parte seconda - in viaggio verso la salute

La bellezza come terapia

Senti il potere gentile della bellezza

canzone navajo

La bellezza salverà il mondo

F. Dostoevskij

Devo a mio padre l’amore per la bellezza che fin da piccola ha sempre abitato il mio cuore e la mia anima: è stato lui che mi ha insegnato ad apprezzarla e a goderla in modo particolare attraverso il contatto con la natura.


Avevo solo una manciata di anni quando mi mostrava come un miracolo il sorgere del sole al mattino, mi era accanto nel contemplare la magia del cielo stellato, mi faceva inebriare del profumo del fieno mentre si rotolava insieme a me sul prato in primavera. È grazie a lui che ho scoperto l’incanto dei fondali marini e delle montagne, vere e proprie cattedrali di roccia, con le loro cime che svettano al cielo. Ma anche la bellezza del fuoco acceso nel camino, con i ciocchi di legno che crepitano e le scintille che salgono in alto, la magia della neve che luccica al sole come una distesa di diamanti. E il fascino delle passeggiate nel bosco, dove – mi diceva – abitano fate e folletti o la semplice gioia del raccogliere, strada facendo, fragoline di bosco e mirtilli.


Sì, la bellezza è terapeutica e io me ne sono resa conto nei momenti più difficili della mia vita, quando mi sono aggrappata ad essa per non precipitare nel burrone della disperazione. La bellezza di un paesaggio, di un fiore o anche di un oggetto, di un’immagine, di una musica, di una poesia mi è stata più volte di grande aiuto e conforto, permettendomi di risalire la china e ritrovare gioia e speranza.

“Quando siamo impauriti o disperati la bellezza ci riporta al Centro”1 scrive Piero Ferrucci, filosofo e psicoterapeuta, allievo di Roberto Assagioli, padre della Psicosintesi, che alla bellezza ha dedicato un intero libro. Con questo suo splendido testo, intitolato “La bellezza e l’anima”, Ferrucci ha colmato un vuoto che meritava di essere riempito: la bellezza è infatti una dimensione molto trascurata soprattutto in ambito psicologico e psicanalitico (oltre che pedagogico).


Ci sono secondo Piero Ferrucci diverse vie per giungere al Sé: “Ognuno – lui dice – impiega una maniera diversa per andare avanti: ognuno ha una sua via.”2 Una di queste è la via della Bellezza, basata sull’apprezzamento estetico, sull’ispirazione e la creatività. È la via privilegiata degli artisti. Diceva Anatole France “L’artista deve amare la vita e mostrarci che è bella. Senza di lui non ne saremmo tanto sicuri.” Quella della Bellezza è anche la via dei Navajos, un popolo nativo-americano che abita tra i canyon dell’Arizona, famoso per i suoi canti dedicati appunto alla bellezza: “Bellezza davanti a me, bellezza dietro di me, bellezza sopra di me, bellezza sotto di me tutto è bellezza e nella bellezza tutto si compie”.

La parola bellezza in lingua dineh si dice “hozho”, termine che racchiude tanti significati: include infatti anche il concetto di equilibrio, armonia e gioia interiore.


Camminare in bellezza per i Navajos significa fare di ogni passo una preghiera, camminare in modo sacro sulla terra, significa sentirsi in connessione con il Tutto e non separati da esso, sentirsi parte dell’esistenza, al pari di un filo d’erba o una goccia di rugiada.


La bellezza dunque non è puramente una questione “estetica” come siamo soliti ritenere noi occidentali, che la confiniamo al regno dell’espressione artistica: è uno degli strumenti terapeutici più potenti che ci siano al mondo.

Per la Cabalah ebraica la bellezza guarisce perché indirizza l’anima verso un piano più elevato di quello naturale, dove l’energia viene rigenerata con maggiore facilità. Tiferet, la Bellezza, è una delle dieci “Sefirot” che compongono l’Albero della Vita, ovverossia le unità fondamentali delle leggi fisiche e matematiche sulle quali poggia la creazione che come dei fari ci guidano lungo il cammino della nostra crescita spirituale.


