CAPITOLO I

Perché non riesce a stare seduto fermo?

Una perfetta sconosciuta mi apre il suo cuore per telefono. Si lamenta che il figlio di sei anni non riesca a stare seduto fermo in classe. La scuola vuole che lo faccia valutare per disturbo da deficit di attenzione e iperattività. La mamma prosegue e mi spiega come il bimbo torni da scuola ogni giorno con un adesivo giallo a forma di faccina, il che vuol dire che si è comportato male. Il resto della classe torna a casa con una faccina adesiva verde, che significa “Mi sono comportato bene”. Ogni giorno viene ricordato a suo figlio che ha un comportamento inaccettabile solo perché non riesce a stare fermo seduto a lungo.


La madre piange: 

Inizia a dire cose come ‘Mi odio!’ e ‘Non so fare niente!’.

Mentre la ascolto raccontare la variante di una storia a me fin troppo nota, non posso fare a meno di pensare che l’autostima di questo bambino sta precipitando, e tutto perché avrebbe bisogno di muoversi più spesso.


Forse questa storia vi ricorda qualcosa, forse avete anche voi un figlio che si agita di continuo o disturba in classe? Magari gli insegnanti insistono perché facciate dei test per valutare eventuali ritardi o disturbi evolutivi? Sono situazioni estremamente difficili per i genitori, destano preoccupazioni se non addirittura profondi timori o ansie per ciò che sta accadendo ai propri figli. Ma non siete soli. Appena trenta anni fa, le diagnosi di disabilità o problemi neurologici in età evolutiva erano molto rari. Oggi è invece una tendenza in crescita, tale da dover suscitare un allarme rosso. Sempre più bambini hanno difficoltà a mantenere viva l’attenzione, a controllare le emozioni e gestire l’aggressività, a stare in equilibrio, ad avere forza e resistenza fisica e un sistema immunitario robusto. Parallelo all’incremento dei così detti “ritardi evolutivi”, vi è un cospicuo aumento nel numero di bambini che hanno bisogno di terapia occupazionale per affrontare questi disagi (Harris n. d.).


È una situazione degna di riflessione e della quale sono stata testimone, negli ultimi dieci anni, in veste di madre e professionista. Molti amici di mia figlia maggiore si sono sottoposti per diverso tempo a terapia occupazionale quando erano piccoli e anche la mia figlia minore ha avuto bisogno di un leggero trattamento per problemi sensoriali. Al lavoro, l’ambulatorio di ergoterapia ha avuto liste d’attesa di almeno un anno.


In questo lasso di tempo, una maestra di quinta elementare nella scuola di mia figlia mi ha raccontato che i suoi studenti facevano fatica a concentrarsi e si agitavano tutto il tempo. Su sua richiesta, ho osservato la classe mentre lei leggeva ai bambini una storia presa da un libro illustrato e io sedevo tranquilla guardandomi intorno.


Eravamo a fine giornata e tutti i bambini tranne uno si agitavano. Alcuni si davano forti schiaffetti sui polsi, uno si dondolava di continuo sulla sedia e un altro masticava l’orlo di una bottiglia di plastica. Una bambina si abbracciava e dondolava e altri sollevavano le sedie in bilico sulle gambe posteriori. Mai prima d’allora avevo visto tanto movimento eccessivo in una quinta classe. Sembravano i movimenti tipici di una scuola materna, non di una quinta elementare.


Perché questi bambini fanno tanta fatica?
Pensai fra me e me; e non solo loro, ma la gran parte dei bambini di oggi?


Forse oggigiorno siamo solo più sensibili ai bisogni dei bambini? O c’è davvero un aumento dei problemi sensoriali? E qual è la causa? 

Avevo più domande che risposte.


Se avete scelto questo libro, scommetterei che anche voi avete più domande che risposte. E avete trovato il posto giusto. Qui culminano più di dieci anni di osservazione personale sui bambini, di studi condotti da me e di analisi attenta della letteratura scientifica. La buona notizia è che molti dei problemi che osserviamo sono risolvibili, e in alcuni casi possono essere prevenuti. Al termine della lettura, avrete acquisito le strategie necessarie ad assicurarvi che vostro figlio sia esposto agli ambienti ideali nei quali praticare quel tipo di attività ludica all’aperto capace di aiutare a compensare i problemi dello sviluppo.


Ma prima, diamo un’occhiata più da vicino ai principali problemi evolutivi che i bambini di oggi si trovano ad affrontare. Risponderò ad alcune delle domande più comuni che mi vengono poste da genitori e insegnanti.


Mio figlio ha bisogno di terapie?

Se state leggendo questo libro è molto probabile che vostro figlio o un bambino che conoscete sia stato indirizzato verso la terapia occupazionale, la logopedia o qualche terapia fisica. In effetti, secondo uno studio (Szabo, 2011), questo è vero per un genitore su sei! È un fenomeno in crescita e mi sono ripromessa di arrivarne alla radice. I dati del Dipartimento dell’Istruzione statunitense mostrano che, fra il 1991 e il 2001, il numero dei bambini di cinque anni che ricevono la cosiddetta “assistenza specifica”, secondo quanto previsto dal Programma per la Consapevolezza e l’Integrazione delle Disabilità in ambito Educativo, è aumentato del 31% (l’assistenza specifica include terapia occupazionale, terapie fisiche e logopedia). Il numero dei bambini di quattro anni che la ricevono è aumentato del 76%; il numero di quelli di tre anni del 94% (Szabo, 2011).


Secondo uno studio pubblicato su “Journal of Pediatrics” nel 2011, un bambino su sei ha una disabilità evolutiva. Fra il 1997 e il 2008 c’è stato un incremento del 17% nel numero delle diagnosi (Szabo, 2011). Persino a livello di scuola materna c’è stata una brusca e costante impennata nel numero di bambini che hanno bisogno di interventi precoci – qualcosa di inaudito negli anni passati.


