capitolo v

L'analgesia epidurale

L’analgesia epidurale è una tecnica sperimentata per la prima volta nel 1885 nell’ipotesi che la sostanza analgesica, iniettata nel canale vertebrale, potesse essere assorbita dalle vene che vi scorrono ed essere trasportata direttamente al midollo spinale, producendo un effetto antidolorifico locale. La stessa tecnica fu adoperata per la prima volta in campo ostetrico nel 1908, ma codificata ufficialmente per il travaglio nel 1931. Oggi è il metodo farmacologico più diffuso e conosciuto negli ospedali.

Questa tecnica, che viene eseguita sterilmente per impedire la diffusione di microrganismi, consiste nel posizionamento di un sottilissimo cateterino flessibile in uno spazio che si trova tra il canale vertebrale e la dura madre (un legamento posto a delimitare il canale spinale all’interno del quale vi è il midollo spinale), all’altezza dello spazio tra la 2° e la 3° vertebra lombare o tra la 3° e la 4°.

Per introdurre il cateterino, l’anestesista applica dapprima localmente l’anestetico, poi introduce un ago fino a raggiungere lo spazio epidurale.

A questo punto fa scorrere all’interno dell’ago il cateterino fino al suo corretto posizionamento.


Parte del cateterino fuoriesce dalla cute per parecchi centimetri, e viene fissato alla schiena con del nastro, e alla sua estremità viene applicata una sorta di valvola nella quale si introducono i farmaci. È una tecnica relativamente fastidiosa, non dolorosa, che va eseguita mentre la donna è immobile, posizionata supina sul fianco sinistro o seduta, con le gambe e le spalle il più possibile flesse sull’addome, in modo da esporre la zona interessata all’anestesista e ampliando lo spazio intervertebrale attraverso il quale dovrà essere inserito l’ago.


Il posizionamento del cateterino, in teoria, potrebbe avvenire in qualunque momento, ma l’inizio della somministrazione dei farmaci deve rispettare dei tempi precisi perché non interferiscano con l’andamento e i tempi del travaglio.

LE CONDIZIONI IDEALI, SPECIE PER UNA PRIMIPARA, DOVREBBERO ESSERE QUELLE DI UN TRAVAGLIO BEN AVVIATO

  • contrazioni regolari, dolorose ed efficaci

  • di intensità di almeno 30-40 mmHg

  • ogni 3 minuti

  • collo appianato, centralizzato, dilatato di almeno 2-3 cm

  • testa fetale non respingibile alla visita vaginale.

Alcuni anestesisti preferiscono, prima di cominciare la somministrazione dei farmaci, preidratare la donna mediante una soluzione fisiologica per via endovenosa in modo da aumentare il volume dei liquidi circolanti e prevenire l’ipotensione (l’abbassamento della pressione arteriosa), una delle complicazioni più frequenti in seguito ad analgesia epidurale.


Inoltre è importante eseguire un monitoraggio cardiotocografico (mediante il posizionamento di due sonde sull’addome) per controllare il benessere fetale e l’attività uterina, e monitorare la frequenza cardiaca materna e la pressione arteriosa, che verranno controllati regolarmente anche durante tutto il periodo di analgesia per la valutazione del mantenimento dello stato di benessere della madre.


A questo punto l’anestesista può cominciare la somministrazione dei farmaci:

PRIMO RIFORNIMENTO
 
ANESTETICO LOCALE + OPPIOIDE + ADRENALINA

Spesso, se il blocco epidurale viene richiesto precocemente, l’anestesista somministra solo l’oppioide con soluzione fisiologica, in modo che l’anestetico non interferisca con i meccanismi del travaglio.


Se invece viene richiesto tardivamente (con una dilatazione superiore ai 5 cm o con la testa fetale già impegnata1), l’anestesista somministra una dose maggiore di anestetico locale, che altrimenti avrebbe scarso effetto.


Se, infine, la richiesta giunge a dilatazione completa, occorre aumentare sia la dose sia la concentrazione dell’anestetico locale o somministrare un anestetico più forte, poiché è difficile che a questo punto l’analgesia abbia un effetto completo.


