seconda parte

Il meraviglioso mondo dei bambini

La quiete dopo la tempesta…

capitolo ix

Dopo Freud.
Verso una pedagogia a misura di bambino

Una prova della correttezza del nostro agire educativo è la felicità del bambino.

Maria Montessori


Di Dio ci fidiamo. Tutti gli altri devono presentare dati.

Anonimo

Per fortuna, nonostante tutto, dopo Freud si è iniziato a studiare davvero sul campo, e dunque secondo un approccio veramente scientifico, il comportamento infantile: è emersa una realtà diametralmente opposta a quella teorizzata da Freud e il bambino è stato visto sempre più come un esserino totalmente indifeso, pieno di bisogni, certo non sessuali ma di accudimento e protezione e la cui sopravvivenza dipende unicamente dall’amore e dalle cure dei genitori.


La buona notizia è che i primi passi verso questo importante cambiamento sono stati fatti proprio da psicoanalisti allievi e pazienti di Freud stesso, che si sono resi conto ad un certo punto dei gravi errori commessi dal loro maestro e degli enormi limiti di cui il suo rigido modello inevitabilmente risentiva. Parliamo dunque non di individui del tutto estranei all’opera e alla persona di Freud, ma di professionisti nati e cresciuti proprio sotto la sua ala protettrice, ma che hanno avuto il coraggio e il buonsenso di metterlo in discussione e di andare oltre.


Di seguito riporto in maniera molto sintetica quei pionieri psicoanalisti e psichiatri che hanno letteralmente gettato le basi per una conoscenza scientifica dell’infanzia e per la diffusione di una cultura dalla parte del bambino.

Quando si studia “seriamente” il comportamento dei bambini, la realtà che emerge è assai positiva, lontana anni luce da quella freudiana, che ne offre invece una visione estremamente negativa e pessimistica, proprio perché scaturita da pure congetture perverse di una mentalità pervertita in modo evidente. Perverso non è il bambino, ma colui che crea un approccio all’infanzia di tipo adultocentrico e in qualche modo pedofilo.
Già Sandor Ferenczi negli anni Trenta sosteneva che i bambini avessero dei bisogni non di tipo sessuale, ma di tipo esclusivamente affettivo. Egli scrisse un’opera fondamentale dal titolo Confusione di lingue tra adulti e bambini1 in cui sottolinea come siano frequenti i casi di abusi sessuali sui bambini e come questi vengano male interpretati. Freud, abbiamo visto, non crederebbe a tali abusi e li inquadrerebbe come fantasie, mentre Ferenczi parla del rischio rappresentato dal “confondere le lingue” con cui comunicano adulti e bambini: l’adulto coglie nella ricerca di protezione e affetto del bambino un suo desiderio di attenzioni di tipo sessuale.

Negli anni Cinquanta lo psicoanalista statunitense René Spitz svolge degli studi pioneristici sui neonati e sul primo rapporto madre-bambino. Benché ancora molto “affascinato” dalla teoria del maestro (che non esita a citare numerose volte nei suoi scritti), in realtà getta le basi per lo studio di quelle che vengono comunemente chiamate “relazioni oggettuali”: il bambino alla nascita non ha pensieri propri, né consapevolezza di sé e degli altri e il suo sviluppo dipende totalmente dalle cure materne.


L’autore per la sua ricerca ha utilizzato delle telecamere che per lunghissimi periodi di tempo hanno filmato il neonato nel suo rapporto con la madre. Osservazioni fatte in diversi contesti ambientali, come la famiglia del bambino, il reparto lattanti, l’orfanotrofio. Spitz è stato dunque il primo freudiano a parlare di affetto tra genitore e bambino, a testimoniare le gravi conseguenze fisiche e psichiche dei maltrattamenti infantili e in definitiva il primo a sottolineare come una relazione affettiva tra genitori e figli rappresenti la base per uno sviluppo sano.


Ha parlato dunque di “relazione”, di “socialità”, di un “disagio del bambino”, il quale oltre alle cure fisiche necessita di cure affettive. Il primo a vedere il bambino per quello che è. Il grande merito di Spitz, nonostante i suoi limiti dovuti a una ancora troppo forte venerazione nei confronti del suo maestro, è stato dunque di aver provato ad osservare i bambini, laddove Freud si limitava semplicemente a filosofeggiarne. Quello che scoprì, grazie a Dio, fu una realtà ben diversa da quella a lui insegnata.

Lo psicologo americano Harry Harlow2 si dedicò allo studio del comportamento di cuccioli di macaco e quello che rivelò fu sorprendente3. Sono ricerche che hanno subìto non poche critiche per il fatto di aver in qualche modo maltrattato questi animali. Ci hanno però anche dimostrato come queste scimmiette (inserite in un contesto di laboratorio) passassero la maggior parte del loro tempo attaccate a una finta mamma scimmia, morbida e calda, ma che non dispensava cibo e come proprio a questa si rivolgessero in situazioni di pericolo (un finto mostro-robot inserito dal ricercatore nella gabbia). Nella gabbia era presente anche un’altra finta mamma scimmia che dispensava cibo, ma era fredda e rigida al contatto e i cuccioli le si rivolgevano solo per lo stretto tempo necessario all’alimentazione, per tornare poi di corsa tra le calde braccia dell’altra mamma. Questo testimonia appunto come il bisogno di affetto e protezione sia il primo e più potente bisogno del cucciolo umano e come l’attaccamento sia “un legame istintivo, e non solo secondariamente acquisito tramite la cura alimentare4.