In particolare, per la terapia occupazionale o ergoterapia, la richiesta è in continuo aumento. Il medico indirizza i bambini verso questo tipo di terapia se ci sono problemi di attenzione, di equilibrio, di forza, di coordinazione o di elaborazione sensoriale. L’elaborazione sensoriale comprende tutto ciò che ha a che fare con i sensi. Problemi sensoriali comuni nei bambini spaziano dalla mancanza di consapevolezza spaziale al non ascoltare, al non tollerare di camminare a piedi nudi. Gli ergoterapisti aiutano i bambini a tollerare una varietà di esperienze sensoriali e a massimizzare la propria indipendenza funzionale. Negli ultimi quattro anni, le scuole pubbliche della città di New York hanno visto un aumento del 30% del numero dei bambini indirizzati verso la terapia occupazionale. Le scuole pubbliche di Chicago hanno visto un aumento del 20% in soli tre anni. A Los Angeles, il numero dei bambini in terapia è balzato al 30% in cinque anni (Harris 2015).


Allarmata dai dati di questa ricerca, ho deciso di portare avanti un mio studio personale. Ho intervistato, in diversi stati del New England, dieci maestri esperti di scuola elementare. Poiché ognuno di loro aveva insegnato per almeno trent’anni, sapevo di poter contare su una buona prospettiva del cambiamento a cui i bambini sono stati soggetti negli ultimi decenni. I maestri hanno tutti indistintamente lamentato le stesse trasformazioni fisiche nei loro alunni. Nel corso degli anni, hanno notato un lento declino nelle abilità grosso-motorie e della motricità fine, nella percezione spaziale, nell’autocontrollo, nell’attenzione e nella coordinazione. Le loro osservazioni illuminanti sono distribuite per tutto il capitolo e danno corpo ai dati appena citati, oltre a offrire una dimensione nuova ai problemi sensoriali e motori che potreste aver notato nei vostri figli o in altri bambini.


Le loro osservazioni hanno alimentato ulteriori domande: perché così tanti bambini, anche molto piccoli, hanno bisogno di ricorrere all’ergoterapia? Quali sono i ritardi e le disabilità evolutive in aumento? Perché sono sempre di più i bambini con problemi di equilibrio, di movimento, di attenzione e di controllo delle emozioni? Cosa avviene nel loro corpo? Nel resto del libro ci soffermeremo in dettaglio sulle risposte a queste e ad altre domande (che verranno poste sempre in questo capitolo), confortandovi con prospettive ottimiste che vi tranquillizzeranno.


Perché mio figlio non riesce a stare attento?

Negli ultimi dieci anni c’è stato anche un aumento nel numero di bambini in cui sono stati individuati problemi attentivi e un possibile disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD). Forse vostro figlio o qualcuno nella sua classe è uno di loro. Secondo uno studio pubblicato sul “Journal of the American Academy of Child and Adolescent Psychiatry” (Visser et al., 2013), negli Stati Uniti è stato diagnosticato l’ADHD a due milioni di bambini – un numero impressionante! – negli otto anni dal 2003 al 2011.


Una maestra di scuola elementare mi racconta che, se va bene, almeno otto dei suoi ventidue alunni fanno fatica a stare attenti. “I bambini sono cambiati da quando ho iniziato a insegnare”, afferma Fran Farmer, maestra di terza elementare molto stimata, una degli insegnanti che ho intervistato. Le ho chiesto se le sembrava che i bambini di oggi avessero più difficoltà a concentrarsi e stare attenti in classe rispetto al passato. “Il numero di bambini con bisogni speciali e che necessitano di un’assistenza specifica è aumentato. Direi che sei su ventidue dei miei alunni fanno una grande fatica a stare attenti. Ho dovuto cambiare i miei metodi di insegnamento per adeguarmi a questa nuova generazione di bambini. Ero abituata a poter insegnare all’intera classe nel suo insieme, come un grande gruppo. Ora devo lavorare a piccoli gruppi e a tu per tu perché l’apprendimento abbia successo.”


Non solo i bambini fanno più fatica a stare attenti, ma esprimono la loro mancanza di concentrazione in modo fisico, sotto forma di agitazione continua. Un’altra insegnante si lamenta: “Oggi i bambini non riescono a stare fermi; è come se stare a sentire non gli importasse affatto. Si agitano tutto il tempo e si alzano di continuo per andare in bagno”. Un insegnante di scuola media sostiene che “Non smettono di muoversi e alzarsi dai banchi. Ogni due minuti trovano una scusa per alzarsi dalla sedia, vuoi per andare in bagno, vuoi per temperare la matita. Non ricordo che questo succedesse quando io andavo a scuola!”.


In altre parole, i bambini fanno di tutto tranne che stare seduti e attenti. Perché non ci riescono? Perché tutto questo muoversi? Non hanno tempo a sufficienza per muoversi durante la ricreazione? Tutta questa agitazione non ha un impatto negativo sulle capacità di apprendimento del bambino e sull’abilità didattica dell’insegnante? Cosa c’è al cuore di tanta agitazione?


Perché mio figlio non è fisicamente al passo con la sua età?

Avete per caso notato che al parco vostro figlio non riesce ad aggrapparsi alla scala orizzontale e a percorrerla come facevate voi alla sua età? Il suo appiglio dura un secondo o due e poi perde la presa e cade giù, piagnucola per la frustrazione, lascia perdere e sceglie di cimentarsi in qualcos’altro? O magari vi siete accorti che fatica a fare qualche rampa di scale o a salire su una collinetta senza lamentarsi. Tutto questo sta diventando la norma. Studi e test standardizzati iniziano a dimostrare che la forza dei bambini nel complesso sta diminuendo. 


Uno studio pubblicato sulla rivista di salute infantile “Acta Paediatrica” ha misurato nel 2008 la forza di 315 bambini di 10 anni nella regione dell’Essex, comparandola a quella di 309 bambini che avevano la stessa età nel 1998. I ricercatori hanno scoperto che il numero di addominali che i bambini erano in grado di fare era diminuito del 27,1%; la forza del braccio si era ridotta del 26% e quella della presa per aggrapparsi del 7%. Se nel 1998 un bambino su venti non riusciva a sostenere il proprio peso quando era appeso alla spalliera svedese, nel 2008 i bambini a non riuscirci erano uno su dieci (Campbell, 2011).