Ecco come la descrive il grande poeta libanese Gibran: “La bellezza ha un linguaggio celeste tutto suo, più elevato delle voci delle lingue e delle labbra. È un linguaggio senza tempo, comune a tutta l’umanità, un lago calmo che attira i ruscelli canori alle sue profondità e li mette a tacere. Solo il nostro spirito può comprendere la bellezza, o vivere e crescere con essa. Essa sconcerta la nostra mente; siamo incapaci di descriverla a parole; è una sensazione che i nostri occhi non riescono a vedere. La vera bellezza è un raggio che emana dal sancta sanctorum dello spirito e illumina il corpo, come la vita viene dalla profondità della terra e dà colore e profumo a un fiore.

La vera bellezza risiede nell’accordo spirituale, chiamato amore.”3

E un altro poeta, Kabir, afferma che la bellezza non è altro che il divino nascosto…


Ecco perché è uno degli strumenti terapeutici più potenti che ci siano al mondo! Nei momenti di crisi ci rimette in equilibrio, ci riappacifica con la vita. Ci fa ritrovare la voglia di andare avanti nonostante tutto.


Secondo Hillman “La bellezza è in se stessa una cura per il malessere della psiche”4.

Sono state effettuate diverse ricerche su come per esempio la bellezza dell’ambiente influenzi il processo di guarigione. Ferrucci ne riporta alcune estremamente significative: “In una ricerca inglese si è approfittato del fatto che un ospedale doveva chiudere e pazienti, infermieri e medici dovevano trasferirsi in un nuovo ospedale, che era stato costruito secondo i migliori canoni architettonici. Disposizione dello spazio, ambienti luminosi e areati, design dei mobili, colori, protezione dai rumori spiacevoli: tutto è stato studiato con cura. Inoltre le camere erano disposte in maniera da lasciare ai pazienti la libera scelta di privatezza o di comunicazione con gli altri, secondo le loro preferenze. Erano stati presi tutti gli accorgimenti perché l’ambiente non fosse solo funzionale ma anche bello. I risultati sono stati stupefacenti: riduzione del 21% dei tempi di ricovero, diminuzione drastica degli analgesici, maggiore soddisfazione dei pazienti.”5


Gli stessi risultati vengono riportati da uno studio di Roger Ulrich pubblicato su “Science” – sempre citato dallo stesso autore – su un gruppo di pazienti che avevano subito una colecistectomia: quelli che dalla finestra della loro camera vedevano alberi ebbero un decorso post-operatorio più breve e meno doloroso! Un effetto analogo ha dimostrato l’utilizzo della musica durante e dopo gli interventi chirurgici.


Queste recenti ricerche confermano la visione del medico inglese Edward Bach che nel 1931 in una conferenza agli omeopati inglesi diceva riguardo all’ospedale del futuro: “Sarà un santuario di quiete, speranza e gioia. Non ci sarà frenesia, né rumore; non odorerà di sostanze antisettiche e anestetiche; non avrà niente che ricordi la malattia e la sofferenza. …Sarà necessario circondare il paziente con un’atmosfera salubre e luminosa, che favorisca la guarigione. …Ogni cosa nell’ospedale del futuro favorirà il bene e la bellezza, sicché il malato lo considererà un rifugio dove potrà non solo guarire, ma anche sviluppare il desiderio di vivere la sua vita in armonia con i dettami della sua Anima più di quanto non lo avesse mai desiderato in passato. L’ospedale sarà come una madre per il malato, lo accoglierà tra le sua braccia, lo rassicurerà e gli darà conforto, gli infonderà speranza, fede e coraggio per superare le difficoltà.”6


“La bellezza non è un optional ma un bisogno vitale. …Perché senza bellezza si muore”7. Dentro. L’essere umano, fin dai primi istanti di vita, ha bisogno di bellezza per nutrire la sua anima.