Dopo l’evoluzione graduale di Spitz e gli studi di laboratorio di Harlow si giunge negli anni ’60 a colui che possiamo definire senza ombra di dubbio il più grande studioso di bambini di tutti i tempi, colui che ha definitivamente creato l’immagine di un’infanzia da proteggere, da custodire, perché rappresenta una fase delicata e cruciale per la formazione di quello che poi saremo da adulti. Mi sto chiaramente riferendo allo psicoanalista inglese John Bowlby.


Questo autore, con la sua illuminante “teoria dell’attaccamento5, sottolineò quattro aspetti fondamentali dello sviluppo infantile: 1) il bambino nasce e si sviluppa inevitabilmente in un contesto interpersonale; 2) il bambino si attacca ai suoi genitori soprattutto in base al loro atteggiamento nei suoi confronti; 3) durante lo sviluppo tale modalità relazionale tra genitore e figlio viene memorizzata e va a creare dei “modelli operativi interni(MOI) di relazione con l’altro; 4) per il resto della sua vita l’individuo ricercherà e rimetterà in atto relazioni organizzate (inconsciamente) proprio sulla base di questi “regolatori interni”.


Bowlby ha sottolineato come il bambino sia mosso unicamente da una ricerca di attaccamento con le figure di accudimento: non c’è sessualità e anche i bisogni fisiologici, seppur fondamentali per il bambino, passano in secondo piano rispetto al suo bisogno di attaccamento.


Sempre a partire dagli anni ’60 troviamo il famoso psicoanalista inglese Donald Winnicott, i cui contributi alla conoscenza del comportamento infantile si basano su una estesa esperienza clinica con bambini e adolescenti. Anche lui in parte ancora ancorato a una matrice freudiana, ma studioso sul campo della realtà infantile. Coniò concetti fondamentali come quello di “holding”, cioè di un “contenimento affettivo” di cui il bambino ha bisogno e di “preoccupazione materna primaria”, uno stato psicologico essenziale per permettere di dare al piccolo cure materne adeguate. Suo è anche il ben noto concetto di “Falso Sé”: un bambino non amato adeguatamente finirà per sviluppare un senso di non autenticità, di inutilità soggettiva, di non esistenza6.


Un altro grande pioniere dell’Infant Research è lo psichiatra americano Daniel Stern, venuto a mancare di recente. Dalle sue ricerche sappiamo che il bambino, con l’attaccamento, mette in atto tutta una serie di comportamenti per attirare su di sé le attenzioni e le cure di cui necessita, attraverso sguardi, mimica, suoni. Questi “segnali” attivano nella madre tutta una serie di “risposte” già programmate geneticamente dentro di lei, e questa comunicazione di alternanza di segnali, permette alla diade madre bambino di “sintonizzarsi affettivamente”, creando quella meravigliosa immagine di un “valzer” che madre e bambino danzano insieme7.


Tale relazione madre-bambino è stata dall’autore studiata nei minimi dettagli, misurando in modo direi quasi ossessivo la durata e la tipologia di ogni minimo scambio tra la madre e il figlio. È stato rilevato che anche la minima espressione facciale o vocalizzazione dei due porta poi a tutta una serie di scambi relazionali di vitale importanza per lo sviluppo del bambino8.

Il bambino è dunque per sua natura una tabula rasa nel momento in cui viene al mondo; non ha fantasie, pensieri, preconcetti, è mosso soltanto da un fortissimo bisogno di protezione, di attaccamento, di relazioni affettive; in parole povere di amore. Pensiamo che addirittura la nostra stessa natura ci ha donato sin dalla nascita delle funzioni che mirano proprio all’attaccamento del bambino ai suoi genitori. Per esempio la cosiddetta “configurazione infantile”: il modo specifico in cui è fatto un bambino, testa, occhi e pupille grandi, pelle morbida e rotonda, movimenti goffi, attiva nell’adulto che lo guarda tutta una serie di risposte già programmate nei nostri geni e miranti alla presa in cura del piccolo. Anche il pianto e il sorriso rappresentano delle strategie innate che il bambino adotta per attirare l’attenzione degli adulti su di sé. Il bambino riesce inoltre a riconoscere al buio l’odore materno e la madre quello del figlio.

Come dice Desmond Morris9, famoso etologo inglese che tanto ha dato per la comprensione dell’infanzia,

se un adulto non reagisce in questo modo alla vista di un bambino, evidentemente non è stato a sua volta ‘visto’ come bambino nella sua infanzia e sarebbe meglio non avesse figli per non ripetere con loro gli stessi errori genitoriali commessi dai propri genitori con lui.