Di recente, mi è capitato di osservare questo calo della forza in modo molto concreto. Il bosco di TimberNook risuonava di giochi e risate, una vera magia; alcuni bambini collaboravano in un angolo con la loro neonominata “leader”, che si distingueva per una speciale maschera ricoperta di piume e un mantello con lo strascico; altri formavano un gruppetto intento a fabbricarsi un negozio con tronchi, mattoni e corda; un falò era acceso e qualche bambino arrostiva biscotti.


Tutto procedeva al meglio nel mondo di TimberNook, finché…

Un bambino di otto anni ha lasciato andare a mezz’aria la liana di corda ed è caduto a terra, restando senza respiro. Agendo in fretta, pur mantenendo la calma, sono corsa da lui e mi sono inginocchiata al suo fianco; aveva le labbra quasi blu ed era in preda al panico; restare senza fiato doveva essere stata una sensazione nuova e spaventosa.


Respira” gli ho sussurrato con dolcezza, “Andrà tutto bene, hai solo perso il respiro per qualche secondo.”
Ha iniziato a piangere.
“Stai piangendo, è un buon segno, vuol dire che respiri!

Quando ha iniziato a piangere più forte, ho immaginato i peggiori scenari, visto che terapeuti, genitori e bambini stavano tutti osservando con crescente preoccupazione. Sono trascorsi alcuni interminabili minuti e poi, tutto d’un tratto, si è alzato con relativa facilità, si è asciugato le lacrime e pulito i pantaloni sporchi di terra; era di nuovo in piedi e io ho tirato un sospiro di sollievo.


Aveva appena imparato, seppure nella maniera più dura, quello che ogni bambino deve imparare: a valutare la propria forza e le proprie capacità. Fa semplicemente parte dell’infanzia. Tuttavia, l’incidente mi ha colta di sorpresa, un bambino della sua età e corporatura non avrebbe dovuto incontrare difficoltà a restare appeso alla corda. Avevo appena avuto il tempo di riflettere sulla cosa che altri tre bambini erano caduti dalla liana di corda in quella settimana! Prima di allora simili cadute erano state molto rare. La corda è sicura, robusta, e arriva fino a terra, così che a tutte le età la si può afferrare facilmente. Per riuscire a restare aggrappati, i bambini devono però avere una solida presa e una muscolatura forte del tronco e della metà superiore del corpo. Il problema non è la corda, ma è che alcuni bambini non hanno abbastanza forza.


La riduzione della forza nei muscoli del tronco dovrebbe destare particolare preoccupazione. Nel 2012 ho condotto un test in una scuola elementare per valutare la capacità degli studenti di mantenere la posizione da Superman (stesi a pancia in giù con braccia e gambe sollevate), fare la flessione supina (stesi sulla schiena in una particolare posizione raccolta) e la flessione classica faccia a terra. La gran parte dei bambini non era in grado di eguagliare gli standard dei loro coetanei dei primi anni ’80. Le tre classi sottoposte al test hanno dimostrato un’insufficiente forza muscolare del tronco, se paragonata a quella dei bambini di trent’anni fa.


Nel corso di una conferenza per ergoterapisti in Ohio, dopo aver parlato di TimberNook sono stata avvicinata da una collega; mi ha spiegato che alcuni dei realizzatori dei test standardizzati per la misurazione della forza stanno pensando di rinormalizzare il test per via del fatto che i bambini non rispettano più gli standard di un tempo. Ha proseguito dicendo che la cosa stava provocando una notevole agitazione e forti controversie nel mondo della terapia occupazionale. Da un lato, gli ergoterapisti vorrebbero comparare i bambini di oggi con parametri medi della forza che siano aggiornati, ma d’altro canto, poiché i bambini sono sempre più deboli, la mia collega si chiedeva se non faremmo meglio a far restare i bambini negli standard dei primi anni ’80.


Non era la prima volta che mi capitava di sentire una cosa del genere. Durante un corso di formazione continua per professionisti della salute, un’altra ergoterapista si lamentava dello stesso problema. Aveva osservato che i bambini stavano diventando molto più deboli. Le misure dei pantaloni cambiano e si adattano a una società più obesa, temeva che avremmo fatto la stessa cosa con i test standardizzati – modificare la “norma” per adeguarla alla nuova debolezza dei bambini odierni.


Le prove relative alla forza hanno raggiunto ormai i livelli più bassi di sempre. Per rispondere a questa allarmante scoperta potrebbe essere più semplice accettare una nuova norma anziché lavorare attivamente verso una soluzione. Ciò nondimeno, quando ci aspettiamo meno dai nostri figli, anziché aiutarli a tenersi su standard più elevati, il rischio è di spianare loro la strada verso il fallimento. Perché i nostri bambini si stanno indebolendo? Cosa significa per la crescita e lo sviluppo a lungo termine? Cosa c’è alla radice del problema?ù


Una cattiva postura è ormai la norma

Con il ridursi della forza fisica e lo stare seduti a lungo, i bambini sviluppano una cattiva postura. Ho assistito al fenomeno di persona mentre osservavo una classe di scuola media. L’insegnante faceva lezione e durante quell’ora la postura dei ragazzi peggiorava sempre più. Solo un terzo della classe aveva una cattiva postura all’inizio della lezione, ma verso la fine buoni tre quarti dei ragazzi erano seduti male. Alcuni si erano semidistesi sui banchi mentre altri erano seduti scomposti all’indietro sulle sedie. Una volta in piedi, alcuni conservavano ancora una cattiva postura. Schiena ruotata e testa protesa in avanti, ossia leggermente in fuori.


L’indebolimento della muscolatura del tronco determina una minore stabilità della colonna vertebrale, il che vuol dire difficoltà a mantenersi ben allineati. La dottoressa Faria, stimata chiropratica della mia comunità, dice che il 30% dei suoi pazienti sono bambini, e sostiene che molti hanno problemi a “mantenere” gli accomodamenti posturali e crede con fermezza che ciò dipenda da squilibri muscolari. I muscoli squilibrati sono come i sistemi di carrucole: se un lato è lento, l’altro sarà teso. Se, per esempio, un bambino ha i quadricipiti deboli (muscoli sulla parte anteriore della coscia), è probabile che i tendini posteriori del ginocchio siano tesi, e questo può causare dolore e cattivo allineamento.


