capitolo vii

C'è abbastanza latte?

Caro Andrea,

questa è una domanda molto pericolosa, in grado di confondere anche le menti più lucide. Sono davvero poche le situazioni nelle quali è appropriato porsi questo quesito; di solito si tratta di un dubbio inutile, legato all’impossibilità, allattando al seno, di misurare l’effettiva quantità di latte assunta dal bambino (con il biberon invece questa “verifica” è sempre immediata). In realtà non conoscere quanto introduce il bambino è utile e protettivo, perché permette una vera alimentazione “a richiesta”, cioè “al bisogno”. Il tuo Federico mangia quello che gli serve; con molta probabilità le sue poppate sono tutte diverse e alla fine è importante quanto cresce, non quanto latte succhia. Quindi la domanda utile è: la crescita è regolare? Solo nel caso in cui la risposta fosse negativa acquista senso chiedersi se “c’è abbastanza latte?” (in altre parole: non cresce perché assume poco latte o per altri motivi?).


Hai quindi già capito che se Federico cresce regolarmente (nei primi mesi tra i 100 e i 200 grammi a settimana) e bagna 5-6 pannolini di pipì ogni giorno, questa domanda è meglio non farsela e tenersi il dubbio senza indagare oltre. Quando dico indagare mi riferisco all’unico modo (se pure approssimativo) per calcolare la quantità di latte assunta: la famigerata “doppia pesata”. La pesata prima e dopo la poppata, con gli stessi vestiti, può dare un’idea di quanto mangia un bambino, senza però dirci se quanto mangia viene regolarmente assimilato. Il margine d’errore è elevato, il livello di ansia prodotto è sempre piuttosto alto. Alla fine con questa pratica abbiamo più danni che vantaggi, e pertanto dobbiamo riservarla a situazioni particolari e sotto il controllo di un esperto che possa aiutare i genitori a interpretare i dati.


Utilizzare di routine la doppia pesata distoglie l’attenzione dai numerosi segnali di soddisfazione e di sazietà inviati dal bambino (che rappresentano il vero indicatore di salute). Anche nel caso di un bambino che piange molto, e che quindi ci porta a dubitare della sua sazietà, il dato quantitativo del latte assunto limita la valutazione di altri segni di malessere, ostacolando la messa in atto delle opportune strategie consolatorie. Invece di porsi questa inutile domanda è meglio portare un bambino nervoso e piagnucoloso a passeggio e vedere se si calma, oppure provare con l’ascolto di musica e movimenti ritmici.


Nel delirio delle ansie notturne e festive può anche capitare di dubitare della qualità del latte: il seno produce regolarmente, il bambino succhia efficacemente, ma viene il dubbio che il latte sia “povero, annacquato, non nutriente”. È un pensiero del tutto infondato, perché il latte “annacquato” non esiste: la ghiandola mammaria dell’essere umano è programmata geneticamente per produrre un tipo specie-specifico di latte, con le piccole variazioni di cui abbiamo già parlato tra l’inizio e la fine della poppata, o la differenza tra colostro e latte definitivo. La prova di questo lo forniscono le mamme che vivono nei paesi poveri e che si alimentano in maniera insufficiente: se riescono a produrre latte, questo avrà le calorie e il potere nutritivo regolare, analogo a quello delle mamme perfettamente alimentate.


Nelle prime due settimane dopo il parto, soprattutto con il primo figlio, può succedere che la produzione di latte sia scarsa e lenta; lo si vedrà dal calo del bambino e dalla velocità di ripresa del peso della nascita (che normalmente avviene in due-tre settimane); dal 4°-5° giorno potremo valutare anche il numero delle pipì e successivamente le richieste e il comportamento del bambino. Dopo le prime settimane è invece facile trovare bambini che mangiano “troppo”. È quello che è successo a Federico, che improvvisamente è apparso più noioso e nervoso, richiedendo poppate più frequenti; il dubbio che fosse calato il latte lo abbiamo escluso velocemente verificando che, in una sola settimana, era cresciuto oltre i 300 grammi. Il problema non era la quantità di latte prodotto da Luisa, ma il motivo che ha indotto Federico a poppare così frequentemente. Ci siamo accorti che da qualche giorno restava troppo in casa e si annoiava: alla fine succhiava per consolarsi, assumendo più latte del necessario con grande impegno per il suo intestino sempre più gonfio d’aria (la componente zuccherina del latte, il lattosio, in caso di sovraccarico non viene completamente assorbita, provocando meteorismo). A volte si crea un vero e proprio circolo vizioso che occorre tentare di interrompere, attivandosi con sistemi di consolazione che non siano sempre e solo la tetta.


La domanda perniciosa nasconde un ultimo importante pericolo. Dopo la famigerata “doppia pesata” c’è in agguato la super famigerata “aggiunta”; se la prima può creare ansia, la seconda (se non veramente necessaria) può compromettere definitivamente l’allattamento. Le integrazioni di latte artificiale vanno riservate ai bambini che non crescono, devono essere prescritte dal pediatra e utilizzate con parsimonia per lasciare al bambino la voglia di succhiare al seno; dopo pochi giorni vanno ridotte e, appena possibile, sospese. Con le aggiunte di latte artificiale è probabile che il seno riduca progressivamente la sua produzione, e se vogliamo proseguire con l’allattamento e superare un possibile momento critico, invece delle aggiunte, è più utile integrare le poppate con latte materno spremuto. Questa modalità è molto usata con i neonati prematuri o con quelli che presentano difficoltà di suzione, e permette di alimentare il bambino con latte materno indipendentemente dalla sua capacità di succhiare al seno.


Terminerei ricordandoti che questa domanda fatidica sulla quantità del latte, capace di produrre così tanti danni, in molti casi arriva da amici e parenti che, in totale buona fede, anziché essere d’aiuto rischiano di confondere le idee. Difendere Luisa e Federico da queste “minacce” è proprio compito tuo.

L'allattamento spiegato ai papà
L'allattamento spiegato ai papà
Alessandro Volta, Ciro Capuano
Il sostegno essenziale per mamma e bambino.Tutto quello che un papà deve sapere per provvedere all’aiuto e al sostegno indispensabili alla coppia madre-figlio durante l’allattamento. In questi ultimi tempi, moltissime mamme si sono riappropriate dell’allattamento al seno, dopo decenni di oblio. Talora però resta da persuadere uno degli attori più importanti affinché si stabilisca e prosegua un buon allattamento: il papà. L’allattamento spiegato ai papà è un agile e simpatico volumetto in cui i pediatri Alessandro Volta e Ciro Capuano raccontano a un immaginario padre tutte le cose che ogni papà deve sapere per provvedere all’aiuto e al sostegno indispensabili alla coppia madre-figlio. La prefazione è firmata dal famoso dottor Sergio Conti Nibali, direttore della rivista UPPA (Un Pediatra Per Amico). Conosci l’autore Alessandro Volta, pediatra e neonatologo, è padre dei tre ragazzi e di una bambina in affido. È responsabile dell'assistenza neonatale negli ospedali di Scandiano e Montecchio Emilia e membro della Commissione Nascita dell'Emilia Romagna. Cura il sito www.vocidibimbi.it Ciro Capuano, nato a Napoli nel 1967, lavora come pediatra presso il Nido dell'U.O. di Ostetricia e Ginecologia dell'Ospedale di Montecchio Emilia ed è formatore per il personale sanitario sull'allattamento al seno secondo le linee guida OMS/Unicef. Si interessa di medicina integrata e delle tematiche inerenti il microbioma materno-infantile in epoca perinatale.