Questo è, o meglio dovrebbe essere il denominatore comune a tutte le strategie educative da mettere in atto per crescere i bambini. Non credo sia fondamentale conoscere delle tecniche segrete per essere dei perfetti genitori. Credo piuttosto che sia necessario seguire la nostra natura, che è votata all’amore e non all’odio (come già suggerito da Freud) ed essere a conoscenza dei nuovi studi e approcci all’infanzia, sì da poterli prendere come riferimenti per relazionarci con i bambini in un’ottica che sia finalmente “bambinocentrica”.


Per comprendere davvero l’infanzia è necessario entrare nell’ottica che il bambino “è”, “esiste” e si sviluppa solo all’interno di una relazione affettiva profonda con i suoi genitori. Nel prossimo capitolo parlerò proprio di questo, perché parlare di bambini implica inevitabilmente parlare di genitorialità. Non esiste l’uno senza l’altro. Non esiste la realtà del bambino fine a se stessa, già data e compiuta come abbiamo visto vorrebbe qualcuno. Esiste sicuramente una “realtà dell’adulto”, ma quella del bambino è inevitabilmente e indissolubilmente anche la “nostra realtà”. Lasciamoci coinvolgere da loro.


Concludo con dei passaggi di D. Morris10 che tanto ha contribuito a creare una cultura dell’infanzia, tanto infangata dai suoi colleghi predecessori, Freud in primis:

Tutto ciò si sarebbe potuto evitare se soltanto il bambino fosse stato trattato come tale, e non come un ‘piccolo adulto’. Nei primi anni di vita un essere umano esige un amore totale, niente di meno. Non sta ‘tentando di prendersi il meglio di voi’: ha effettivamente bisogno di tutto il bene che potete offrirgli. […] L’amore della madre o del padre per il figlio o la figlia, e di questi per loro, non ha niente a che fare col sesso” L’aver seguito la teoria freudiana, continua l’autore, ha portato ad “una fortissima inibizione delle intimità fisiche non sessuali, applicata tanto ai rapporti tra genitori e prole (attenzione, complesso di Edipo!), quanto tra fratelli (attenzione, incesto!), amici intimi del sesso opposto (attenzione adulterio!) e semplici conoscenti (attenzione, promiscuità!).

Meravigliosa infanzia
Meravigliosa infanzia
Alessandro Costantini
Dalle menzogne di Freud alle verità sul bambino.Da una visione adultocentrica del bambino a una nuova cultura dell’infanzia, che vede nel bambino una ricchezza da proteggere e tutelare. Meravigliosa infanzia rappresenta una pietra miliare per tutte quelle persone (genitori, educatori, avvocati, psicologi, formatori) che a vario titolo si occupano di questa fase della vita, un libro che si impegna a demolire la pedagogia nera creata ad hoc “contro il bambino” per creare e diffondere una nuova cultura dell’infanzia, che vede nel bambino una ricchezza da proteggere e tutelare. La motivazione a scrivere questo libro parte infatti dalla necessità di far luce sul modo errato, superficiale e deleterio con cui si parla di bambini. È diffusa infatti una non-cultura dell’infanzia: il bambino è cattivo, il bambino mente, il bambino non va coccolato troppo…Una sorta di visione adultocentrica, basata sulla considerazione dell’infanzia non con gli occhi di un bambino, ma con il filtro distorcente dell’adulto stesso. Nella prima parte del libro, l’autore Alessandro Costantini, elabora una durissima critica a Freud e al suo perverso modello di comprensione dello sviluppo del bambino, ancora oggi molto diffuso, basato su “menzogne” senza alcuna validità scientifica e per questo estremamente dannoso per i bambini e per chi si occupa di loro. Freud avrebbe creato una cultura del bambino estremamente negativa, che si ritrova anche nell’educazione dei figli, nelle scuole, nei tribunali. L’intento è quindi quello di smantellare la clinica freudiana e il suo approccio contro il bambino. La seconda parte si focalizza invece su quelle “meravigliose verità”, scientificamente validate, che sottolineano la più completa innocenza e purezza del bambino e il suo primario bisogno di amore, protezione e adeguate cure genitoriali.Non viene spiegato “come” si fa il genitore, ma “chi” sia e quali siano le principali funzioni da svolgere per un sereno sviluppo infantile. Un piccolo mattone nella costruzione di una cultura bambino-centrica, che possa garantire ai bambini maggiore rispetto e comprensione dei loro bisogni e fragilità, ma anche delle loro numerose risorse e potenzialità. Conosci l’autore Alessandro Costantini, psicoterapeuta, è responsabile per il Lazio del Movimento per l’Infanzia. Da anni lavora come consulente tecnico di parte nei procedimenti per l’affidamento dei figli e nei casi di presunto abuso sessuale o maltrattamenti nei confronti dei minori. Si occupa di genitorialità e temi legati al maltrattamento infantile.