CAPITOLO V

Qualche dato

Il declino dell’allattamento

A fronte del fatto che tutte le donne sono in grado di produrre latte (a parte rarissime eccezioni stimate, a seconda dei testi, dall’1 al 2-3%, per condizioni particolari e determinate), sembra inverosimile che l’allattamento secondo le raccomandazioni, cioè esclusivo fino al 6° mese compiuto e poi continuato come minimo fino al secondo anno di vita, sia così poco praticato. Di fatto, pur con notevoli variazioni nei vari Paesi del mondo sia come incidenza sia come durata, i tassi di allattamento sono in molti Paesi ben inferiori alle potenzialità; secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la percentuale globale di bambini allattati in modo esclusivo (cioè senza altri cibi o bevande) a quattro mesi di età è in aumento ma non raggiunge ancora il 40%.


Nei Paesi industrializzati, i sostituti industriali del latte materno hanno iniziato a fare la loro comparsa alla fine del XIX secolo, guadagnandosi lentamente ma inesorabilmente un posto d’onore come alimenti più sicuri, scientifici e igienici del latte materno, ritenuti un mezzo moderno per alimentare un bambino, il cui uso avrebbe reso più libera la mamma. Si noti come il mondo occidentale già ponesse l’accento sull’allattamento solo come mezzo di alimentare un bebè, senza tener in alcun conto delle altre implicazioni altrettanto importanti di cui abbiamo parlato nel precedente capitolo.


A questo declino hanno contribuito vari fattori, fra cui:


- l’alimentazione e le cure del neonato sono a poco a poco passate dalla competenza della mamma a quella dello specialista; i pediatri avevano dalla loro parte “il sapere scientifico” e quindi venivano ritenuti le persone più qualificate per la cura dei bambini. Il latte artificiale si è diffuso anche grazie al fatto che veniva raccomandato dai pediatri, e quindi da una fonte molto autorevole per le mamme.


- In questo senso, si andava sempre più diffondendo un paradigma purtroppo ancora oggi radicato, secondo cui i neonati e i bambini piccoli devono prendere una certa quantità di latte ad ogni poppata, non devono poppare prima che sia passato un certo tempo dalla poppata precedente, devono dormire da soli e non vanno tenuti troppo in braccio altrimenti si rischia di viziarli. Adottando questo modello, altamente antifisiologico, continuare ad allattare risulta in effetti molto difficile – e difatti si è diffusa la convinzione che si può anche non avere latte, anzi che questo sarebbe quasi normale, mentre il contrario sarebbe una fortuna!


- I cambiamenti sociali, che vedevano sempre più famiglie abbandonare la campagna per la città e sempre più donne lavorare fuori casa. In questo senso, l’uso del biberon rappresentava all’inizio uno status symbol, una pratica moderna e costosa alla portata delle donne delle classi più abbienti.


- Le pratiche di assistenza al parto e al puerperio: se il parto in strutture attrezzate e con personale medico ha significato in molti contesti una diminuzione significativa della mortalità di puerpere e neonati, d’altra parte l’organizzazione di queste strutture era (e spesso lo è ancora oggi) più volta ad agevolare l’organizzazione e il lavoro degli addetti che non a favorire un buon inizio dell’allattamento. L’assistenza medicalizzata al travaglio e al parto, con la separazione precoce di mamma e bambino, rende problematico l’avvio dell’allattamento; la mancanza di rooming-in, le pesate e gli orari implicano l’alimentazione artificiale come pratica normale mentre sfavoriscono l’allattamento.


- I sempre maggiori investimenti pubblicitari delle compagnie produttrici di sostituti, che hanno ben saputo presentare questi prodotti come desiderabili agli occhi di ogni mamma, e soprattutto si sono guadagnate la complicità più o meno inconsapevole della classe medica, rendendo così molto più efficaci i loro messaggi. È proprio grazie ad alcuni medici tuttavia che le istituzioni si sono rese conto della insidiosità di pratiche promozionali quali ad esempio la pubblicità del latte artificiale e la donazione di campioni alle puerpere, come anche l’abitudine di offrire forniture gratuite ai reparti maternità. Per regolamentare questo marketing, è stato promulgato un Codice Internazionale, di cui parleremo al capitolo X.


