Rama Reddy

Insegnante della scuola elementare Montessori; collabora con Rajendra Gupta,
Direttore dell’Indian Institute for Montessori Studies in Bangalore, India

Montessori in India - Risonanze di pace

La mia sorellina più piccola nacque quando io avevo cinque anni. Mia madre aveva troppe lavatrici da fare con tre figlie, quindi mi fece i bagagli e mi mandò a vivere dalla nonna. I due anni che passai con lei furono davvero indimenticabili. 

Ogni venerdì mattina mi svegliava presto (molto prima di quanto volessi), mi lavava i capelli e mi faceva le trecce impreziosendole con fiori di gelsomino. Portando con me un cesto di frutta, incenso e fiori, la seguivo poi fino al tempio del villaggio. Riesco ancora a sentire il dolce fruscio del suo sari di seta e il tintinnio dei bracciali. Arrivate al tempio, lasciavamo le nostre calzature all’esterno, entravamo nel luogo sacro e facevamo un inchino a mani giunte. Questo ricordo del tutto speciale è tuttora molto vicino al mio cuore, insieme a tanti altri. Questi mi fanno forza nell’affrontare le sfide quotidiane che la vita mi presenta. 

Credo che tutti noi custodiamo ricordi di piccoli momenti a noi cari: potrebbero forse essere una passeggiata in spiaggia; le vostre mani tra quelle di vostra madre; oppure le fusa allegre del vostro micio mentre accarezzate il suo morbido pelo; oppure ancora - e lo vedo in tanti bimbi di sei anni - potrebbe essere la volta in cui ci si rende conto che il regalino del topino dei dentini non riesce a rimediare completamente al dolore della perdita del primo dente da latte. 

Potrebbe essere ciascuno di questi ricordi. 

Siamo tutti individui diversi e siamo tutti fatti di semplici momenti, rassicuranti, vivaci, emozionanti, teneri, momenti vicini al nostro cuore. Questi sono scolpiti dal posto e dal periodo storico in cui viviamo, dalle persone che ci circondano (amici, parenti, cari), e dalla scuola, che svolge un grande ruolo. Questi ricordi rassicuranti, insieme ad altri più dolorosi, si aggiungono alla comprensione della nostra vita, del nostro credo e ci plasmano, creano il noi. Quindi noi, riceviamo a cuore aperto tutto ciò che risuona con quei piccoli, ma speciali angoli del nostro cuore. 

Durante tutti questi anni, quando ogni mattina io e i miei bambini lasciamo le calzature fuori dalla scuola Montessori e ci salutiamo a mani giunte, è per me come entrare - ancora una volta - nel tempio con mia nonna. Ogni volta vengo sopraffatta da una sensazione di abbandono e consegna di me stessa, un sentimento di protezione e Pace, di servizio alla divinità che è in ciascun bambino. Ogni mattina è un ricordo speciale. 

Certe volte abbracciamo una causa con coraggio e determinazione e poi facciamo cose che, forse, non rispettano totalmente ciò che sentiamo dentro di noi: per esempio, adesso sono seduta di fronte a voi e tremo nelle mie infradito; sto cercando di trovare quell’angolo remoto del mio cuore che mi conforta e che mi dà forza. In realtà non sono riuscita ancora a trovarlo, ma sono comunque qui. 

Mi trovo qui per condividere la mia storia, un pezzetto del bellissimo puzzle che stiamo costruendo insieme. Avevo bisogno di portare il mio tassello personale. Avevo soprattutto, però, la necessità di raccogliere i vostri. Mi occorreva capire il vero significato del mio lavoro con i bambini, in una piccola parte del mondo. Avevo bisogno di vedere la fotografia che sta sulla scatola del puzzle che stiamo costruendo insieme. Avevo bisogno, soprattutto, di ricaricarmi di energia ricongiungendo tante mani e radunando sorrisi e cuori pieni d’amore. Credetemi, sono molto grata per tutto ciò che ho ricevuto dal momento che sono arrivata in Italia, ho già raccolto molta energia!

Io sono un’insegnante della Scuola Elementare, una narratrice di verità. Mio marito spesso scherza e mi dice che ogni volta che racconto una storia, parto dalla creazione del mondo. 

