A parte lo shock iniziale, prendete questa immagine e addentratevi fin dove è possibile in quadretti di vita quotidiana. Fare a turno, guardare il vostro amore che si diverte con l’altro partner, l’aspettativa che anche voi condividiate con gioia, e la richiesta di essere un’amica/o affettuosa e sincera per quella persona. Immaginate un contesto reale che si adatti alla vostra famiglia e al tipo di cose che fate o ai luoghi in cui andate. Mettete il nuovo partner a cena con voi, a letto, in vacanza; dipingetevi quella persona mentre passeggia, cucina, scambia affettuosità e abbracci e condivide i vostri stessi momenti speciali. Sono sicura (con rare eccezioni) che entrerete in contatto con alcune emozioni molto spiacevoli. Se vi siete immedesimati a dovere, starete forse malissimo e vi sentirete oppressi. Potreste sentirvi impotenti, temere che non ci sia altra soluzione se non quella di liberarvi dell’“invasore”, il che è proprio ciò che spesso i bambini sentono, o il tipo di fantasia che nutrono a proposito dei fratelli.
Molti bambini rispondono con affetto finché il nuovo arrivato è un neonato; non appena inizia ad andare in giro come loro, lo shock si assesta a scoppio ritardato e iniziano a dare segni di disagio. Capiscono che non è solo un neonato, non è solo un “giocattolo” con cui trastullarsi, ma una vera persona in tutto e per tutto. Ora devono condividere i giocattoli, l’attenzione dei genitori e persino il gelato con il loro “rivale”.
Il modo in cui un bambino risponde all’arrivo di un fratello varia moltissimo e dipende da bambino a bambino e dall’età. La maggior parte dei bambini più grandi, dai sette anni in su, risponde bene a un nuovo fratello, ma se il maggiore è ancora abbastanza piccolo da aver bisogno di attenzioni simili a quelle che riceve il neonato, è probabile che faccia fatica ad accettare il nuovo arrivato. Un bambino piccolo teme di non valere abbastanza e che il neonato lo rimpiazzerà, mentre un bambino più grande non vede l’ora di potersene prendere cura.
Nella famiglia nucleare ci sono solo due genitori, e quando arriva un altro bambino la scarsità di adulti spesso crea tensioni. La competizione e il dubbio saranno di casa come se facessero parte di un unico pacchetto insieme al nuovo arrivato.
La misura del proprio valore verrà valutata considerando chi sia il migliore, chi sappia conquistarsi una maggiore attenzione e un affetto più grande. La sfida della rivalità tra fratelli non è una brutta situazione da evitare, semplicemente qualcosa di cui essere consapevoli, affinché diventi un’opportunità di crescita e non di deperimento. La chiave per rafforzare vostro figlio di fronte alla nascita di un nuovo fratello è la vostra consapevolezza di quella che potrebbe essere la sua esperienza, nonché la vostra capacità di mantenere un contatto con lui e godere della sua compagnia.
Alcuni genitori pensano di poter prevenire questa tensione. Con l’aiuto di nonni o altre persone ci si potrebbe riuscire fino a un certo punto. Nella maggioranza delle famiglie, comunque, non è un processo che si può prevenire. I genitori, di solito, fanno qualcosa solo dopo che il bambino più grande ha già manifestato segni di stress e la sua autostima sta scemando, infatti sono sintomi che sembrano apparire di colpo. I genitori spesso mi dicono: “Non abbiamo nessun problema del genere, i nostri figli si amano”. Eppure, spesso, un giorno uno dei bambini inizia a fare male all’altro e i genitori sorpresi mi chiamano per una consulenza.
