Premessa

Se vuoi che tuo figlio sia intelligente, raccontagli delle fiabe. Se vuoi che tuo figlio sia molto intelligente, raccontagliene di più!

Albert Einstein

L’idea di questo libro è nata un pomeriggio di qualche anno fa, dal parrucchiere. A ispirarmi furono tre bambini, di età compresa tra i sette e i nove anni, già abili fruitori di smartphone e videogame.


La bambina di sette anni aveva appena finito di farsi fare una pettinatura, forse per una cerimonia, quando tirò fuori il cellulare dalla borsa della madre e scattò numerosi selfie, mettendosi allo specchio in diverse posizioni, dopodiché inviò il tutto a una zia e ad altri amici o parenti tramite whatsapp.


Poco dopo entrò un padre con due bambini, ciascuno con lo sguardo incollato allo schermo del proprio videogame. Per tutto il tempo dell’attesa rimasero coinvolti e concentrati in un gioco, salvo in rari momenti in cui parlavano animatamente tra loro di punti, di vittoria e di nemici. Nessuna parola col padre, a sua volta immerso nel suo smartphone; nessuno sguardo al luogo in cui si trovavano o alle persone che condividevano il loro spazio fisico.


Le due scene mi fecero riflettere e fu in quel momento che sentii qualcosa muoversi in me, il bisogno di dire, di urlare la mia amarezza di fronte a quei bambini freddi e tecnologici, a quella bambina esibizionista, a quei genitori tranquilli e sicuramente compiaciuti.


A quella prima scena ne sono seguite molte altre, con bambini sempre più piccoli come protagonisti.

Una mattina di novembre, una domenica di sole, mi trovai con mia figlia di nove anni a un evento astronomico per bambini e, dopo la conferenza, in fila ad attendere il nostro turno per osservare il Sole al telescopio. L’attesa era lunga, faceva caldo per quella stagione. Molti bambini riempivano i tempi morti con lo smartphone e si dedicavano a giochi, selfie, video. Un gruppetto di bambine, impegnate a girare video con musical.ly, attirò la mia attenzione. Avevano sette/otto anni, vestite in modo appariscente; una in particolare sembrava animata da grande energia e spirito di “organizzatrice da comitiva”, una sorta di rock star in miniatura. Dopo qualche momento quest’ultima sembrò aver perso il cellulare e cominciò a disperarsi, perché doveva “assolutamente fare una foto” una volta raggiunto il telescopio. Erano numerosi, anche gli adulti, quelli che osservavano il Sole al telescopio attraverso l’obiettivo dello smartphone che immortalava il momento.


Altri tre bambini della stessa età sedevano su una panchina e ingannavano l’attesa con dei videogame, ciascuno col suo. Pensarono di coprirsi le teste con i giubbini in modo da creare uno spazio privato, staccato dal contesto. Accanto a loro c’era una bambina senza telefono che si guardava intorno e ingannava l’attesa osservando le persone e il contesto.


D’un tratto avanzò sul lato sinistro un bambino che all’improvviso inciampò e cadde. I bambini nascosti sotto i giubbini con il loro videogame non se ne accorsero; la piccola osservatrice, invece, notando l’accaduto, sobbalzò e si portò le mani alla bocca, in segno di attenzione. Lei si era accorta di quello che era successo a pochi metri e aveva espresso un’emozione, gli altri no.


Si vedono piccoli cibernauti ai ristoranti e al supermercato, buoni e silenziosi, affidati al magico dispositivo. E ancora, squadre di bambini, di diverse età, di fronte al mare, di sera, in estate, in preda ad un delirio collettivo a caccia di mostriciattoli virtuali. Ormai questa sembra essere diventata la normalità.

La sensazione è che la situazione sia sfuggita di mano a molti genitori ed educatori.


La società in cui viviamo ci impone ritmi estenuanti e i bambini spesso mal si incastrano nei nostri programmi con i loro tempi, le loro esigenze, le loro richieste d’attenzione. Ecco dunque che arriva il giocattolo miracoloso che intrattiene e istruisce. Abbatte ogni ostacolo, è un passepartout per il futuro, una chiave universale che apre magicamente le porte di universi, un tempo, non molto lontano, inimmaginabili anche per gli adulti. Ecco lo smartphone, o il tablet, il “coltellino svizzero”, come lo chiama il neuroscienziato tedesco Manfred Spitzer, uno di quelli che giustamente mettono in guardia dai rischi che l’uso/abuso delle tecnologie comporta, soprattutto in età evolutiva.


