capitolo I

Cos'è il microbioma umano?

Qual è la storia dell’evoluzione della vita?

Vi racconteremo una storia che inizia con la nascita. Tuttavia, per capire come la nascita si inserisca nella storia epica della vita, è necessario tornare indietro agli albori della vita sulla Terra.


Quattro miliardi e mezzo di anni fa nasceva il pianeta Terra. Per il successivo mezzo miliardo di anni, le meteoriti bombardarono senza sosta il nuovo pianeta; una volta terminato questo bombardamento, la superficie della Terra iniziò lentamente a raffreddarsi e a consolidarsi. Si formò una crosta con un terreno caldo e roccioso, le prime rocce solide del pianeta. Mentre la Terra continuava a raffreddarsi, si formarono nubi che producevano enormi quantità di pioggia e divennero i primi oceani del mondo. Iniziò la formazione dei continenti e, più o meno nello stesso lasso di tempo, ebbe origine la vita.


A dispetto delle condizioni altamente tossiche, microorganismi unicellulari fecero la loro comparsa circa tre miliardi e mezzo di anni fa. Questi microbi viventi, per esempio i batteri, non solo apparvero e sopravvissero, ma proliferarono. Da allora, i batteri hanno colonizzato con successo tutto il pianeta. Specie di batteri sono state trovate fin sulle cime delle montagne più alte, sul fondo degli oceani più profondi e persino nell’atmosfera.


Per prime potrebbero essere venute semplici cellule batteriche, poi, subito dopo (o magari anche prima), un altro organismo unicellulare apparve sulla scena, l’archèobatterio. Batteri e archèobatteri, che sono microrganismi procarioti, hanno un aspetto simile in quanto creature unicellulari circondate da una membrana e da una parete cellulare, ma privi di un vero e proprio nucleo. In realtà, è possibile che si siano evoluti da un comune antenato. Tuttavia, da un punto di vista genetico, sono piuttosto diversi. (Insieme agli archèi e ai batteri esiste una terza forma di vita, gli eucarioti. Di fatto, tutta la vita che vediamo oggi attorno a noi, incluse tutte le piante e gli animali, appartiene a questa categoria. Le cellule eucariote sono più complesse di quelle procariote, in quanto hanno un nucleo e sono in grado di produrre energia grazie ai mitocondri).


A questo punto della storia dell’evoluzione le cose iniziarono a farsi davvero interessanti – quantomeno, la vita cominciò ad assumere forme sempre più grandi, visibili ad occhio nudo. Attorno a 600 milioni di anni fa vi fu un’impennata di attività con lo sviluppo di semplici animali, poi dei pesci, dei proto-anfibi (organismi simili agli anfibi) e delle piante terrestri. Verso i 400 milioni di anni or sono, l’evoluzione correva davvero in fretta, con lo sviluppo degli insetti, dei semi e degli anfibi. I rettili si svilupparono attorno ai 300 milioni di anni fa, e i mammiferi arrivarono circa 100 milioni di anni dopo. Poi vennero gli uccelli e i fiori, con i primati la cui evoluzione risale solo a 60 milioni di anni fa. È appena negli ultimi 2,5 milioni di anni che si è evoluto il genere “Homo”. Gli sbarbatelli impudenti che sono gli esseri umani moderni sono in circolazione solo da 200.000 anni; detto in altri termini, gli esseri umani hanno occupato solo lo 0,004 per cento della nostra storia planetaria.

Qual è il ruolo dei batteri nell’evoluzione?

Attraverso tutti questi diversi stadi evolutivi – dai microbi fino allo sviluppo della nostra specie homo sapiens – i batteri sono sempre esistiti. Nel corso dei miliardi e milioni, delle migliaia e centinaia di anni fino al momento presente, i batteri sono diventati parte di tutte le altre forme di vita.


In altre parole, sin dall’alba dei tempi, tutte le forme di vita hanno avuto a che fare con la presenza dei batteri, fondendosi con questi microrganismi, fino a diventare nuove forme di vita. Lo stesso è avvenuto con gli esseri umani. Evolvendoci, anche noi ci siamo fusi con i batteri – al punto che i batteri sono presenti in tutto il nostro corpo e persino nelle nostre cellule. È avvenuto lo stesso con ogni altro animale o pianta sulla Terra. Se apriste in due una cellula qualsiasi, così come i componenti cellulari in essa contenuti, ci trovereste dei batteri.


Secondo la microbiologa Maria Dominguez Bello dell’Università di New York:

Le nostre stesse cellule non sono altro che un insieme composito di batteri e di altre cellule ancestrali. Abbiamo nelle cellule alcuni componenti batterici, i mitocondri, batteri ancestrali che si sono fusi con altre cellule.