Gran parte dei piccoli pazienti negli studi pediatrici hanno bisogno di risistemare le articolazioni vertebrali C1 e C2, nella regione cervicale e del collo. La rigidità in queste regioni rischia di toccare i nervi e incidere sul passaggio dei segnali da e verso il sistema nervoso. Un nervo compresso è come un tubo per annaffiare il giardino che sia piegato in modo da ridurre il flusso dell’acqua. Se un nervo viene leso o compresso, gli impulsi nervosi non possono viaggiare da e verso il cervello con la velocità dovuta, e il tempo di risposta sarà più lento.


Avete mai notato se vostro figlio mostra una certa rigidità, soprattutto nella regione del collo? Una rigidità dei muscoli attorno al collo e alla testa può essere causata da una cattiva postura dovuta al costante inclinarsi in avanti della testa per guardare gli strumenti elettronici, allo stress quotidiano, al poco movimento fisico e al dover trasportare zaini troppo pesanti.


I nervi lesi o compressi dalla rigidità nella zona superiore del collo possono avere ricadute su qualsiasi cosa


, dice la dottoressa Faria, “Compressioni della parte alta del collo possono influire sugli occhi, sulle cavità sinusali, sul naso e sul palato – alcuni bambini lamentano persino mal di testa. Una compressione nella regione inferiore del collo può creare problemi con la presa pollice-indice. Le compressioni dei nervi, in qualsiasi distretto del corpo si trovino, possono impedire il passaggio adeguato degli impulsi da e per il cervello.”


Una fisioterapista che conosco concorda sul fatto che le posture dei bambini stiano cambiando. Negli ultimi dieci anni ha anche assistito a un aumento del mal di schiena in età pediatrica. Lavora da sempre con adulti che soffrono di mal di schiena cronico, ma ora le inviano più pazienti in età pediatrica di quanti non vorrebbe; ha in trattamento bambini anche di soli dieci anni! Attribuisce l’impennata dei mal di schiena pediatrici alle ore trascorse seduti, alla generale diminuzione della forza muscolare e ai pesanti zaini che i bambini devono portarsi appresso. Molti suoi piccoli pazienti hanno una postura della testa protesa in avanti, le spalle incurvate e una curvatura anomala della colonna che aggiunge ulteriore stress ai muscoli della schiena e del collo, causando mal di testa e dolore.


Certo i bambini possono andare dal chiropratico per il mal di schiena, ma come possiamo impedire che sia necessario? Cosa manca ai bambini che non consente loro di sviluppare una maggiore forza muscolare del tronco? Esiste un legame fra cattiva postura e scarso rendimento scolastico?


Bambini poco vitali

Una combinazione di scarsa forza muscolare e sedentarietà può portare a una diminuzione dell’energia tale da impedire qualsiasi tipo di gioco attivo. Forse lo avrete notato anche nei vostri figli, magari faticano a fare una camminata o hanno bisogno di riprendere spesso fiato. È possibile che si lamentino di avere le gambe indolenzite dopo esser venuti con voi in giro per negozi qualche ora. Sono molti, in realtà, gli insegnanti che riferiscono una crescente diminuzione della resistenza fisica. Affermano che sempre più bambini si lamentano di non avere più fiato, di avere le gambe stanche e di doversi riposare ogni tanto quando fanno escursioni nella natura o educazione fisica a scuola.


Lo vediamo spesso a TimberNook, dove bisogna fare un piccolo percorso a piedi per arrivare nella classe all’aperto. È una camminata tutta leggermente in salita su un terreno un po’ accidentato che chiede ai ragazzi di guardare dove mettono i piedi; non ci vogliono più di due minuti per arrivare alla classe. All’inizio della settimana sentiamo spesso una quantità di lamenti e brontolii mentre i ragazzi procedono con gli zaini pieni che ballonzolano su e giù sulle loro schiene. “È una faticaccia!” esclama un bambino; “Quando arriviamo?” si lamenta un altro; “Mi fanno male le gambe!” piagnucola un terzo. Ci vuole tutta la settimana prima che i bambini inizino a sopportare e ad apprezzare la camminata.


Ogni nuova attività prevede un diverso uso dei muscoli, e se la cosa si somma a una mancanza di energia, chiunque si sentirà sotto sforzo; tuttavia, una camminata di due minuti su per una collinetta non dovrebbe stancare né indolenzire nessuno. Perché i bambini che sono agitati o iperattivi in classe lamentano dolore alle gambe o stanchezza quando finalmente riescono a fare attività fisica? È un paradosso? Qual è il motivo?


Più fragili delle porcellane cinesi della nonna?

I bambini di oggi mi ricordano il servizio di porcellana cinese di mia nonna, che veniva tirato fuori solo per le grandi occasioni, come a Natale… se eravamo fortunati. Più spesso, erano gli adulti a usare i piatti di porcellana, a noi bambini venivano destinate stoviglie di plastica da due soldi che imitavano l’originale. I grandi temevano che avremmo fatto cadere le porcellane e queste sarebbero finite in mille pezzi. Quando penso ai bambini di oggi, quest’immagine mi torna spesso alla mente, perché se cadono è destino che si rompano qualcosa.


Katy Bowman, esperta di biomeccanica al Restorative Exercise Institute, crede che oggi le lussazioni siano più frequenti fra i bambini per via della combinazione di corpi più pesanti e ridotta forza muscolare. Quando, per esempio, un bambino piccolo cerca di appendersi alla scala orizzontale e non ha sufficiente forza muscolare per sostenere il peso del suo corpo, il carico viene trasferito ai legamenti e può portare spesso a una lussazione del gomito. È quello che si dice il gomito della balia (Crawford, 2013).


Vostro figlio si è per caso fratturato un braccio, una gamba o altro? È una cosa sempre più comune. Il numero delle fratture in età pediatrica è andato aumentando negli ultimi anni. Ad esempio, secondo uno studio del 2010, in Svezia l’incidenza delle fratture nei bambini è aumentata del 13% fra il 1998 e il 2007. La frattura più frequente è quella distale dell’avambraccio, ovvero della parte più vicina alla mano. La ragione più comune è una caduta. Lo studio conclude affermando che l’aumento dell’incidenza è in parte dovuto ai cambiamenti nelle tipologie di attività dei bambini (Hedström et al. 2010). Le fratture sono causate da una combinazione di fattori, vale a dire che i bambini ne vanno più soggetti se le ossa non sono protette dalla forza del muscolo, oppure se hanno ossa più deboli e porose.