In ogni caso, ciascun ospedale ha i propri protocolli in materia e questo è quello in uso presso il Servizio di Anestesia e Rianimazione della Casa di Cura Città di Roma.


Per “protocollo” si indica “uno schema di comportamento predefinito nell’attività clinico diagnostica, che descrive una rigida sequenza di comportamenti, come avviene nel caso della sperimentazione di farmaci o nel campo della ricerca. È un documento dove si formalizza la sequenza delle azioni che debbono essere fatte per conseguire l’obiettivo dato”2.


L’effetto dell’analgesia epidurale dovrebbe cominciare dai 5 ai 20 minuti successivi alla somministrazione dei farmaci e permane per un tempo variabile, da una a due ore circa.


Se si rendono necessari ulteriori rifornimenti epidurali, l’anestesista somministra solamente l’anestetico locale e l’adrenalina, il primo a una dose leggermente più bassa di quella del primo rifornimento. Se l’effetto dell’analgesia si esaurisce durante la fase espulsiva, la dose di anestetico locale somministrata sarà ancora più bassa affinché non interferisca con la sensazione di spinta della donna.

SUCCESSIVI RIFORNIMENTI
ANESTETICO LOCALE + ADRENALINA

Va poi ricordato che l’analgesia epidurale non può essere eseguita in ogni caso e non è sempre esente da complicazioni…

CONTROINDICAZIONI RELATIVE (a discrezione del medico)

  • malattie neuromuscolari

  • precedenti interventi chirurgici alla colonna vertebrale/problemi alla colonna

  • infezioni sistemiche in corso

  • trattamento con aspirina in corso.

CONTROINDICAZIONI ASSOLUTE

  • disordini della coagulazione (l’inserimento dell’ago potrebbe causare sanguinamenti)

  • sepsi locale (nel punto di introduzione dell’ago, poiché questi potrebbe essere veicolo di trasporto dei microrganismi all’interno dello spazio epidurale, con rischio di infezione e successiva meningite)

  • ipotensione (pressione bassa)/ipovolemia grave

  • trattamento con eparina ad alte dosi 30.000-40.000 Ul/die (aumenta il rischio di emorragie).

POSSIBILI COMPLICAZIONI

  • Ipotensione materna (abbassamento della pressione arteriosa)

  • Lombalgia transitoria (dolore nel luogo di inserzione del cateterino epidurale)

  • Presenza di zona non anestetizzata (mancato blocco segmentario)

  • Una metà del corpo non anestetizzata (blocco unilaterale)

  • Puntura accidentale della dura madre e possibile blocco spinale totale (blocco sensitivo e motorio esteso entro 20 minuti, ipotensione e problemi respiratori).

  • Cefalea, dovuta a puntura accidentale della dura madre e conseguente fuoriuscita di liquor e stiramento delle meningi. Alleviato dalla posizione supina

  • Ipoacusia transitoria

  • Complicanze infettive

  • Ematoma dello spazio epidurale (dolore lombare)

  • Complicanze neurologiche (stimati 4 casi ogni 100.000)

(…) dopo 3 ore un mal di testa da paura si è manifestato improvvisamente… avevano bucato la dura madre nell’anestesia… una settimana a letto con dolori fortissimi.

Federica, mamma di Mia

In sala parto mi hanno rotto le acque e fatto l’epidurale: la sensazione è stata di totale alienazione dalla situazione come quando dài un esame e ti senti sfinita (peccato che dovessi ancora partorire).Le spinte non sono state efficaci, non ho mai urlato, ed ero un po’ stanca. Alla fine hanno usato la ventosa così mi sono sentita un po’ in colpa… e l’ostetrica non ha mancato di rimarcare che non fa bene ai bimbi… e potevo spingere meglio… ma con l’epidurale sentivo solo in basso le contrazioni… non riuscivo a inquadrare esattamente la spinta.

