capitolo vi

L'analgesia alternativa

Per “analgesia alternativa” si intende un insieme di tecniche non farmacologiche (pertanto alternative ai metodi farmacologici) per alleviare il dolore del travaglio e del parto nel pieno rispetto della naturalità dell’evento-nascita.


Il mio intento è quello di fornire alle future mamme, che vorrebbero utilizzare queste alternative ai farmaci, una piccola guida alle numerose possibilità a disposizione e i relativi benefici.


Il primo consiglio che mi sento di dare a una mamma in travaglio, è quello di muoversi, cambiare posizione, sciogliere i muscoli anziché irrigidirli… seguire, cioè, quello che il corpo ci suggerisce di fare.

Il movimento libero e il cambio di posizione

Io ho cercato di ricordare tutti i consigli del corso preparto, ma poi ho seguito molto l’istinto e mi sono messa nella posizione che il mio corpo mi chiedeva… ovvero carponi, e facevo dondolare il sedere come negli esercizi per il pavimento pelvico…

Daniela, mamma di Maddalena

Compiere dei movimenti rotatori del bacino e farmi massaggiare la schiena hanno aiutato nella fase del travaglio più forte…

Valentina, mamma di Irene

Per quasi tutto il tempo mi hanno fatto stare sdraiata, solo una volta hanno assecondato il mio desiderio di stare in piedi… niente sedia olandese, niente doccia calda allevia dolori, niente carponi, niente di niente! (…) Ero arrabbiata, furiosa… Mi sentivo come se mi avessero inflitto una sofferenza assolutamente gratuita e inutile.

Debora, mamma di Libero

Il dolore ci guida spingendoci ad adottare il comportamento, la posizione o l’atteggiamento più funzionale per il travaglio. La prima reazione in presenza di dolore è il movimento ed è la risposta più fisiologica e istintiva.


Il dolore ci spinge a cambiare posizione durante la progressione del travaglio, per trovare le posture più antalgiche, quindi le migliori per sé e per il bambino, ovvero quelle meno “pericolose”, che meno comprimono le strutture osteo-articolari, i nervi e gli organi interni, e che favoriscono la discesa meno traumatica possibile del feto nel canale del parto.


Una donna lasciata libera di muoversi in travaglio, seguendo i messaggi inviati dal proprio corpo, protegge se stessa da danni al bacino, al collo uterino e al pavimento pelvico e guida il bambino attraverso i diametri del bacino materno maggiormente favorevoli, correggendone le posizioni che ne impedirebbero la discesa fisiologica, riducendo la compressione alla testa e lo stress.


La possibilità di muoversi liberamente, inoltre, può rendere attive invece che passive: mette in condizione di poter vivere in prima persona il travaglio, di agire su di esso e sfruttare l’energia che ne deriva per consolidare la propria autostima e forza interiore. Il frequente cambio di posizione, poi, facilita il corretto flusso sanguigno materno e migliora gli scambi placentari di ossigeno e nutrienti, favorisce l’efficacia del lavoro uterino e agevola la resistenza dell’intero organismo nell’affrontare il lavoro fisico stressante e faticoso.


Infine, permette al feto di sopportare meglio il travaglio e il parto: più ossigenato, energizzato e agevolato nel passaggio in vagina, si prepara efficacemente alla nascita e all’adattamento post-natale.


La posizione supina obbligata o il monitoraggio continuativo, invece, potrebbero dare la sensazione alla partoriente di sentirsi “bloccata”, e costretta fisicamente in una situazione passiva. Per “passiva” si intende l’impossibilità di poter mettere in atto quelle istintive strategie di movimento, cambio di posizione e attivazione delle proprie risorse endogene per poter contrastare e superare il dolore con i propri mezzi. “Passiva” potrebbe anche implicare la delega ai professionisti di ciò che concerne il proprio corpo e il proprio travaglio, anziché esserne la protagonista assoluta.


Sul piano fisico, invece, la posizione supina è forse la più controproducente che si possa assumere in travaglio: anzitutto perché l’utero gravido, col suo peso, preme sulla vena cava inferiore riducendo il ritorno venoso e il rimando cardiaco, nonché abbassando la pressione arteriosa materna con effetti simili anche sul nascituro. In secondo luogo perché contraendosi, l’utero tende a compiere un leggero movimento verso l’esterno posizionandosi in asse col canale vaginale. In posizione supina questi incontra resistenza per effetto della gravità e il dolore viene avvertito più intensamente. Inoltre, se l’utero non può spostarsi agevolmente in avanti, la fase dilatante si prolunga, e il rischio che il nascituro assuma una posizione non favorevole alla sua discesa attraverso il canale del parto aumenta, come aumenta anche la possibilità di compressione della testa fetale e quella di prolungata asfissia in periodo espulsivo.


Infine l’immobilità del bacino e del sacro, insieme alla posizione supina, riducono il diametro dell’egresso pelvico, riducendo quindi lo spazio necessario al feto per compiere la rotazione interna e progredire attraverso il canale vaginale, aumentando il rischio di compressione cranica fetale e quello di un suo posizionamento sfavorevole. Il risultato è un prolungamento del travaglio e un aumento del dolore.


È importante quindi essere libere di muoversi come si vuole, e anche essere aiutate e favorite nel cambiare spesso posizione ed assumere quella percepita al momento come più congeniale.


Esistono diverse posture che si possono sperimentare nel corso del travaglio, cercando di volta in volta quella più comoda e più antalgica e adattandola alle varie fasi. Ciascuna ha i suoi benefici e favorisce la progressione del travaglio riducendone gli stimoli dolorosi.

La danza e l’uso di posizioni particolari

“È stato notato come molte donne, lasciate libere di muoversi durante il travaglio, preferiscano stare in piedi, camminare, o appoggiarsi in avanti alla sponda del letto, a una sedia o al partner, dondolando il bacino o compiendo dei leggeri movimenti rotatori come una danza, piuttosto che restare ferme nel letto. Con l’avanzare del travaglio, poi, per sopportare le contrazioni che si fanno più frequenti, intense e prolungate, esse tendono a “scendere” verso il pavimento, assumendo posizioni più “basse”, quelle che favoriscono l’apertura verso l’esterno e l’aumento dei diametri del bacino, facilitando, così, la discesa del feto: sedute, semisedute sul water, sullo sgabello olandese, accovacciate…”1.

La cosa importante, in ogni caso, è imparare ad ascoltare il proprio corpo e i messaggi che questi invia, così da imparare a riconoscerli e a rispondervi seguendo il proprio istinto e le proprie sensazioni. Una donna in grado di comunicare con il proprio corpo e con le proprie sensazioni ed emozioni, infatti, anche durante il travaglio sarà in grado di comportarsi nel modo più funzionale per sé e per il bambino…


Ecco qualche indicazione generale per l’uso delle posizioni durante il travaglio attivo secondo il “Metodo Bonapace”:

  • Allungare il corpo in tutte le direzioni facendo in modo che l’angolo colonna-coscia sia inferiore a 90° per prevenire i dolori in zona lombo-sacrale.

  • Posizionare la pancia in avanti, nel vuoto, faciliterà il corretto posizionamento del bambino nell’utero e ridurrà il dolore.

  • Rilasciare il diaframma sospendendo la parte superiore del corpo nel vuoto.

  • Rilasciare addominali e muscoli delle gambe, e si ridurrà il dolore provocato dalla tensione muscolare di queste zone.

  • Distendere soffiando il perineo profondo, e rilassare le guance e le labbra.

  • Variare le posizioni affidandosi alle proprie sensazioni evitando la posizione supina.

Il mio primo parto… dodici ore dal primo dolore, liscissimo… dalle 10 del mattino, dolori sopportabilissimi, ho fatto il travaglio tutto a casa… da sola… mio marito non sapeva che stessi così male… arriva a casa alle sette di sera, gli avevo anche preparato la cena, poi mentre sta per mangiare dico noooo devo spingere! Così corriamo all’ospedale… 9 cm di dilatazione… dolori forti direi solo per due ore… però sono rimasta male perché mi hanno fatta sdraiare e invece io volevo stare in piedi, così alla fine hanno perso il battito, mi hanno fatto ossitocina e taglio e in una spinta Francesco è uscito… però che rabbia, mi hanno tolto il mio essere protagonista, solo perché non volevano farmi stare in piedi… mi disse l’ostetrica che preferiva che io stessi sdraiata…

Viviana, mamma di Francesco e Rossella

Stavo appoggiata al davanzale della finestra a fare il movimento “del gatto” con la schiena… poi ho sentito il bisogno di accucciarmi… mio marito inginocchiato dietro di me che mi teneva mentre ero sullo sgabello olandese…

Mary, mamma di Davide e Diego

Ho individuato come posizione per me più favorevole quella della ‘ranocchia’ appoggiando la testa e stringendo le mani allo schienale del letto… respiravo il più regolarmente possibile e pian piano passava…

Silvia, mamma di Teresa

- POSIZIONE ERETTA STATICA (in piedi appoggiata in avanti)

  • Essendo una posizione in accordo con la forza di gravità, permette all’utero di spostarsi in avanti durante la contrazione e di allinearsi con il canale vaginale, incontrando la minor resistenza possibile e provocando meno dolore possibile, favorendo l’efficacia della contrazione. Allinea il feto con l’ingresso pelvico.

  • La gravità, inoltre, favorisce la rotazione interna del feto, la sua progressione nel canale vaginale e facilita lo stimolo della spinta in fase espulsiva, abbreviando i tempi del travaglio.

  • Migliora gli scambi placentari ematici e biochimici.

  • Facilita e alleggerisce le articolazioni pelviche, evitando inutili e dolorose compressioni e alleviando il mal di schiena a livello lombo-sacrale.

  • Riduce la pressione della testa fetale sul sacro alleviando il dolore posteriore.

  • È una posizione riposante, poiché permette di appoggiarsi in avanti o abbandonarsi tra le braccia del partner durante la pausa tra due contrazioni, quindi è anche un’ottima occasione per ricevere abbracci, contatto fisico e sostegno o per farsi fare un massaggio alla schiena!

  • Ma è anche una posizione funzionale dal punto di vista tecnico, poiché l’ostetrica può effettuare una visita vaginale o controllare il battito cardiaco fetale o, addirittura eseguire un breve monitoraggio cardiotocografico senza che ci si debba stendere o cambiare posizione.

- POSIZIONE ERETTA IN MOVIMENTO (camminando, dondolando o ruotando il bacino, danzando…)

  • Il movimento ritmico, regolare, permette di aiutarsi nella respirazione, dando un ritmo al proprio respiro, regolarizzandolo, e quindi rilassandosi.

  • In questo modo viene stimolata la produzione di endorfine che attenuano il dolore e promuovono il benessere psicofisico, quello che nella pausa tra due contrazioni permette il massimo rilassamento e il recupero delle energie.

  • Il movimento ritmico, inoltre, è utile per sciogliere le tensioni muscolari nella zona del bacino, e per alleviare la percezione dolorosa dovuta alla rigidità e alla contrattura muscolare. Ma è utile anche per prevenire l’immobilità articolare, anch’essa causa di dolore, e per facilitare la rotazione interna e la discesa del feto.

  • La danza è un’eccellente modalità per combinare la posizione eretta al movimento ritmico e al contatto fisico col partner, al quale ci si appoggia danzando. Favorisce il rilassamento e la respirazione lenta e profonda, agevola il rilascio di endorfine, facilita la rotazione e la progressione del feto e permette all’ostetrica di effettuare una visita o un controllo del battito cardiaco fetale senza che ci si debba stendere a letto. Unisce gli effetti positivi del movimento a quelli dell’ascolto di una musica o di una melodia che favoriscono il rilassamento.

