Cosa possiamo fare per cambiare le cose?
Esistono molti modi in cui ciascuno di noi, come individuo e come membro della comunità, può fare da catalizzatore per il cambiamento ed essere parte della soluzione. Ecco la nostra personale lista delle prime cinque “cose da fare” – quelle che vogliamo portare avanti nei prossimi anni per contribuire al cambiamento.
1. Promuovere il messaggio chiave che la nascita vaginale (quando possibile), l’immediato contatto pelle a pelle e l’allattamento il più a lungo possibile, sono i modi migliori per assicurare un’ottima “inseminazione e coltura” del microbioma intestinale del neonato.
Secondo il professor Dietert, la nascita vaginale, il contatto pelle a pelle immediato e l’allattamento
dovrebbero essere presenti in ogni programma del parto. Tutto il personale sanitario e ogni medico che abbia in cura la donna in gravidanza dovrebbe essere pienamente consapevole di questo. Dovrebbe conoscere l’importanza del microbioma e favorirne una sana inseminazione, perché è questo che influenzerà la salute dell’individuo per tutta la vita.
2. Per i bambini che devono nascere con il cesareo, promuovere tecniche di cesareo “centrate sulla donna” o “naturali” (si vedano pag. 96), incluso in fatto che il bambino sia messo subito sull’addome materno e la madre abbia un pieno sostegno all’allattamento. Tenersi al passo con la ricerca e con soluzioni praticabili per ripristinare, almeno in parte, il microbioma dei bambini nati con cesareo.
3. Caldeggiare ulteriori ricerche sull’impatto a lungo termine degli interventi medici durante la nascita.
Per riuscire a convincere i medici, i ginecologi, i consiglieri politici, i dirigenti ospedalieri e magari i media più importanti del bisogno di attenzione urgente a livello mondiale su questo tema, è necessario un corpus robusto di ricerche scientifiche. Sono necessarie forti evidenze provenienti da studi seri e di qualità; come sostiene Martin Blaser:
Dobbiamo fare più ricerca per definire i problemi e anche per sviluppare le soluzioni.
E dunque, come riuscire ad avere più ricerche scientifiche? Vi sono molti passaggi graduali che portano alla ricerca su larga scala; dallo studio della letteratura mondiale per verificare la presenza di associazioni, all’uso di modelli animali, fino agli studi organizzati con la popolazione umana. Sono tutte cose che richiedono molto tempo e, secondo la professoressa Neena Modi,
Gli studi potrebbero richiedere dieci, venti, trenta, quaranta, cinquanta, sessant’anni.
Serve anche una notevole quantità di denaro. Potrebbero essere necessari investimenti su larga scala per un vasto insieme di ricerche mediche complete, così come sottolinea Blaser:
Dobbiamo investire nelle infrastrutture sanitarie in modi nuovi e fondamentali. Proprio come investiamo nel costruire ponti e strade, questi sono progetti troppo vasti per il singolo. Possiamo pagare adesso con la ricerca e i costi più alti di alcuni farmaci, oppure possiamo pagare in seguito negli studi medici e negli ospedali. È meglio pagare ora.
Saranno necessarie anche persone che chiedano a gran voce l’avvio di studi e ricerche. Afferma Modi:
Voglio vedere i genitori esigere che la ricerca venga effettuata. Voglio vedere i ricercatori sviluppare studi e divulgarli il più possibile. Voglio vedere finanziatori che dicono: ‘Finanzieremo ricerche a lungo termine, non solo quelle che abbiano risvolti a breve termine.’ Voglio vedere i politici dire: ‘Non possiamo scrivere leggi finché non saranno disponibili questi studi’. Abbiamo, di fronte a noi, una grande opportunità, e di certo, senza ombra di dubbio, tutti insieme possiamo coglierla.
4. Esigere che il personale medico riceva una formazione maggiore sull’importanza cruciale dell’inseminazione microbica intestinale del neonato e sui potenziali mutamenti epigenetici che avvengono durante la nascita.
Gran parte dell’informazione riguardante i microscopici eventi che avvengono durante la nascita è così nuova che sono abbastanza pochi gli operatori sanitari che ne sono al corrente, e anche quando ne sono consapevoli il solo riuscire a tradurla in prassi ospedaliere può richiedere anni.