In altre parole, i mitocondri che esistono in ogni cellula del nostro corpo discendono dai batteri. Ciascun mitocondrio potrebbe essere persino descritto come il “bis-bis-bis-bis-bis-bis-bis-bis-bis-bis nipote” di un batterio libero. C’era una volta, tanto tempo fa, un batterio che viveva libero e che si fuse, o venne inglobato da un’altra cellula. Quella cellula ne trasse beneficio perché il batterio che viveva libero divenne un mitocondrio, capace di produrre tutta l’energia necessaria. Anche il mitocondrio ne trasse beneficio, perché iniziò a vivere in un luogo protetto, ricco di nutrienti. Inoltre, i batteri non sono confinati solo all’interno delle cellule del nostro corpo: migliaia di miliardi di altri batteri vivono al di fuori delle cellule umane. I microbi riempiono, rivestono e circondano i nostri corpi.


Detto altrimenti, i nostri corpi non sono fatti solo di cellule umane; sono anche pieni di batteri. In realtà, il corpo umano è un complesso ecosistema fatto di cellule umane e microorganismi conviventi. Perciò, è possibile dire che siamo tutti in parte umani e in parte microbi. Come dice la dottoressa Dominguez Bello:

Quando si capisce questo, si inizia a vedere ogni singolo individuo o specie come un insieme composito. Siamo dunque piuttosto un ecosistema che cammina…

Appena si inizia a riflettere su questo, è inevitabile guardarsi con occhi diversi. Da un punto di vista filosofico, in quanto prodotto dell’evoluzione su un pianeta batterico, noi non siamo semplicemente umani, ma siamo invece tutti ben più che umani. Di fatto, essere umani significa essere molto più che un singolo organismo vivente. Essere umani non riguarda solo un singolo “me stesso”, quanto piuttosto un multiforme “noi”.

E dunque, cos’è esattamente il microbioma umano?

In qualità di direttore dello Human Microbiome Program alla New York University, nonché autore del libro Missing Microbes, il dottor Martin Blaser è una delle autorità di maggior rilievo a livello mondiale per quanto riguarda il microbioma umano. Lo descrive come:

…tutti gli organismi che vivono nel corpo umano: batteri, funghi, virus e così via. Sono gli organismi che vivono su di noi e dentro di noi a renderci una ‘casa’.

Fino a poco tempo fa, si stimava che ci fossero centomila miliardi di microbi rispetto ai diecimila miliardi di cellule del nostro corpo. Il che significa un rapporto di 10:1 a favore dei microbi rispetto alle cellule umane; si credeva che il nostro corpo fosse composto al 90 per cento di microbi e solo al 10 per cento di cellule umane. Non in termini di peso ma di numero. In termini di peso, tutti i microbi di un solo corpo si stimava pesassero poco più di un chilo, o, per dirla altrimenti, che avessero circa il peso di un cervello umano.

Di recente, gli scienziati hanno riconsiderato questa stima – sappiamo di non poter fare generalizzazioni sul rapporto fra microbi e cellule, perché dipende dalla taglia di una persona e forse persino da ciò che ha appena mangiato1. Di fatto, quindi, il rapporto potrebbe andare da 100:1 (ossia cento volte più microbi rispetto alle cellule umane) fino a 1:1 (ossia stesso numero di microbi e cellule). Sarà sufficiente dire che, qualunque sia il rapporto, esiste una quantità enorme di microbi nel nostro corpo!


La storia, tuttavia, non finisce qui: le migliaia di diverse specie batteriche che vivono dentro e sui nostri corpi sono portatrici, nel complesso, di una quantità enorme di materiale genetico.


Facciamo un passo indietro. Si stima che vi siano fra i 20.000 e i 25.000 geni nel corpo umano. Presi nel loro insieme, sono noti come genoma umano. E il genoma umano contiene tutte le istruzioni genetiche di cui abbiamo bisogno per la crescita e lo sviluppo.


Per giunta, anche i microbi nel nostro corpo hanno il loro proprio genoma. I ricercatori dello Human Microbiome Project

stimano che il microbioma umano contribuisca a qualcosa come otto milioni di geni capaci di codificare singole proteine, o 360 volte più geni batterici rispetto ai geni umani.2

Se questa stima è corretta, potrebbe esserci diverse centinaia di volte più materiale genetico nei nostri microbi di quanto non ve ne sia nei nostri geni umani.


Lesley Page, eletta Presidente del Royal College di Ostetricia mentre scrivevamo il libro, trasmette con eloquenza la meraviglia della scoperta che siamo più microbi che uomini: “è proprio come se avessimo scoperto un intero nuovo mondo, il che cambia il modo in cui penso a me stessa. Ero abituata a immaginare di avere microorganismi sulla pelle, nell’intestino e dentro di me, ma

pensare di essere più microbi che cellule umane è come se mi collegasse ancor più al resto dell’universo.

Dove sono i batteri nel nostro corpo?

I batteri abitano quelle parti del nostro corpo che vengono a contatto con il mondo esterno. Si trovano sulla parte esterna, sulla pelle, e si trovano anche all’interno, in bocca, in gola, nelle vie aeree e nei polmoni, perché ne inaliamo un buon numero ogni volta che respiriamo. Se si considera come base un tasso costante di dodici respiri al minuto, si può stimare che si inalino fino a cinquanta batteri per ogni respiro. Il che fa 600 batteri al minuto, 36.000 batteri in un’ora, per un totale di più di 860.000 batteri al giorno3.


