CAPITOLO II

Sacralità dell'attesa

“Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e santo è il suo nome”
Vangelo di San Luca 1,49

Una volta che il seme è affondato nella terra nutrice non resta che annaffiarlo con amore e tenerezza.


Nel calore avvolgente dell’utero, come nella grotta di Betlemme, il seme cresce e mette radici sempre più profonde. La carne del bambino si compenetra della carne della madre, succhia il suo sangue e viene alimentata dal suo soffio, dal suo respiro. La placenta, questo organo misterioso e complesso, segna il confine tra i due e funge da interfaccia, da mediatrice, da compagna di viaggio del bambino.


Attraverso di lei avvengono gli scambi necessari al mantenimento della vita. Ma succede di più: c’è un passaggio di cellule dal bambino alla madre e dalla madre al bambino, così che entrambi ospitano a vicenda parti di sé. “Microchimerismo” lo chiamano gli scienziati: la madre alberga nel suo corpo cellule-bambino e il bambino cellule-madre. Lo scambio è più intenso in condizioni di emergenza: una minaccia d’aborto per esempio o un’anomalia cromosomica, quasi che il figlio corresse in aiuto alla madre donandole la forza delle sue cellule giovani e prorompenti di vita per aiutarla a superare il trauma. E la madre ricambiasse offrendo al bambino cellule esperte nel difenderlo, una volta nato, dagli attacchi esterni di virus e batteri.


Un interscambio perfetto. Quando c’è armonia. Se questa si rompe, se problemi antichi avvelenano le acque, l’equilibrio può trasformarsi in guerra, in un’intolleranza ospite-ospitante e ciò che è risorsa diventa ostacolo e autodistruzione e può generare in futuro malattie autoimmuni nel figlio e nella madre. Anche i nuovi nati riceveranno dalla mamma nei parti successivi delle cellule-fratello/cellule-sorella: indiscutibile conferma della interrelazione che ci lega tutti, in quanto esseri umani, nella stessa invisibile, cosmica rete.


La gravidanza è tempo d’attesa e di raccoglimento. La vita cresce nel silenzio, come un seme nel calore della terra sotto la neve. Ci vuole tempo perché diventi un germoglio. I tempi della terra sono lenti, sono i tempi del dentro, non del fuori, i ritmi calmi e tranquilli del ciclo delle stagioni. La gravidanza è tempo di ascolto. Ascolto di sé e ascolto dell’altro, ascolto del corpo e ascolto del bambino che nel corpo cresce e si forma. Ascolto dei messaggi che giungono da entrambi. Tempo e ascolto: ecco le due dimensioni portanti della gravidanza. Ma per ascoltare occorre fare silenzio. Un silenzio che non è un muro ma uno spazio vuoto gravido di parole, un silenzio che è terreno d’incontro, generatore di scambio io-tu, uno-due.


La donna, come la terra, è custode della vita, portatrice del mistero. Il suo corpo si fa tempio, tabernacolo che ospita il divino. La donna in attesa è abitata: il suo volto emana una luce particolare, una calma, un senso di appagamento del tutto speciali. Il volto della donna gravida è disteso, rilassato. I suoi occhi guardano oltre, scorgono l’invisibile.


Vulnerabile e potente, fragile e forte al tempo stesso, la donna crea e chi crea è vicino al divino.


Il bambino, immerso nelle acque primordiali, vive di sua madre. Si nutre di lei. Si nutre del suo amore. E di bellezza. La bellezza del cielo intensamente azzurro di una mattina d’autunno, la bellezza del pruno in fiore a primavera, la bellezza delle stelle che brillano splendenti nella notte nera e del mare che luccica d’argento mentre canta la sua canzone al sole che tramonta. Il bambino ha bisogno di parole che, intrecciate insieme, gli raccontino una storia.


E allora gioca e fa capriole nella sua piccola casa, al riparo dalle tempeste e dai tuoni. Dove tutto è morbidezza. La mucosa dell’utero lo avvolge come un drappo di velluto e di seta. Niente angoli, niente spigoli, solo soffici linee curve. Tondo il ventre che cresce insieme a lui come la luna che si fa piena di notte in notte.


E la donna, giorno dopo giorno, diventa madre: la maternità è un processo, un cammino che si apre camminando, un viaggio di mille miglia che comincia con un passo…

Nato prima del tempo
Nato prima del tempo
Elena Balsamo
Sacralità della nascita e accoglienza amorevole al neonato prematuro.Gravidanza, parto e accoglienza del neonato in una prospettiva emozionale e spirituale, con un’attenzione particolare ai bimbi prematuri. Nato prima del tempo è l’opera di Elena Balsamo dedicata alla perinatologia.La gravidanza, il parto e l’accoglienza del neonato sono qui visti in una prospettiva emozionale e spirituale, visione poco comune tra gli operatori sanitari.L’autrice esplora la dimensione della sacralità neonatale suddividendo il testo in due parti.La prima tratta il tema dell’accoglienza del neonato in condizioni di assoluta normalità, quando tutto procede senza intoppi, aiutando a comprendere appieno l’esperienza della maternità e proponendo vari spunti di riflessione per accogliere il neonato nel miglior modo possibile.La seconda invece è rivolta ai casi più difficili e problematici, quando le cose non vanno per il verso giusto, come i parti prematuri o traumatici, offrendo una nuova visione che apra le porte alla speranza e alla fiducia nel cambiamento. Conosci l’autore Elena Balsamo, specialista in puericultura, si occupa di pratiche di maternage e lavora a sostegno della coppia madre-bambino nei periodi della gravidanza, del parto e dell'allattamento.Esperta di pedagogia Montessori, svolge attività di formazione per genitori e operatori in ambito educativo e sanitario.