Più o meno il processo potrebbe essere questo: i ricercatori pubblicano nuove ricerche; i media o persone influenti nel campo ne caldeggiano i risultati e le organizzazioni che sovrintendono alle professioni collegate alla maternità devono essere d’accordo e dare la propria approvazione. Dopodiché, le informazioni vengono introdotte nel programma formativo dei professionisti della salute.
Le ricerche approvate potrebbero essere incorporate in un programma accademico per gli studenti che si apprestano alla carriera medica (in qualsiasi forma), ma anche, ed è molto importante, nella continua formazione professionale di medici, ostetriche, infermieri dei reparti maternità, consulenti per l’allattamento, formatori dei corsi di preparazione al parto e altri professionisti della maternità. Sono informazioni che devono essere rese note sia a coloro che già lavorano in questo settore, sia a chi si appresta ad entrarvi.
Secondo il dottor Philip Steer, professore emerito di Ostetricia,
Stiamo facendo passi avanti nella conoscenza, sia delle problematiche, sia dei modi possibili per affrontarle, e certo il dilemma riguarda poi il modo in cui far arrivare quell’informazione al personale sanitario. E tutto, in realtà, dovrà poi ridursi alla formazione, formazione, e ancora formazione.
Una volta che i medici siano venuti a conoscenza della ricerca, questa verrà integrata nella prassi ospedaliera. L’intero processo – dalla pubblicazione della ricerca fino al cambiamento delle prassi ospedaliere – può richiedere diversi anni. Ecco perché abbiamo bisogno di iniziare subito a sollevare l’attenzione.
5. Aumentare la consapevolezza nel grande pubblico sui temi affrontati in questo libro.
Riteniamo che i cambiamenti avvengano in due modi. Nel primo, il cambiamento avviene dall’alto verso il basso – chi prende le decisioni politiche (che si tratti di un politico a livello nazionale o di un dirigente sanitario a livello locale) decide di cambiare politica o di fare nuove leggi secondo i propri programmi. Chiunque si trovi “al di sotto” aderisce alle nuove normative. Tutti possiamo aiutare l’attuazione di un cambiamento dall’alto facendo pressione sui decisori politici, scrivendo lettere, telefonando, dando avvio ad una campagna via mail o iniziando una petizione online, o persino chiedendo un incontro diretto con chi è al potere.
Nel secondo modo, il cambiamento avviene dal basso verso l’alto. Si tratta della situazione in cui l’attivismo della società civile riesce a diffondere consapevolezza usando i social media, o tramite eventi speciali, come nel caso della proiezione del nostro film, Microbirth, o anche attraverso un semplice passaparola.
Quando più persone iniziano a sentir parlare del problema, la discussione si amplia. Poi d’improvviso tutti ne parlano. Diventa una cosa che incarna lo “spirito dei tempi”. Qualcuno nelle alte sfere, in grado di operare cambiamenti, ne sente parlare e decide di voler contribuire a trovare una soluzione. Se persuade i suoi amici, anch’essi con il potere di operare un cambiamento, e li convince ad unirsi alla ricerca di una soluzione, ecco che si arriva al punto critico. Tutto converge verso una soluzione; qualcuno – un governo, un’organizzazione – trova i fondi per finanziare programmi di ricerca su vasta scala. Magari si trovano soldi a sufficienza per sostenere un gran numero di studi medici, e a questo punto il cambiamento avviene – quando coincidono la volontà, il denaro e il momento giusto per il cambiamento.
Di fronte a noi si profila la possibilità del cambiamento. Se un numero sufficiente di persone pone abbastanza domande sugli effetti a lungo termine delle moderne pratiche mediche al momento della nascita, si può creare una pressione sufficiente a raggiungere il punto critico, e da quel momento in poi il cambiamento avverrebbe in fretta. Un’eventualità remota che si trasforma in una forte possibilità di cambiamento.
Ricordate, l’intero processo può iniziare con qualcosa di molto semplice, anche solo con persone comuni che facciano domande. Se siete donne in gravidanza, chiedete a chi vi ha in cura (che sia un’ostetrica o un ginecologo) quali sistemi si adottano nella vostra zona per favorire “l’inseminazione microbica” del neonato. Se non ha una risposta, o non capisce la domanda, anche solo con la vostra semplice richiesta avrete stimolato la ricerca di una risposta. Se un numero sufficiente di donne incinte ponesse la stessa domanda, alla fine i dirigenti presterebbero ascolto e sarebbero messi in atto dei sistemi per assicurare che ogni ospedale, ogni reparto di maternità e ogni ostetrica facilitassero l’inseminazione del microbioma alla nascita.