Ci sono batteri negli occhi, nel naso e nelle orecchie – tutte “aperture” verso il mondo esterno, attraverso le quali i batteri possono entrare nel nostro corpo.

Il tratto urinario (uretra e vescica) rappresenta un altro varco attraverso il quale i batteri possono entrare e colonizzare.


Nel corso della storia, si è sempre creduto che l’urina fosse sterile (ossia che non contenesse microbi). Nondimeno, sviluppi recenti nel sequenziamento dei geni hanno dimostrato che i batteri sono presenti a bassi livelli nelle urine dei soggetti sani4. Di solito, i batteri non sono presenti nei reni delle persone sane, ma quando si sviluppa una cistite o un’infezione del tratto urinario, i batteri possono viaggiare lungo l’uretra fino alla vescica e arrivare a infettare anche i reni. Sono in corso ricerche per stabilire se i batteri siano o meno presenti nel sangue, nel cuore, nel fegato, nel pancreas e nelle ovaie degli individui sani.


Si è sempre anche pensato che il cervello fosse sterile, ma ricerche recenti hanno mostrato il contrario. Ricercatori che indagavano se le persone affette da HIV/AIDS potessero essere più soggette alle infezioni cerebrali scoprirono che ogni cervello che studiavano conteneva batteri, indipendentemente dalla condizione dell’HIV5. Nessuno sa con certezza come o quando i batteri riescano ad attraversare la barriera ematoencefalica, ma è un fatto che una popolazione microbica vi risieda.


Ritornando alla dislocazione dei microbi nel nostro corpo: nelle donne esiste una colonia di microbi che vive dentro la vagina. Il microbioma vaginale è di estrema importanza perché contiene la riserva di microbi per le future generazioni. Durante la gravidanza la placenta potrebbe anche ospitare piccole colonie di microbi. Nel prossimo capitolo vedremo quali sono le colonie microbiche presenti sia nella vagina sia nella placenta.


È significativo il fatto che i microbi si trovino anche in ogni centimetro del nostro tratto gastrointestinale per tutta la lunghezza dei suoi 9 metri (grossomodo)6. (L’intera superficie del tratto digestivo si crede abbia le misure di un campo da calcio). Più in generale, il tratto gastrointestinale copre il tragitto dalla bocca in giù, incluso stomaco, piccolo intestino, grande intestino e ano. In sostanza, il tratto gastrointestinale è un tubo con dello spazio in mezzo per l’attraversamento del cibo. L’interno del tubo è foderato da uno strato sottile e umido di cellule detto membrana mucosa, o semplicemente mucosa. La membrana consiste di un epitelio (uno strato di cellule epiteliali) aderente a tessuto connettivo lasso (la lamina propria), sotto il quale vi è uno strato di muscolo liscio (muscularis mucosae) che aiuta il cibo a muoversi lungo il tratto intestinale. Insieme, costituiscono la barriera intestinale, che separa il contenuto del tubo digerente dal resto del corpo7.


Quando le persone si riferiscono ai “batteri intestinali”, di solito fanno riferimento alle molte migliaia di miliardi di batteri che vivono verso la fine del tubo digerente, nell’intestino grosso. Molte migliaia di miliardi di microbi vivono infatti nel, sul o attorno al rivestimento intestinale. È interessante notare che, secondo i ricercatori, ogni qual volta si evacua, i batteri intestinali possono arrivare fino al 60 per cento della componente solida fecale8.

Il microbioma intestinale è il più studiato fra tutte le comunità microbiche. Il motivo è in parte dovuto al fatto che ricerche scientifiche in via di sviluppo indicano una forte connessione fra microbioma intestinale e cervello; quello che succede con i batteri del tratto digerente può influenzare lo sviluppo cerebrale e il comportamento. Tuttavia, come vedremo nel quinto capitolo, il tratto gastrointestinale gioca un ruolo preminente anche nel funzionamento del sistema immunitario.


Ogni microbioma è diverso; secondo Martin Blaser, il microbioma di una persona “è unico come le sue impronte digitali”. Persino gemelli identici hanno un profilo microbico unico. Questo avviene perché, nel momento in cui nasciamo, siamo costantemente esposti a specie di batteri diverse. Ogni volta che respiriamo, che mangiamo qualcosa, ogni volta che odoriamo o tocchiamo qualcosa, raccogliamo microbi. Non siamo in grado di vedere i miliardi di batteri che ingeriamo e inaliamo costantemente, ma quei batteri potrebbero in breve tempo risiedere all’interno del nostro corpo e molti diventeranno presto parte di noi.

Cosa fanno davvero i batteri nel nostro corpo?

Come molti organismi viventi, gli esseri umani hanno relazioni simbiotiche con i microbi che vivono sul e dentro il loro corpo. In altre parole, le relazioni fra cellule umane e microbi sono una strada a doppio senso. Le nostre cellule umane fanno cose che giovano ai batteri nel nostro corpo e, di contro, i batteri fanno cose che sono di beneficio alle cellule umane. Quest’interazione – cellule e microbi che lavorano insieme come una squadra – è benefica per l’intero organismo (noi). Si può ben dire che le nostre cellule umane, insieme ai batteri, ai virus, agli archèi, ai funghi e ai protozoi facciano tutti parte di una stessa squadra, vale a dire la “Squadra Uomo”.