- POSIZIONE SEDUTA

  • La posizione seduta permette di sfruttare i benefici della forza di gravità, gli stessi della posizione eretta, in aggiunta alla possibilità di riposarsi e rilassarsi grazie a diversi supporti dei quali ci si può servire: puff, sedia, water, sgabello, cuscini, palla…

  • Mentre, infatti, la gravità favorisce l’efficacia della contrazione uterina, la progressione e la rotazione del feto, e l’apertura dei diametri del bacino, ci si può abbandonare in avanti col busto e le braccia appoggiate a un tavolo, al letto o a dei cuscini, rilassandosi, ricevendo dei massaggi alla schiena o degli impacchi e, magari, dormendo qualche minuto per recuperare le energie.

  • Aumenta i diametri pelvici.

  • Allinea il feto col bacino.

  • Migliora l’ossigenazione fetale.

  • Può essere alternata alla posizione eretta, durante la pausa tra due contrazioni, per permettere il riposo.

  • Questa posizione è ottima per agevolare le spinte espulsive, poiché permette un saldo appoggio al terreno che aiuta a impiegare tutta la forza possibile.

- POSIZIONE CARPONI

  • È un’ottima posizione per alleviare il mal di schiena, poiché sposta il peso dell’utero in avanti rispetto alla colonna vertebrale, ma è ottima anche per alleviare la sensazione di peso sul retto, causata da una testa fetale profondamente impegnata, quando la dilatazione non sia ancora sufficiente per assecondare quel peso posteriore nelle spinte espulsive.

  • Allevia l’eccessiva pressione sul retto in caso di emorroidi e facilita la rotazione interna del feto, sorattutto se si sospetta una rotazione occipito-posteriore (la cosiddetta “posizione sacrale”).

  • Permette di dondolare il bacino, favorendo la progressione del feto ed evitando la rigidità muscolare ed articolare; di conseguenza viene attenuata la percezione dolorosa.

  • Può favorire la rotazione dell’occipite fetale da posteriore ad anteriore.

  • Riduce l’eventuale edema del bordo anteriore del collo dell’utero al termine del primo stadio, favorendone la risalita e quindi la dilatazione completa.

  • Può risolvere alterazioni del battito cardiaco fetale.

  • In questa posizione si possono ricevere massaggi e impacchi alla schiena e l’ostetrica può agevolmente compiere una visita vaginale di controllo o ascoltare il battito cardiaco fetale senza che si debba cambiare posizione.

(…) 17 ore di travaglio, ho iniziato la sera alle sette e ho partorito la mattina alle 12… mamma mia credevo di non farcela… al Centro Nascita Alternativo dell’ospedale San Martino di Genova, tutto naturale, non ho voluto nessun intervento, nessuno, nemmeno mi sono fatta rompere il sacco… stupendo, ho partorito a 4 zampe per terra, come un animale… un’emozione unica nonostante la grande sofferenza, ma ho guidato il mio corpo da sola con l’aiuto di mia figlia, è una complicità impagabile!

Viviana, mamma di Francesco e Rossella

- POSIZIONE ACCOVACCIATA

  • È un’ottima posizione durante il periodo espulsivo per effettuare le spinte sfruttando la forza di gravità e la massima apertura dei diametri del bacino, regalando al feto tutto lo spazio possibile per progredire nel canale del parto: il diametro traverso aumenta di 1 centimetro, quello antero-posteriore aumenta di 2, e paragonando questa posizione a quella supina si determina un aumento dell’area totale dell’egresso pelvico del 28%2.

  • Può dare sollievo in caso di dolore lombare.

  • È faticosa, se mantenuta a lungo, perciò è consigliabile assumere questa posizione solamente per effettuare le spinte, poi alzarsi e, nella pausa, stare in piedi o seduta per far riposare le gambe e prevenire la compressione dei nervi a livello del cavo popliteo e l’impedimento del ritorno venoso.

  • Questa posizione andrebbe evitata se la testa fetale non è ancora impegnata, se è asinclitica o in posizione occipito-posteriore, poiché si riducono gli spazi necessari al bambino per correggere la propria posizione e potrebbe renderne difficoltosa la rotazione.

  • Chi fosse poco allenata o molto stanca, puoi farsi sostenere per le spalle dal partner, oppure appendersi, in avanti, a una spalliera a muro, o alla sponda del letto o a un grosso cuscinone.

- POSIZIONE SUPINA IN DECUBITO LATERALE

  • Supina su un fianco (preferibilmente il sinistro), con un cuscino che sorregga la testa, un cuscino sotto la gamba esterna e uno sotto la pancia, in modo che la colonna vertebrale sia allineata e l’utero sia in asse col canale vaginale.

  • È un’ottima posizione per chi è molto stanca e sentisse la necessità di riposarsi o se il travaglio è molto lungo, ma anche una buona posizione per il travaglio iniziale, quando occorre riservare le energie per un momento successivo.

  • Riduce il dolore causato dalle emorroidi.

  • Aiuta a risolvere alterazioni del battito cardiaco fetale sia da compressione del cordone che da ipotensione materna supina.

  • Aiuta a ridurre la pressione sanguigna.

  • Riduce la pressione sul sacro.

  • Permette il riposo e il totale rilassamento, sia fisico, muscolare, che psichico, durante la pausa tra due contrazioni; permette anche di concedersi un sonnellino, ma non sfrutta la forza di gravità, perciò è utilizzabile nella la prima parte del travaglio, ma sconsigliabile nel periodo espulsivo, a meno che non si sia talmente stanche da non riuscire ad assumere le posizioni verticali. In questo caso, è utile piegare la gamba esterna, quella “libera”, afferrare il ginocchio e tirarlo verso di sé durante la spinta, sempre restando girata da un lato, in modo da sfruttare l’aumento dei diametri del bacino e, soprattutto, lo spazio posteriore, quello che si viene a creare grazie alla mobilità del coccige, che ruota posteriormente regalando qualche centimetro in più al passaggio della testa fetale. È importante che, terminate le spinte, si rilassino le gambe, appoggiando quella esterna ad un cuscino.

Qualsiasi posizione si assuma, può essere accompagnata da un massaggio, alla schiena, alle spalle, ai piedi, sui punti shiatsu, ma anche l’agopuntura o la riflessologia possono essere strumenti molto utili…

Il tocco e il massaggio

La pelle è l’organo più esteso del corpo umano ed è ricchissimo di recettori sensoriali che raccolgono informazioni riguardo al tocco, alla pressione e alla temperatura, ma anche riguardo agli stimoli dolorosi.


Il tocco e il massaggio inducono il rilassamento, favorendo la produzione di endorfine, equilibrano il flusso energetico e distribuiscono in maniera ottimale l’apporto di ossigeno all’intero organismo. In particolare, un massaggio profondo, lento e ritmico, distende e rilassa, mentre il tocco leggero tende a energizzare e a ricaricare3.

L’ambiente svolge un ruolo importante per lasciarsi cullare dai benefici di un massaggio: dovrebbe essere intimo, familiare, rilassante e accogliente. Dovrebbe essere anche riscaldato, in modo da non percepire lo sbalzo termico e quindi non ricevere stimoli di natura termica che potrebbero compromettere il rilassamento. Le luci dovrebbero essere soffuse e non troppo dirette, le persone presenti ridotte al numero minimo (l’ideale sarebbe solo il partner e l’ostetrica), e potrebbe essere piacevole una musica di sottofondo, a volume molto basso, di tipo new age o classica, molto tranquilla.


È importante poi che chi effettua il massaggio chieda sempre il consenso, poiché il massaggio è una procedura molto personale e intima e vi sono alcune donne che non lo gradiscono nel momento del travaglio: talvolta rappresenta una distrazione e un disturbo, oppure può ricordare esperienze negative collegate al contatto fisico, come abusi o violenze.


Chi massaggia dovrebbe assumere una posizione comoda, essere rilassato e tranquillo, respirare lentamente, riscaldare le proprie mani. Chi riceve il massaggio percepisce le eventuali tensioni muscolari o la rigidità nel tocco insieme alle emozioni negative che le hanno suscitate; il che potrebbe inibire un completo rilassamento e un abbandono fiducioso. Allora, piuttosto che eseguire un massaggio con una disposizione d’animo inappropriata meglio rinunciare del tutto, poiché si ottiene l’effetto opposto.


Prima di iniziare il massaggio, occorre ungersi bene le mani con un olio – l’ideale è l’olio di mandorla dolce ma qualunque olio naturale può andare bene, anche l’olio di oliva – per riscaldarle e farle scorrere sulla pelle più facilmente. A questo punto si può cominciare il massaggio.


Il movimento sulla pelle deve essere ritmico e regolare, lento e continuo. Di solito, le zone preferite per un massaggio in travaglio sono la parte bassa della schiena (la zona lombo-sacrale), le gambe, in particolare le cosce, l’area pelvica, le mani, i piedi, il viso e il cuoio capelluto.


Il massaggio sortisce maggior effetto se eseguito verso il basso e verso l’esterno (se nella zona pelvica, dalle gambe fino alle caviglie e ai piedi), poiché in questo modo si allontana il dolore e lo si fa uscire attraverso i piedi fino a disperderlo.


Si può iniziare il massaggio alle spalle, per poi scendere passando ai lati della colonna vertebrale fino a raggiungere il sacro dove, durante il picco della contrazione, ci si sofferma (se fa piacere) mantenendo una ferma pressione, continua, intensa, con tutta la mano. Poi si risale nuovamente la colonna fino alle spalle per ridiscendere fino ai fianchi, passando ai lati della schiena, poi ai glutei, che si massaggiano descrivendo ampi cerchi rotatori.


Se chi riceve sta molto in piedi o è molto stanca, potrebbe sentire le gambe pesanti: allora il massaggio può iniziare dai glutei fino alle caviglie e ai piedi.

L’aromaterapia4

Per ottenere risultati ancora più efficaci, si può associare il massaggio all’aromaterapia, adoperando in aggiunta all’olio di mandorla gli oli essenziali, che vengono estratti dalle piante aromatiche o dai fiori, allo scopo di stimolare e mantenere il benessere: era una tecnica già usata da Ippocrate!


In pratica, si aggiungono 2 o 3 gocce di un olio essenziale ogni 5 ml dell’olio per massaggi preferito, che deve essere naturale, senza coloranti, conservanti e aromi artificiali (alle mandorle, al sesamo, al karitè, ma anche olio extravergine di oliva in mancanza d’altro…) e poi si comincia il massaggio. La pelle assorbe l’essenza e l’olfatto viene stimolato dal profumo; l’effetto che ne risulta è la stimolazione del sistema limbico, una parte del cervello che supporta diverse funzioni tra cui l’olfatto, l’emotività, il comportamento e la memoria a lungo termine, collegato alla ghiandola pituitaria che influisce sulla stimolazione ormonale.

Gli oli essenziali possono anche essere disciolti nella misura di pochissime gocce nell’acqua del bagno o in una bacinella d’acqua per fare un pediluvio, o anche vaporizzati insieme ad acqua nel fazzoletto o nell’aria. In ogni caso, è importante scegliere il proprio aroma preferito, poiché è un gusto molto personale.


Piera Maghella suggerisce questa combinazione per la prima parte del travaglio:

  • lavanda: rilassante, equilibrante, con proprietà analgesiche, sedative e antidepressive, si combina bene con altri oli. Può incrementare la forza delle contrazioni e ridurre il senso di panico;

  • camomilla: calmante, ad azione antispastica, è ottima contro il dolore;

  • neroli: aiuta la concentrazione, il raccoglimento e la respirazione lenta e ritmica. Riduce ansietà e apprensione, ha un’azione antispastica, stimolante e tonica sul cuore e sulla circolazione.