L’abbandono dell’allattamento nei Paesi industrializzati ha raggiunto i suoi massimi livelli negli anni ’60-70, quando erano pochissimi i bambini allattati (negli USA, nel 1970, solo il 24,7% di bambini ricevevano in qualche misura latte materno alle dimissioni dall’ospedale!). Verso gli anni ’80 si è iniziato un lento recupero, non senza ostacoli, come vedremo. Oggi gli Stati Uniti sono ancora uno dei Paesi in cui si allatta di meno. Per quanto riguarda l’Europa, molti Paesi raccolgono dati sulla durata e l’incidenza dell’allattamento, però questi sono spesso incoerenti, poco accurati e incompleti. Ad esempio, soltanto da pochi anni si è iniziato a distinguere l’allattamento esclusivo da quello predominante e complementare (vedi tabella a pag. 21). Quello che è chiaro è che anche in Europa, come negli USA, siamo ben al di sotto delle raccomandazioni, fatta l’eccezione dei Paesi scandinavi dove l’allattamento è incoraggiato e sostenuto dalla comunità e quindi più diffuso.

Quanto e come si allatta oggi in Italia

In Italia il modello di cure infantili guidato dalla “scienza pediatrica” iniziò a diffondersi durante il fascismo, quando si tentava di porre rimedio agli alti tassi di mortalità infantile dovuti per lo più alle condizioni di miseria, malnutrizione e scarsa igiene in cui vivevano molte famiglie. Per di più, nel dopoguerra il nostro Paese è stato letteralmente travolto dalle novità che provenivano dai Paesi anglosassoni: nuovi elettrodomestici, nuove comodità e nuovi cibi hanno iniziato a imporsi anche da noi, e fra questi i sostituti del latte materno. È forse noto, a chi ha ancora qualche bisnonna, che anche in Italia le mamme normalmente partorivano molti figli, li allattavano per anni e magari insieme a qualche altro bambino la cui madre, per qualche motivo, non poteva o non voleva allattare. Anche da noi, del resto, era molto popolare la pratica del baliatico per i figli delle donne degli alti ceti sociali, pratica che è andata scomparendo proprio con l’avvento dei sostituti artificiali. Le donne allora sapevano benissimo che i bambini mangiano “poco e spesso”, non avevano bilance e neppure aspettative su “quante poppate deve fare” o “quanto a lungo deve dormire”, vivendo così con maggiore serenità questi aspetti.


Oggi, a fronte del fatto che la maggior parte delle mamme desidera allattare, e che la maggior parte inizia a farlo, l’allattamento spesso è misto fin dall’inizio e comunque solitamente breve.


Citiamo, ad esempio, un’indagine effettuata circa 10 anni fa, che ha visto coinvolte oltre 2.000 mamme italiane in varie regioni1. Secondo questo studio:


almeno l’8% delle madri non inizia neppure l’allattamento.


- A 4 mesi, il 70% dei bambini italiani ricevono una qualche dose di latte artificiale, solo quindi il 30% circa praticano allattamento esclusivo.


- A 6 mesi di vita, circa la metà dei lattanti riceve latte artificiale e molti di più consumano già cibi solidi: l’allattamento esclusivo riguarda solo il 4,7% dei bambini!


- A 12 mesi, sono ormai circa il 90% i bambini non più allattati.


- A due anni e oltre: non esistono statistiche che ci informino sulla diffusione dell’allattamento oltre i primi 12 mesi: ci si può immaginare che questo riguardi verosimilmente una minoranza ancora più piccola di bambini.