Prometto che non vi farò tornare indietro di 13 miliardi di anni, ma vi farò fare, ad ogni modo, un bel passo indietro: mille anni fa. Vi riporto alla storia affascinante degli Zoroastriani che emigrarono dall’Iran all’India. La loro flotta navale attraccò nel regno di Gujarat, sulla costa occidentale indiana, governato dal re Jadi Rana. Il re vide la flotta arrivare, si recò sulla costa e disse: “Il mio regno è già pieno, mi spiace ma non abbiamo posto per voi qui.” Per dimostrare che stava asserendo la verità, prese una ciotola colma di latte fino all’orlo e li invitò a guardare quanto piena fosse, proprio come il suo regno. In risposta, il prete Zoroastriano fece un passo avanti. Con dolcezza, cautamente, senza far uscire nemmeno una goccia di latte, aggiunse un cucchiaino di zucchero e disse: “Noi saremo proprio come lo zucchero, renderemo il vostro Stato soltanto più dolce.” 

Ecco, io porto il mio cucchiaino di zucchero come contributo al lavoro stupendo che tutti voi state facendo. 

In India il metodo Montessori è fiorito nelle sue forme pure come in quelle adattate. Lo ha fatto in un periodo di tempo maggiore rispetto ad ogni altra regione del mondo e nella maniera più continuativa possibile. Ha girovagato, è fluito e si è fuso con i 7000 anni di cultura del Paese fino ad entrare nel cuore di migliaia di indiani. Fu proprio così che Mahatma Gandhi porse i propri saluti alla dott.ssa Montessori: “Il più alto numero dei tuoi seguaci, subito dopo l’Europa, si trova in India.”10

Mentre seguivo il viaggio del Movimento Montessoriano in India - che è quasi vecchio quanto il Movimento stesso - iniziai a pormi quesiti. Le mie domande riguardavano quei posti speciali e confortanti che si trovano nel cuore dell’India con cui questo bel metodo educativo echeggia. 

Quale è l’elemento facente parte di questa idea, di questa filosofia, che tocca le nostre anime e ci guida nel cammino dell’autorealizzazione? 

Rama Reddy mostra una mappa dell’India e prosegue: 
Questa è l’India del 1918, e questo è lo stato del Gujarat e ora vi racconterò la storia di Jiva, un bambino di 9 anni che frequenta la quarta elementare in un piccolo villaggio del Gujarat. Trasandato, con le unghie lunghe, sporche, le dita lerce, il berretto sporco e lacero sui capelli unti, Jiva andava a scuola perché obbligato dal padre. (E tuttora esistono padri, e madri, che costringono i figli ad andare a scuola.) Avrebbe preferito stare all’aperto a rincorrere i conigli e a prendersi cura del bestiame. A scuola Jiva veniva spesso picchiato dalle maestre perché non studiava abbastanza. Fuori da scuola, Jiva picchiava gli altri bambini e un giorno disegnò le caricature delle maestre su un muro con didascalie offensive. 

Jiva avrebbe voluto essere uno dei ragazzi del suo villaggio, un bambino appartenente a una casta inferiore, o magari una ragazza, come una delle sue sorelle, o magari anche un mocciosetto di 5 anni, come il suo fratellino - a tutti questi, infatti, era negato il “privilegio” di andare a scuola. 

Ma la vita di Jiva, insieme a quella di tanti altri, stava per cambiare grazie al lavoro di un’audace visionaria aldilà degli oceani. 

La dottoressa Maria Montessori aveva scoperto e condiviso con il mondo i tesori che stanno nascosti nel mondo spirituale dell’infanzia. Mentre il mondo si fermava ad osservare ed essere testimone di questo miracolo, lei si schierò in prima persona a difesa del bambino, in favore del riconoscimento scientifico della sua natura e della proclamazione sociale dei suoi diritti.

I corsi di formazione per gli insegnanti montessoriani11 vennero frequentati da studenti provenienti da tutte le parti del mondo, tra cui l’India. “Non esisteva corso in cui non vi fossero partecipanti indiani.”