Anche i bambini, fin da piccolissimi, amano la bellezza. Anche se noi per lo più non ce ne rendiamo conto, loro sono dei piccoli esteti. Perfino i neonati: si incantano ad osservare una foglia, mostrano gioia nel riposare sotto le fronde di un albero, sorridono nell’ascoltare un certo tipo di musica. E a un anno e mezzo-due, come ci ricorda Maria Montessori, sanno già apprezzare un’opera d’arte: ne colgono i più piccoli particolari, quelli che sfuggono ad un occhio adulto. Ma noi, ignari di tutto ciò, continuiamo a riempirli di immagini piatte e stereotipate, stile cartoni animati, pensando siano più adatte alla loro tenera età…


E anche quando crescono, dimentichiamo di offrire loro, per esempio, ambienti scolastici caldi, accoglienti, belli. Le scuole, specie quelle superiori, offrono ancora oggi spesso e volentieri aule fredde, squallide, disadorne. Non c’è attenzione da parte della pedagogia alla bellezza degli spazi dedicati ai bambini.

Diceva invece Maria Montessori che “La scuola spirituale non pone limiti alla bellezza del suo ambiente, altro che limiti economici”8. Eppure basterebbe così poco…


Perché la bellezza – come ci ricorda Maria – non è data dal superfluo e dal lusso ma dalla grazia e dall’armonia delle linee e dei colori uniti a una massima semplicità. Sia a scuola che a casa.


Per esempio un pavimento di parquet, pochi giochi ben scelti, preferibilmente di legno, sistemati con ordine: un posto per ogni cosa, ogni cosa al suo posto è il motto dei montessoriani.


Recentemente un gruppo di ricercatori austriaci, del Centro Joanneum Research, ha effettuato uno studio pilota all’interno di una scuola: è stata misurata, attraverso elettrocardiogrammi, l’attività cardiaca degli alunni di due classi diverse, la prima arredata con pareti, pavimenti, coperture e rivestimenti in legno, la seconda con linoleum e pareti in cartongesso. Il risultato è stato netto ed eclatante: i ragazzi della prima aula hanno mostrato un ritmo cardiaco più rilassato, con sei battiti al minuto in meno rispetto a quelli dell’altra. Il legno dunque protegge dallo stress ed è il materiale ottimale per gli ambienti destinati ai bambini (ma non solo a loro!).


Ma la bellezza dovrebbe entrare a far parte anche del curriculum scolastico, si dovrebbe proporre una pedagogia della bellezza anziché una pedagogia del terrore che focalizza l’attenzione dei giovani solo sulle tragedie dell’umanità, sulle catastrofi naturali, su un’ecologia in negativo.

La bellezza è dappertutto, ne siamo circondati, ed è a nostra disposizione gratuitamente: “è la medicina perfetta: non produce danni collaterali; il suo effetto dura nel tempo; … e per adottarla non abbiamo bisogno neppure di una ricetta”9 scrive ancora Ferrucci. Sta a noi saperla vedere, cogliere, apprezzare. Diceva Plotino: “L’occhio non vedrebbe mai il sole se non fosse già simile al sole, né un’anima vedrebbe il bello se non fosse bella”: possiamo vedere la bellezza intorno a noi solo se la possediamo dentro di noi.


Ma, secondo Ferrucci, c’è un altro elemento che rende possibile la percezione della bellezza: l’aver attraversato le insondabili profondità del dolore. “Possiamo vedere il bello – lui dice – solo quando abbiamo guardato direttamente la vita in tutte le sue manifestazioni, anche le più tremende o le più banali, e quando abbiamo conosciuto da vicino tutti gli aspetti di noi stessi anche i più spiacevoli. Il contatto con la bellezza, anzi con tutto il mondo transpersonale, è autentico solo quando è preceduto da un contatto con la propria ombra: l’ombra fatta di dolori, di pene e di brutture che ognuno deve trovare dentro e fuori di sé. In caso contrario ogni esperienza transpersonale è una fuga.”10