Alcuni oli essenziali utili durante il travaglio inoltrato, invece, sono:

  • jasmine: stimola le contrazioni uterine e quindi favorisce la progressione del travaglio. Svolge un’azione antispastica, stimola la produzione di endorfine ed energizza;

  • salvia: stimola la produzione di endorfine e favorisce il rilassamento. Svolge un’azione antidepressiva, antispastica e sedativa;

  • rosa: ha effetto calmante, analgesico ed è molto efficace se mescolata al geranio. Svolge anche un’azione antidepressiva, sedativa e tonicizzante sull’utero;

Altri oli ad azione rivitalizzante, utili quando si è molto stanche, sono:

  • rosmarino: utile per la sua azione antireumatica e lenitiva dei dolori articolari e dei crampi muscolari;

  • geranio: ad azione stimolante, riequilibrante e antidepressiva, ma anche antinfiammatoria e antiemorragica;

  • eucalipto: balsamico ed energizzante.

Lo shiatsu, l’agopuntura, la moxa

(Con la collaborazione della dottoressa Greta Chiaramonte)


Lo Shiatsu è un’antica arte di guarigione e riequilibrio della medicina tradizionale giapponese, basata sullo stesso principio su cui si basa l’agopuntura, cioè sull’assunto che il corpo umano sia percorso, oltre che dai vasi sanguigni e linfatici, anche da canali energetici, chiamati meridiani, che trasportano l’energia (il “qi”) attraverso il corpo e sono separati dal sistema dei nervi e dai vasi sanguigni e linfatici.


Lungo questi meridiani sono localizzati circa 600 punti, ciascuno dei quali corrisponde ad un organo o a un distretto del corpo. Shiatsu in giapponese significa “pressione con le dita” (shi= dita e atzu= pressione), e consiste appunto nell’applicare una ferma pressione con le dita su alcuni di questi punti localizzati sui meridiani, a scopo benefico, riequilibrante e rienergizzante. Attraverso questa pressione si stimola il corpo a lavorare efficacemente, si stimola la produzione delle endorfine e, soprattutto, si provoca uno stimolo che viene trasmesso al midollo spinale e poi al cervello attraverso fibre nervose a conduzione più rapida, arrivando al cervello prima dello stimolo doloroso, chiudendo il cancello e inibendo la percezione dolorosa (Teoria del cancello). Nel caso venga effettuato un massaggio shiatsu in travaglio, dal momento che viene incoraggiato un lavoro più efficace dell’intero organismo, viene favorita anche la dilatazione cervicale e l’aumento dell’efficacia delle contrazioni.


Ciascun punto è indicato da una lettera, che sta per il nome del meridiano su cui esso si trova, e da un numero, che corrisponde alla sua posizione su quel meridiano.


Questi punti possono essere stimolati oltre che con la pressione, con aghi (agopuntura), con stimoli elettrici, o con il calore (moxibustione).


Occorre esercitare la pressione sul punto in corrispondenza dell’inizio della contrazione, per intensificarla e mantenerla ferma e costante fino al picco massimo di dolore, e diminuirla progressivamente mano a mano che la contrazione va scemando. Con l’agopuntura il punto shiatsu viene stimolato con l’applicazione di un ago, molto sottile e indolore, mentre se viene applicato il calore mediante la moxibustione, non viene toccata la pelle, ma viene acceso un sigaro di artemisia (acquistabile in erboristeria) e questa fonte di calore viene mantenuta in corrispondenza del punto a distanza di circa 2 centimetri dalla pelle, sempre durante la contrazione.


I punti adatti durante il travaglio sono diversi e non ne esiste uno migliore o più efficace in senso assoluto, poiché lo stesso punto può essere utile per una donna e inefficace per un’altra. Inoltre, sembra che per trarne il maggiore beneficio sia consigliabile cominciare la stimolazione all’inizio del travaglio, prima che il dolore si intensifichi troppo, per poi mantenerla durante ogni contrazione, senza interrompere la stimolazione bruscamente a metà contrazione, poiché all’improvviso verrebbe nuovamente percepito il dolore e cesserebbe il senso di benessere dato dall’azione delle endorfine.


Debra Betts, un’agopuntrice neozelandese, nel 1998 riportò che l’83% delle donne che usarono lo shiatsu in travaglio di parto, lo trovarono efficace e, tra queste, ben il 60% lo descrisse “eccellente”, “brillante” e “stupefacente”.


Lo shiatsu è una tecnica abbastanza semplice da imparare e adoperare, non ha effetti collaterali e può coinvolgere attivamente il partner, mentre l’agopuntura e la moxa vanno eseguite da un professionista esperto.

LOCALIZZAZIONE DEI PUNTI SHIATSU5

Come localizzare correttamente i punti? Nella zona circostante il punto di pressione si avverte una sorta di intorpidimento o un senso di calore, o un formicolio, un indolenzimento, o una piccola scossa: ciò permette di capire che la localizzazione del punto è corretta e che quel punto specifico è il più adatto in quel momento. È possibile infatti che in momenti successivi, col progredire del travaglio, i punti vadano cambiati perché non più efficaci, con altri che magari prima non avevano effetto o addirittura infastidivano. Così come è possibile che la stimolazione di un punto in gravidanza provochi dolore o fastidio mentre in travaglio sia di grande beneficio. Come spiega Greta Chiaramonte, neurochirurgo e agopuntore, la sensazione di intorpidimento, di pressione, di lieve scossa evocata dall’inserzione dell’ago nell’agopunto corretto è definita “de qi” e significa che l’ago sta iniziando a esplicare la sua corretta funzione di sblocco energetico.


Durante il parto si devono favorire la dilatazione del collo e le contrazioni del fondo uterino. Quando la dilatazione della cervice uterina è di almeno 3 centimetri, si possono utilizzare quattro punti abortivi contemporaneamente (LI 4 + SP 6+ CV 4 + CV 6) che non devono mai essere usati durante la gravidanza.

Il punto LI 4 si trova nel punto di mezzo del secondo osso metacarpale, proprio sulla prominenza del primo muscolo interosseo della mano. Molto importante poiché facilita il rilascio di beta-endorfine endogene con conseguente azione analgesica.
Il punto SP 6 si trova a quattro dita dalla prominenza del malleolo mediale, sul bordo posteriore della tibia. Fondamentale nel parto difficoltoso, per facilitare il parto stesso.
Il punto CV 4 si trova a quattro dita dall’ombelico sulla linea mediana, invece il punto CV 6 si trova a due dita dall’ombelico sulla linea mediana. Questi due agopunti donano energia. Il CV 4 è molto utile nel post partum, nei casi di ritenzione placentare, nelle emorragie.
Oltre che durante il parto, l’agopuntura può essere molto utilmente adoperata durante la gravidanza, per i dolori lombari, soprattutto fra il 5° e il 7° mese di gestazione. La lombalgia è legata a un aumento del carico sul rachide lombare e a un aumento della lassità connettivale. Secondo la medicina cinese la lombalgia in gravidanza è legata al deficit del qi del rene. Per il trattamento sono utili i punti SP 6, BL 40 e BL 32. È consigliato anche il punto fuori meridiano impari e mediano posto sotto la vertebra L5, definito FM 11 che ha il compito di fortificare la schiena.
Il punto BL 40 si trova a metà del cavo del poplite, ed è un importante punto di fortificazione lombare.
Il punto BL32 si trova a metà tra le fossette di Venere, sopra la natica e sopra al sacro. Se le fossette non sono visibili, il punto si trova all’incirca un dito della donna sopra la punta della piega tra le natiche, a un pollice da ciascun lato del sacro.

Premendo su questo punto, si dovrebbe percepire la piccola depressione del forame sacrale dove questo punto si trova. La stimolazione di BL32 produce un piacevole effetto analgesico durante la contrazione, e una sensazione locale di caldo, intorpidimento e formicolio. È particolarmente utilizzabile quando la donna è distesa o in piedi.


Porre le dita o le nocche sui punti e applicare una ferma pressione. L’effetto può aumentare se la donna spinge il bacino verso le mani dell’operatore, ruotandolo leggermente. L’ideale è cominciare la stimolazione di questi punti ad inizio travaglio, sui due lati in contemporanea, nella parte più alta e scendendo progressivamente e lentamente verso il coccige, di una lunghezza pari un pollice alla volta, finché i due pollici dell’operatore si incontrano sulla punta della linea di unione delle natiche (sul coccige, appunto). Una tecnica alternativa alla digitopressione su BL32 consiste nell’iniettare pochi cc. di acqua sterile sottocute, in modo da formare piccoli ponfi, che agiscono sul forame sottostante. L’effetto analgesico dura circa quattro ore.


Altri punti utili da conoscere sono:

PUNTI DELLA MANO

  • Localizzazione: sono dei punti posti lungo le pieghe delle mani, dove le dita incontrano il palmo.

  • Tecnica: con un piccolo pettine per capelli, far stringere alla donna il pettine in modo che i denti tocchino i punti, durante la contrazione.

  • Effetto: la stimolazione di questi punti favorisce il rilascio di endorfine, ad effetto analgesico.

K 1

  • Localizzazione: il punto si trova nella depressione appena sotto le articolazioni delle dita dei piedi, nella parte centrale.

  • Tecnica: applicare con il pollice una ferma pressione diretta verso il centro del piede e in direzione dell’alluce.

  • Effetto: la stimolazione di questo punto ha un effetto rilassante durante tutto il travaglio, ma può essere usato anche in fase espulsiva perché rilassa il perineo e facilita l’espulsione del feto.

BL60 e BL67

  • Localizzazione: BL 60 si trova nella parte esterna del piede, nella depressione tra la caviglia e il tendine d’Achille, dietro al malleolo. BL 67, invece, si trova nell’angolo esterno più basso dell’unghia del mignolo del piede.

  • Effetto: la stimolazione di questi punti aiuta ad alleviare il dolore delle contrazioni.

In particolare BL 67 è l’agopunto fondamentale nel caso di malposizione fetale (per esempio presentazione podalica), nel parto difficoltoso, per i disturbi gravidici. Queste indicazioni lo rendono un punto di estrema utilità e pertanto non va mai usato durante la gravidanza normocondotta quando il feto sia correttamente alloggiato.


Si rammenti poi che l’altro agopunto da non usare durante il parto, ma solo in travaglio, è l’LI 4, che stimola le contrazioni uterine.

La riflessologia6

La riflessologia, o massaggio zonale, è una tecnica già conosciuta 5.000 anni fa presso gli antichi cinesi per le sue proprietà benefiche, rilassanti, rienergizzanti e riequilibranti, sia sul piano fisico che mentale.


Questa pratica, attraverso soprattutto il massaggio plantare, tenta di ristabilire l’equilibrio psicofisico, e nel farlo parte dal piede su cui, come anche sulla mano e sull’orecchio, esiste una mappa di tutti gli organi e gli apparati dell’organismo. Un massaggio o una pressione su questi punti, quindi, produce delle modificazioni fisiologiche che stimolano il potenziale autocurativo del corpo stesso.


Tra la fine dell’800 e i primi del ’900, il padre della moderna riflessologia occidentale, l’otorinolaringoiatra americano William H. Fitzgerald, ebbe modo di osservare come, esercitando una pressione su alcune parti del corpo, potesse compiere piccoli interventi chirurgici sui suoi pazienti senza che questi provassero alcun dolore.

