seconda parte

Europa

Europa del Nord

La situazione in Nord Europa è molto contrastata poiché troviamo sette Paesi che hanno vietato le punizioni corporali all’interno della famiglia, e due in cui la pratica delle punizioni corporali è viceversa molto resistente: l’Irlanda e la Gran Bretagna. In Irlanda, la violenza nei riguardi dei bambini è riconosciuta come un vero e proprio problema sociale. Il 92% delle 304 madri intervistate da alcuni ricercatori irlandesi hanno dichiarato aver fatto ricorso alla sculacciata (di cui il 2,9% spesso o molto spesso), così come l’87% dei 67 padri che hanno risposto (di cui il 7,5% spesso o molto spesso). Il ricorso alle punizioni corporali è più frequente tra la classe operaia. Ci si stupisce che un terrorismo particolarmente selvaggio sia dilagato in Irlanda? Ecco come Frank Mac Court, nel suo Le ceneri di Angela1, ricorda i maestri che hanno formato la generazione dei terroristi cattolici e protestanti: 

Ci sono sette maestri alla Leamy’s National School e tutti hanno delle cinghie di cuoio, dei bastoni, delle bacchette piene di spine. Con le bacchette, vi picchiano sulle spalle, la schiena, le gambe e, soprattutto, le mani (…) Vi picchiano se non sapete perché Dio ha creato il mondo, se non sapete il nome del santo patrono di Limerick, se non sapete recitare il “Credo”, se non sapete sommare diciannove a quarantasette…

Nelle scuole degli orfani di Dublino gestite da religiosi, i bambini sono stati picchiati a colpi di sedia e di rosario, o legati e poi sospesi agli stipiti delle porte. La Congregazione delle Suore della Misericordia (= della Pietà!) che si era resa colpevole di queste violenze fino agli anni Sessanta ha pubblicamente chiesto scusa alle sue vittime nel maggio del 2004.


La Gran Bretagna ha seminato, in tutti i Paesi colonizzati e dominati, il motto “Spare the rode and spoil che child” (“Risparmia la frusta e vizierai il bambino”). Una legge datata 1860 autorizza ufficialmente i genitori a ricorrere alle punizioni corporali nell’educazione. Negli istituti scolastici tali metodi erano applicati talmente bene che i genitori del giovane Winston Churchill lo ritirarono da scuola a causa della violenza delle punizioni corporali che questi subiva. Scriveva lo stesso Churchill una decina di anni dopo: “Quanto odio questa scuola e quel periodo di ansia che ho vissuto per due anni!”.


Da uno studio condotto su grande scala negli anni Novanta, il 91% dei bambini era stato picchiato; solo il 25% dei lattanti di meno di un anno non era mai stato picchiato dalla madre e il 14% dei bambini di un anno era stato picchiato dalla madre con una “severità moderata”. Nelle famiglie bi-parentali in cui sono stati intervistati due genitori, un quinto dei bambini era stato picchiato con un oggetto e un terzo aveva subìto una correzione qualificata “severa” (punizione di natura o tendente a o che ha causato effettivamente dei pregiudizi fisici e/o psicologici o un trauma al bambino).