Quando i bambini non hanno sufficienti occasioni di muoversi per stimolare e rafforzare le ossa, la capacità dello scheletro di sostenere il peso diminuisce in modo significativo. Questa riduzione porta alla scomposizione e alla perdita di calcio, che viene riassorbito dal corpo, lasciando le ossa più deboli e fragili, quindi più soggette a rischio di frattura (National Space Biomedical Research Institute n. d.).


Le ricerche condotte al Cincinnati Children’s Hospital suggeriscono che milioni di bambini negli Stati Uniti non abbiano ossa abbastanza forti, il che può esporli a fratture, rachitismo e altre patologie.

Anche i tendini e i legamenti possono risentire della mancanza di attività. Quando il tessuto connettivo è lasso per via del non uso, gradualmente si accorcia e si irrigidisce. Legamenti, tendini e muscoli rigidi tendono a strapparsi con più facilità (Southern Illinois University School of Medicine, 2007).


Non basta la giusta alimentazione (soprattutto ricca di calcio) perché i bambini abbiano ossa forti? Non è sufficiente bere latte ogni giorno? Come possiamo pensare che i nostri figli giochino se il rischio di fratture è in aumento? Qual è il tipo di esercizio più appropriato?


Perché mio figlio cade tanto spesso?

Mentre osservavo una prima elementare, ho sentito la maestra che diceva con tono piuttosto esasperato: 


Allora, questa settimana siete caduti moltissime volte, per favore mettetevi seduti per bene! 


La confusione in classe era assordante e i bambini apparivano disorganizzati e si comportavano in modo sciocco. Molti erano sdraiati sui banchi, altri si alzavano di continuo e la maestra si lamentava che se era fortunata restavano seduti per quindici minuti.


Molti maestri notano che gli alunni hanno parecchie difficoltà legate alla consapevolezza dello spazio, il che li porta a essere goffi, a inciampare e cadere. Qualcuno denuncia che i bambini sono sempre seduti scomposti e appoggiati ai banchi, a volte cadono persino dalle sedie e finiscono sul pavimento. In effetti, per molti degli insegnanti che ho intervistato si tratta di eventi quotidiani. I bambini si urtano fra loro, sbattono contro i mobili e talvolta addirittura contro le pareti!


In una scuola media che conosco hanno avuto tanti di quei problemi con i ragazzi che andavano a sbattere gli uni contro gli altri nel cambio dell’ora che l’amministrazione ha sistemato una striscia di nastro adesivo per terra in mezzo ai corridoi; gli studenti dovevano tenere la destra mentre camminavano, come se stessero guidando.


Se per caso avete un figlio con problemi di equilibrio e coordinazione, state pur certi che non siete i soli. I genitori che incontro come terapista si lamentano soprattutto del fatto che i bambini sono maldestri e non fanno che inciampare sui loro stessi piedi, che si tratti di camminare per una stanza o cimentarsi in uno sport. Durante i primi anni di hockey di mia figlia Joelle, per esempio, era la norma che molti dei bambini cadessero di continuo e andassero a sbattere contro le pareti e contro altri bambini, aumentando il rischio di farsi male. Ora, quando mia figlia gioca a hockey e senza sforzo scivola sul ghiaccio, non sono molti quelli che riescono a starle dietro, per non parlare poi di raggiungerla. La sua abilità atletica, che non sembra straordinaria ma del tutto appropriata alla sua età, oggi è da considerarsi una rarità.


La ricerca indica, per gli ultimi quindici anni, un chiaro e allarmante aumento nel numero degli incidenti fra i giovani atleti. Il Center for Injury Research and Policy (Centro per la ricerca e le politiche contro gli infortuni) del Nationwide Children’s Hospital ha per esempio concluso una ricerca sul numero di incidenti che ogni anno colpiscono i ballerini. Secondo questo studio, fra il 1991 e il 2007 c’è stato un incremento del 37% nel numero dei ballerini infortunati in età pediatrica (Nationwide Children’s n. d.). La causa più comune degli infortuni erano le cadute.


Ancora più allarmante è il numero di infortuni che avvengono durante l’ora di educazione fisica. Secondo uno studio condotto negli Stati Uniti, fra il 1997 e il 2007 c’è stato il 150% di aumento nel numero di infortuni durante le lezioni di ginnastica a scuola, considerando elementari, medie e superiori. 


È improbabile che questo aumento sia dovuto a una maggiore partecipazione alle ore di educazione fisica


, spiega l’autrice dello studio, Lara Mckenzie, PhD, ricercatrice capo al Center for Injury Research and Policy, nonché docente dell’Ohio State University College of Medicine (Nationwide Children’s, 2009).

Cosa contribuisce al significativo aumento nel numero delle cadute? Perché i bambini di oggi sono più goffi e maldestri di quelli di una generazione fa? Se non riescono a camminare lungo un corridoio senza scontrarsi o fare sport senza infortunarsi, cosa possiamo dedurre sullo stato generale della loro salute fisica e neurologica?


Perché mio figlio è sempre raffreddato?

Nella scuola di mia figlia viene ormai chiesto a ogni bambino di portare quattro confezioni di fazzoletti all’inizio dell’anno. A cosa mai potrebbero servirle quattro confezioni di fazzoletti?! Ho pensato fra me e me la prima volta che me l’hanno chiesto. Eppure, state certi che per la fine dell’anno vengono usati tutti e alcuni insegnanti chiedono ai genitori di portarne persino altri.


Forse vostro figlio è sempre malato d’inverno, prende un raffreddore dietro l’altro, perde giorni di scuola e nel frattempo si contagiano i fratellini e magari anche voi? È una situazione sfortunata che riguarda un numero imprecisato di genitori con cui ho parlato. Dicono spesso: 


È come se avesse un unico grande raffreddore che dura per tutto l’inverno! 