L’errata convinzione che i mezzi digitali siano indispensabili per la crescita e l’apprendimento dei bambini, nonché il desiderio di dare il meglio ai nostri figli, ha portato negli ultimi tempi ad un notevole abbassamento dell’età a cui si inizia a usare le tecnologie e internet.


Questa tematica affascinante e attuale mi ha condotto attraverso una letteratura ricchissima, dandomi la possibilità di conoscere – tramite libri e articoli – autori, psicologi, neuroscienziati di rilievo che hanno ampliato i miei orizzonti. Lo studio mi ha spinta a riflessioni sempre più approfondite, ad analisi e interrogativi che forse genitori, educatori, politici, medici, pediatri dovrebbero porsi in misura maggiore.


L’elaborazione di questo libro è stata veramente un percorso di crescita e formazione, nutrito dal mio interesse per la psicologia e neuroscienze.

La mia speranza è che esso si ponga all’interno di un dibattito che deve essere affrontato. Non possiamo, come genitori, educatori e adulti, sottovalutare o ignorare una realtà che si afferma in modo sempre più evidente e che sta assumendo, a mio parere, le dimensioni di un’emergenza sociale.


Vorrei che questo libro comunicasse il l’idea che quando si tratta di bambini si può e si deve optare per scelte diverse da quelle imposte dagli standard di consumo.

Da docente, e prima di tutto da mamma, mi auguro che nei ruoli di responsabilità politica si possano finalmente vedere persone sensibili, competenti, attente al benessere dei bambini, magari capaci di legiferare in materia di pubblicità, di accesso a internet, di wi-fi nelle scuole, di classificazione di videogiochi e tanto altro ancora.


Ma soprattutto, mi auguro che si dia spazio all’informazione affinché genitori, insegnanti, educatori siano sempre più consapevoli di quanto uno strumento potente come uno smartphone possa diventare una bomba nelle mani di un bambino.


Vorrei che a scuola e in famiglia si tornasse a parlare con i bambini, ad ammorbidire i tempi, a considerare il bambino nella sua interezza.

Sono perfettamente consapevole che ormai siamo nell’era digitale e che questa forsennata corsa tecnologica non si arresterà, ma credo sia nostro dovere salvaguardare i bambini e anche la nostra umanità, il nostro spirito, il nostro pensiero, le nostre emozioni.


Le mie riflessioni sull’uso delle tecnologie da parte dei piccoli, ma anche degli adolescenti e degli adulti, ormai risucchiati completamente dagli schermi, non vogliono certo porsi come rifiuto delle stesse – anch’io le uso quotidianamente – ma mirano a recuperare il nostro essere umani e autentici.

Bambini digitali
Bambini digitali
Mena Senatore
L’alterazione del pensiero creativo e il declino dell’empatia.Un’analisi degli effetti negativi dell’abuso degli schermi digitali in età evolutiva sul piano dello sviluppo cognitivo, emotivo e sociale. Negli ultimi anni sempre più bambini si trovano a interagire con gli schermi digitali di tablet, smartphone e PC. Ma quali sono le conseguenze?Mena Senatore, nel suo libro Bambini digitali, prende in esame gli effetti negativi dell’uso e abuso di queste tecnologie in età evolutiva, con particolare attenzione alla prima e seconda infanzia, sottolineandone le conseguenze a livello di sviluppo cognitivo, emotivo e sociale.Un’urgente lettura per genitori, educatori e insegnanti. Conosci l’autore Mena Senatore, laureata in Lingue e Letterature straniere, è docente di Lingua e Civiltà Inglese nella scuola secondaria superiore.Durante gli studi universitari ha scoperto un forte interesse per la psicologia, che l’ha portata ad approfondire tematiche inerenti lo sviluppo della personalità nelle varie fasi dello sviluppo.Negli ultimi anni ha studiato in particolare la ricerca socio-scientifica dedicata agli effetti delle tecnologie sul cervello, soprattutto in età evolutiva.