L’adagio per cui “il lavoro di squadra funziona” è proprio vero quando ci si riferisce al nostro microbioma. I microbi dentro di noi aiutano gli organi a funzionare e ci difendono dalle malattie. In cambio, offriamo ai microbi una casa e del cibo.


Secondo il professor Rodney Dietert, insieme

Abbiamo formato quello che si definisce un superorganismo simbiotico perché facciamo cose gli uni per gli altri e sono tutte molto importanti per la salute dell’intero organismo.

I microbi intestinali aiutano a scomporre i nutrienti, perciò se venissero a mancare per una ragione qualsiasi

potremmo non essere in grado di assimilare alcuni dei nutrienti di cui abbiamo bisogno, perché non sono stati scomposti in sottoprodotti utilizzabili.

I microbi scompongono anche gli agenti chimici ambientali, e dunque, se dovessero venire a mancare, secondo Dietert:

Potremmo essere in parte non protetti, e non avere quella barriera senza falle che i microbi ci offrono quando interagiamo con l’ambiente esterno.

Come ogni singolo essere umano che abbia mai calpestato questa terra, siamo tutti superorganismi umani completi; il nostro corpo è un perfetto ecosistema, pieno di migliaia di miliardi di batteri che lavorano in perfetta armonia con le nostre migliaia di miliardi di cellule umane.

Almeno così funziona finché siamo in buona salute.

Ci ammaliamo sempre di più?

Non serve essere uno scienziato o un medico per notare che le persone che vivono in paesi industrializzati si ammalano sempre di più. Si è raggiunto un livello tale che nel suo libro, Missing Microbes, il dottor Martin Blaser sostiene che queste popolazioni devono fronteggiare “un’epidemia crescente di malattie.”


Secondo Blaser, dalla Seconda Guerra Mondiale i tassi di asma sono saliti di quattro o cinque volte negli USA; le allergie alimentari sono in vertiginoso aumento. Come esempio basti il fatto che, negli Stati Uniti, i Centri per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie hanno pubblicato, nel 2013, uno studio che rivelava come le allergie alimentari tra i bambini siano aumentate più o meno del 50 per cento fra il 1997 e il 20019.


L’incidenza del diabete giovanile, anche noto come diabete di tipo 1, sta crescendo in fretta; in uno studio pubblicato nel dicembre del 2015, i ricercatori scoprirono che negli USA il numero di bambini con diabete di tipo 1 era aumentato del 60 per cento fra il 2002 e il 2013. A differenza del diabete di tipo 2, quello giovanile non ha niente a che fare con l’obesità. È invece una patologia autoimmune nella quale il sistema immunitario attacca le cellule che producono insulina, l’ormone che regola lo zucchero nel sangue10.


La celiachia è un’altra patologia autoimmune in crescita. Il glutine, nella dieta di una persona affetta da celiachia, scatena una risposta immunitaria in cui il sistema immunitario attacca le cellule del piccolo intestino. Negli USA, “la celiachia è quadruplicata dal 1950”, sempre secondo il dottor Blaser.


Le ultime stime suggeriscono che questa patologia riguardi ora una persona su cento in tutto il mondo11.


L’obesità è un’altra tendenza in aumento. Mentre scriviamo, le ultime statistiche diffuse dal governo degli Stati Uniti rivelano che12:

  • Negli Stati Uniti due terzi degli adulti sono da considerarsi sovrappeso o obesi;
  • Un terzo degli adulti è considerato obeso;
  • Un adulto su venti è considerato estremamente obeso;
  • Un terzo dei bambini e ragazzi fra i sei e i diciannove anni è sovrappeso o obeso;
  • Uno su sei fra bambini e ragazzi di età dai sei ai diciannove anni, negli USA è considerato obeso.

Naturalmente, il “problema” crescente dell’obesità non è circoscritto agli Stati Uniti, ma riguarda molti altri Paesi, sia industrializzati, sia in via di sviluppo.

Blaser ha anche notato un aumento del reflusso gastroesofageo. Sul sito dell’NHS, viene descritto come:

una patologia comune in cui gli acidi dello stomaco fuoriescono dallo stomaco e arrivano nell’esofago13.

L’incidenza di questa patologia è salita in modo drammatico dagli anni ’30 del ’900, quando per la prima volta fece la sua comparsa in letteratura. Secondo il dottor Blaser:

è associata a una patologia pre-maligna chiamata Esofago di Barrett, scoperta per la prima volta in Inghilterra da Sir Norman Barrett. Si tratta di un precursore di un certo tipo di cancro all’esofago, l’adenocarcinoma esofageo, che è il cancro in più rapida crescita negli USA e in molti Paesi sviluppati. La sua incidenza è aumentata di sei volte negli ultimi trent’anni.

Anche i casi di complesse patologie neuroevolutive, come i disturbi dello spettro autistico (DSA), sono andati crescendo. Blaser afferma:

L’autismo è in drastica ascesa. Sono esistite differenze nella diagnosi, inoltre la diagnosi medica è un ambito impreciso, tuttavia pensiamo che l’autismo si sia almeno quadruplicato dal 1950. Alcuni stimano che questo valore sia persino maggiore.