Durante le partite di hockey di mia figlia alcuni ragazzini hanno sempre bisogno del fazzoletto mentre giocano. Ho chiesto a una madre se la figlia avesse il raffreddore, “No” mi ha risposto, “Sarah è così, le cola il naso per tutta la stagione!”.


Al di là degli ovvi risvolti per la salute legati alla sedentarietà, come l’obesità e un aumento del rischio di diabete e pressione alta, i bambini sviluppano anche un sistema immunitario più debole. Sono più soggetti ai raffreddori, alle malattie e alle allergie. Secondo l’International Study of Asthma and Allergies in Children l’incidenza globale di allergie, asma ed eczema in età pediatrica è aumentata dello 0,5% annuo fra la metà degli anni ’90 e il 2002 (Asher et al., 2006).


David Brownstein, medico familiare molto qualificato e uno dei più noti specialisti di medicina olistica, parla molto del sistema immunitario. In uno dei suoi articoli racconta la storia di quando una sua fan lo ha avvicinato in aeroporto chiedendogli: “Perché oggi i bambini hanno così tante allergie? Quando noi eravamo piccoli nessuno sentiva parlare di allergie alle arachidi, al glutine e al latte, da dove sono spuntate?” E lui ha risposto: “Credo che le ragioni siano più d’una ma il motivo principale è che il sistema immunitario delle nuove generazioni si sta indebolendo sempre di più” (citato in Hubbard, 2005).


Perché i raffreddori sembrano eterni? Cosa ha determinato l’aumento delle allergie e dell’asma? È un aumento legato soprattutto all’alimentazione e all’ambiente? O ci sono altri fattori da considerare?


Perché mio figlio è così aggressivo?

“Acchiapparella” – un bel gioco che la maggior parte di noi ricorda di aver fatto da bambino. Un gioco del tutto innocente, o no? Non secondo molti insegnanti.


Quello che un tempo era considerato un semplice e onesto gioco molto divertente, si è trasformato nell’incubo della ricreazione. I bambini hanno iniziato a colpire con una tale forza che spesso finiscono per colpire il compagno rincorso con una tremenda sberla dietro la schiena. L’ho visto io stessa a TimberNook.


“Ahia!” grida qualcuno, caduto in ginocchio e in lotta per ricacciare le lacrime, “Non così forte!”.

Il bambino che lo sovrasta replica: “Non volevo…”.

Sembra un’azione del tutto priva di intenzioni, tuttavia il dolore resta. L’aggressività durante l’acchiapparella è ormai un tale problema che in tutti gli Stati Uniti le scuole iniziano a bandire quello che un tempo era un gioco prediletto.


Nell’autunno del 2013, i problemi causati da questo gioco si sono fatti sentire anche dalle mie parti. In una scuola del New Hampshire è stato proibito giocare ad acchiapparella per motivi di sicurezza. Genitori e figli erano confusi, alcuni anche indignati. I titoli dei giornali andavano da “Bandire l’acchiapparella è sciocco” (Stevenson, 2006) a “Aumentano le scuole che proibiscono l’acchiapparella per rischio infortuni” (Wang, 2013). Incuriosita, ho chiesto ai maestri della mia zona cosa succedeva durante la ricreazione.


Come immaginavo, gli insegnanti avevano notato un aumento dei comportamenti aggressivi: “Dobbiamo mettere nuove regole perché non riescono a dosare in modo appropriato il contatto fisico” mi ha riferito un maestro (prima che il gioco fosse bandito, era stata stabilita la regola del toccare con due dita per evitare che i bambini si spingessero per terra). Un insegnante di un altro Stato si era lamentato dicendo: 


Non riescono a tenere le mani a posto! Parliamo con loro e spieghiamo ma senza successo!


Sembra che i bambini stiano diventando più aggressivi. Forse non capiscono come si fa a giocare senza farsi male? Crescono sotto influenze negative che induriscono gli animi? O forse non hanno una buona consapevolezza del proprio corpo?


Perché mio figlio ha difficoltà di lettura?

La miopia è in aumento. Oggi negli Stati Uniti e in altri Paesi è più comune fra i bambini rispetto agli anni ’70. In alcune regioni asiatiche ha raggiunto addirittura proporzioni epidemiche. A Taiwan, per esempio, la percentuale di bambini di sette anni che ne soffrono è passata dal 5,8 % del 1983 al 21% del 2000. Ma non solo, fra i quindicenni taiwanesi ne soffre l’impressionante percentuale dell’81% (Palmer, 2013).


Incuriosita, la professoressa Kathryn Rose, ortottista, ha deciso di approfondire la cosa. Ha scoperto che solo il 3,3% dei bambini di sei e sette anni che vivono a Sydney, in Australia, e discendono da famiglie provenienti dalla Cina, sono miopi, in confronto al 21,1% dei residenti a Singapore. Ancor più interessante è il fatto che il tempo trascorso davanti agli schermi o leggendo un libro non può dar conto della discrepanza (Palmer, 2013).

Sebbene la miopia non sia tanto prevalente negli Stati Uniti quanto in Asia, il numero dei casi è in rapido aumento. Uno studio del 2009 ha evidenziato che la miopia, fra gli americani dai 12 ai 54 anni, è cresciuta dal 25% dei primi anni ’70 al 42% di inizio secolo (Palmer, 2013).


Non solo ci sono molti bambini che faticano a vedere da lontano, ma con l’aumento odierno delle disabilità evolutive è sensato pensare che aumenteranno anche i deficit visivi in generale. Vostro figlio ha problemi di vista? Lamenta mal di testa o non riesce a leggere o scrivere allo stesso livello dei coetanei? Uno dei problemi che molti terapisti devono affrontare oggi, rispetto a trent’anni fa, è che sempre più bambini faticano nella coordinazione dei muscoli oculari, abilità necessaria per scandagliare una stanza alla ricerca di un oggetto o leggere un libro in modo accurato.


Spesso questi problemi non vengono diagnosticati e il bambino si dibatte con fatica in tutti gli aspetti del lavoro scolastico. Di solito le scuole verificano solo l’abilità di lettura di numeri e lettere riportate su un tabellone, ossia l’acuità visiva. È raro che a scuola si valuti il buon funzionamento dei muscoli oculari e quindi la capacità di eseguire con correttezza i movimenti oculari necessari alla scansione e all’inseguimento (movimenti saccadici).