Valentina, mamma di Irene

Ho partorito il mio primo figlio sotto l’effetto dell’anestesia epidurale, ora che mi si presentava la seconda occasione ero quasi certa che quell’anestesia non l’avrei voluta fare.

Beatrice, mamma di Guglielmo e Umberto

Analgesia epidurale e neonato

Per quanto riguarda gli effetti che il blocco epidurale può avere sul neonato, va sottolineato che non esistono studi che dimostrino gravi conseguenze né a breve né a lungo termine. In generale, potremo dire che l’analgesia epidurale è sicura.


Vorrei però citare uno studio del 1999, effettuato dalla dottoressa Jan Riordan, Professoressa Associata di Neonatologia alla Wichita State University3, a proposito degli effetti dell’analgesia sull’allattamento al seno.


La Riordan riporta l’esistenza di rapporti aneddotici, a partire dagli anni ’80 negli U.S.A., su un comportamento disorganizzato al seno da parte di neonati sonnolenti le cui madri avevano ricevuto un blocco epidurale in travaglio di parto.


Questi rapporti l’hanno spinta a condurre uno studio valutativo sulla qualità dell’allattamento e sul grado di soddisfazione delle madri. Il campione metteva a confronto 127 neonati, 92 figli di madri sottoposte ad analgesia epidurale e 37 nati senza analgesia farmacologica, mediante uno “Strumento di Valutazione dell’Allattamento materno del Neonato”4, in collaborazione con Consulenti Professionali esperti nel campo dell’allattamento.

Il risultato rivelò che il gruppo delle madri sottoposte a epidurale aveva raggiunto un punteggio, in media, di 8,5 contro l’11,1 di quelle che non avevano adoperato farmaci, dimostrando che davvero l’analgesia epidurale può provocare nei neonati una sonnolenza che può compromettere la buona riuscita dell’allattamento.


Ma qual è la relazione tra la sonnolenza del neonato e le difficoltà nell’allattamento al seno?


I primi giorni dopo il parto sono cruciali per l’avvio dell’allattamento poiché, se il neonato viene attaccato spesso al seno e nella maniera corretta, la sua suzione stimola l’insorgenza della montata lattea (che solitamente giunge 3-4 giorni dopo il parto) e stimola e mantiene la produzione del latte nei giorni successivi. Questo avviene se il neonato riesce a compiere una suzione efficace, che deve avvenire spesso e a richiesta, anche 12 volte o più nelle 24 ore.


Se il neonato è sonnolento potrebbe richiedere il seno con una frequenza insufficiente a stimolarlo in modo adeguato, e anche la suzione essere poco efficace per assicurarsi una quantità di latte in grado di saziarlo. Va ricordato che il seno produce latte in quantità proporzionale alla richiesta del neonato: di conseguenza più egli succhia e svuota il seno, più la ghiandola mammaria produce latte.


La sonnolenza del bimbo rischia di rendere difficile l’avvio dell’allattamento, poiché per impedire il calo ponderale del neonato, viene talvolta proposta un’integrazione con il latte formulato, che nel tempo e senza adeguato sostegno alla madre potrebbe aumentare a discapito di quello materno.


Inoltre la formula lattea, rispetto al latte materno, viene digerita più lentamente, pertanto passerà più tempo tra una poppata e l’altra. Inoltre il neonato succhierà con meno vigore e stimolando sempre meno il seno, ben sapendo che alla fine arriverà l’integrazione con il biberon. Così facendo diminuirà sempre più la produzione di latte da parte della ghiandola mammaria, che ben presto potrebbe essere sostituita dal biberon (anche perché l’allattamento “misto” è molto più impegnativo e stressante dell’allattamento esclusivo, materno o con formula).

Quando l’epidurale è un aiuto

Talvolta il travaglio si protrae a lungo, la dilatazione procede lentamente, la futura mamma è stanca e spossata, e fatica a ricaricare le energie tra una contrazione e l’altra.