Quando un bambino diventa aggressivo verso un fratello o verso di voi, quando è lamentoso, appiccicoso, rabbioso o regredisce, o se mostra qualunque altro segno di stress che secondo voi è legato alla nascita del fratello, il suo sentimento è già fatto di disperazione. Si preoccupa che non l’amerete più e che non avrà più alcun valore. Se cercate di interrompere le sue manifestazioni di disagio, ne concluderà che davvero è cattivo e senza valore. “Mamma mi impedisce di far male a mio fratello, lo protegge, lui è bravo e io devo essere cattivo”. A quel punto il suo risentimento per il fratello crescerà a dismisura. Più cercate di insegnargli con dolcezza a essere gentile e affettuoso, più sarà solo con la sua sofferenza, ossia molto distante dall’affettuosità e dal garbo. Forse vorrà capovolgere le proprie sorti, e magari fantasticherà su come liberarsi del fratello. Poi si sentirà in colpa, immeritevole, e il circolo vizioso rischierà di diventare assai doloroso; il comportamento peggiora mentre l’autostima si deteriora e l’angoscia prende il sopravvento.
Per aiutare un bambino in un momento di passaggio tanto delicato, evitate i rimproveri e affidatevi al riconoscimento e alla convalida dei sentimenti. Per il mio secondo figlio, Lennon, non è stato facile accettare il fratello più piccolo. Ecco la sua storia:
Lennon, a cinque anni, è un bambino adorabile e gentile con il fratellino di un anno. Un giorno, d’improvviso, inizia a strappargli i giocattoli dalle mani e sembra soddisfatto quando il minore, Oliver, piange. Al principio lo incoraggiamo a essere gentile e cerchiamo di fargli capire che a Oliver non piace. Lennon diventa ancora più aggressivo e mi rendo conto che serve qualcosa di più dei nostri solleciti garbati.
La volta successiva, quando il comportamento si ripete, anziché chiedere a Lennon di fermarsi, lo abbraccio e gli dico: “Vorresti che fossimo soli io e te? Senza Oliver? Proprio come eravamo prima che arrivasse lui?”
Lennon sembra a disagio e non dice niente, si aspetta una predica in linea con l’immagine che ha di sé di bambino “cattivo”.
“Anche a me mancano i momenti in cui eravamo soli!”, gli dico.
“Non è vero!”, sussurra Lennon.
“Quindi, quando mi vedi con il piccolo tutto il tempo in braccio, ti senti solo?”
Lennon fa cenno di sì con la testa.
“E allora dici a te stesso che a mamma non importa di te?”
Lo stringo fra le mie braccia e dico: “Mi manca così tanto stare sola con te, ti voglio bene sempre, anche quando tengo in braccio Oliver ti voglio bene!”
Lennon guarda a terra e percepisco che si sente in colpa e pensa di non meritare il mio amore, forse a causa delle fantasie violente che nutre nei confronti del fratello.
“Ti piacerebbe buttare il piccolo nella spazzatura?”, gli chiedo.
Lennon si riprende, “Sì!” dice, e così buttiamo un bambino immaginario nella spazzatura.
“Ti andrebbe di farmi vedere quali altre cose vorresti fare a Oliver? Tieni, prendi questo bambolotto!”. (Il papà è con Oliver e Yonatan nell’altra stanza, così il fratellino non è esposto alle fantasie violente del più grande.)
Dopo che Lennon ha inscenato alcune delle sue fantasie, gli dico: “So come ti senti, va bene avere questi pensieri. La prossima volta che ti senti così, vieni e fammi vedere cosa vorresti fare a Oliver. Mi piace sapere come ti senti e cosa immagini, e puoi sempre farmi vedere con la bambola!”
La volta seguente in cui Lennon dà fastidio al fratello, di nuovo gli offro di mostrarmi con la bambola cosa farebbe a Oliver (nell’altra stanza). Accetta e continuiamo a farlo finché ce n’è bisogno. Tre giorni dopo, Lennon, di sua spontanea volontà, viene da me quando sente che vorrebbe infastidire il fratello. Anziché dar fastidio a lui, mi dice: “Mamma, ti faccio vedere cosa vorrei fare a Oliver!”