Un’educatrice esperta, specializzata in programmi e progetti di lettura, che lavora sia presso una charter school (scuola privata che riceve sovvenzionamenti pubblici), sia a tu per tu con molti bambini, concorda che le difficoltà visive siano in crescita. Ritiene che molti dei bambini che incontra per problemi legati alla lettura abbiano difficoltà con le capacità visive.

Una volta mi è capitato di trattare una bambina con problemi motori e sensoriali, teneva costantemente la mano su un occhio a scuola per cercare di decifrare le parole scritte. Era in prima elementare e non sapeva ancora leggere. La scuola elementare che frequentava le aveva fatto un esame della vista che aveva superato brillantemente. “La vista non ha problemi” era stato il verdetto della scuola, tuttavia, nessuno si era preoccupato di osservare con maggiore attenzione il modo di funzionare dei suoi occhi. Dopo una valutazione mi resi subito conto che i suoi occhi non riuscivano ad andare dal punto A al punto B senza perdersi in movimenti circolari, non c’è da meravigliarsi che non riuscisse a leggere!


Perché la miopia è in crescita? Perché i bambini non riescono a coordinare i movimenti muscolari degli occhi così da poter scrutare una stanza o leggere un libro?


Perché mio figlio è così emotivo?

“Adoro il campeggio!” ha detto Joelle, sei anni, a un’altra coetanea mentre camminavamo in gruppo, “Andiamo in tenda, tu ci sei mai stata?”.

La bambina ha guardato Joelle con disgusto: 


Campeggio? Con tutti quegli insetti? Magari ci sono le zecche che ti camminano sotto la tenda! No grazie!


Poi Joelle ha notato un pezzetto di prato ben curato e ci si è sdraiata: “Guarda che bel prato!” ha esclamato con un gridolino di piacere.


“Alzati!” le ha intimato l’altra terrorizzata, “Potrebbero esserci le zecche! Che schifo! Alzati, presto!”; era in preda al panico.


Sempre più bambini fanno fatica a controllare le proprie emozioni, e i problemi legati all’ansia hanno raggiunto un picco storico. Paure e timori stanno prendendo il sopravvento e iniziano a costituire una barriera alle semplici gioie dell’infanzia. Perché l’ansia e le paure sono in aumento nei bambini? Perché tanti di loro faticano a controllare le proprie emozioni? Forse siamo solo più sensibili a questi temi? O esiste una ragione di tipo neurologico per spiegare quest’impennata?


Difficoltà di controllo emotivo

Quello di insegnare ai bambini ad autoregolarsi, o a controllare le emozioni, è un argomento oggi molto attuale e dibattuto. Negli ultimi cinque o dieci anni ho notato un sostanziale incremento nel numero dei post sui blog, o degli articoli e dei libri, che si focalizzano sui consigli da dare ai genitori per aiutare i bambini a imparare ad autoregolarsi. È chiaro come stia diventando un problema abbastanza importante da richiedere una gamma di strategie fra cui scegliere. Tecniche come lo yoga, la meditazione e il buon esempio vengono impiegate spesso; qualcosa che dovrebbe essere il risultato di uno sviluppo naturale e intuitivo ha ora bisogno di essere insegnato.


Joleen Fernald, PhD, patologa dei problemi del linguaggio, specializzata nel lavoro con bambini che hanno disturbi legati all’ansia, ha notato un aumento delle difficoltà socio-emotive negli ultimi dieci anni: 


Persino bambini di otto anni fanno fatica ad autoregolarsi!


 mi spiega, “Dovrebbero essere in grado di iniziare a farlo a tre mesi. Non mi riferisco ai bambini nello spettro autistico, ma a quelli che non hanno nessuna diagnosi e non sono oggetto di terapie specifiche”.


Gli insegnanti con cui ho parlato mi hanno detto che i bambini oggi fanno più fatica a controllare le emozioni nel contesto scolastico rispetto a trent’anni fa. A molti basta poco per piangere o sentirsi frustrati. “In passato era raro che un bambino scoppiasse a piangere in mezzo alla classe, ora capita spesso, e ciò che è più sorprendente è che molti sono maschi”, mi confessa una maestra.


Hanno anche notato che i bambini sembrano meno interessati e motivati alle lezioni e ai progetti scolastici. Molti genitori (forse siete fra questi?) sono sempre più preoccupati perché i figli tornano a casa già nei primi anni delle elementari dicendo che odiano la scuola. Non è certo il modo migliore per iniziare il lungo iter scolastico!


Cosa si cela dietro gli sbalzi d’umore? Perché i bambini di oggi non sembrano capaci di autoregolarsi come le generazioni precedenti?


Ansia in aumento

Vostro figlio soffre di ansia? Forse ha paura del buio o di ammalarsi? È in difficoltà in ambienti nuovi o teme di farsi male? Secondo uno studio (Cohen, 2013), almeno uno su quattro di voi che leggete questo libro ha un figlio cui è stato diagnosticato un disturbo ansioso! Lawrence Cohen, psicologo e scrittore rinomato e premiato, dice: 


Credo che l’ansia nei bambini sia in aumento ad ogni livello, dalle paure dei mostri sotto il letto alle fobie e agli attacchi di panico, fino ai più gravi disturbi ansiosi. 


Prosegue spiegando che durante i suoi studi di psicologia, trent’anni fa, dal 10 al 20% dei bambini nasceva con un temperamento molto reattivo verso ogni cosa che fosse nuova o inconsueta. Alcuni di loro sono diventati ansiosi, timidi o schivi nel corso della vita. Un numero molto più piccolo, dall’1 al 5%, ha sviluppato un vero e proprio disturbo ansioso, con relativa diagnosi (Cohen, 2013).


Oggi, dal 10 al 20% dei bambini hanno ancora quel temperamento reattivo, ma il numero di coloro a cui viene diagnosticato un disturbo ansioso ha avuto un’impennata al 25% secondo l’Istituto Nazionale di Salute Mentale (Cohen, 2013). Nel nostro campo di TimberNook osserviamo regolarmente sintomi dovuti all’ansia. Il primo indizio del fatto che un bambino potrebbe essere ansioso ci viene dai genitori, quando ci domandano quali strategie adottiamo per aiutare la transizione del bambino nell’ambiente del campo. “Non ama i cambiamenti”, dichiara una mamma, “Fa fatica ad ambientarsi nei contesti nuovi”, mi informa un’altra.