Spesso la causa è da ricercare in fattori ambientali non “favorevoli”: una preparazione alla nascita poco efficace, la mancanza del giusto sostegno da parte di chi l’accompagna e l’accoglie, un ambiente poco familiare, una porta aperta, la mancanza di privacy e raccoglimento, l’eccessiva medicalizzazione della nascita (uso di farmaci, visite troppo frequenti, monitoraggio continuo, uso di manovre invasive…), l’impossibilità di muoversi liberamente, una situazione di passività e delega, la presenza di troppe persone in sala parto, la sensazione di essere stata lasciata sola, una comunicazione poco chiara da parte del personale, l’impossibilità di mettere in atto strategie e rimedi per alleviare e gestire il dolore delle contrazioni…


Quando le strategie alternative non riescono ad alleviare il dolore e la fatica, l’analgesia epidurale può essere proposta come un aiuto concreto per aiutare la futura mamma ad abbassare i livelli di stress e permettere alle forze del travaglio di portare avanti la dilatazione e la progressione del bambino nel canale del parto.


Abbassando i livelli di stress mediante l’annullamento della percezione dolorosa, la donna può rilassarsi, rilasciando la tensione nervosa e muscolare, regolarizzando la respirazione e ossigenandosi più a fondo, con benefici sia a livello del benessere fetale sia a livello di progressione del travaglio, come ci racconta Anna, mamma di Lucia e Federico:

Dopo un lunghissimo travaglio durato diverse ore, senza nessun apprezzabile progresso, ero completamente esausta. Ero partita pensando di voler fare tutto nel modo più naturale e dopo più di 20 ore ho iniziato a pensare che da sola non avrei potuto più fare nulla, non riuscivo nemmeno più ad alzare un dito, come avrei potuto far nascere un bambino? Così mentre rivolgevo le mie preghiere al Padre Eterno, perchè ci pensasse lui, sono stata ascoltata e a mio marito è venuto in mente che avevo in borsa il consenso all’epidurale bello e firmato. Così portata a braccia in sala parto ho gustato la mia prima e ultima epidurale alla stregua di un bel piatto di lasagne al forno! L’effetto dell’anestesia e del glucosio della flebo è stato istantaneo, e mi ha permesso di rilassarmi, di riprendere energia ed affrontare le ultime ore del travaglio in piedi, compiendo la danza del ventre più strana che potessi immaginare, e alla fine è nata Lucia, salutando il mondo con il suo sguardo curioso ed una bella espulsione di meconio sugli zoccoli nuovi dell’ostetrica che poche ore prima aveva giocato al tiro al bersaglio con le mie braccia, alla ricerca di una vena utile per la flebo.

Travaglio e parto senza paura
Travaglio e parto senza paura
Emanuela Rocca
Comprendere la funzione del dolore e alleviarlo con i metodi naturali.Utili suggerimenti e consigli pratici per prepararsi al momento del parto e alleviare il dolore del travaglio con metodi naturali. Travaglio e parto senza paura fa luce sulle possibilità che oggi si hanno a disposizione per vivere il momento del parto nel rispetto della naturalità dell’evento e del benessere di mamma e bambino, spiegando come la sofferenza possa essere una potente arma che la natura fornisce alla donna per guidarla nel processo che conduce alla nascita.Non sempre è semplice, occorre un accompagnamento alla nascita che restituisca alla donna l’innata e istintiva capacità di partorire, costituita dalla fiducia nel proprio corpo e nelle proprie competenze. In questo libro l’ostetrica Emanuela Rocca approfondisce le tecniche dell’analgesia alternativa, come l’assunzione di posizioni particolari, il massaggio, l’aromaterapia, l’agopuntura e altri metodi per affrontare e superare naturalmente il dolore del parto. Conosci l’autore Emanuela Rocca, madre di tre figli e ostetrica libera professionista a Genova, si occupa di assistenza alla gravidanza, accompagnamento alla nascita, assistenza al travaglio e in puerperio, allattamento e primi anni di vita del bambino.Crede profondamente nella sapienza delle donne e nella loro capacità di dare la vita e accudire il proprio neonato e nella figura dell’ostetrica come colei che le accompagna attraverso questa scoperta, con rispetto e fiducia.