Il rilassamento e la respirazione
L’ansia, la paura e la preoccupazione del travaglio possono causare tensione muscolare e rigidità articolare. Il dolore quindi aumenta e pertanto amplifica anche la secrezione di adrenalina in senso cronico, inibendo la regolare emissione degli ormoni che regolano il travaglio (l’ossitocina e le prostaglandine); di conseguenza si avrà un rallentamento della progressione e un allungamento dei tempi.
In definitiva, quando siamo tese, spaventate, preoccupate, agitate, il dolore aumenta, e non solo perché l’adrenalina ostacola la produzione delle endorfine, ma anche perché la contrattura del miometrio porta una relativa ischemia, il che è un’altra fonte di dolore. Le contrazioni uterine perdono efficacia, la cervice non si dilata, il travaglio si allunga e non ci si riesce a rilassare nella pausa tra due contrazioni, non si riesce a recuperare le energie per affrontare la contrazione successiva e la stanchezza prende il sopravvento… Insomma, è importantissimo agire contro la tensione e la rigidità muscolare, per controllare il dolore e recuperare le forze durante la pausa… e affinché il travaglio non si blocchi!
Il rilassamento, insieme con la respirazione, è forse il metodo migliore da adottare in ogni travaglio, al quale si possono eventualmente aggiungere le altre tecniche naturali. Si potrebbe quasi azzardare a dire che è la base a cui associare ogni altro metodo di analgesia: un corpo e una mente rilassati, difatti, diventano più recettivi a un massaggio, alle visualizzazioni, all’agopuntura e all’omeopatia… Si tratta di agire su corpo e mente: un esercizio di rilassamento accompagnato da un massaggio shiatsu, una visualizzazione durante un massaggio plantare, un esercizio di respirazione associato all’applicazione del metodo T.E.N.S.
L’ideale, in ogni caso, è cominciare a lavorare già durante la gravidanza o, comunque, prima del travaglio e prima che i dolori diventino troppo intensi. In questo modo ci saranno più tempo e più mezzi a disposizione per la preparazione psicofisica al parto, e si arriverà ad affrontare il travaglio più rilassate, più preparate, più consapevoli e maggiormente in grado di gestire il dolore delle contrazioni.
Il rilassamento riduce notevolmente le tensioni, mette il corpo in una situazione di armonia e lo rende capace di conservare le energie e utilizzarle al meglio per un efficace funzionamento. Esistono numerose tecniche per far rilassare una persona: alcune occupano la mente, altre incoraggiano l’abbandono e la passività, altre ancora si basano sull’alternanza tra contrazione muscolare e rilasciamento, e invece altre ancora possono essere praticate per conto proprio…
Tutte prevedono un controllo della respirazione, l’uso di un ritmo particolare, lento, profondo o superficiale, comunque finalizzato al raggiungimento dello stato di rilassamento e abbandono. La respirazione determina il ritmo al quale far lavorare il corpo, quindi regola tutte le altre attività dell’organismo, dalla frequenza cardiaca all’attività cerebrale, regolando la cadenza e scandendone i tempi. Essenziale in ogni caso curare la respirazione diaframmatica, ovverossia con l’addome.
È importante però che ogni donna trovi da sola il proprio ritmo e la propria cadenza, quella che più l’aiuta a raggiungere il rilassamento più profondo e completo. Ci sono opinioni diverse rispetto a questo argomento: fondamentalmente se la donna debba o no essere guidata a trovare il proprio ritmo. L’ideale è, probabilmente, la seconda opzione: seguire i propri ritmi biologici, quelli istintivi e spontanei che ci vengono suggeriti dal corpo. D’altra parte, ogni donna conosce la propria respirazione e sa come adattarla alle situazioni, quindi è potenzialmente capace di gestirla al meglio. È importante tuttavia essere aiutata e preparata, prima del parto, ad ascoltare le richieste del proprio corpo e ad essere consapevole dei propri mezzi per soddisfare queste richieste, compresa la respirazione.
Durante un corso di accompagnamento alla nascita si possono praticare degli esercizi di rilassamento (e di respirazione!), così da acquisire quegli elementi che andranno a far parte di una sorta di “bagaglio” che, quando sarà il momento, ci metterà in grado di vivere e gestire il dolore al nostro meglio.