Fitzgerald suddivise idealmente il corpo umano longitudinalmente in 10 zone uguali, i meridiani, e orizzontalmente in tre parti: una superiore (dalle spalle al petto), una parte centrale (dal petto ai fianchi), e una parte inferiore (dal bacino ai piedi). Inoltre ipotizzò che il piede destro corrispondesse alla parte destra del corpo, mentre quello sinistro alla parte sinistra, così come il dorso delle mani e dei piedi alla parte frontale del corpo e ai muscoli e la pianta dei piedi e il palmo delle mani alla parte posteriore e agli organi interni.
Attraverso leggere pressioni o piccoli massaggi circolari su aree specifiche nel palmo delle mani e nella pianta dei piedi si stimola l’energia dell’organismo e se ne riequilibrano le forze. In travaglio è un ottimo rimedio, semplice da utilizzare e non invasivo, per distendere, rilassare e rienergizzare.

In particolare, all’inizio del travaglio può essere di grande utilità massaggiare le aree che riflettono il plesso solare e i polmoni, nel palmo delle mani e sulla pianta dei piedi, per distendere, rilassare e regolare la respirazione in preparazione al travaglio vero e proprio. Sempre nella prima parte del travaglio, può essere utile massaggiare l’intera pianta dei piedi per rilassarsi e rilasciare le tensioni muscolari.


Con il progredire del travaglio va posta maggior attenzione, per quanto riguarda il piede, alle aree intorno alla caviglia e al tallone, dove si trovano i punti che riflettono l’utero, le ovaie, le tube, la vescica e il retto. Per quanto riguarda la mano invece, va maggiormente stimolata l’area intorno al polso, che riflette, di nuovo, ovaie, utero e zona lombare.


Se la donna accusa particolarmente il dolore delle contrazioni nella zona della schiena, invece, occorre soffermarsi sull’area del tallone, dove si trovano i punti che corrispondono ai fianchi e alla zona lombo-sacrale.


In ultimo, va sottolineato che il massaggio zonale va eseguito nel contempo su entrambi i piedi o su entrambe le mani, poiché piede e mano destra corrispondono alla parte destra del corpo e piede e mano sinistra alla parte sinistra. Per il massaggio, si può usare il classico olio di mandorla dolce, l’olio di oliva, una crema, oppure l’olio di base con l’aggiunta di alcune gocce di un olio essenziale, per sommare i benefici del massaggio a quelli dell’aromaterapia.

Il T.E.N.S.

È un metodo che si basa sull’applicazione di leggere scariche elettriche sulla cute mediante quattro elettrodi flessibili in silicone, appaiati in punti “strategici”, di solito nella zona lombo-sacrale, sui fianchi o sull’addome, e tenuti a contatto con la pelle da un gel conduttore. Gli elettrodi sono collegati per mezzo di sottili fili a un apparecchio di piccole dimensioni che contiene una batteria che emette di continuo delle leggere scariche elettriche, la cui intensità e frequenza possono essere controllate direttamente dalla donna in travaglio, così da autogestirsi a seconda dell’intensità del dolore percepito e della frequenza delle contrazioni…


Il metodo T.E.N.S. sfrutta la teoria del cancello ed è una tecnica analgesica sicura ed efficace.

Il rilassamento e la respirazione

L’ansia, la paura e la preoccupazione del travaglio possono causare tensione muscolare e rigidità articolare. Il dolore quindi aumenta e pertanto amplifica anche la secrezione di adrenalina in senso cronico, inibendo la regolare emissione degli ormoni che regolano il travaglio (l’ossitocina e le prostaglandine); di conseguenza si avrà un rallentamento della progressione e un allungamento dei tempi.


In definitiva, quando siamo tese, spaventate, preoccupate, agitate, il dolore aumenta, e non solo perché l’adrenalina ostacola la produzione delle endorfine, ma anche perché la contrattura del miometrio porta una relativa ischemia, il che è un’altra fonte di dolore. Le contrazioni uterine perdono efficacia, la cervice non si dilata, il travaglio si allunga e non ci si riesce a rilassare nella pausa tra due contrazioni, non si riesce a recuperare le energie per affrontare la contrazione successiva e la stanchezza prende il sopravvento… Insomma, è importantissimo agire contro la tensione e la rigidità muscolare, per controllare il dolore e recuperare le forze durante la pausa… e affinché il travaglio non si blocchi!


Il rilassamento, insieme con la respirazione, è forse il metodo migliore da adottare in ogni travaglio, al quale si possono eventualmente aggiungere le altre tecniche naturali. Si potrebbe quasi azzardare a dire che è la base a cui associare ogni altro metodo di analgesia: un corpo e una mente rilassati, difatti, diventano più recettivi a un massaggio, alle visualizzazioni, all’agopuntura e all’omeopatia… Si tratta di agire su corpo e mente: un esercizio di rilassamento accompagnato da un massaggio shiatsu, una visualizzazione durante un massaggio plantare, un esercizio di respirazione associato all’applicazione del metodo T.E.N.S.


L’ideale, in ogni caso, è cominciare a lavorare già durante la gravidanza o, comunque, prima del travaglio e prima che i dolori diventino troppo intensi. In questo modo ci saranno più tempo e più mezzi a disposizione per la preparazione psicofisica al parto, e si arriverà ad affrontare il travaglio più rilassate, più preparate, più consapevoli e maggiormente in grado di gestire il dolore delle contrazioni.


Il rilassamento riduce notevolmente le tensioni, mette il corpo in una situazione di armonia e lo rende capace di conservare le energie e utilizzarle al meglio per un efficace funzionamento. Esistono numerose tecniche per far rilassare una persona: alcune occupano la mente, altre incoraggiano l’abbandono e la passività, altre ancora si basano sull’alternanza tra contrazione muscolare e rilasciamento, e invece altre ancora possono essere praticate per conto proprio…


Tutte prevedono un controllo della respirazione, l’uso di un ritmo particolare, lento, profondo o superficiale, comunque finalizzato al raggiungimento dello stato di rilassamento e abbandono. La respirazione determina il ritmo al quale far lavorare il corpo, quindi regola tutte le altre attività dell’organismo, dalla frequenza cardiaca all’attività cerebrale, regolando la cadenza e scandendone i tempi. Essenziale in ogni caso curare la respirazione diaframmatica, ovverossia con l’addome.


È importante però che ogni donna trovi da sola il proprio ritmo e la propria cadenza, quella che più l’aiuta a raggiungere il rilassamento più profondo e completo. Ci sono opinioni diverse rispetto a questo argomento: fondamentalmente se la donna debba o no essere guidata a trovare il proprio ritmo. L’ideale è, probabilmente, la seconda opzione: seguire i propri ritmi biologici, quelli istintivi e spontanei che ci vengono suggeriti dal corpo. D’altra parte, ogni donna conosce la propria respirazione e sa come adattarla alle situazioni, quindi è potenzialmente capace di gestirla al meglio. È importante tuttavia essere aiutata e preparata, prima del parto, ad ascoltare le richieste del proprio corpo e ad essere consapevole dei propri mezzi per soddisfare queste richieste, compresa la respirazione.


Durante un corso di accompagnamento alla nascita si possono praticare degli esercizi di rilassamento (e di respirazione!), così da acquisire quegli elementi che andranno a far parte di una sorta di “bagaglio” che, quando sarà il momento, ci metterà in grado di vivere e gestire il dolore al nostro meglio.

Le visualizzazioni

Gli esercizi di visualizzazione si basano sul presupposto che mente e corpo lavorino come un’unità, che ciò che accade nella mente provochi degli effetti significativi anche sul corpo, e viceversa. Di conseguenza, agendo in maniera positiva sulla mente, si produrranno degli effetti positivi sul corpo.


Come risulta da uno studio pubblicato su “Obstetrics and Gynaecology” del 1989, le donne che in travaglio avevano pensieri negativi o concentravano la propria attenzione sul dolore, sulla contrazione o sulla fatica, provassero dolori più intensi e vivessero travagli più lunghi e complicati rispetto alle donne che, fin dall’inizio, si concentravano su immagini e pensieri positivi.


Ma in che cosa consiste un esercizio di visualizzazione? Si tratta dell’utilizzo di immagini e percezioni positive interne, della mente, per provocare di riflesso effetti positivi e benefici sul corpo.


Esistono due tipi di esercizi: le visualizzazioni libere, che lasciano ampio spazio all’immaginazione, e quelle programmate, cioè pilotate su situazioni o immagini specifiche.


Può essere di grande utilità, ad esempio, imparare a visualizzare già in gravidanza, possibilmente guidate dalla voce cadenzata e morbida di qualcuno, un luogo speciale al quale siamo legate o che possa trasmetterci serenità favorendo il rilassamento. Riuscire a immaginare i particolari di questo luogo speciale utilizzando i cinque sensi ci aiuterà a richiamare alla mente con più facilità questo luogo anche durante il travaglio, sfruttandone il senso di tranquillità che ne scaturisce.

Le affermazioni positive

Sono brevi frasi o dichiarazioni in chiave positiva che influenzano l’umore e le convinzioni personali, rafforzando un’emozione o una sensazione, un’immagine, un modo di fare o di pensare oppure una propria dote o peculiarità.


Sono molto utili già durante la gravidanza, ma sono fondamentali in travaglio, poiché aiutano a crearsi punti di vista nuovi e positivi, che mettono in grado di vivere esperienze più gratificanti, aiutando a prevenire o a superare comportamenti e preoccupazioni.


Le affermazioni positive facilitano il processo del cambiamento e della trasformazione, grande protagonista del travaglio e del parto, quando una donna, tra mille incognite, si prepara a mutare da figlia a madre. Facilitano anche il raggiungimento dell’obiettivo, poiché mente e corpo sono collegati e agendo sulla prima si influenza il secondo: rilassando e aprendo la mente, si rilassano i muscoli e si facilita l’apertura della cervice al passaggio del bambino.


Le affermazioni positive sono un ottimo strumento per aprire la mente, influenzare il pensiero e per prepararsi ad affrontare travaglio e parto più convinte e consapevoli delle proprie forze.


Queste dichiarazioni positive possono essere ripetute, verbalmente o mentalmente, per tutta la durata del travaglio, cantate, sussurrate, pronunciate insieme al partner, scritte e poste sul comodino o sul letto, verbalizzate davanti allo specchio, pronunciate durante una visualizzazione o un esercizio di rilassamento… insomma, quando e come riteniamo che siano più utili ed efficaci.


Ci sono, però, sette semplici regole da seguire per formulare le affermazioni positive in modo che diano dei buoni risultati:


1. Devono essere espresse in chiave positiva (quindi affermare ciò che si è o si vuole):

  • “Il mio collo uterino si dilata facilmente”

  • “Sono in grado di partorire naturalmente”

  • “Posso accogliere queste contrazioni”

  • “Mi sento pronta e forte per accogliere il mio bambino”

2. Devono essere espresse in forma assoluta e non relativa:

  • “sono in grado di partorire” e non “sono abbastanza in grado di partorire”…

3. Devono avere il verbo al presente:

  • “Il mio utero si contrae efficacemente”

4. Devono essere frasi brevi e semplici:

  • “Posso farlo”

  • “Ho tanta energia”

  • “Lascio che succeda”

5. Devono avere un significato personale ed essere reali per la situazione:

  • “Il movimento e il mio respiro mi accompagnano”

  • “Il mio bambino è pronto”

6. Devono essere attuabili:

  • “Posso creare l’ambiente che va bene per me”

  • “Ho fiducia nelle persone che mi assistono”

7. Devono essere realizzabili:

  • “Posso chiedere”

  • “Posso dire no”


L’ipnosi e l’autoipnosi

I primi esperimenti con l’ipnosi furono condotti nel XIX secolo dalla scuola francese, ma fu poi il dottor Foissac che nel 1833 applicò per la prima volta l’ipnosi in travaglio di parto, chiamandola “magnetismo animale”. Altri autori riferirono in seguito risultati come amnesia totale del dolore o percezione delle contrazioni senza la valenza del dolore.