Al loro ritorno, i giovani ed entusiasti insegnanti mettevano in pratica i loro studi e la loro nuova visione. Le Case dei Bambini nacquero presto a Bombay, a Calcutta, Hyderabad e non solo. Per ovvi motivi economici e sociali, queste nacquero soltanto in grandi città.

L’India, però, vive nei villaggi, in scuole come quella di Jiva. Proprio come disse Gandhi al Montessori Training College di Londra, “Era una gioia inesprimibile, per me, osservare che la virtù del silenzio veniva insegnata ai bambini sin dalla loro infanzia. Mi sentii pieno di gioia nel vedere tutti quei bei movimenti ritmici e, mentre osservavo i movimenti di quei bimbi, il mio accorato pensiero andava ai milioni di bambini dei paesi e dei villaggi indiani che soffrono duramente la fame, e mi chiedevo: “È possibile che io riesca a trasmettere a quei bambini queste lezioni e il training che ho ricevuto con il vostro metodo?” 

Gandhi mise per iscritto le novità del Metodo rivoluzionario rivolgendosi ai ragazzi e alle ragazze che stavano presso il suo ashram, il suo monastero. 

“Oggi vi scrivo riguardo i bambini, studenti di Madame Montessori. 
La saggia signora si trovava in Inghilterra proprio quando si teneva un congresso di tutti gli insegnanti che seguivano il suo metodo. M’invitò al congresso e mi spiegò come e cosa veniva insegnato ai bambini.  
La cosa più importante è che i bambini non sentivano in alcuna maniera il peso dell’apprendimento mentre imparavano tutto lavorando. Nel programma scolastico veniva dato poco spazio all’apprendimento mnemonico… La cosa che mi è piaciuta di più del loro metodo, è il fatto che ai bambini vengono insegnati il rispetto del silenzio e la concentrazione… Dovreste provarlo anche voi. Vi benedico, Bapu.” 

I “semi di speranza” di Montessori raggiunsero anche il fertile suolo indiano attraverso i numerosi articoli pubblicati nel giornale “The Times of India” e quando il primo libro della dottoressa Montessori venne tradotto in inglese e, dopo essere passato di mano in mano, raggiunse Gijubhai Bhadeka, un avvocato professionista, seguace di Gandhi. 

Gijubhai Bhadeka era profondamente preoccupato dell’uso della punizione come mezzo di disciplina per i bambini. Trovò in Montessori la libertà e la non-violenza che stava cercando. 

Fu, però, l’interesse particolare di Montessori sulla crescita spirituale del bambino che gli diede ispirazione e proprio questo fu ciò che ispirò poi tanti altri insegnanti. Trovò nella sua filosofia l’insegnamento fondamentale del Bhagavad Gita, una delle antiche scritture indiane che afferma che “l’io si sviluppa attraverso l’azione personale. Solo l’individuo può essere responsabile del suo sviluppo e questo ha luogo attraverso il lavoro, lavoro portato avanti senza ricercare i frutti della fatica.” Queste parole, prese da scritture che hanno 5000 anni, sono meravigliosamente riecheggiate dalle parole della dottoressa Montessori. 

E così l’esperimento iniziò. “Intellettualmente, psicologicamente, metodologicamente e spiritualmente toccato dal Metodo Montessori”, Gijubhai Bhadeka entrò nella classe di Jiva in una mattina di sole e si presentò come il nuovo insegnante. I bambini erano disinteressati e indisciplinati; alcuni sorridevano e altri scherzavano e si facevano l’occhiolino; i rimanenti erano totalmente noncuranti. 

Alla fine dei primi due mesi, difficili e ricchi di storie, giochi, letture, una lezione su come tagliarsi le unghie, lavare i berretti, rammendare i vestiti, lezioni sul rispetto del silenzio, i bambini gioivano nel guardarsi nel piccolo specchio in classe, con le facce pulite e raggianti.

I giochi di grammatica, le lezioni di spelling, di storia, cartografia, una lezione di geografia in riva al fiume, le notti di osservazione delle stelle e l’aritmetica erano accolte a braccia aperte. 

Alla festa di fine anno Jiva e i suoi amici erano tutti sorridenti mentre il Direttore Didattico, ospite d’onore, faceva il suo discorso: “Che gioia inesprimibile!” esclamò. “Guardate i bambini. Guardate come sono ordinati, in salute e contenti! Sono testimone del loro sviluppo e della loro crescita.” 

