APPENDICE 2

Studi recenti sulla rottura dell’utero e VBAC

(Vaginal Birth After Cesarean, ovvero ‘parto vaginale dopo un cesareo’)

- Uno studio statunitense ha svolto una ricerca presso 19 ospedali su 46.000 donne gravide con cesareo pregresso fra gli anni 1990 e 2002. Di queste 46.000, a 28.000 è stato praticato un cesareo programmato senza che fossero entrate in travaglio, mentre 18.000 hanno tentato il parto vaginale dopo un cesareo. Di queste ultime, il 73 % è riuscito a portare a termine il parto vaginale. Fra le 18.000 donne che hanno tentato il parto vaginale vi sono stati solo 128 casi di rottura uterina, vale a dire meno dell’1 % (0,7%). La conclusione dello studio è che il rischio che il bambino subisca lesioni in seguito al tentativo di parto è all’incirca di uno su 2.000 (Landon).


- L’equipe di Lyndon-Rochelle (2001) ha svolto uno studio su 20.095 donne gravide con cesareo pregresso che hanno partorito fra il 1987 e il 1996. In totale vi sono state 11 rotture dell’utero nelle donne con un cesareo ripetuto senza travaglio previo (0,16%), 56 fra quelle che avevano iniziato spontaneamente il travaglio (56 su 10789, vale a dire uno 0,52%), mentre in quelle a cui era stato indotto senza prostaglandine è risultato dello 0,77% (15 su 1960) e con OG: 2,45% (9 su 366). In totale il rischio di rottura dell’utero fra quelle che hanno tentato il parto è stato dello 0,6% (80 su 13115). Inoltre lo stesso studio ha osservato che all’incisione verticale del segmento inferiore dell’utero, non veniva associato alcun rischio maggiore di rottura. La conclusione di questo studio è stata che il rischio di rottura dell’utero era maggiore se si induceva il parto.


- Un altro studio ha svolto una revisione di tutti gli studi pubblicati nelle riviste mediche anglosassoni fra il 1989 e il 1999 (Mocerkewich, 2000) e ha selezionato i 15 studi di maggior qualità sul VBAC e la rottura uterina. Ha analizzato le rotture dell’utero, la mortalità materna, fetale e neonatale, i punteggi Apgar, le trasfusioni materne e le isterectomie. Vi erano 28.813 donne che avevano tentato il VBAC e 20.746 di esse sono riuscite nell’intento (72,3 %). Nel gruppo che aveva tentato un parto vaginale ci fu uno 0,4% di rotture uterine (4 su1000) e in quello dei cesarei programmati uno 0,2% (2 su 1000). In totale si stima che dovrebbero subire un cesareo programmato fra 693 e 3.332 donne per prevenire una sola morte fetale o neonatale dovuta al tentativo di parto e fra 347 e 809 donne per prevenire una sola rottura dell’utero. Gli autori concludono che il tentativo di parto vaginale può comportare un lieve incremento della percentuale di rottura dell’utero e mortalità fetale e neonatale rispetto ad un cesareo programmato, ma che questo stesso incremento viene annullato dalla riduzione della morbilità materna nel tentativo di parto.


- Un altro studio pubblicato nel 1999 (Gregory) prese in esame i dati delle 536.785 donne che avevano partorito in California nel 1995. Vi fu un 20% di cesarei (111.374). Nel gruppo vi era un 12% di donne con uno o più cesarei pregressi (66.856). Di queste un 40,3% (26.943 su 66.856) optò per un cesareo programmato mentre un 59,7% (39.913 su 66.856) tentò il parto. Di quelle che tentarono, il 61,4% ci riuscì. VBAC: 61,4% (24.024 su 66.856). La percentuale di rotture dell’utero fu di 0,07% (392 su 536.758). In totale, fra le donne con cesareo pregresso, la percentuale di rottura uterina fu pari allo 0,43% (288 su 66.856). In questo studio la percentuale di rottura dell’utero in un VBAC fu dello 0,53%, il che conferma la sicurezza del VBAC riguardo la rottura dell’utero che già era stata indicata da studi minori.