Solo nel 1922, però, il metodo fu ritenuto efficace e ufficialmente riconosciuto. Negli anni compresi tra il 1920 e il 1935 nasce in Russia un’importante scuola di ipnosi, dove si “allenano” le donne durante la gravidanza a raggiungere da sole lo stato ipnotico e a richiamarlo durante il travaglio. Lo stato di coscienza di queste donne tuttavia è soporifero, quasi addormentato e quindi tutt’altro che attivo e partecipe (quindi molto diverso dal metodo di “autoipnosi attiva in stato di veglia” che si svilupperà più tardi).

L’ipnosi, intesa nel suo significato moderno, non è altro che “uno stato alterato di coscienza in cui la soglia razionale viene abbassata mediante suggestione verbale, respirazione, distrazione e uso dei canali sensoriali”7, e la donna viene a trovarsi in uno stato di rilassamento molto profondo in cui però mantiene il controllo delle funzioni del proprio corpo e dei ricordi8. L’ipnosi infatti, come descrive il dottor Giampiero Masconi, ginecologo e psicoterapeuta della Scuola Europea di Psicoterapia ipnotica di Milano, “non sopprime la coscienza della donna come un procedimento di anestesia generale, ma piuttosto la rafforza attraverso un’educazione specifica e una consapevolezza che la mettono in grado di favorire in modo fisiologico, e non ostacolare, l’evoluzione del parto…”.


L’ipnoterapista, come spiega Nicky Wesson in Labour Pain, non può e non vuole controllare la mente della donna o i suoi comportamenti; piuttosto agisce da “facilitatore” dello stato alterato di coscienza, incoraggiandola a rilassarsi e a focalizzarsi su un’area specifica: il travaglio.


In ogni caso è una tecnica che per essere attuata necessita del completo consenso di chi la riceve e non può nemmeno essere indotta contro il proprio volere…


La donna in gravidanza e, ancora di più, la partoriente, sono particolarmente recettive allo stato ipnotico, poiché producono molte endorfine e il loro cervello profondo è fortemente stimolato e dominante. Si viene a creare un rallentamento fisiologico delle onde cerebrali, da quelle di tipo β (beta), a quelle di tipo α (alfa), fino alle onde θ (theta) nello stato più avanzato della dilatazione cervicale: vi è un aumento della capacità di integrazione e un acuirsi dei cinque sensi e della percezione sensibile, che determinano la massima recettività della donna agli stimoli e la rendono fortemente suggestionabile9.

Data questa fisiologica predisposizione, l’ipnoterapista, attraverso un allenamento che, come descrive il dottor Mosconi, deve prevedere circa otto incontri psicoprofilattici durante la gravidanza, insegna a entrare in quello stato modificato di coscienza dato dall’ipnosi per poi imparare a ritornarvi in travaglio, riducendo al minimo il fenomeno doloroso. In pratica, fornisce gli strumenti grazie ai quali, mediante un segnale condizionatore, si può entrare in autoipnosi nel momento in cui se ne sente la necessità, senza che sia necessaria la presenza del terapista in sala parto.


Lo stato di ipnosi aiuta anche ad aver fiducia nella propria capacità di mantenere il controllo sugli eventi, a rilassare i muscoli, a sciogliere le tensioni, a mantenere i livelli di adrenalina sotto una certa soglia, e libera le risorse endogene contro il dolore in qualsiasi momento del travaglio.

Lo yoga

È una disciplina di origine indiana nata migliaia di anni fa con lo scopo di ricercare il benessere interiore dell’individuo e ritrovare, quindi, l’energia, l’equilibrio psicofisico e l’armonia. Il termine “yoga”, infatti, deriva dall’antica lingua sanscrita ed è composto dalla radice del verbo “yunj” e dal suffisso “ghain”, il cui significato è “unione”, intesa come unione dell’io al sé, dell’uomo a Dio, della parte più terrena e materiale dell’individuo a quella spirituale… In pratica, lo yoga vuole congiungere quell’equilibrio tra mente e corpo e quell’armonia responsabili del benessere della persona, procurandole leggerezza, libertà ed energia, e rendendola capace di affrontare ogni situazione al massimo dell’efficienza.


Per quanto riguarda il parto, lo yoga è un mezzo utilissimo per rallentare l’attività vorticosa della mente che si viene a creare con gli avvenimenti psico-fisici del travaglio: il corpo è fuori controllo, va da sé, mosso da una misteriosa e potente energia, il tempo scorre più lentamente, sembra addirittura fermarsi, le persone più familiari sembrano lontane… una donna può sentirsi confusa da questo “turbine di emozioni”, si sente in balia degli eventi, e si chiude e si lascia annientare anziché abbandonarsi e aprirsi.


La contrazione dell’utero, infatti, va vista come una profonda sapienza del corpo che permette al bambino di nascere, quindi è da intendersi come una forza della natura della quale stupirsi e da rispettare. Inoltre, essa crea un ritmo che trascende la volontà e il controllo, e che coinvolge in una sorta di danza del respiro, che non va a sua volta ostacolato, ma assecondato e rispettato.


Lo yoga, se praticato con costanza già durante la gravidanza, permette, attraverso un concatenamento di posizioni abbinate alla respirazione o al canto, di rilassare il corpo e il respiro e consente alla mente di concentrarsi sui ritmi corporei. È essenziale infatti acquisire consapevolezza del proprio fisico e dei ritmi del respiro e riuscire ad ascoltarli con fiducia.


Si può quindi imparare a prendere consapevolezza del travaglio e della sua progressione, predisponendosi ad accogliere le contrazioni come cose buone, praticando lo yoga come in gravidanza!! Nel silenzio ci si rilassa, lasciando che la gravità azzeri ogni tensione, e si entra in contatto col proprio respiro e con il luogo da dove esso origina.


Quando le contrazioni si faranno più frequenti e intense, sarà il corpo stesso a inviare i segnali che spingeranno a cambiare la posizione, iniziando a compiere una sequenza di movimenti, e a fermarsi, lentamente, quando si sarà trovata quella più adatta e la meno disturbante per la contrazione. Non esiste una sequenza di posizioni prestabilita per il travaglio; nondimeno, se si è già praticato lo yoga in gravidanza e si conoscono le posizioni e le necessità del proprio corpo, ci si crea la propria personale sequenza, quella che meglio si adatta al ritmo del travaglio e alle richieste del corpo.

La musica

…alla radio sentire le musiche di quel CD e come la Madeleine di Proust ritrovarsi in quella vasca di gioia a piangere e ringraziare per il grandissimo dono di essere diventata madre…

Silvia, mamma di Teresa


I suoni musicali influenzano il metabolismo, la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa, aiutano a rilassare i muscoli, incoraggiano una respirazione più lenta e regolare e possono ridurre l’ansia abbassando il rilascio di catecolamine… Scelta con cura, una sequenza musicale può aiutare in travaglio a gestirne i ritmi e gli avvenimenti più serenamente e facilmente!


La musica è stata parte integrante dei rituali curativi di tutto il mondo fin dalla storia conosciuta. In questo secolo, poi, gli scienziati hanno scoperto che i pazienti sottoposti a interventi chirurgici ascoltando della musica, richiedevano dosi più basse di anestetici e andavano incontro a guarigioni più veloci rispetto a coloro che avevano ascoltato soltanto i suoni dei ferri chirurgici! Persino alcuni corridori, sottoposti a test di laboratorio con l’uso del tapis roulant, avevano trovato l’esercizio meno faticoso se accompagnato dalla musica. Uno studio pubblicato sul “Journal of Music Therapy” del 1981 dimostrò che le donne che avevano ascoltato la musica in travaglio avevano provato meno dolore di quelle che non ne avevano ascoltata affatto…


Essenzialmente, la musica in travaglio offre tre grossi benefici:

  1. Calma e rallenta la fisiologica risposta allo stress (rilascio di catecolamine), quindi consente il rilassamento, combatte la tensione muscolare e favorisce la progressione del travaglio.

  2. Il ritmo della musica regola e dà una cadenza alla respirazione, può aiutare a rallentarla, quindi ad aiutare il rilassamento.

  3. Focalizzare l’attenzione sulla musica distrae dall’ascolto di altri suoni che potrebbero essere fonte di ansia e stress.


È importante però scegliere prima del travaglio i generi di musica che più rilassano e stimolano positivamente, magari attraverso l’esecuzione di alcuni esercizi di rilassamento accompagnati da particolari brani musicali; può essere utile, a questo scopo, avvalersi dell’aiuto di un musicoterapeuta che, sulla base dei gusti musicali, può aiutare a selezionare una serie di brani per una compilation da utilizzare durante gli esercizi di rilassamento e per la visualizzazione durante la gravidanza e poi in travaglio.


I tipi di musica per il travaglio sono svariati e dovrebbero essere cambiati con la sua progressione, a seconda della fase, in modo che il ritmo a la cadenza si adattino al ritmo del travaglio e accompagnino le fasi di passività e abbandono e quelle di attività e partecipazione: per esempio, durante la fase prodromica è indicato un genere lento, morbido e familiare, evitando i ritmi troppo acuti o melodici: potrebbe andare bene una musica “new age” in tre o quattro quarti, che rilassi e aiuti a regolare la respirazione. Durante il travaglio attivo, invece, è indicato un ritmo più vigoroso e distinto, mentre in fase espulsiva un genere molto dinamico, che risvegli le emozioni e le energie necessarie alle spinte espulsive. Infine, per il momento della nascita e dell’incontro-accoglienza col bambino, l’ideale sarebbe un genere armonioso, dolce e gioioso.


Durante il travaglio, si può ascoltare la compilation preparata in gravidanza anche con l’ausilio di cuffie, in modo da facilitare il raccoglimento, la concentrazione e l’estraniazione da ogni altro rumore, possibile fonte di disturbo e distrazione.


È fondamentale regolare il volume adattandolo alla situazione: per esempio si potrebbe alzarlo progressivamente con l’aumento dell’intensità della contrazione e del dolore, per abbassarlo fino al minimo durante la pausa.


Un altro trucco per aumentare l’efficacia terapeutica della musica in travaglio, è quello di battere il ritmo, con le dita o le mani o i piedi, girando il collo e la testa a tempo di musica o eseguendo un massaggio seguendo la cadenza dei suoni. È un trucco molto utile, non solo per regolarizzare la frequenza cardiaca e la respirazione e per favorire l’efficacia del lavoro corporeo, ma anche per distrarre l’attenzione dallo stimolo doloroso.


Se non vi è disponibilità di ascoltare una musica, può essere d’aiuto concentrarsi su altri tipi di segnali sonori: quelli prodotti dal proprio corpo, come il respiro o la voce, quindi attraverso il canto e le vocalizzazioni…

Il canto e l’uso della voce

È una nuova tecnica di “parto dolce” che riprende un’abitudine tipica di culture come quella marocchina e quella indiana e che si basa sulla scoperta del canto come forma di autoanalgesia. L’ideatrice italiana del metodo è Elisa Benassi, un’ostetrica di Mantova laureata in musicologia.