Il metodo che funzionò benissimo con i bambini più grandicelli, fu poi utilizzato anche per i più piccini; una nuova scuola venne inaugurata da Kasturba Gandhi, moglie di Gandhi. La “Bal Mandir”, o il tempio dei bambini, era un luogo devoto ai bambini. Le sue porte erano aperte a tutti i bambini, maschi e femmine di tutte le caste. 

Proprio qui vennero gettate le fondamenta per l’istruzione prescolastica indiana. Ora c’era bisogno di portare questo dono ai 21.300.000 bambini tra i 3 e i 6 anni dei 700.000 villaggi dell’India. Qui mi riferisco al 1930, quindi potete immaginare i numeri di cui parliamo oggi! Per far ciò, c’era bisogno di una legione di insegnanti appassionati (come sempre, d’altronde!). 

“L’universo manda sempre piccoli messaggi e crea coincidenze…” 

Quando Gandhi assunse la guida dell’India, la durata di vita media per una donna indiana era di soltanto 27 anni. I matrimoni tra bambini erano molto comuni, così come la vedovanza precoce. Soltanto il 2% delle donne avevano accesso all’istruzione, ma questa era comunque limitata alla cucina di casa loro. 

Il credo di Gandhi riguardo l’emancipazione della donna si propagava attraverso i continenti e riecheggiava le parole della dott.ssa Montessori. Con le parole “Se per forza si intende la forza morale, allora la donna è infinitamente superiore all’uomo”, il movimento Gandhiano liberava le donne dalle costrizioni sociali, dando loro la libertà di completare la loro istruzione e di dedicare la loro vita alla causa sociale e, nello specifico, all’istruzione stessa. 

Due giovani donne Tarabhai Modak e Anutai Vagh, ispirate dal Metodo Montessori e motivate dai princìpi Gandhiani, intrapresero il lungo e spaventoso percorso che si prefiggeva di portare l’istruzione prescolastica fino agli angoli più remoti dell’India. Con l’aiuto di alcune donne del posto, misero in piedi una piccola scuola nel paese costiero di Bordi. Pitturarono un capanno abbandonato che una volta era destinato alla lavorazione del riso; lo riempirono di interessante materiale Montessori, e si sedettero ad aspettare. Non arrivò nessun bambino. 

Vedete, in India i bambini vanno, o per lo meno in passato andavano, a scuola a otto anni. Fino ad allora erano come gattini, giocavano con le gonne delle madri, con i loro sari e se ne stavano a sonnecchiare sulle loro gambe. 

Una mattina gli insegnanti fecero come il pifferaio magico, camminarono per le strade del loro paese accompagnando i loro canti con dei cembali. I bambini iniziarono ad avvicinarsi e a cantare con le maestre e raggiunsero tutti insieme la scuola. Gli insegnanti estrassero dell’acqua dal pozzo e si lavarono. I bambini fecero lo stesso. Entrarono tutti nell’atrio e presto furono tutti immersi in qualche attività. C’erano storie, canzoni e poi distribuirono del cocco fresco e un pezzetto di jaggery a ciascuno. I bambini se ne andarono tutti contenti e non vedevano l’ora di farvi ritorno il giorno seguente. 

Purtroppo, questo bellissimo lavoro venne interrotto dalla rigida suddivisione in caste tipica dei villaggi e paesi indiani. I genitori appartenenti alle caste più prestigiose non volevano che i loro figli si sedessero vicino a quelli di caste più basse e smisero di mandare i loro figli a scuola. Presto la scuola fu del tutto abbandonata. 

Ancora una volta, Montessori, fu un’ispirazione. 

Ripensando alle prime Case dei Bambini come parte dell’edificio in cui i bambini vivevano, vicini alle loro famiglie, Tarabhai Modak e Anutai costruirono dei piccoli ambienti nei cortili delle case. Unirono, così, casa e scuola, e trasformarono le case e dissolsero le case in maniera graduale e costante. 