Viene con me nell’altra stanza, mi fa vedere, e così facendo evita di far male al vero Oliver. Proseguiamo così. Due settimane dopo, mi chiede di andare con lui a mettere in atto le sue fantasie con la bambola, ma anziché fantasie violente, vuole prendere la bambola per far ridere Oliver e divertirsi lui stesso. E questo ha segnato la fine della sua aggressività nei confronti del fratello.
Avvalorando i suoi sentimenti e facendo il gioco della bambola, non ho drammatizzato la storia di Lennon, né preteso che fosse vera. Anzi, ho fatto l’opposto; gli ho fatto sapere che lo amo sempre, indipendentemente da chi ho in braccio, che mi manca il tempo trascorso a tu per tu insieme a lui, e che il mio amore non smette di crescere. Con il mio atteggiamento e la mia fiducia gli faccio sapere che mi fido della sua capacità interiore di superare questa fase dolorosa. Ne abbiamo parlato apertamente. Lui era depresso e mi ha chiesto se non ci fosse un qualche rimedio omeopatico per il desiderio di far male al fratello. Lennon non voleva davvero far male a Oliver; voleva soprattutto riguadagnare la sua pace e la percezione del proprio valore, cosa che ha fatto.
Oltre al potere dell’accettazione e dell’avvalorare i sentimenti, è cruciale che si trovi del tempo per ciascun figlio da trascorrere a tu per tu con mamma e papà. La famiglia nucleare rende la madre e il padre dei beni preziosi per i quali entrare in competizione. Ci sarà meno tensione e competizione se il bisogno di attenzione di ciascun figlio viene soddisfatto.
Comunque, per quanto riusciate in questa danza acrobatica dell’andare incontro ai bisogni di ciascun figlio, è destino che vi rilassiate quando le cose vanno bene, ma poi dovrete continuare a estinguere i fuochi che via via continueranno a riaccendersi. Le tensioni tra fratelli hanno flussi e reflussi, alti e bassi che riflettono lo stato della loro autostima e delle dinamiche familiari. Pertanto, godetevi i periodi di calma ma state all’erta, pronti a cogliere il divampare di comportamenti da stress, così sarete in grado di aver cura dei bisogni del bambino prima che i livelli di stress causino danni duraturi alla sua autostima.
Mentre i fratelli crescono insieme, gli alti e bassi della loro relazione diventano parte della vita. Proprio come gli adulti, attraverseranno periodi di pace seguiti da conflitti e insicurezze. Soprattutto, un bambino la cui autostima sia minacciata di continuo da un fratello, un amico o un altro congiunto, ha bisogno di passare del tempo con un genitore affettuoso per poter recuperare la fiducia in se stesso. Questo può significare mandare l’altro fratello (se è grande abbastanza) dalla nonna per un giorno, separare le stanze dei fratelli, o pensare a nuove attività da fare con voi o con altri compagni di gioco in cui il bambino si senta una persona amata e considerata. Incrementate le occasioni per ciascun figlio di dar vita al proprio cammino personale, dove non debba competere o condividere con i fratelli, e fate in modo che il legame con ciascuno dei figli sia speciale e individuale. Nessuno si sente amato in gruppi o a coppia.
L’unico ostacolo all’autostima è il pensiero che racconta al bambino di non avere alcun valore. Lui si racconta una storia che è la prova del suo fallimento e della sua inutilità. Sottraete le prove e la sua storia crollerà. Se gli dite di non far male al piccolo, avrà la prova che è cattivo e che non lo amate (state proteggendo il bambino piccolo dal fratello cattivo). Potete smontare il suo dramma abbracciandolo nel momento in cui vorrebbe far male al fratello, avvalorando i suoi bisogni, dando occasione di sfogo, in tutta sicurezza, alle sue fantasie. Se entrate in conflitto con lui alimentate il suo dolore; se vi unite a lui nella sua ricerca, lui vi seguirà nella vostra storia d’amore.