Una donna in travaglio è istintivamente portata a esprimere il proprio dolore e la fatica attraverso l’uso della voce, gemendo e gridando, ed è proprio su questo istinto che si basa il metodo della Benassi: dal momento che viene usata naturalmente la voce come valvola di sfogo, allora perché non usarla in modo “mirato”, dandole una cadenza e un ritmo, per “mimare” il ritmo del respiro, regolarizzandolo ed equilibrandolo? Il canto infatti agisce direttamente sul diaframma, aumentando la capacità respiratoria, allentandone le tensioni e le contratture. Il corpo così si rilassa, i muscoli si distendono, il respiro diviene regolare e aumenta la produzione di endorfine, con un apprezzabile effetto analgesico. Inoltre, come spiega la Benassi, cantando la vibrazione della voce va ad agire a livello del midollo spinale chiudendo parzialmente il gate (teoria del camcello) allo stimolo doloroso, diminuendone l’intensità. Infine, il canto aiuta a mantenere la concentrazione e aiuta a non farsi prendere dal panico, così da riuscire a mantenere la propria attenzione sui messaggi che vengono dal corpo, facilitando la progressione del travaglio.


L’applicazione del metodo richiede una preparazione da mettere in atto già durante la gravidanza, precisamente dal terzo trimestre, organizzando una serie di incontri con un musicoterapeuta. Questi insegnerà prima di tutto a rilassarsi profondamente con l’ausilio di una musica mirata, poi a trovare la propria “melodia personale” da cantare durante il travaglio. Di solito i generi più consigliati e adatti sono quello barocco/classico (per esempio i “Concerti Brandeburghesi” di Bach o “Le Quattro Stagioni” di Vivaldi), e quello “new age”, composto da suoni molto melodici e rilassanti ispirati alle melodie della natura.


Sulla base della musica più adatta, si viene incoraggiate a trovare dentro di sé la propria melodia personale, che può essere una semplice progressione di note o anche un unico suono, attraverso il quale esprimere la propria creatività e rilassarsi.


È importante tener presente che la musica evoca spesso anche ricordi e immagini appartenenti ad esperienze passate, perciò è possibile che evochi esperienze negative o spaventose che potrebbero essere causa di ulteriore tensione o stress. È essenziale, quindi, l’aiuto del musicoterapeuta che fornisca spiegazioni su ciò che una musica può aver evocato a livello inconscio, rendendo così possibile la comprensione del proprio stato interiore: solo la consapevolezza delle proprie paure, infatti, ne rende possibile il dissolvimento!


Per quanto riguarda le immagini evocate, la Benassi ha notato come d’istinto le donne riferissero, ascoltando brani musicali, di paesaggi o scene naturali, spesso legate all’acqua, e come queste immagini venissero fissate nella mente in collegamento con uno specifico brano evocatore. In questo modo l’immagine collegata al particolare brano musicale diventa il simbolo del benessere e della tranquillità, e potrà essere richiamata in travaglio dal suo ascolto!


Uno specifico genere di canto, nato in India proprio per il travaglio di parto, è il Canto Carnatico…

IL CANTO CARNATICO

È un canto tradizionale dell’India meridionale che si modula sull’onda dell’espirazione, con effetti molto profondi a livello psichico ed emotivo. Si basa sulle 72 raga, le scale musicali indiane (i raga, in sanscrito “emozione”, sono alla base dei canti sacri legati ai vari momenti della giornata).


Questo canto si fonda sulla conoscenza e sulla tecnica del respiro su cui si basa lo yoga e affina la consapevolezza della respirazione addominale. Agisce, inoltre, sulla gola: attraverso il suono ci si può rendere conto della qualità di rilassamento della gola, una zona di massima importanza se pensiamo che nella partoriente si “riflette” nel canale vaginale e, se la gola è aperta e distesa, allora anche il canale vaginale si rilassa e si distende, aprendosi e lasciando passare il bambino. Se la gola è contratta, lo stesso si verificherà per il canale vaginale.


Con questo tipo di respirazione, insieme all’uso della voce e alla pratica yoga, ci si può rilassare e gestire il dolore andandogli incontro e accettandolo, piuttosto che ostacolarlo, e favorire di conseguenza la progressione del travaglio. La tecnica prende inizio nel silenzio, poiché è dal silenzio che sorge ogni suono. Dal silenzio, si va gradualmente verso un suono sempre più intenso, che combacia col culmine della contrazione, al termine della quale si ritorna allo stato iniziale e all’immobilità nella pausa. Si comincia, in concomitanza con l’inizio della contrazione, con una m sussurrata, che introduce le note della scala indiana sa pa sa, si prosegue con la a, la vocale più semplice, poi la e, una piccola variazione della a, poi la o e infine la i, la vocale più difficile, che necessita del giusto sforzo della gola. Si procede poi a una vocale più semplice, la u, per concludere il canto nello stesso modo in cui si è iniziato, col sussurro della m, tornando al silenzio durante la pausa tra le due contrazioni.

L’acqua

Per cercare di sopportare il dolore ho fatto tante docce… l’acqua bollente sulla schiena mi dava sollievo, proprio nella zona lombare… poi ho passato in vasca quattro meravigliose ore… immersa completamente, comprese le orecchie per isolarmi e ad ogni contrazione ondeggiavo il bacino… ci sarei stata ore…

Ilaria, mamma di Giulia Karol

Nella vasca, mi rilassai un po’ con la musica e il mio ragazzo che mi gettava l’acqua addosso…

Ilaria, mamma di Alessio Nathan

In acqua le contrazioni quasi non si sentivano più…

Cinzia, mamma di Michela

Ho avuto la fortuna di avere la doccia in camera, così, nei momenti di dolore insopportabile ne ho approfittato e sono stata sotto l’acqua fino a che non mi rilassavo un po’…

Silvia, mamma di Teresa

Dopo sei ore di contrazioni ho potuto immergermi con grande sollievo, l’acqua aveva placato il dolore allungando i tempi tra una contrazione e l’altra…

Serena, mamma di Noa


Fin dai tempi più antichi l’uomo conosce le proprietà curative dell’acqua, e non solo quella termale: Ippocrate consigliava cure idroterapiche, gli egizi la usavano per curare lo spirito e nel XIX secolo l’abate Sebastian Kneipp fondò il primo centro idroterapico a Chamneys, in Inghilterra.


Benché la prima documentazione scritta riguardante il parto in acqua risalga al 1805, l’utilizzo dell’acqua per alleviare il dolore del parto deve le sue origini soprattutto a due grandi pionieri: Odent e Tjarkovskij. In particolar modo Michel Odent, già negli anni ’80 a Pithiviers, in Francia, adoperava delle vasche piene di acqua tiepida per aiutare le donne in travaglio a rilassarsi. Dopo un centinaio di parti avvenuti involontariamente in acqua, pubblicò nel 1984 uno studio sul giornale medico “Lancet”, in cui illustrava le sue esperienze e dimostrava i benefici di questo tipo di “parto dolce”.

IL PARTO IN ACQUA

Quella del parto in acqua risulta essere una tecnica particolarmente gradita alle donne, ma anche una tecnica sicura sia dal punto di vista materno che neonatale.


Vediamone però le condizioni di attuabilità, ovvero le indicazioni, con i relativi vantaggi, e le controindicazioni (tratte dai protocolli dei centri di Poggibonsi, Vipiteno e Torino).

Indicato in caso di:

  • gravidanza a basso rischio ostetrico;

  • gravidanza singola a decorso fisiologico, giunta a termine, qualora la donna lo desideri;

  • donne apiretiche, normotese ed euritmiche, qualora lo desiderino;

  • in caso di diagnosi di travaglio attivo, qualora la donna lo richieda;

  • se il feto è in posizione cefalica;

  • se non vi è un’accertata sproporzione feto-pelvica;

  • se il liquido amniotico è limpido e incolore;

  • se il tracciato cardiotocografico è fisiologico;

  • in fase prodromica, per donne molto tese, ansiose e stanche: l’acqua rilassa e distende, riducendo la produzione di catecolamine;

  • per travagli molto lunghi, quando la donna ha la necessità di riposare e recuperare le energie: l’acqua riduce il peso corporeo fino a 1/6 di quello a terra, quindi dona leggerezza, allevia la fatica, rilassa e permette il recupero delle energie;

  • per quei travagli caratterizzati da contrazioni molto intense, frequenti, con pause brevi: regolarizza e rende più efficaci le contrazioni, riducendo il dolore;

  • per quelle donne molto tese a livello muscolare, con rigidità del bacino e forte dolore a livello lombare: l’acqua rilassa la muscolatura e permette il movimento, migliorando la mobilità del bacino e riducendo il dolore;

  • per le donne pre-cesarizzate: l’acqua riduce la pressione addominale;

  • per quelle donne che soffrono di asma: l’acqua stimola una migliore respirazione e l’umidità dell’aria aiuta il respiro;

  • per le donne obese o disabili: l’acqua diminuisce e attenua l’effetto della gravità, permette il galleggiamento e i movimenti;

  • per le donne ansiose per cause esterne, poiché l’acqua favorisce l’intimità e la donna si sente protetta, contenuta, massaggiata, ha un sostegno equilibrato ovunque attorno al suo corpo.

  • Non indicato in caso di:

  • gravidanza patologica ed età gestazionale inferiore alle 37 settimane o superiore alle 42;

  • bradicardia fetale e/o tracciato cardiotocografico sospetto o patologico;

  • liquido amniotico tinto di meconio;

  • presenza di perdite ematiche superiori alla norma;

  • sproporzione feto-pelvica accertata;

  • serio rischio di distocia di spalle (feto macrosomico, obesità materna, diabete materno…);

  • malattie infettive in corso o precedenti (AIDS, epatite B, epatite C…);

  • casi in cui sia necessario un monitoraggio cardiotocografico continuo e non sia disponibile l’apprecchio doppler impermeabile;

  • patologia materna grave, pre-eclampsia10;

  • periodo espulsivo molto lungo e senza progressione dopo un’ora.

Quali sono, quindi, gli effetti diretti e indiretti dell’acqua sul dolore delle contrazioni?

Effetti diretti

La stimolazione, provocata dal contatto con l’acqua e dal calore, viene condotta al sistema nervoso centrale tramite fibre nervose mieliniche di grosso calibro a conduzione rapida, quindi giunge al midollo spinale più velocemente dello stimolo doloroso, condotto invece da fibre più piccole e amieliniche: in questo modo il “cancello” si chiude e la sensibilità dolorosa diminuisce notevolmente.

Effetti indiretti

Com’è stato detto in precedenza, l’acqua annulla quasi del tutto l’effetto della gravità, riducendo il peso corporeo ad 1/6 di quello a terra, quindi dona leggerezza e facilità nei movimenti, così da poter cambiare frequentemente posizione e mobilizzare il bacino, sfruttandone i benefici, senza stancarsi troppo.


L’acqua poi favorisce l’emergere e il prevalere della parte istintiva del cervello, quindi aiuta ad abbandonarsi e rilassarsi senza ostacolare il dolore, aiuta il recupero delle energie e favorisce lo scorrere dell’energia biologica che attraversa il corpo rigenerandolo e riequilibrandolo.


Ha un forte potere rilassante sulla muscolatura ma anche sulla persona in toto, facilitando il recupero delle energie e stimolando la produzione delle endorfine. Infine, l’acqua riduce i traumi perineali, e quindi il dolore di tipo somatico che ne deriva, e diminuisce i tempi del travaglio.

Cosa fare in pratica?

La vasca – per il travaglio e il parto – dovrebbe avere dimensioni comprese tra i 160 e i 180 centimetri di diametro e una profondità di circa 80 in modo da potersi muovere senza impedimenti e assumere liberamente le posizioni che si desiderano. Di solito il livello dell’acqua dovrebbe arrivare all’incirca al seno, in modo che la pancia e la schiena restino immerse e traggano i benefici del peso ridotto.