Queste scuole, le “scuole cortile” o Anganwadis sono presenti oggi in ogni villaggio, paese e città dell’India. Queste scuole avevano aperto negli angoli più remoti del Paese, in villaggi e borghi tribali; nonostante non avessero un set completo di materiale montessoriano, si basavano tutte sul principio che il bambino è un apprendente attivo ed esploratore. 

Il miracolo del Bambino Nuovo, l’accettazione a livello globale, l’apprezzamento del Metodo Montessori e la rivelazione del bambino sia nelle scuole Montessori presenti in città sia in quelle rurali indiane, offrirono speranza e rafforzarono il bisogno nazionale del Metodo e della sua totalità. 

Numerosi eminenti ammiratori e sostenitori come Gandhi, Rabindranath Tagore, il primo ministro indiano Pandit Jawaharlal Nehru, il presidente dell’India Dottor Radhakrishnan, i leader della Società Teosofica ed altri, estesero l’invito alla dott.ssa Montessori a visitare l’India per tenere lezioni e corsi di formazione. 

La dottoressa Montessori e il figlio Mario Montessori arrivarono in India a novembre del 1939. Vennero ricevuti con l’adorazione e la venerazione che si rivolgono ai guru della tradizione indiana. Come riassunto da Mario Montessori nel suo articolo Impact of India, “Nel mio cuore la luce dell’India scalda costantemente il senso di gratitudine verso questo Paese che ha mostrato grande stima nei confronti della dott.ssa Montessori, circondandola di amicizie e fornendole supporto e collaborazione con studenti devoti ed altruisti.” 

E qui mi fermo a riflettere. 

Dopo 150 anni di presenza imperialistica, in India prese sempre più piede un movimento patriottico che cercava di liberare il Paese dalla dominazione e dipendenza straniere. Gandhi capeggiava il Movimento di non-cooperazione e il boicottaggio di tutto ciò che non era Swadeshi o indiano. Rese pubblica la sua accanita opposizione all’istruzione occidentale e esigette un’istruzione che corrispondesse alla cultura della terre e delle persone del posto. 

Quindi, com’è possibile che il Metodo Montessori, proveniente dal lontano Occidente, fosse accolto a braccia aperte? Cosa permetteva di superare i confini tra Paesi e culture? 

“L’infanzia mi ha mostrato che tutta l’umanità è una sola”, disse la dott.ssa Montessori: “Tutti i bambini parlano più o meno alla stessa età, senza differenza di razza o di condizioni sociali, tutti camminano in una determinata epoca della loro vita. Anche nel campo psichico essi sono proprio tutti simili.” 

I bambini, in Italia, in India, Iran o in Indonesia sono tutti uguali. Un Metodo che riconosca e serva l’universalità del bambino e dell’umanità supera qualsiasi confine. Trasforma gli adulti in interpreti del bambino. 

Quando una madre agitata trascina la sua bimba di sei anni a scuola dicendo: “Rama, non ce la faccio più con Vishal! Guardalo! Oggi si è messo la maglietta al rovescio, con l’etichetta che sbuca sul davanti! Ha lasciato le cose in giro, porta a casa i girini nella scatola del pranzo e litiga sempre con tutti! Che fine ha fatto il mio dolce bambino?” Riesco a vedere Vishal e mi viene da sorridere, “Oh, ti conosco. Benvenuto nella fase successiva!” 

Il sorriso raggiante di una bambina di 5 anni mentre leggo con piacere la sua scrittura sgangherata e il tenero gesto di un adolescente quando capisco che ha bisogno di stare da solo sono regali di un Metodo che segue l’universalità del bambino.

Montessori offrì un metodo di istruzione progressivo a un Paese indipendente come l’India, che erediterà una popolazione di 400 milioni di abitanti, 90% dei quali analfabeti. Questo metodo si impegnava a costruire una nuova nazione di forti personalità degne di Swaraj (autonomia) o libertà. 

Se l’appello della dott.ssa Montessori per un approccio scientifico dell’educazione dei figli affascinava l’élite cittadina indiana, l’orientamento spirituale del Metodo Montessori richiamava la tradizione indiana. Secondo quest’ultimo, l’aspetto spirituale della vita non è separato da quello temporale. Tutti gli aspetti della vita, istruzione inclusa, sono parte integrante dell’attività religiosa. 