Tuttavia sta iniziando a prodursi un’evoluzione: nel marzo del 1998 la Camera dei Comuni ha vietato, con 211 voti contro 15, le punizioni corporali in tutte le scuole del Regno Unito. Colpi di frustino, colpi di canna, schiaffi e altre punizioni erano già stati vietati nelle scuole gestite dallo Stato nel 1986. Nel 1999 questo divieto è stato esteso alle scuole private. Comincia a farsi strada anche l’idea di vietare le punizioni corporali in famiglia. Nell’ottobre del 2002 una rete di Chiese per la non-violenza, che riunisce rappresentanti della Chiesa d’Inghilterra (anglicana) e delle Chiese metodiste e riformate (protestanti), si è pronunciata per l’interdizione della sculacciata ai bambini. È stata pubblicata una guida che promuove metodi educativi positivi, che evitano le punizioni corporali. Numerose associazioni di difesa dei diritti del bambino, come “Barnardo’s” e “Save the children”, si battono in Gran Bretagna per ottenere il divieto delle punizioni corporali inflitte ai bambini. Tuttavia il 5 luglio 2004 la Camera dei Lord ha nuovamente respinto, con 226 voti contro 91, di vietare qualunque forma di punizione fisica e ha lasciato ai genitori la libertà di applicare un punizione corporale “ragionevole” che non lasci traccia visibile sulla pelle. Stessa decisione in Irlanda del Nord. Solo la Scozia ha considerato ingiustificabili i colpi sulla testa, lo scuotimento del bambino e l’uso di strumenti per picchiarlo. Durante gli Esami Periodici Universali (relativi ai diritti dell’uomo) del 2008 e del 2012, il governo britannico ha di nuovo rifiutato di vietare le punizioni corporali. In Scozia, alcune organizzazioni cristiane si sono opposte a un divieto delle punizioni corporali sui bambini a febbraio e settembre 2002. Ma per il momento, il governo si rifiuta di vietare qualunque punizione fisica e lascia ai genitori la libertà di applicare ai bambini una punizione corporale “ragionevole”, fintanto che sarà realizzata in un contesto “amorevole e affettuoso”…

Europa dell’Ovest

Cinque Paesi di questa regione, i Paesi Bassi (2007), il Lussemburgo (2008), il Liechtenstein (2008), l’Austria (1989) e la Germania (2000), hanno vietato le punizioni corporali in famiglia e a scuola. Gli altri Paesi restano in una posizione equivoca.


Il caso della Francia illustra assai bene l’inefficacia, ovvero più esattamente l’estrema lentezza, degli effetti delle leggi d’interdizione quando queste vengono applicate solo a scuola. Come abbiamo visto sopra, i primi tentativi di ridurre la violenza a scuola sono del XVII secolo. Nel XVIII secolo l’influenza di Rousseau è andata nella stessa direzione. Nel 1834 un primo divieto sembra essere stato quasi del tutto inefficace se si considera il livello di violenza mantenuto nelle scuole durante il XIX secolo. La legge molto severa del 1887: “è assolutamente vietato infliggere qualsiasi punizione corporale”, probabilmente è stata più efficace, ma veniva compensata da sentenze che riconoscevano agli insegnanti un diritto di correzione. Un secolo dopo, la giustizia riconosceva ancora tale diritto. Nel 1990 il 44% degli insegnanti della scuola primaria dichiarava di dare ancora qualche sculacciata. Quanto alla violenza nelle famiglie, dal codice penale (articolo 222-13), le botte, anche senza ferite, e qualunque sia il motivo che le abbia indotte, sono punibili dall’ammenda alla prigione, pene aggravate quando le vittime abbiano meno di 15 anni e quando le botte siano date da un ascendente. L’articolo 312 del codice penale assicura una condanna a “Chiunque avrà volontariamente inferto dei colpi a un bambino di meno di 15 anni o avrà commesso nei suoi riguardi degli atti di violenza o minacce”, ma aggiunge “a esclusione delle violenze leggere”, frase che torna a giustificare la violenza educativa ordinaria. D’altronde le pene previste dal codice penale sono così pesanti da non poter certo essere applicate ai genitori autori di sculacciate o di schiaffi, e nessuno può rammaricarsene. Ma il risultato dell’assenza di una legislazione specifica riguardo la sculacciata è che, da un’inchiesta realizzata da SOFRES per l’associazione “Educare senza picchiare”, solo il 16% dei genitori non picchia i figli, il che significa che almeno l’84% li picchia. E tutto ciò nonostante il 45% delle persone interrogate pensi che le punizioni corporali abbiano conseguenze negative.


Possiamo interrogarci sulla ragione per cui le punizioni più violente dello schiaffo o della sculacciata costituiscano nondimeno la soglia al di là della quale si parla di maltrattamento, cosa che non significa che non le si usi.


Questa evoluzione, che abbiamo visto essere molto lenta, dipende probabilmente dall’influenza dei manuali di puericoltura come quelli di Benjamin Spock e di Françoise Dolto, che hanno radicalmente condannato la sculacciata, come Françoise Dolto, o non tollerano niente altro al di là di queste punizioni. Sarebbe interessante, ad esempio, sapere qual è l’ultimo manuale di educazione che ha raccomandato l’uso della frusta o del righello.