La temperatura dell’acqua varia dai 34 ai 37°C a seconda della preferenza. L’ostetrica ausculta il battito cardiaco fetale prima dell’immersione e poi di nuovo a intervalli regolari ogni 15 minuti durante la contrazione (viene usato uno speciale apparecchio doppler senza fili elettrici e impermeabile, oppure il tradizionale apparecchio avvolto in un guanto, così che si possa restare in acqua).


Se le condizioni lo permettono, ovvero le contrazioni si susseguono regolari ed efficaci, si può decidere se partorire in acqua o uscire dalla vasca. Il compito dell’ostetrica che assiste in vasca è quello di osservare la corretta progressione della parte presentata, sostenere psicologicamente e verbalmente e, se necessario, frenare l’intensità delle spinte espulsive spiegando quanto sia importante una graduale espulsione della testa con successivo disimpegno delle spalle, per la madre e per il nascituro. L’ostetrica non tocca, né sostiene il perineo, ma accoglie il bambino e lo guida verso il corpo materno. Il secondamento (l’espulsione della placenta) può avvenire in acqua: recenti studi affermano una minor perdita ematica in vasca, per quanto in alcuni casi per il secondamento sia comunque consigliabile uscire dalla vasca.

LA DOCCIA E GLI IMPACCHI CALDI O FREDDI

Oltre all’immersione in acqua, esistono altri metodi di analgesia che sfruttano la temperatura, calda o fredda, per inviare uno stimolo al cervello che venga condotto più velocemente di quello dolorifico, chiudendo il cancello, e diminuendo la percezione del dolore: la doccia e gli impacchi, se non è disponibile una vasca.


Il caldo

Il caldo dilata i vasi sanguigni e favorisce il rilassamento, permettendo ai muscoli di sciogliersi e allentare le tensioni, promuovendo un senso di benessere e diminuendo la percezione del dolore. È indicato per il travaglio iniziale e per i travagli con un livello medio di percezione dolorosa.

Alcune strategie per sfruttare i benefici dell’alta temperatura sono:

  • avvolgere una bottiglia piena di acqua calda in un asciugamano e poi applicarla sulle zone che si desidera, eventualmente eseguendo un massaggio;

  • avvolgere la borsa dell’acqua calda in un asciugamano e applicarla sulle zone dove viene maggiormente percepito il dolore;

  • scaldare del sale grosso da cucina in padella e poi avvolgerlo in un asciugamano, poi applicarlo sulla cute;

  • scaldare un asciugamano, precedentemente inumidito, nel forno a microonde, poi avvolgerlo in un altro asciugamano e usarlo per fare un impacco;

  • applicare delle compresse imbevute di acqua calda;

  • la doccia calda.

Gli impacchi vanno applicati dove se ne sente maggior beneficio, cioè nella zona in cui viene maggiormente percepito il dolore, di solito sulla schiena, in area lombo-sacrale, sulle spalle o in area pubica, facendo attenzione che la fonte di calore non sia a diretto contatto con la pelle per non bruciarla. Si possono utilizzare le compresse o l’asciugamano scaldato, ma anche la bottiglia piena di acqua calda, per eseguire dei massaggi o delle pressioni, in modo da sommare i benefici dell’applicazione di uno stimolo tattile a quella di uno stimolo termico. Può essere di aiuto applicare gli impacchi caldi al perineo in periodo espulsivo, per facilitarne la distensione e l’elasticità, riducendone il dolore dovuto allo stiramento.


Per quanto riguarda l’uso della doccia calda o tiepida in alternativa alla vasca, è utile procurarsi uno sgabello di plastica da sistemare sotto la doccia e assumere sullo sgabello la posizione accovacciata, dirigere il getto d’acqua, non bollente, sulla schiena, in zona lombo-sacrale, unendo i benefici dell’acqua calda a quelli del massaggio del getto sulla pelle.


Il freddo

Il freddo costringe i vasi sanguigni e rallenta gli impulsi in entrata al cervello, addormentando la zona su cui viene applicato. Poiché il freddo penetra molto più profondamente del caldo e poiché i recettori per il freddo sono più numerosi rispetto a quelli per il caldo, la bassa temperatura viene raccomandata soprattutto per il dolore acuto e molto intenso, come quello del travaglio avanzato. Il freddo, oltre a ciò, rinvigorisce e risveglia i sensi, quindi è adatto anche nel caso in cui ci si senta molto stanche, accaldate o prive di energie.


Gli impacchi freddi andrebbero applicati sulla cute in corrispondenza della zona in cui viene maggiormente percepito il dolore durante la contrazione, esercitando una ferma pressione o eseguendo un massaggio, come per gli impacchi caldi.


Alcune strategie per sfruttare i benefici dello stimolo freddo sono:

  • applicare un impacco con una busta di piselli o di minestrone surgelato avvolto in un sottile asciugamano se siete a casa;

  • l’impacco può essere fatto anche con un asciugamano o delle pezze imbevute di acqua fredda (ma si scaldano piuttosto rapidamente);

  • massaggiare la schiena ai lati della colonna vertebrale con due lattine o due bottigliette fredde usate tipo “rulli”;

  • massaggiare la zona lombo-sacrale con una bottiglia fredda;

  • applicare un impacco con la borsa del ghiaccio oppure un guanto da visita riempito di cubetti di ghiaccio se siete in ospedale.

Una strategia per rendere l’applicazione dello stimolo termico più efficace e benefico, è quello di alternare uno stimolo caldo a uno freddo e viceversa, in modo che i recettori non si adattino ad un’unica sensazione.

Nutrizione e idratazione

Se paragoniamo la donna in travaglio a un atleta che corre per una maratona, allora appare più chiaro il suo bisogno di nutrirsi e di idratarsi durante il travaglio, per supportare il lavoro fisico che il suo corpo deve sostenere e far fronte al massiccio consumo di energie (carboidrati) e liquidi (quindi sali minerali). Come per l’atleta, così anche il corpo in travaglio ha bisogno di integrare energia e sali minerali di continuo perché possa lavorare efficacemente, e ciò è possibile attraverso l’alimentazione e l’idratazione.


Ingerire qualunque tipo di cibo potrebbe essere controproducente, anche se è una probabilità molto remota dato che una donna in travaglio non ha voglia di assumere cibi pesanti.


L’ideale, quindi, è bere a piccoli sorsi bevande zuccherate come succhi di frutta o tè freddo, ma anche acqua e tisane, e fare piccoli spuntini energetici a base di cereali, pane, pasta, ricchi di carboidrati e poveri di grassi, oppure consumare spuntini a base di yogurt e frutta. Un pasto ricco di carboidrati andrebbe addirittura suggerito all’inizio del travaglio, a casa, prima di recarsi in ospedale, per fornire energia a lunga durata. A questo pasto dovranno poi seguire piccoli spuntini, e solitamente risulta molto gradito e di grande utilità l’abbinamento di una fetta biscottata a marmellata o miele.


A chi soffre di nausea, come spesso capita in travaglio, questi spuntini possono non risultare graditi, quindi si può succhiare qualche caramella di zucchero o un cucchiaino di miele, per garantire comunque un apporto energetico sufficiente a supportare le fasi del travaglio.

L’omeopatia

(Con la collaborazione della dottoressa Greta Chiaramonte)


La medicina omeopatica rappresenta l’applicazione clinica della “legge di similitudine”, che stabilisce l’esistenza di un parallelismo d’azione tra il potere tossicologico di una sostanza e il suo potere terapeutico:

Ogni sostanza farmacologicamente attiva induce nell’individuo sano e sensibile un insieme di sintomi e segni, caratteristico della sostanza impiegata e definito patogenesi. Ogni individuo malato presenta un insieme di sintomi e segni, espressione della sua reattività globale ed individuale. La somministrazione a dose infinitesimale della sostanza i cui sintomi sperimentali indotti sul soggetto sano sono simili a quelli spontanei del malato, è capace di indurre la guarigione, testimoniata dalla scomparsa dell’insieme dei sintomi e dei segni…

Hahnemann, 1796


In pratica, i sintomi di un disturbo o di una malattia sono visti come una naturale e fisiologica reazione del corpo che si adopera per superare il disturbo stesso, per eliminarlo, e l’omeopatia, mediante la somministrazione di dosi infinitesimali di una sostanza che provoca segni e sintomi simili a quelli del disturbo, stimola la reazione di difesa fisiologica dell’organismo, rinforzandola, in modo che esso possa autodifendersi, in modo naturale.


Furono tre le colonne portanti di questo principio: Ippocrate, Paracelso e il medico tedesco Hahnemann. Ippocrate, nel III° secolo a.C., riteneva che la natura fosse responsabile della salute come della malattia di un individuo e fondò la propria medicina su due princìpi fondamentali: la “legge dei simili”, da applicarsi quando la causa della malattia fosse stata sconosciuta, e la “legge dei contrari”, da applicarsi quando fosse stata nota, e ne studiò l’applicazione sulla base delle reazioni degli individui malati.


Paracelso (1493-1542), medico naturalista, filosofo e alchimista tedesco, viene considerato il precursore dell’omeopatia, poiché attraverso la diluizione e la dinamizzazione progressiva di alcune sostanze, ne distillava la quintessenza.


Ma il padre della moderna omeopatia fu il dottor Hahnemann (1755-1843) che, persa la fiducia nelle metodiche terapeutiche del proprio tempo, abbandonò la professione medica per dedicarsi ai lavori di traduzione, durante i quali riscoprì quel principio di similitudine precedentemente enunciato da Ippocrate, di cui sei anni dopo enunciò il valore universale.


Oggi esistono tre linee di tendenza: unicista, che si basa sullo studio dei sintomi mediante la ricerca del rimedio, prescritto di solito ad alta diluizione; pluralista, che prescrive due o più rimedi, da assumere singolarmente secondo un certo ordine e una certa frequenza; e la tendenza complessista, che prescrive più rimedi ad azione complementare da assumere nello stesso preparato.


In ogni caso, l’applicazione della legge di similitudine richiede di cogliere la totalità e l’individualità dell’esperienza umana attraverso lo strumento principe del dialogo tra medico e paziente, di cui quest’ultimo è il protagonista. Difatti, per beneficiare dei rimedi omeopatici, è necessario che l’omeopata incontri la persona più volte e in questi incontri conosca a fondo il paziente. Una volta che l’omeopata ne ha raccolto la storia dettagliata, gli prescriverà il o i rimedi più adatti per lui e per quel disturbo specifico.


Per quanto riguarda il travaglio, l’ideale sarebbe che l’omeopata potesse accompagnare la futura madre in modo da prescriverle i vari rimedi per le varie fasi, ma è possibile anche autogestirsi portandosi appresso dei rimedi che l’omeopata ha prescritto in vista del parto.


Esistono diversi tipi di rimedi e di differente potenza.

Le diluizioni possono essere:

  • basse (dalla 4 CH alla 9 CH) per patologie acute,

  • medie (15 CH, 30 CH) per patologie croniche,

  • alte (200 CH, 1000 CH, 10.000 CH) per patologie specifiche.

Più la similitudine tra il modo reattivo del paziente e la patogenesi del medicinale è grande, più la diluizione da usare deve essere elevata e viceversa. Inoltre poiché il medicinale omeopatico è uno stimolante specifico dell’organismo malato, la posologia è anche la ripetizione dell’assunzione dei medicinali.


Il travaglio, considerato come una condizione acuta, richiede che il rimedio debba agire rapidamente e debba essere possibile ripetere frequentemente l’assunzione, anche ogni 15 minuti11.