La bellezza è pluridimensionale e plurisensoriale: può essere colta attraverso la vista, l’udito, il gusto, il tatto e l’olfatto. I colori di un cielo al tramonto o di una tela di Monet, l’armonia delle note di una sinfonia di Mozart ma anche la delicatezza della pelle di un neonato o di un tessuto di chiffon, la morbidezza e il profumo di una torta appena sfornata, sono tutte esperienze estetiche di alto valore che aiutano a farci stare meglio. La bellezza sta nella semplicità e nella naturalezza: “La via della bellezza passa sempre per la natura”11 ci ricorda ancora Ferrucci. Perché la natura è bellezza per antonomasia. Basta contemplare un paesaggio in montagna o al mare per rendersene conto: un bosco in autunno, una foresta di sequoie, un deserto, una brughiera, un campo di tulipani… O fermarsi un attimo a osservare un uccello, una stella di mare o una coccinella… I bambini nativoamericani, quando avevano litigato ed erano in preda all’ira, venivano fatti sdraiare sul prato a contemplare l’azzurro del cielo. Ci avete mai provato? Ha un incredibile potere rasserenante! “Forse dovremmo abituarci a pensare alla bellezza come a una cura preventiva o meglio come a un modo di vivere.”12 Se coltivassimo la bellezza e la introducessimo a piccole dosi nella nostra vita quotidiana, ne trarremmo un grande giovamento. In fondo non ci vuole molto: basta mettere cura e attenzione nella preparazione di un pasto, nell’apparecchiatura della tavola, nell’arredo della casa ed ecco che già l’atmosfera cambia e si trasforma. A volte è sufficiente accendere qualche luce soffusa, una candela, per riscaldare l’ambiente, magari una musica di sottofondo o un leggero profumo possono creare quella magia che ci consente di rilassarci almeno per un po’, il tempo di riprendere il fiato.


“Qualunque giorno sia, rendilo bello” recita un detto nativo-americano: è incredibile quanto si possa creare bellezza anche attraverso le piccole cose quotidiane se solo le si sa trasformare con un pizzico di creatività. Cosa c’è di meglio per esempio, in una fredda giornata invernale, che sprofondare in una comoda poltrona, avvolti in una soffice coperta, e immergersi nella lettura di un buon libro, con accanto una bella tazza di infuso caldo (o, per i più golosi, una cioccolata con panna) e una profumata fetta di torta alla cannella? In fondo la felicità è fatta di piccole cose che, toccate dalla bacchetta magica dell’amore e della bellezza, diventano grandi… La bellezza è più bella se viene condivisa, ci ricorda ancora Ferrucci: “La bellezza assaporata insieme mette due persone in sintonia, scioglie ogni difesa. L’affetto, il calore, la gratitudine amplificano il bello. Lo rendono più intenso, ce ne fanno apprezzare ogni dettaglio, a volte riescono a trasfigurarlo, a renderlo cento, mille volte più forte”13. “Non riesco a pensare a nulla che possa unire due persone in modo così potente come la bellezza.”14 “Inoltre la bellezza ci educa a vivere nel qui e ora, a cogliere l’attimo irripetibile.”15 A stare nel presente e assaporarne tutte le sue meraviglie. Per la Cabalah ebraica la parola Yofi, altro sinonimo di bellezza, è inscindibilmente legata alla parola Emet, che vuol dire Verità. Anche nell’Albero della Vita Tiferet (Bellezza), poggia su Yesod (Verità). Come a dire che non ci può essere bellezza in ciò che è falso e non autentico. Sentite cosa scrive a questo proposito il poeta Keats: “La bellezza è verità, la verità bellezza. Questo è tutto ciò che noi sappiamo sulla terra e tutto ciò che abbiamo bisogno di sapere”. E ora, per concludere questo capitolo, vi lascio con le parole del poeta mistico Rumi: “Possa la bellezza che amiamo essere ciò che facciamo” e con quelle a me tanto care dei pastori Navajos, “walk in beauty”: camminiamo in bellezza ogni giorno della nostra vita!


Raccoglitori di cose belle...

