Perché l’incontro avvenga, non di meno occorre delicatezza: l’Angelo dell’Annunciazione soffia la sua proposta nel cuore di Maria che la accoglie dicendo sì. L’incontro avviene attraverso uno scambio di parole che è al contempo una condivisione dello spazio sacro personale. L’incontro avviene nell’intimità. Ma l’intimità non richiede necessariamente un contatto fisico o ancor più genitale: ci può essere intimità profonda tra due persone senza alcun atto di natura sessuale, così come può esserci atto sessuale senza alcuna intimità. L’intimità si crea quando io permetto all’altro di entrare dentro al mio spazio sacro, quando lo ospito nella mia interiorità, quando sono disposto a mostrargli la mia anima, al di là di ogni maschera o velo. Quando mi offro non fisicamente ma spiritualmente nudo. Un atto che richiede coraggio perché rende vulnerabili. È il gesto ardito di Maria che si apre all’annuncio dell’Angelo, si fida di lui e si affida a lui. Si fa coppa recettiva per il suo messaggio fecondatore. Ma l’Angelo arriva a lei con la delicatezza di un soffio di vento, non con l’impetuosità di un rombo di tuono…
L’amante arriva scalzo, in punta di piedi e bussa timidamente alla porta.
“Posso?” è la condizione preliminare, la chiave magica che apre i cancelli dell’anima.
La parola si fa tocco e il tocco-carezza si fa parola.
L’uomo eiacula nel corpo della donna una parola-seme di luce, la donna la riceve, la accoglie nel suo grembo e la trasforma in carne e il bambino viene ad abitare in mezzo a noi.
L’eiaculazione è una preghiera, una “giaculatoria” (dal latino “iaculum”, che significa letteralmente “dardo”, “saetta”) che viene lanciata con ardore verso l’alto, su su fino ad arrivare ai confini del cielo. In quell’istante l’amore ha compiuto il suo miracolo: il due, per un solo attimo che ha il sapore dell’eterno, si è fatto Uno, è tornato all’Unità primigenia, là dove tutto ha inizio e una nuova vita può sbocciare. La sacralità del gesto permette l’accesso a una dimensione che fa parte dell’oltre.
Anche qui, non necessariamente la penetrazione dev’essere fisica, genitale, affinché dia luogo al processo creativo: la Parola, quando è sacra, può fecondare anche senza amplesso dei corpi. Lo diceva già Platone, nell’Anima: “C’è chi resta incinto nello spirito più che nel corpo. Incinto, sì, della cosa di cui è naturale che resti incinto lo spirito, per poi partorirla.” E cioè del pensiero. “Fra questa gente, in qualità di procreatori, stanno i poeti, tutti quanti e, degli artisti, quelli che definiamo creativi”. La fecondità in questo caso diventa creatività nel senso di produzione di opere d’arte “belle e immortali”. La parola-seme esce dalla bocca ma anche dagli occhi e dalle mani, e trasforma un pezzo di deserto in una zolla di terra fertile.
La sacralità dell’unione tra maschile e femminile è rappresentata per i popoli nativo-americani da un oggetto utilizzato proprio per la preghiera: la Sacra Pipa. Essa è costituita da due parti: il cannello, simbolo dell’organo maschile, e il vaso, simbolo dell’utero femminile, che vengono uniti al momento del rituale per permettere il passaggio del fumo e la sua liberazione verso l’alto, fino a raggiungere il Grande Spirito.
La stessa simbologia di canale e di vaso è presente nella Cabalah ebraica: l’uomo offre alla donna la sua Luce, questa la riceve dandole forma e struttura. La donna dev’essere capiente e il suo vaso dev’essere integro, senza crepe, per poter accogliere la Luce dell’uomo; questi deve esserne portatore per poterla donare alla donna.
Il concepimento avviene dunque da un incontro di Luce, qualunque ne sia il frutto: un bambino, un’idea, un progetto, un’opera d’arte. Perché quando due luci si incontrano non sono più: solo la Luce è e la Luce crea.