaccarsi al seno materno: alcuni bambini lo fanno volentieri e (ri)imparano subito a succhiare correttamente, altri hanno bisogno di più tempo, alcuni non si riattaccheranno. Non si possono fare previsioni in quanto ogni bambino è unico, ma la possibilità che si riattacchi al seno è tanto maggiore quanto più piccolo è il bambino, o quanto meno tempo è passato dall’interruzione dell’allattamento.


Inoltre, non sempre le aspettative materne sono uguali: per alcune madri è più importante il fatto che il bambino accetti il seno, per altre è invece più importante arrivare a produrre il latte per alimentarlo anche con la tazzina o col biberon. In ogni caso, è quasi sempre possibile arrivare a produrre almeno un po’ di latte, e può essere possibile anche quando si sono assunti farmaci che bloccano la lattazione.


L’allattamento esclusivo dovrebbe proseguire generalmente fino al compimento del sesto mese di vita del bambino, dopo di che, quando il bambino inizia a mostrare interesse, si può iniziare a proporgli cibi che fanno parte della cucina familiare, i cui sapori sono già conosciuti attraverso il latte materno. Nel frattempo, è opportuno continuare ad allattare esattamente come prima e anzi il latte materno dovrebbe rappresentare l’alimento principale per tutto il primo anno di vita. Queste sono indicazioni di carattere generale, perché molti bambini vorranno assaggiare qualcosa prima del compimento del sesto mese, mentre altri preferiranno rimandare di qualche tempo e continuare fino a 7 mesi o più con il solo latte materno.


Si raccomanda oggi di allattare fino a due anni o oltre, secondo i desideri di mamma e bambino. Di solito, i bambini allattati a termine, cioè fino a quando loro stessi decidono, smettono di poppare intorno ai 3-5 anni di vita, anche se ci sono alcuni bambini che poppano meno a lungo – e altri anche di più!

Tutte le mamme hanno il latte - Seconda edizione
Tutte le mamme hanno il latte - Seconda edizione
Paola Negri
Quello Quello che tutti dovrebbero sapere su allattamento e alimentazione artificiale.Allattamento e alimentazione artificiale: quali sono i motivi che portano oggi moltissime madri a ricorrere al latte artificiale? Il latte materno ha da sempre costituito il nutrimento per la specie umana, sostenendola da tempi remoti.Allora perché nel ventesimo secolo si è assistito a una drammatica diminuzione dell’allattamento al seno, a favore del latte artificiale?Quali implicazioni sta avendo questo cambiamento di stile di vita sulla salute psico-fisica e sullo sviluppo dei bambini?È proprio vero che allattare è una questione di fortuna, o sono altri i motivi che portano molte mamme a ritenere di non avere latte a sufficienza, o che il loro latte non sia adeguato?Paola Negri, consulente professionale IBCLC ed educatrice perinatale, in Tutte le mamme hanno il latte vuole dare una risposta a queste domande, spiegando in modo chiaro ed esauriente i motivi che portano oggi moltissime madri a ricorrere al latte artificiale.Non si tratta di un testo rivolto esclusivamente a genitori e futuri genitori, ma anche a educatori, medici, operatori sanitari e a tutti coloro che hanno a che fare con mamme e bambini piccoli. Conosci l’autore Paola Negri si occupa di allattamento da oltre 15 anni; è stata consulente volontaria per La Leche League Italia e successivamente è diventata consulente professionale IBCLC ed Educatrice Perinatale, lavorando con donne in attesa e madri, e nella formazione specifica a gruppi di auto-aiuto e operatori sanitari. Opera da anni in associazioni come MAMI e IBFAN Italia (di cui è presidente) in attività di sostegno, promozione e protezione dell’allattamento.Si occupa inoltre di decrescita e di alimentazione, per cui ha scritto diverse pubblicazioni.