E dunque, cosa determina questa crescita della malattia? È multifattoriale o è invece possibile che esista una ragione precisa per cui la popolazione si ammala sempre di più?


Nel suo libro, Missing Microbes, Blaser esprime una teoria con la quale dà una semplice spiegazione a questa marea montante di malattie: 

Mettiamo che ci siano dieci malattie la cui incidenza aumenta nello stesso periodo, ciascuna potrebbe avere una causa diversa, o forse esiste qualcosa che ne causa la crescita comune. Io credo che quel qualcosa sia un mutamento nel nostro microbioma. Il nostro antico microbioma, che ci proteggeva da molte malattie, si sta degradando, e questo degrado alimenta l’insorgere della malattia.

Se ciascuno di noi porta con sé molte migliaia di diverse specie batteriche, e se è sempre stato così fino a poco tempo fa, quelli di noi che vivono in paesi industrializzati hanno in qualche modo perduto in parte la diversità dei batteri che ospitavano nell’intestino. Studi recenti suggeriscono che le popolazioni industrializzate abbiano perso una porzione sostanziale della diversità microbica intestinale. In altre parole, rispetto al passato, abbiamo un numero minore di tipi diversi di specie batteriche che vivono dentro di noi e su di noi.

Nell’aprile 201514 la dottoressa Maria Gloria Dominguez Bello ha riportato su “Science Advances” che i membri di un gruppo isolato di indiani venezuelani avevano il microbioma più vario mai scoperto nell’uomo. Avvistati da un elicottero nel 2008, gli indiani della comunità Yanomami hanno vissuto indisturbati come cacciatori raccoglitori negli ultimi 11.000 anni, in una remota regione montuosa. I ricercatori raccolsero campioni fecali, epiteliali e salivari da trentaquattro individui, facendo molta attenzione ad avere loro stessi un contatto minimo con gli Yanomami.

La Dominguez Bello e i suoi colleghi scoprirono che i membri della comunità Yanomami avevano circa il 50 per cento di diversità ecologica in più rispetto a un americano medio. Il gruppo di ricerca ha ipotizzato che le popolazioni inizino a perdere batteri del microbioma umano quando la cultura si occidentalizza. Secondo la Dominguez Bello:

Quando mettiamo a confronto il nostro microbioma occidentale con quello di popolazioni isolate che vivono nella giungla del Sud America, possiamo calcolare di aver perduto circa un terzo della diversità dei nostri microbi.

È troppo presto per sapere con sicurezza cosa significhi, per le persone che vivono nei Paesi industrializzati, aver perso un terzo della propria diversità microbica, tuttavia questa ricerca ha mostrato come i membri della comunità Yanomami

abbiano una comunità microbica molto più ricca della nostra; e sono sani.

Se la teoria esposta in Missing Microbes dal dottor Blaser è corretta, potremmo essere più soggetti alle malattie perché abbiamo perduto la diversità di specie batteriche che ci ha protetti per innumerevoli generazioni. Come egli afferma:

È assai evidente che la nostra diversità stia declinando. E questo per un ecologista è pericoloso, perché è proprio la diversità a proteggerci.

Esiste dunque la prova che stiamo perdendo la diversità degli organismi che ospitiamo nel nostro corpo, ma la domanda è: perché? Secondo Blaser:

Direi che in parte è dovuto alla vita moderna, nulla ha preparato il nostro microbioma ad affrontare acqua pulita, famiglie più piccole, tagli cesarei e sostanze antibatteriche presenti ovunque. E naturalmente settant’anni di antibiotici.

Perché gli antibiotici influiscono sulla diversità microbica?

Negli ultimi decenni c’è stato un massiccio incremento nell’uso di antibiotici, sia in medicina, sia nel settore zootecnico.


Con riferimento all’uso degli antibiotici in medicina, uno studio recente promosso dal Children’s Hospital di Philadelphia ha analizzato i dati sulla salute registrati fra il 2001 e il 2013 e relativi a 65.000 bambini statunitensi. Il referente principale dello studio, il dottor L. Charles Bailey, ha scoperto che il 69 per cento dei bambini era stato esposto agli antibiotici prima dei due anni, con una media di 2,3 dosi di antibiotico a bambino15.


In molti Paesi è diventata una pratica comune dell’allevamento quella di somministrare farmaci antimicrobici (che comprendono antibiotici, antifungini e antiparassitari) al bestiame destinato alla catena alimentare. Gli allevatori utilizzano questi farmaci – in quantità sbalorditive – per prevenire le infezioni e far crescere gli animali più in fretta. Uno studio recente ha realizzato una stima prudente secondo la quale, nel 2010, per il bestiame da allevamento sono state consumate, complessivamente nel mondo, 63.151 tonnellate di antibiotici16.