In India ci svegliamo con dei rituali (anche quando non lo vogliamo!). Ci svegliamo con il suono delle campane dei templi (anche se ora sono spesso sostituiti da colonne sonore dei film) che si mescola con i cori delle moschee vicine; ci svegliamo con il fruscio delle scope di saggina e osserviamo le donne che creano disegni con la farina di riso tra il fango come offerta rivolta ai piccoli insetti; ci alziamo con un penetrante odore di canfora che prevale sul forte profumo di spezie delle cucine. I rituali segnano l’inizio di un nuovo giorno, la benedizione di un pasto, il passare delle stagioni, del solstizio e dell’equinozio. 

Mentre camminiamo tutti i giorni verso scuola, apprezzando la rugiada mattutina sull’erba e l’inebriante profumo di frangipani nell’aria, ha inizio un nuovo giorno. 

Tutti i piccoli gesti - dall’aprire le scatole ricche di colorato materiale Montessori che tante mani stanno aspettando impazientemente, l’arredare la stanza con fiori freschi, lo srotolare i tappetini di vimini, il dare da mangiare ai pesciolini - sono rituali che ci infondono calma e ci preparano (corpo, mente e spirito) ad abbandonarci a una giornata di lavoro e di apprendimento. 

Vi starete chiedendo: “Cos’è l’apprendimento?”


Se tutti noi in questa stanza potessimo mettere insieme i nostri pensieri e rispondere a questa domanda, sono sicura che otterremo tante risposte quante le persone che sono qui presenti. E magari ancor di più, e sono convinta che sarebbero tutte corrette. 

Tra tutte le definizioni possibili dell’apprendimento, io torno a una definizione indiana di tanto tempo fa, precedente alla mera preparazione ad un lavoro, ad un esame di ammissione ed alla divisione in caste e secondo la propria fede: è il seguente mantra in sanscrito: 
Purnamadah Purnamidam 
Purnat Purnamudachyate 
Purnasya Purnamadaya 
Purnameva Vashishyate 

Significa: “Ogni cosa viene dall’assoluto, dalla perfezione 
e quando la perfezione deriva dal perfetto stesso, 
tutto ciò che rimane è perfezione. 
Con questi versi venne descritto l’apprendimento nell’India antica. 
Si definiva, così, il raggiungimento dell’unitarietà
L’essere un’unità sola con l’io, 
L’essere un’unità sola con l’umanità, 
L’essere un’unità sola con il mondo, 
L’essere un’unità sola con l’universo. 

Mentre cercavo di capire questa meravigliosa definizione di “apprendimento”, ho capito quanto fosse tutto così semplice. Ho capito quanto fosse naturale per tutti gli esseri umani mettere in pratica ciò. 
Chiunque ha visto un neonato sdraiato che gioca con i piedini e se li mette in bocca, l’ha colto alla scoperta della fine di sé e dell’inizio del mondo esterno. “Questo è il mio dito - pensa - e questa è la culla, quindi non è parte di me.” In questo modo costruisce la sua unitarietà con l’io fisico. E mentre lui se ne sta sdraiato, apparentemente impotente, assorbe la vita che gli sta attorno e diventa tutt’uno con il mondo esterno. 
La Natura sembra aver programmato ogni essere umano per piani graduali di sviluppo per creare questa meravigliosa verità; infatti, inizio a credere che l’unico scopo dell’umanità sia proprio scoprire ed attuare l’unitarietà. 
Ogni bambino fa delle scelte nella scuola Montessori e nella vita in generale. Ogni scelta è dettata dalla sua coscienza. L’ascoltare se stessi è la sinergia di mente, corpo e della propria anima sublime. Ogni attività svolta da un bambino è unitaria con il mondo che lo circonda. “Ogni azione spontanea del bambino è come una piccola lampadina che si accende nel buio, e ogni lampadina aiuta a dissipare il buio.” Mentre il neonato con la sua mente incarna il mondo come una spugna, l’unione del bambino con l’universo è intellettuale.
La seguente è una storia che non mi stanco mai di raccontare. 

“All’inizio c’era buio e freddo. In quel vuoto incommensurabile c’era una grande nuvola. Dentro di essa vi erano tutte le cose che conosciamo - le stelle, la Terra, le rocce, l’acqua, tu ed io.” 