Diventiamo anche noi dei “raccoglitori di cose belle” e facciamo scorta di bellezza:

  • Andando a fare una passeggiata in un bosco, in riva al mare o sulle colline dietro casa, prendiamoci il tempo necessario, camminando lentamente e godendoci il panorama. Possiamo anche fare una meditazione camminata inspirando ed espirando ad ogni passo e ripetendo una frase del tipo “Bellezza dentro di me, bellezza fuori di me, bellezza tutto intorno”.

  • Andiamo a vedere una mostra, un museo, una galleria d’arte e soffermiamoci su ogni quadro, oggetto, scultura, notandone tutti i particolari. Lasciamoci trasportare dalle emozioni che le immagini ci suscitano.

  • Se non abbiamo la possibilità di muoverci, facciamo un viaggio virtuale sfogliando un libro fotografico con immagini legate alla natura: paesaggi, animali, fiori e piante…

  • Impariamo a cogliere la bellezza anche in ciò che a volte per fretta ci sfugge: una goccia di pioggia sul vetro della cucina o un fiocco di neve che cade, un ciuffo d’erba o un fiore appena spuntato magari in mezzo al cemento, il canto di un uccello tra i rumori quotidiani, una voce particolarmente dolce e accogliente, un dolce appena sfornato o il sorriso del nostro bambino…


La via della bellezza

Quando il Grande Spirito decise di creare il mondo, si chiese quali ingredienti scegliere per modellarlo, proprio come fa una mamma quando impasta il pane per i suoi bambini.


Fra tutte le materie prime a sua disposizione, scelse la Bellezza, perché racchiudeva in sé tutte le altre: l’ordine, l’esattezza, l’armonia, la pace, la gentilezza, l’accoglienza.


Prese un po’ di polvere di stelle e la mescolò a gocce di rugiada, vi soffiò sopra ed ecco che la materia si sollevò in un vortice e si mise a roteare come una girandola da cui partivano piccole scintille di luce.


La Bellezza si andava spargendo dappertutto: sopra, sotto, davanti e dietro, in alto, in basso e in ogni luogo. Ogni foglia, ogni fiore, ogni conchiglia, ogni insetto, ogni uccello, ogni angolo di mondo che nasceva ne racchiudeva un po’, ne portava in sé qualche pezzetto, qualche piccola briciola.


Il Grande Spirito era soddisfatto del suo lavoro. Quando si incantava ad osservare le acque luccicanti del mare o quelle scintillanti e fresche delle cascate, quando si soffermava a contemplare le cime innevate delle montagne che parevano toccare il cielo o le verdi praterie o i profumati boschi di larici e abeti, o quando guardava anche solo una minuscola coccinella o un semplice fiocco di neve – un cristallo di ghiaccio dalla forma perfetta – o il volto sorridente di un bambino o gli occhi luminosi di due giovani innamorati, andava dicendo a se stesso che sì, aveva fatto proprio la scelta giusta. Attraverso la Bellezza infatti gli esseri umani possono ricordarsi chi sono e da dove vengono. Già, perché essere nella bellezza vuol dire essere a casa.

Compagni di viaggio
Compagni di viaggio
Elena Balsamo
Come adulti e bambini insieme possono aiutarsi a guarire.Una panoramica chiara ed esauriente dei diversi strumenti terapeutici alternativi a disposizione della famiglia e in particolare della coppia mamma-bambino. Compagni di viaggio volge l’attenzione alla salute emotiva della famiglia.Basandosi sulla sua personale esperienza di medico e di paziente, Elena Balsamo offre al lettore una panoramica chiara ed esauriente dei diversi strumenti terapeutici alternativi a disposizione della famiglia (e in particolare della coppia mamma-bambino), nonché numerosi spunti di riflessione sul significato della malattia e sul messaggio contenuto nei sintomi, per trasformare la sofferenza in un’occasione preziosa di apprendimento ed evoluzione. Conosci l’autore Elena Balsamo, specialista in puericultura, si occupa di pratiche di maternage e lavora a sostegno della coppia madre-bambino nei periodi della gravidanza, del parto e dell'allattamento.Esperta di pedagogia Montessori, svolge attività di formazione per genitori e operatori in ambito educativo e sanitario.