Vediamo alcuni rimedi particolarmente consigliati durante il travaglio:

  • CAULOPHYLLUM 200 CH: è utile quando le contrazioni sono convulse e inefficaci e la cervice è molto rigida e non dilatata. È utile anche quando si è molto stanche e deboli e molto sensibili al freddo.

  • PULSATILLA 200 CH: utile quando le contrazioni iniziano, ma non proseguono o non sono efficaci, quando ci si scoraggia, si piange, si è assetate, deboli e quando si sente il bisogno di attenzioni particolari. In ostetricia la pulsatilla è molto utile nel caso di pericolo di aborto.Durante il parto è efficace quando la testa del feto è al pavimento pelvico e la forza dall’utero è insufficiente ad espellerlo. I sintomi peggiorano col caldo, con vestiti o coperte pesanti mentre migliorano con l’aria fresca e col movimento lento.

  • ACTEA RACEMOSA 200 CH: utile nel caso in cui le contrazioni non siano efficaci e il collo uterino sia rigido.

  • KALI CARBONICUM 5 CH: efficace per i dolori lancinanti in zona lombo-sacrale, alla regione dei glutei e alle cosce. Utile anche quando si è sudate, deboli, ansiose o irritabili, oppure quando si soffre di mal di testa o quando vi è il desiderio di appoggiare qualcosa di pesante sulla regione lombare. È un rimedio che va ripetuto frequentemente. La paziente pensa di dover morire, si preoccupa per dettagli futili. Migliora di giorno e peggiora di notte soprattutto alle ore 3.00.

  • CHAMOMILLA 200 CH: da somministrare quando si è arrabbiate o molto irritabili, insofferenti alle contrazioni o alle visite vaginali, quando si sbraita e si agitano le mani per picchiare. Utile anche quando le contrazioni sembrano spingere il bambino verso l’alto piuttosto che in basso, o quando si soffre di dolori alle cosce.

  • CIMICIFUGA 200 CH: quando si è spaventate e disperate, quando non si riesce a mantenere l’autocontrollo, non si riesce a rilassarsi, si è ipercinetiche e si parla molto. Utile anche quando il dolore delle contrazioni viene percepito più lieve restando sul fianco sinistro.

  • SEPIA 200 CH: utile quando il travaglio è molto violento, quando si è irritabili, facili al pianto o indifferenti, ma anche quando si prova l’impulso di mordere qualcuno e poi si prova rimorso. Importante per i dolori intra partum che provocano brividi e nel post partum per la persistenza dei dolori vaginali, lombalgia e peso rettale. Utile per le neomamme che dimostrino avversione per l’allattamento. Il dolore del travaglio migliora con l’esercizio fisico come il ballo e peggiora in ambienti umidi e chiusi.

  • ACONITUS NAPELLUS 200 CH : utile per i padri e le madri spaventati dal travaglio. Ottimo per il terrore di non riuscire a partorire e quindi di morire. Molto importante nei casi di cessazione delle contrazioni uterine dovuta alla paura. Utile nelle primipare con spasmo dell’ostio uterino. Aconitus è il rimedio dell’acuto, la sua azione è breve e rapida. Indicato quando c’è una grande ansia e agitazione fisica.

  • ARNICA 5 CH: è il rimedio contro lo shock di qualsiasi tipo, riduce il dolore e l’infiammazione. Durante la gravidanza i movimenti fetali sono avvertiti con dolore e impediscono il sonno. Durante il parto l’utero si contrae con debolezza. Per il dolore lombare durante il travaglio e l’emorragia attiva dopo travaglio. Rimedio fondamentale nel post partum come cura per le contusioni dei tessuti muscolari e connettivali.

  • HYPERICUM PERFORATUM 30 CH: promuove il benessere e aiuta a ridurre i danni tissutali. Molto importante per i traumi dei tessuti altamente innervati come i genitali esterni con ferite lacere e dolorose. Per i dolori nel post partum e le ragadi dei capezzoli, che si aggravano anche con il solo sfiorare la pelle.

  • NATRUM MURIATICUM 5 CH: utile per i dolori in zona lombo-sacrale, quando la donna si sente inibita o arrabbiata o ostacolata. Il parto progredisce lentamente a causa delle deboli contrazioni. È il rimedio per coloro i quali il mutamento della routine provoca ansietà. Quindi per i neogenitori turbati dal nuovo nato o per il primogenito quando arriva il fratellino o la sorellina.

  • GELSEMIUM 200 CH: il rimedio per la paura del parto, utile anche contro mal di schiena e debolezza. Utile per quelle paure paralizzanti con ansia anticipatoria accompagnata da tremori, sudorazione, viso arrossato. Molto importante per le partorienti con grande ansia, con il collo uterino che non si rilascia durante il parto, con falsi dolori da parto e per il parto protratto per inerzia uterina. Per dolori post partum che durano troppo a lungo alterando il ciclo sonno-veglia con conseguente insonnia.

Per assumere un qualsiasi rimedio omeopatico, è necessario osservare alcune regole affinché non perda efficacia e i benefici non vengano invalidati o ostacolati: i rimedi si trovano sotto forma di piccole tavolette rigide o morbide, in polvere, in granuli, sotto forma di gocce o pilloline, tutte da porre sotto la lingua, zona molto vascolarizzata ad alta capacità di assorbimento, e poi lasciate sciogliere completamente (oppure disciolte in acqua). È importante assumere un rimedio alla volta e l’assunzione va ripetuta dalle 3 alle 6 volte al giorno fino anche ogni 15 minuti nelle condizioni più acute – come il travaglio di parto. Va ricordato che il rimedio va assunto almeno mezz’ora prima o un’ora dopo del pasto, in modo che la bocca sia pulita. Inoltre va evitato il consumo contemporaneo di tè, caffé e menta (anche l’uso di dentifricio alla menta), poiché funzionano come antidoti al rimedio e possono impedirne l’effetto. Bisogna poi fare attenzione a non toccare con le mani o con la saliva i granuli o le tavolette che non si usano, a non farle cadere o toccare contro qualunque cosa che non sia il recipiente apposito, poiché una volta “contaminate” perderebbero di efficacia. Devono essere conservate in luogo fresco e buio, lontano da fonti di odori forti o profumi.


Infine, è bene ricordare che è molto comune all’inizio del trattamento con un rimedio che il sintomo peggiori prima di migliorare: poi, però, i sintomi decresceranno nell’ordine inverso a quello in cui sono comparsi e a cominciare dagli organi più vitali per finire con quelli meno vitali.

I fiori di Bach

Nel 1930 Edward Bach, medico inglese autore di ricerche e scoperte nel campo della batteriologia e dell’omeopatia, lasciò Londra per dedicarsi a osservazioni, studi, riflessioni e ricerche sulla vegetazione spontanea, soprattutto i fiori, del Galles.


Durante tutti gli anni della sua professione di medico, egli si era convinto che la malattia e il dolore non dipendessero tanto da cause fisiche, quanto piuttosto da stati mentali o emozionali disarmonici e negativi, che, se perduravano a lungo, finivano con il manifestarsi sul corpo, con il conseguente apparire dei sintomi della malattia: “La malattia, alla sua origine, non è materiale. Ciò che conosciamo come malattia è l’ultimo effetto prodotto dal corpo, la risultante di forze che agiscono per lungo tempo e in profondità…”. Pensava inoltre che la malattia e il dolore fossero da comprendere, prima ancora che da combattere, poiché sono il segnale di una disarmonia e possono aiutare a capire dov’è che si sbaglia, perché ci si sta allontanando da se stessi e dalla propria verità più profonda: “… perché non si può essere interamente se stessi se ci ammala…” e che per ristabilire la salute e il benessere non basta risanare il corpo, cioè curare e annullare il sintomo, ma bisogna altresì ritrovare equilibrio e armonia nella propria mente, nei pensieri e nelle emozioni, in quanto “…non vi è vera guarigione o assenza di dolore senza la pace dell’anima e la gioia interiore…”


In Galles Bach studiò soprattutto i fiori, che presto identificò come l’espressione più vitale e totale dell’albero o della pianta. In questo modo individuò e preparò i 37 rimedi floreali conosciuti come “Fiori di Bach”, più un rimedio a base di acqua raccolta da una sorgente rocciosa, il “Rock Water”, ciascuno dei quali è in grado di riequilibrare uno stato d’animo negativo, causa di dolore e malattia. È un metodo molto efficace e privo di controindicazioni,: i fiori funzionano secondo il “principio di risonanza”, ovvero agiscono sugli aspetti più sottili e profondi della mente, riequilibrandola e ricreando l’armonia spezzata, dando sollievo, per risonanza, appunto, anche ai sintomi fisici che derivano dalla disarmonia.


I rimedi possono essere somministrati direttamente dalla boccettina, in caso di emergenza, o sotto la lingua, oppure diluendo 2-4 gocce in un bicchiere d’acqua, o ancora, possono essere posti direttamente sull’area che necessita del rimedio. Si può anche riempire d’acqua un boccettino e diluirvi 2 gocce per ogni rimedio che si vuole aggiungere, fino ad un massimo di 6 rimedi diversi, assumendone 4 gocce per 4 volte al giorno.


I 38 rimedi sono suddivisi in 7 gruppi diversi, sulla base dei sintomi emotivi e mentali che si accingono a riequilibrare. Tra questi i più utili in gravidanza e durante il parto troviamo:


Cerato (per la mancanza di fiducia in se stessi), Aspen (contro la paura delle cose sconosciute, per l’apprensione), Mimolus (contro la paura delle cose conosciute), Olive (per la stanchezza fisica e la spossatezza), White Chestnut (per i pensieri preoccupanti), Walnut (ottimo per i periodi di cambiamento, come la gravidanza e il parto).


Rescue remedy: è un cocktail di 5 rimedi, uno straordinario rimedio di emergenza contro lo shock o in prevenzione di shock fisici, mentali ed emotivi, per casi di dolore, panico o stordimento. È un rimedio utilissimo in travaglio, da assumere per via orale diluendo alcune gocce in un bicchiere d’acqua o 4 gocce direttamente sotto la lingua o sui punti riflessi.

Travaglio e parto senza paura
Travaglio e parto senza paura
Emanuela Rocca
Comprendere la funzione del dolore e alleviarlo con i metodi naturali.Utili suggerimenti e consigli pratici per prepararsi al momento del parto e alleviare il dolore del travaglio con metodi naturali. Travaglio e parto senza paura fa luce sulle possibilità che oggi si hanno a disposizione per vivere il momento del parto nel rispetto della naturalità dell’evento e del benessere di mamma e bambino, spiegando come la sofferenza possa essere una potente arma che la natura fornisce alla donna per guidarla nel processo che conduce alla nascita.Non sempre è semplice, occorre un accompagnamento alla nascita che restituisca alla donna l’innata e istintiva capacità di partorire, costituita dalla fiducia nel proprio corpo e nelle proprie competenze. In questo libro l’ostetrica Emanuela Rocca approfondisce le tecniche dell’analgesia alternativa, come l’assunzione di posizioni particolari, il massaggio, l’aromaterapia, l’agopuntura e altri metodi per affrontare e superare naturalmente il dolore del parto. Conosci l’autore Emanuela Rocca, madre di tre figli e ostetrica libera professionista a Genova, si occupa di assistenza alla gravidanza, accompagnamento alla nascita, assistenza al travaglio e in puerperio, allattamento e primi anni di vita del bambino.Crede profondamente nella sapienza delle donne e nella loro capacità di dare la vita e accudire il proprio neonato e nella figura dell’ostetrica come colei che le accompagna attraverso questa scoperta, con rispetto e fiducia.