- Rageth, nel 1999, analizza i dati del 40% dei parti in Svizzera fra il 1983 e il 1996. Tutte le partecipanti allo studio avevano almeno un parto pregresso. Vi era un 11,37% di donne con un cesareo pregresso (29.046 su 255.453). Di queste ha tentato il parto il 60,64% (17.613 su 29.046), mentre il resto ha optato per un cesareo programmato: 39,36% (11.433 su 29.046). Nei cesarei ripetuti vi furono 22 rotture dell’utero su 11.433 (0,19%), fra quelle che tentarono il parto ve ne furono 70 su 17.613 (0,39%). Le donne che tentarono il VBAC ebbero un minor rischio di subire un’isterectomia (0,16% vs. 0,45%), di avere febbre (15% vs 2,29%), tromboembolie (0,22%vs 0,43%). Gli autori concludono che il tentativo di parto vaginale dopo il cesareo è sicuro e dovrebbe essere raccomandato nella maggior parte dei casi.


- Un altro studio recente: il rischio di morte perinatale in VBAC è maggiore rispetto ad un secondo parto vaginale ma è simile a quello delle primipare (Smith, 2002). Ma con gli stessi dati, gli stessi autori pubblicano un altro studio che indica che il cesareo pregresso raddoppia il rischio di avere una morte fetale al termine della gravidanza successiva.


Uno studio olandese pubblicato da una rivista europea di ostetricia (Spaans y col.), ha svolto un’indagine sulla sicurezza di tentare il parto dopo due o tre cesarei. Viene analizzata la storia clinica di donne con più di un cesareo pregresso che hanno partorito nuovamente in un lasso di tempo di 10 anni (1988-1997) in due ospedali universitari nei Paesi Bassi. Delle 246 donne prese in esame con più di un cesareo pregresso, 187 hanno scelto il cesareo programmato (76%), 59 (25%) hanno tentato il parto, e di queste ultime 49 (83%) hanno avuto un parto vaginale. Si sono verificate tre rotture dell’utero senza una conseguente mortalità né materna né perinatale, solo una delle tre rotture ha avuto luogo durante il parto. La morbilità materna non è stata diversa da quella dei casi di tentativo di parto non a buon fine e di cesareo programmato. La mortalità perinatale non è variata a seconda del tipo di parto. Concludono che la prova di parto vaginale può essere un’opzione sicura in alcune donne dopo due e tre cesarei.

Il parto cesareo
Il parto cesareo
Ibone Olza, Enrique Lebrero Martinez
Solo se indispensabile, sempre con rispetto.Spesso il parto cesareo viene proposto senza una reale scelta da parte della mamma. Come è possibile renderlo il meno tecnologico possibile? Negli ultimi anni alcuni Paesi hanno registrato un allarmante incremento dei parti con taglio cesareo, al punto che per molti costituisce addirittura il modo più frequente di nascere. Senza alcun dubbio questa cultura non tiene conto delle conseguenze psicologiche, oltre che fisiche, tanto per la madre quanto per il figlio. Contro questa tendenza, il saggio Il parto cesareo di Enrique Lebrero Martinez e Ibone Olza intende incoraggiare le madri a ritrovare la fiducia nel proprio corpo e a recuperare la dignità della nascita. Il libro si rivolge quindi sia alle donne e alle famiglie, sia agli operatori sanitari, e tutti coloro che hanno a che fare con l’evento della nascita. Conosci l’autore Ibone Olza, nata in Belgio nel 1970, è madre di tre figli. È laureata in Medicina e Chirurgia presso l'Università di Navarra e dottoressa in Medicina presso l'Università di Saragozza, specializzandosi in Psichiatria e svolgendo la sua attività professionale nel campo della psichiatria infantile, giovanile e perinatale. Attualmente lavora come psichiatra infantile presso un Centro di Igiene Mentale di Madrid e appartiene all'associazione El Parto es Nuestro. Dal 1996 è socia del gruppo di sostegno all'allattamento "Via Lactea" di Saragozza e nel 2001 ha fondato, insieme a Meritxell Vila, il forum virtuale Apoyo Cesareas, che fornisce supporto psicologico a madri che hanno subito cesarei e parti traumatici.