Un rapporto pubblicato nel Regno Unito a dicembre 2015 ha reso noto che la quantità di antimicrobici utilizzata nella produzione alimentare su scala globale era almeno paragonabile a quella per uso umano. In alcuni luoghi l’utilizzo è molto maggiore. Negli USA, per esempio, più del 70 per cento degli antibiotici che dovrebbero essere destinati ad uso medico umano sono in realtà somministrati agli animali17. Secondo la Soil Association, l’uso degli antibiotici negli allevamenti del Regno Unito è in crescita, essendo aumentato del 18 per cento nel decennio fra il 2000 e il 2010. Oggi quasi il 45 per cento di tutti gli antibiotici del Regno Unito viene utilizzato per gli allevamenti di bestiame18.


Sempre a proposito della diffusione e dell’aumento dell’uso di farmaci antimicrobici nell’allevamento, secondo un recente studio pubblicato in “Proceedings of the National Academy of Science”, ci si aspetta che, entro il 2030, la crescita massiccia degli allevamenti di bestiame intensivi in tutto il mondo aumenti del 67 per cento il consumo di antimicrobici destinati al bestiame. La quantità utilizzata in Paesi come il Brasile, la Russia, la Cina e il Sud Africa è destinata a raddoppiare nei prossimi 15 anni19.

Come funzionano gli antibiotici?

Gli antibiotici sono medicinali che trattano le infezioni batteriche. Uccidono direttamente i batteri, oppure inibiscono la loro crescita, dando tempo al sistema immunitario di combattere l’infezione20.


Alcuni antibiotici prendono di mira specifici batteri nocivi; si tratta degli antibiotici “a spettro ristretto”. Ne è un esempio la penicillina G, spesso prescritta per la sifilide, la meningite, la polmonite e l’ascesso polmonare, così come per la setticemia nei bambini. Altri antibiotici sono invece ad “ampio spettro”, il che vuol dire che non operano una differenza fra le varie specie di batteri – uccidono i buoni e i cattivi, quelli benefici insieme ai patogeni. Le tetracicline sono un esempio di antibiotici a largo spettro e potrebbero essere prescritte per il trattamento della polmonite e di altre infezioni del tratto respiratorio, per l’acne, le infezioni della pelle e quelle del sistema urinario e genitale.

L’origine degli antibiotici

Prima della scoperta degli antibiotici, la salute umana era in crisi. Le infezioni batteriche come la tubercolosi, il colera e persino la peste uccidevano milioni di persone in tutto il pianeta. Secondo il dottor Blaser:

Nel diciannovesimo secolo c’erano epidemie di pertosse e scarlattina, e molti bambini non sopravvivevano all’infanzia. Eravamo in guerra con alcuni di questi terribili patogeni. Per fortuna nel ventesimo secolo la scienza medica creò e sviluppò una serie di farmaci che chiamiamo antibiotici, a partire dalla scoperta della penicillina di Alexander Fleming.

Il primo vero antibiotico, la penicillina, fu scoperta per caso a Londra nel 1928 dal biologo scozzese Alexander Fleming21, 22.


La storia racconta che, tornando da una vacanza, Fleming aprì una delle sue capsule di Petri contenente colonie di stafilococco (il batterio che causa i foruncoli, il mal di gola e gli ascessi) per scoprire qualcosa di inusuale. Gran parte della capsula era ricoperta di colonie batteriche, ad eccezione di un’area dove cresceva una muffa verde-blu. L’area circolare attorno alla muffa era libera dai batteri e la muffa sembrava secernere qualcosa che fermava la crescita batterica. Fleming coltivò una coltura pura della sostanza secreta dalle muffe che inibiva la crescita dei batteri, identificata in seguito da Charles Thom come Penicillium notatum, una specie di fungo che oggi viene chiamato Penicillium chrysogenum. È interessante il fatto che il nome Penicillium derivi in realtà dalla rassomiglianza del fungo con un pennello – penicillus è il nome latino del pennello.


La sostanza estratta dalle muffe poteva uccidere un ampio spettro di batteri nocivi, incluso lo streptococco, il meningococco, nonché il bacillo della difterite, ma si dimostrò molto instabile e fu difficile produrne in grandi quantità. Solo più di dieci anni dopo, nel 1939, Howard Walter Florey ed Ernst Boris Chain, con il loro gruppo dell’Università di Oxford, trasformarono la penicillina in un farmaco salvavita.


La scoperta di Fleming, e i suoi successivi sviluppi per uso medico realizzati da Florey e Chain, è senza dubbio una delle scoperte più grandi del ventesimo secolo, avendo salvato milioni di vite. Fleming, Florey e Chain ricevettero insieme il Nobel per la medicina nel 194523.


Alcune società farmaceutiche statunitensi iniziarono a lavorare alla produzione di penicillina su scala industriale attorno agli anni ’40. Il loro scopo era di prevenire il decesso per infezioni batteriche dei soldati feriti in guerra. Era però necessario trovare un ceppo produttivo dal quale ottenere grandi quantità di muffa, e fu trovato in un melone di Cantalupo ammuffito, al mercato ortofrutticolo di Peoria, nell’Illinois24. Quel melone ammuffito rivoluzionò la salute pubblica del ventesimo secolo.