Paradossalmente in Francia la sostenitrice titolata dei bambini, Claire Brisset, stima che la situazione non sia matura per chiedere un divieto della violenza educativa. Boris Cyrulnik, molto influente negli ambienti dei professionisti dell’infanzia, si è dichiarato pubblicamente contrario a una legge di interdizione che, secondo lui, aggraverebbe le violenze verbali. Finora un solo deputato, André Santini, si è dichiarato favorevole a una legge che vieti qualsiasi violenza educativa. Il 22 maggio 2000 ha presentato un’interrogazione al ministro delegato alla famiglia e all’infanzia per segnalargli che è sorto un movimento di opinione per introdurre nel diritto penale il reato di punizione corporale, seguendo l’esempio di alcuni Paesi, tra cui in special modo la Svezia fin dal 1979. Santini chiedeva al Ministro se i poteri pubblici avessero in progetto di portare avanti delle azioni di sensibilizzazione su questo argomento. Nel 2009 una pediatra, allora deputata nel gruppo di maggioranza presidenziale, ha depositato una proposta di legge con lo scopo di far vietare le punizioni corporali, ma ha potuto ottenere il sostegno di solo pochi deputati; la legge non è stata discussa ed Edwige Antier ha perso il proprio seggio di deputata.


In Svizzera il dibattito sui diritti dei genitori di correggere i figli ricorrendo alla violenza (schiaffi, botte, sculacciate) è stato di recente rilanciato (9 luglio 2003) da una decisione del tribunale federale che si è pronunciato in tal modo: “le botte, se sono ripetute o denotano una certa abitudine, non sarebbero giustificabili nel nome del diritto di correzione e di educazione dei genitori”. Decisione purtroppo ambigua. Secondo il Tribunale federale infatti “i genitori hanno certamente il diritto di dare di tanto in tanto uno schiaffo ai propri figli” a condizione che questo “diritto di correzione” sia “sempre la conseguenza di un comportamento inadatto” e intervenga “con un intento educativo”. Tutti i genitori che picchiano i figli credono di agire “con un intento educativo”. E quando si cerca di vietare un comportamento, ad esempio gli eccessi di velocità, ci si accontenta di vietarli “se sono ripetuti o denotano una certa abitudine?”

Europa dell’Est

Tutti i Paesi comunisti sono giudicati all’incirca allo stesso modo dal Comitato per ciò che concerne le punizioni corporali. Le misure prese sono ovunque insufficienti. Le statistiche pressoché inesistenti.


In Polonia un’inchiesta condotta nel 1998 ha mostrato che il 14% dei bambini di 12 anni è stato punito fisicamente dai genitori in modo traumatico e duraturo (Médicins du Monde, marzo 2000). Un altro studio condotto su un campione di adulti nel 2001 ha rivelato che l’80% di loro aveva subìto punizioni corporali.


In Romania, su un campione di 423 bambini di età compresa tra gli 11 e i 13 anni, il 75% è stato oggetto di punizioni corporali; il 5% di loro ha dovuto ricorrere in seguito a cure mediche. In un altro studio, l’84% dei bambini intervistati ha dichiarato di aver subìto punizioni corporali dai genitori; il 20% di essi è stato picchiato con oggetti; il 15% aveva paura di tornare a casa per timore di essere picchiato.


In Slovacchia da una ricerca comportamentale condotta nel 2002 su un campione di adulti, il 75% di essi ritiene che i genitori dovrebbero avere il diritto di dare degli “schiaffi occasionali”; il 42% che le correzioni inflitte tramite un oggetto sono accettabili e il 23% che il ricorso frequente alle punizioni corporali è accettabile.