Questi dati sono impressionanti, vista l’importanza che si dà oggi all’esclusività e alla durata dell’allattamento, ma ancora ottimistici se paragonati a quelli forniti da altri studi. Per quanto riguarda il buon avvio dell’allattamento, ad esempio, una ricerca condotta dall’Istituto Superiore della Sanità (ISS) e pubblicata nel 2002, metteva in evidenza come nei reparti maternità degli ospedali universitari, malgrado il 94% delle mamme dichiarasse di voler allattare, soltanto l’80% lo aveva fatto durante il ricovero e soltanto il 31% aveva potuto attaccare il bambino al seno subito dopo il parto, con differenze marcate fra il nord (51%), il centro (29%) e il sud del paese (14%)2. Avere allattato altri figli e aver attaccato il bambino subito dopo il parto risultavano associati a probabilità molto più alte di allattare.


Secondo un’indagine più recente3, i bambini allattati a 3 mesi in Italia sarebbero il 70% circa, ma solo la metà lo sono in modo esclusivo. Soltanto il 2% dei bambini italiani arriva a 6 mesi con allattamento esclusivo, in quanto quasi tutti ricevono anche latte artificiale e/o cibi solidi. Questa indagine quantifica in 7,7 mesi la durata media dell’allattamento nel nostro Paese, possiamo dire quindi che questa indagine recente conferma che anche in Italia, come nel resto d’Europa e del mondo, l’allattamento viene praticato ancora molto al di sotto delle raccomandazioni e delle potenzialità mentre, viceversa, c’è un ricorso abnorme al latte artificiale. Va anche detto che negli ultimi anni le cose stanno lentamente migliorando, grazie a una sempre maggiore presa di coscienza. Molte regioni hanno attuato progetti per promuovere l’allattamento che presumibilmente si tradurranno in un aumento della sua incidenza e durata, come sta avvenendo in molti Paesi.

Anche da questo grafico, che mostra i tassi di allattamento per oltre 800 bambini nati in tre regioni del Nord Italia e seguiti per 12 mesi, si vede che in Italia l’allattamento ha inizio per la maggior p a r t e d e i bambini, ma spesso è misto. Nei primi mesi si verifica un calo vertiginoso di bambini allattati e poco più del 10% arrivano all’anno di vita. Questo grafico tuttavia rappresenta una visione ottimistica rispetto alla realtà delle regioni del sud, dove si allatta ancora di meno.

Tutte le mamme hanno il latte - Seconda edizione
Tutte le mamme hanno il latte - Seconda edizione
Paola Negri
Quello Quello che tutti dovrebbero sapere su allattamento e alimentazione artificiale.Allattamento e alimentazione artificiale: quali sono i motivi che portano oggi moltissime madri a ricorrere al latte artificiale? Il latte materno ha da sempre costituito il nutrimento per la specie umana, sostenendola da tempi remoti.Allora perché nel ventesimo secolo si è assistito a una drammatica diminuzione dell’allattamento al seno, a favore del latte artificiale?Quali implicazioni sta avendo questo cambiamento di stile di vita sulla salute psico-fisica e sullo sviluppo dei bambini?È proprio vero che allattare è una questione di fortuna, o sono altri i motivi che portano molte mamme a ritenere di non avere latte a sufficienza, o che il loro latte non sia adeguato?Paola Negri, consulente professionale IBCLC ed educatrice perinatale, in Tutte le mamme hanno il latte vuole dare una risposta a queste domande, spiegando in modo chiaro ed esauriente i motivi che portano oggi moltissime madri a ricorrere al latte artificiale.Non si tratta di un testo rivolto esclusivamente a genitori e futuri genitori, ma anche a educatori, medici, operatori sanitari e a tutti coloro che hanno a che fare con mamme e bambini piccoli. Conosci l’autore Paola Negri si occupa di allattamento da oltre 15 anni; è stata consulente volontaria per La Leche League Italia e successivamente è diventata consulente professionale IBCLC ed Educatrice Perinatale, lavorando con donne in attesa e madri, e nella formazione specifica a gruppi di auto-aiuto e operatori sanitari. Opera da anni in associazioni come MAMI e IBFAN Italia (di cui è presidente) in attività di sostegno, promozione e protezione dell’allattamento.Si occupa inoltre di decrescita e di alimentazione, per cui ha scritto diverse pubblicazioni.