Abbiamo anche tanti bambini che temono alcuni aspetti della natura. Magari hanno paura di addentrarsi nel bosco perché non ci sono mai stati. C’è chi non vuole assolutamente togliersi le scarpe all’inizio della prima settimana al campo, altri temono di toccare i polli per paura di essere beccati. Più o meno cinque bambini su venti di quelli che vengono al campo ogni settimana hanno qualche forma di ansia.


Il cervello dei nostri figli ha connessioni nervose diverse rispetto a quello dei bambini di vent’anni fa? O sono i fattori ambientali a giocare un ruolo cruciale? Cosa provoca tutta quest’ansia? Inoltre, come possiamo prevenire il manifestarsi di alcuni dei sintomi ansiosi?


Perché mio figlio non ama giocare?

Avete mandato vostro figlio a giocare fuori solo per vedervelo ritornare dopo pochi minuti affermando: “Non c’è niente da fare là fuori”, o “Mi annoio!”? Gli studi indicano che le abitudini di gioco dei bambini sono cambiate in modo drastico negli ultimi decenni (Bundy, 1997; Juster, Ono e Stafford, 2004). La quantità di tempo che trascorrono in giochi non strutturati è diminuita del 50%, con il risultato che i bambini si dedicano perlopiù ad attività al chiuso (Clements, 2004). Trascorrono anche una quantità di tempo mai vista davanti agli schermi. La ricerca suggerisce che in media un bambino trascorre almeno sei ore al giorno davanti alla televisione o al computer, o giocando ai videogiochi (Rideout, Foehr e Roberts, 2010).


Con la sostanziale riduzione della quantità di tempo che i bambini trascorrono in giochi all’aperto non strutturati, non c’è da meravigliarsi che trovino difficile giocare in modo creativo e indipendente.


Spesso gli insegnanti si danno il turno per stare con i bambini durante la ricreazione. Quando ho chiesto ad alcuni di loro quali fossero oggi le abilità di gioco dei bambini, se paragonate a quelle di trent’anni fa, ecco una delle risposte: 


C’è minor gioco di fantasia, in passato eravamo abituati a un sacco di giochi di finzione – il “facciamo finta che…” – e i bambini creavano i loro mondi e i loro giochi. Adesso gravitano attorno alle strutture esterne o giocano ad acchiapparella tutto il tempo finché non suona la campanella ed è ora di rientrare. C’è molto disordine e confusione, sembra che girino in tondo senza uno scopo. C’è poca creatività rispetto al passato, è come se non sapessero cosa fare di se stessi. Tanti sono i bambini che parlottano e poi vengono da noi alla ricerca di una costante indicazione e rassicurazione su cosa fare e a cosa giocare. È allo stesso tempo triste e frustrante da vedere.


I bambini iniziano a perdere il desiderio e la capacità di giocare, aspetti che dovrebbero essere fondamentali per la natura umana. Perché molti di loro non sono in grado di sviluppare giochi propri se non addirittura qualsiasi tipo di gioco? Perché sembrano preferire attività strutturate e cercano la guida dell’adulto anziché coinvolgere i coetanei? La mancanza di gioco creativo e di fantasia li danneggia anche in altri modi?


In sintesi

La triste e cruda verità è che se paragoniamo i bambini di oggi a quelli delle generazioni passate, semplicemente non reggono il confronto. Sono più deboli, meno resilienti e fantasiosi. Fanno fatica a stare attenti a scuola e a controllare le proprie emozioni, non riescono a muoversi nell’ambiente senza farsi male.


L’alimentazione e l’esercizio fisico possono essere d’aiuto e sono le due aree in cui di solito la gran parte dei genitori si concentra. È provato che attraverso l’alimentazione e l’esercizio fisico si può combattere l’obesità e migliorare la salute generale e la resa scolastica. Tuttavia, sembra che concentrarsi solo sull’alimentazione e l’esercizio fisico strutturato abbia contribuito al declino dello sviluppo sensoriale e motorio che osserviamo nei bambini di oggi, in quanto è passata in secondo piano la nostra comprensione di queste pietre miliari dello sviluppo.


La buona notizia? Esiste una speranza! La risposta è davvero molto semplice e chiara: il gioco attivo e libero – idealmente all’aperto – è essenziale per lo sviluppo sensoriale e motorio. Consentire ai vostri figli di avere tempo e spazio per giocare all’aperto ogni giorno può migliorare e favorire in modo significativo una crescita sana. Le pagine seguenti vi spiegheranno in dettaglio come fare. E tutte le domande che abbiamo sollevato? Leggete per scoprire le risposte.


Giocate all'aria aperta!
Giocate all'aria aperta!
Angela J. Hanscom
Perché il gioco libero nella natura rende i bambini intelligenti, forti, sicuri.Un libro che descrive l’importanza del contatto con la natura e del gioco all’aperto, sottolineandone i vantaggi per la salute dei bambini. Oggi è raro vedere bambini che si rotolano dai pendii erbosi o si arrampicano sugli alberi per divertimento, e preoccupazioni legate alla sicurezza hanno indotto a eliminare pedane girevoli e tavole altalenanti.Tuttavia, mentre la vita dei nostri figli è sempre più “virtuale” e ruota attorno a TV, smartphone e computer, gli insegnanti notano una diminuzione dell’attenzione e i dottori denunciano un aumento allarmante dei disturbi emotivi e sensoriali.E dunque, come assicurare ai nostri bambini un pieno coinvolgimento di mente, corpo e tutti i cinque sensi?Giocate all’aria aperta! di Angela J. Hanscom farà riscoprire l’importanza del contatto con la natura e del gioco all’aperto, sottolineandone i vantaggi per la salute dei bambini. Conosci l’autore Angela J. Hanscom è una terapista occupazionale pediatrica, fondatrice di TimberNook, un programma per l’età evolutiva fondato sul contatto con la natura, che ha ottenuto premi e riconoscimenti ed è divenuto famoso a livello internazionale.