Europa dell’Ovest
Cinque Paesi di questa regione, i Paesi Bassi (2007), il Lussemburgo (2008), il Liechtenstein (2008), l’Austria (1989) e la Germania (2000), hanno vietato le punizioni corporali in famiglia e a scuola. Gli altri Paesi restano in una posizione equivoca.
Il caso della Francia illustra assai bene l’inefficacia, ovvero più esattamente l’estrema lentezza, degli effetti delle leggi d’interdizione quando queste vengono applicate solo a scuola. Come abbiamo visto sopra, i primi tentativi di ridurre la violenza a scuola sono del XVII secolo. Nel XVIII secolo l’influenza di Rousseau è andata nella stessa direzione. Nel 1834 un primo divieto sembra essere stato quasi del tutto inefficace se si considera il livello di violenza mantenuto nelle scuole durante il XIX secolo. La legge molto severa del 1887: “è assolutamente vietato infliggere qualsiasi punizione corporale”, probabilmente è stata più efficace, ma veniva compensata da sentenze che riconoscevano agli insegnanti un diritto di correzione. Un secolo dopo, la giustizia riconosceva ancora tale diritto. Nel 1990 il 44% degli insegnanti della scuola primaria dichiarava di dare ancora qualche sculacciata. Quanto alla violenza nelle famiglie, dal codice penale (articolo 222-13), le botte, anche senza ferite, e qualunque sia il motivo che le abbia indotte, sono punibili dall’ammenda alla prigione, pene aggravate quando le vittime abbiano meno di 15 anni e quando le botte siano date da un ascendente. L’articolo 312 del codice penale assicura una condanna a “Chiunque avrà volontariamente inferto dei colpi a un bambino di meno di 15 anni o avrà commesso nei suoi riguardi degli atti di violenza o minacce”, ma aggiunge “a esclusione delle violenze leggere”, frase che torna a giustificare la violenza educativa ordinaria. D’altronde le pene previste dal codice penale sono così pesanti da non poter certo essere applicate ai genitori autori di sculacciate o di schiaffi, e nessuno può rammaricarsene. Ma il risultato dell’assenza di una legislazione specifica riguardo la sculacciata è che, da un’inchiesta realizzata da SOFRES per l’associazione “Educare senza picchiare”, solo il 16% dei genitori non picchia i figli, il che significa che almeno l’84% li picchia. E tutto ciò nonostante il 45% delle persone interrogate pensi che le punizioni corporali abbiano conseguenze negative.
Possiamo interrogarci sulla ragione per cui le punizioni più violente dello schiaffo o della sculacciata costituiscano nondimeno la soglia al di là della quale si parla di maltrattamento, cosa che non significa che non le si usi.
Questa evoluzione, che abbiamo visto essere molto lenta, dipende probabilmente dall’influenza dei manuali di puericoltura come quelli di Benjamin Spock e di Françoise Dolto, che hanno radicalmente condannato la sculacciata, come Françoise Dolto, o non tollerano niente altro al di là di queste punizioni. Sarebbe interessante, ad esempio, sapere qual è l’ultimo manuale di educazione che ha raccomandato l’uso della frusta o del righello.
Paradossalmente in Francia la sostenitrice titolata dei bambini, Claire Brisset, stima che la situazione non sia matura per chiedere un divieto della violenza educativa. Boris Cyrulnik, molto influente negli ambienti dei professionisti dell’infanzia, si è dichiarato pubblicamente contrario a una legge di interdizione che, secondo lui, aggraverebbe le violenze verbali. Finora un solo deputato, André Santini, si è dichiarato favorevole a una legge che vieti qualsiasi violenza educativa. Il 22 maggio 2000 ha presentato un’interrogazione al ministro delegato alla famiglia e all’infanzia per segnalargli che è sorto un movimento di opinione per introdurre nel diritto penale il reato di punizione corporale, seguendo l’esempio di alcuni Paesi, tra cui in special modo la Svezia fin dal 1979. Santini chiedeva al Ministro se i poteri pubblici avessero in progetto di portare avanti delle azioni di sensibilizzazione su questo argomento. Nel 2009 una pediatra, allora deputata nel gruppo di maggioranza presidenziale, ha depositato una proposta di legge con lo scopo di far vietare le punizioni corporali, ma ha potuto ottenere il sostegno di solo pochi deputati; la legge non è stata discussa ed Edwige Antier ha perso il proprio seggio di deputata.
In Svizzera il dibattito sui diritti dei genitori di correggere i figli ricorrendo alla violenza (schiaffi, botte, sculacciate) è stato di recente rilanciato (9 luglio 2003) da una decisione del tribunale federale che si è pronunciato in tal modo: “le botte, se sono ripetute o denotano una certa abitudine, non sarebbero giustificabili nel nome del diritto di correzione e di educazione dei genitori”. Decisione purtroppo ambigua. Secondo il Tribunale federale infatti “i genitori hanno certamente il diritto di dare di tanto in tanto uno schiaffo ai propri figli” a condizione che questo “diritto di correzione” sia “sempre la conseguenza di un comportamento inadatto” e intervenga “con un intento educativo”. Tutti i genitori che picchiano i figli credono di agire “con un intento educativo”. E quando si cerca di vietare un comportamento, ad esempio gli eccessi di velocità, ci si accontenta di vietarli “se sono ripetuti o denotano una certa abitudine?”