Gli antibiotici oggi

Gli antibiotici sono diventati un pilastro della medicina moderna e salvano vite ogni giorno; sono di supporto a moltissime procedure mediche, per trattamenti e patologie di ogni tipo: sono necessari per operare in sicurezza nella chirurgia generale e nei trapianti, nelle chemioterapie, nel trattamento di alcune pericolose infezioni batteriche – solo per citarne alcune. Il professor Stefan Elbe, direttore del Centre for Global Health Policy, ritiene che, per il fatto di aver avuto accesso agli antibiotici con tanta facilità negli ultimi decenni,

siamo vissuti in un’epoca molto privilegiata della storia dell’umanità.

Comunque sia, è un privilegio per il quale abbiamo dovuto pagare un prezzo. Stiamo facendo uso di antibiotici a un ritmo crescente, al punto che in molte nazioni industrializzate se ne abusa. Quest’uso improprio ha condotto alla minaccia crescente della resistenza agli antibiotici, tema caldo delle discussioni mediche e politiche in questo preciso momento.

La resistenza antibiotica significa che antibiotici un tempo efficaci contro alcuni ceppi batterici, oggi non lo sono più. Il che implica che un numero di malattie importanti stiano diventando resistenti al trattamento antibiotico. Secondo un editoriale di Mike Turner sul “Guardian” del maggio 201425 (che prendeva le mosse da un rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità sulla resistenza antimicrobica, pubblicato lo stesso anno)26, sei patologie che si credevano debellate da tempo nel mondo industrializzato, “avrebbero potuto ricomparire con una certa gravità”. Le sei malattie erano tubercolosi, gonorrea, infezioni da klebsiella, febbre tifoidea, sifilide e difterite. Secondo l’articolo:

già oggi, malattie che erano curabili in passato, come la tubercolosi, sono spesso fatali, e altre si stanno muovendo nella stessa direzione. E la cosa davvero terrificante è che il problema è già presente; non si tratta di fantascienza ma di realtà attuale.

Stiamo provocando uno squilibrio del nostro ecosistema interno?

Talvolta gli antibiotici sono essenziali e spesso ci salvano la vita – per esempio se siamo abbastanza sfortunati da contrarre un’infezione grave come la sepsi. Altre volte i medici prescrivono antibiotici per curare infezioni che non rappresentano una minaccia per la vita, ma per le quali funzionano in modo efficace. Tuttavia, per quanto possano essere efficaci nel trattamento delle infezioni batteriche, possono anche causare altri problemi nel nostro corpo; per esempio, squilibrare il microbioma intestinale.


Lo avrete visto anche voi se mai avete sofferto di diarrea dopo un ciclo di antibiotici. Qualche volta ci vuole tempo perché tutto torni alla normalità. Dice la dottoressa Neena Modi,

Ecco, quello è il nostro microbioma che si lamenta e dice: ‘Ehi, mi avete fatto qualcosa!’

Se siete donne, magari vi sarà capitato di prendere degli antibiotici per qualche giorno e poi aver avuto un’infezione vaginale fungina, anche nota come candidosi. Secondo il sito web del Servizio sanitario nazionale britannico, un terzo delle donne che prendono antibiotici sviluppa una candidosi vaginale27. Il ciclo di antibiotici potrebbe aver squilibrato il microbioma vaginale. Gli antibiotici a largo spettro spazzano via molte specie di batteri in tutto il corpo, incluse alcune specie di batteri benefici presenti nella vagina. Quando questi batteri vengono a mancare, il fungo si moltiplica fino ad una crescita eccessiva che si manifesta come candidosi (di solito si tratta del fungo candida). I medicinali da banco dovrebbero debellare la micosi con facilità e le informazioni sul sito predetto suggeriscono una serie di altri rimedi, comprese le terapie naturali e complementari, come assumere fermenti lattici (ricchi di batteri benefici), per ristabilire l’equilibrio naturale.

Un sistema utile per spiegare l’importanza della diversità microbica nel corpo umano adulto è pensare nei termini di un’analogia. Il dottor Rodney Dietert si serve dell’ecosistema di una foresta: 

Se si toglie la metà delle specie di alberi in una foresta con una diversità biologica molto ricca, la foresta non rimane la stessa per gli alberi che restano. Vi è dello spazio in più e le dinamiche delle interazioni cambiano del tutto. Gli insetti, gli animali, potrebbero cambiare perché è mutato il loro habitat e l’intera foresta prende un aspetto molto diverso, in taluni casi del tutto imprevisto.

Anche rimuovere una sola specie è sufficiente a influenzare le interazioni fra tutte le specie restanti all’interno di un ecosistema. L’habitat cambia; alcune specie iniziano a morire, altre a prendere il sopravvento fino a crescere a dismisura. Gli equilibri mutano, l’ecosistema si trasforma, tutto si ritrova fuori equilibrio.