In Russia il primo rapporto, datato ottobre 1992, sottolineava l’incremento del numero di bambini vittime di crudeltà, e soprattutto la loro estrema giovinezza. Il 30% dei bambini ospedalizzati in seguito ai maltrattamenti aveva meno di un anno, un altro 30% era al di sotto dell’età scolare e il restante 40% era in età scolare. Inoltre, 50.000 bambini erano scappati di casa a causa dei trattamenti subiti e circa 20.000 erano fuggiti dalle case di accoglienza per lo stesso motivo.

In Ungheria un’inchiesta realizzata dalla società TARKI mostra che la maggior parte delle famiglie ungheresi accetta la punizione corporale come metodo educativo del bambino. Tre quarti delle persone intervistate pensano che i genitori abbiano il diritto di applicarle. Quanto al presidente a vita della Repubblica del Turkmenistan, Saparmourad Niazov, vecchio funzionario del PCUS, i propositi che ha tenuto su Radio Free Europe non sono ambigui: “Dobbiamo educare la gioventù. Ibn Sina (Avicenna, poeta e pensatore) diceva che colui che voglia dare una buona educazione a suo figlio lo deve picchiare. È come l’utilizzo dei concimi in agricoltura2. Ed è verosimile che la sua opinione sia largamente condivisa dall’opinione pubblica.


Nonostante ciò, dopo l’ultima edizione francese di questo libro, molti Paesi di questa regione europea hanno votato leggi di interdizione: l’Ucraina (2004), la Romania (2004), l’Ungheria (2005), la Moldavia (2008) e la Polonia (2010).

Europa del Sud

Molti stati di questa regione, il Portogallo (2007), la Croazia (1999), la Grecia (2006), la Spagna (2007) e l’Albania (2010) hanno vietato le punizioni corporali in famiglia. La situazione in Italia è stata affrontata nella prefazione di questa edizione. In Macedonia e nei Paesi dell’ex Iugoslavia le punizioni corporali sono vietate a scuola e nel sistema giudiziario, ma restano tollerate in seno alla famiglia in cui i genitori possono “somministrare ai figli delle punizioni ragionevoli e con moderazione”. Infatti, come ovunque, affinché i servizi sociali e la giustizia intervengano, bisogna che le botte abbiano lasciato dei postumi gravi. In Grecia, nel 1993, su un gruppo a livello nazionale di 8.158 bambini di sette anni, un terzo di loro riceveva una sculacciata almeno una volta a settimana e un bambino su sei quotidianamente.

La sculacciata
La sculacciata
Olivier Maurel
Perché farne a meno: domande e riflessioni.Le punizioni corporali sono dannose per il corpo e la psiche del bambino. Ma è possibile educare senza picchiare? Se sì, come? Le punizioni corporali sono pericolose per i bambini, in quanto le conseguenze della violenza rimangono permanenti sul corpo e nella psiche.Nel più lungo periodo, inoltre, molti studi dimostrano come questa pratica sia un fattore importante nello sviluppo di comportamenti violenti e sia associata ad altri problemi durante l’infanzia e nella vita. Come possiamo educare i bambini che mostrano un temperamento più aggressivi?Del resto, è stato forse dimostrato che schiaffi e sculacciate rendono più obbedienti i bambiniMigliorano forse l’apprendimento?La sculacciata di Olivier Maurel è una guida che ci permette di aprire gli occhi senza colpevolizzarci, rispondendo con chiarezza a queste e a molte altre domande. La prefazione è curata dalla celebre psicologa e psicanalista Alice Miller. Conosci l’autore Olivier Maurel è nato a Toulon nel 1937. Professore di Lettere al liceo Dumont d’Urville dal 1965 al 1997, è padre di cinque figli.Cresciuto in una famiglia numerosa, le letture dei libri di Alice Miller hanno accresciuto il suo interesse per il tema della violenza educativa, portandolo ad approfondirne le numerose ripercussioni sulla salute psico-fisica dei bambini e sul loro sviluppo. A partire dagli anni ’60, poi, si è fatto promotore di numerose battaglie sociali contro la violenza nel mondo e il traffico di armi.Ha fondato l’associazione Oveo (Osservatorio sulla violenza educativa ordinaria), con lo scopo di descrivere tutte le forme di violenza comunemente accettate in tutto il mondo, a scuola e in famiglia.