Servendoci dell’esempio di Dietert a proposito della foresta, se si rimuovono le querce frondose da una fitta foresta, più luce arriva fino al suolo. Le piante che amano l’ombra muoiono e altre che hanno bisogno della luce solare si fanno avanti; gli insetti che un tempo si nutrivano delle piante che crescevano nel sottobosco ombroso volano via per cercare cibo altrove, seguiti da presso dagli animali della foresta che mangiavano quegli insetti. Fanno la loro comparsa insetti diversi, insieme agli animali che se ne cibano. Esiste magari un solo insetto davvero dominante che apprezza molto queste nuove condizioni. L’insetto si riproduce a una velocità fenomenale e all’improvviso si hanno nugoli di quell’unica specie di insetto – troppi perché le piante che amano la luce del sole li possano sostenere. Le piante muoiono e l’intero ecosistema inizia a cambiare di nuovo. E tutto per aver rimosso una sola specie di albero.


In questo esempio, potrebbe darsi che le querce frondose siano quello che Martin Blaser chiama una “specie chiave”. Esistono specie che sono esigue nel numero ma hanno un potente effetto su tutti gli altri organismi dell’ecosistema. Secondo la teoria di Blaser, il nostro corpo potrebbe ospitare un certo numero di specie chiave. Se si disturba la popolazione di una qualunque di queste specie chiave, per esempio come risultato dell’uso di antibiotici, potrebbero esserci conseguenze per la salute dell’intero superorganismo umano.


È proprio quello che potrebbe avvenire in questo preciso istante nel nostro corpo. Qualsiasi azione potrebbe essere di disturbo al nostro ecosistema microbico. Come spiega Blaser, se qualcosa disturba il fragile equilibrio interno, l’intero ecosistema rischia di essere più suscettibile a un attacco su vasta scala:

Se uno dopo l’altro i nostri microbi si estinguono, noi diventiamo più vulnerabili a malattie quali l’obesità, il diabete e l’asma. Il che si traduce in una vita più breve e una maggiore suscettibilità alle grandi pandemie, che rappresentano poi il maggior rischio di morte. Esistono pertanto molti rischi.

Analizzeremo in seguito le implicazioni di questa idea, nell’ottavo capitolo.

Ci attende quella che potrebbe rivelarsi una crisi della salute pubblica potenzialmente molto temibile. Esiste tuttavia una speranza. Riconoscere il problema è il primo passo per trovare una soluzione. Come ha affermato Blaser nella nostra intervista:

Abbiamo gli strumenti, e se trovassimo la maniera potremmo risolvere il problema.

La buona notizia è che noi già sappiamo quale sia “la maniera”, come la chiama il dottor Blaser. La maniera inizia con una maggiore consapevolezza degli eventi microscopici che avvengono all’inizio della vita.


E tutto ha inizio con la nascita.

Ecco un riassunto dei molti punti affrontati in questo capitolo:

  1. Le prime forme di vita sulla Terra erano microbi, che colonizzarono con successo l’intero pianeta. Tutte le altre forme di vita da allora si sono evolute insieme ai microbi, compresi tutti gli esseri umani.
  2. Gli uomini sono dei superorganismi – il nostro corpo è composto da migliaia di miliardi di cellule umane e migliaia di miliardi di microbi.
  3. I microbi vivono sul e dentro il nostro corpo, e noi siamo la loro casa (batteri, virus, archèi, funghi e così via); nel loro complesso sono conosciuti come microbioma umano.
  4. I batteri vivono sulla nostra pelle e dentro di noi; nelle orecchie, nel naso, nella bocca, nei polmoni e, cosa più essenziale di tutte, vista la stretta connessione con il cervello, anche nel nostro intestino. Nelle donne, i microbi vivono anche nella vagina.
  5. La presenza dei batteri aiuta il buon funzionamento di tutto il corpo e aiuta a proteggerlo dalle malattie.
  6. Alcuni aspetti tipici della vita nei paesi industrializzati, inclusa la dieta, lo stile di vita, l’uso di antibiotici, i prodotti antibatterici e gli elevati tassi di tagli cesarei, hanno ridotto la diversità delle specie microbiche nel nostro organismo – si stima fino a un terzo.
  7. Secondo il dottor Martin Blaser, autore del libro Missing Microbes, questa perdita di diversità microbica potrebbe “alimentare” la crescita di alcune patologie comuni di natura non infettiva, tra cui le allergie, l’asma, il diabete, le malattie autoimmuni, l’obesità, alcune malattie mentali e persino alcuni carcinomi.

Effetto microbioma
Effetto microbioma
Toni Harman, Alex Wakeford
Come la nascita influenza la salute futura.Il parto è un momento cruciale per la formazione del microbioma umano: come si forma e qual è la sua importanza per la salute del bambino? Che cos’è il microbioma umano? E perché è così importante? Il trasferimento al figlio dell’insieme dei microorganismi presenti sul e nel corpo della madre al momento della nascita sembra rivestire un ruolo fondamentale nella salute futura del bambino. Si tratta di un evento particolarmente delicato, che purtroppo è messo a rischio dalle moderne pratiche che circondano il parto. Come fare allora per preservare questo fondamentale processo?Effetto microbioma di Toni Harman e Alex Wakeford risponde proprio a questa domanda e spiega qual è la sua importanza per la salute del bambino. Conosci l’autore Toni Harman e Alex Wakeford, coppia professionale e nella vita, sono registi e produttori cinematografici. Il loro film-documentario, Microbirth (2014), è stato insignito del primo premio, il Grand Prix Award, al Life Sciences Film Festival di Praga.