Una settimana dopo la fantastica lezione sulla Creazione dell’Universo che avevo tenuto in una scuola elementare, assistetti a una conversazione molto stimolante. 

“Quindi significa che la rosa e io siamo fatti della stessa cosa”, disse Amiti con aria sognante, sentendosi bellissima. “Il ghepardo e io siamo fatti delle stesse molecole”, disse Tejas con convinzione. “E la farfalla ed io siamo fatti della stessa cosa”, aggiunse Pooja, facendo finta di volare. “Ah! Tu e lo sterco di mucca siete fatti della stessa sostanza!”, scherniva Thilak. 

Un gruppo di bambini infastiditi, dopo tanta discussione, decisero che loro e lo sterco di mucca (anche se per niente piacevole, ma molto utile) erano fatti della stessa materia. 

Nel celebrare le storie dell’universo, nella gioia dell’Educazione Cosmica - concettualizzata dalla dott.ssa Montessori in India - sento ancora quel bambino della scuola elementare che riecheggia la verità più profonda dell’esistenza. Lo sento dire, estasiato: “Io sono le stelle, io sono le onde, io sono la vita di tutti; io sono la risata in ogni cuore, io sono il sorriso sui volto dei fiori. Io sono l’universo.” È stupendo osservare i bambini secondo i tre piani di sviluppo: il primo è quello in cui si assorbe il mondo circostante, il secondo ci fa innamorare intellettualmente con l’universo, il terzo ci rende servi dell’universo grazie alla nostra vocazione. Questo rende possibile il raggiungimento dell’unitarietà e ci dovrebbe far sentire davvero fortunati poiché siamo parte di un Metodo che coopera con l’unitarietà. 

Mahatma Gandhi scrisse alla dott.ssa Montessori, “Hai sottolineato con correttezza che se intendiamo raggiungere la vera Pace in questo mondo e se vogliamo davvero portare in terra una sostanziosa pace, dobbiamo cominciare dai bambini. Poiché, se essi cresceranno nella loro naturale innocenza non avremo lotte, crisi vane e stolte, ma procederemo d’amore in amore, di Pace in Pace, finché tutto il mondo non sarà penetrato di quell’amore e di quella Pace ai quali, consciamente o inconsciamente, il mondo anela.” Come aveva ragione! 

I bambini non solo ricostruiscono il mondo essendo loro stessi, ma trasformano anche gli adulti. Ci offrono Pace e speranza. 

Un anno fa, durante un incontro Montessori, incontrai un’amica che non vedevo da anni. Iniziammo a parlare e mi disse: “Sai, Rama, sei cambiata tanto.” “Davvero? Ma non ho perso nemmeno un chilo!” risposi io. “No, no - disse lei - non sei assolutamente più la persona piena di sé che eri in passato.” “Wow!”


So cosa intendeva dire. Sì, sono cambiata e sono diventata una persona più felice e più affettuosa. I bambini, in tutti questi anni, mi hanno insegnato ad amare un pochino me stessa, ad essere gentile con me stessa e con il mondo che mi circonda. 

“Il bambino - dice la dottoressa Montessori - un essere umano libero, deve insegnare l’ordine, la calma, la disciplina e l’armonia a noi e a tutta la società. Quando aiutiamo il bambino, sboccia l’amore - amore di cui abbiamo grande bisogno per unire noi tutti e per creare una vita felice.” 

Con amore e fede continuiamo il nostro lavoro a servizio del bambino. In India siamo stati benedetti con il regalo dell’educazione montessoriana e siamo estremamente grati al vostro Paese per averci dato questo Metodo educativo che porta il sorriso sul volto di migliaia di bambini nel nostro Paese. Onorati e umili di essere qui; tutti noi, individui a sé stanti, con il nostro forte e fiero credo, con i nostri punti di forza e i nostri punti deboli, siamo stati tutti spinti a ritrovarci nell’amore per il bambino. Sono contenta di condividere la mia esperienza e spero vivamente di imparare presto da voi. 

Con la Preghiera per la Pace di Mahatma Gandhi, voglio estendere un caloroso invito da parte della famiglia Montessori in India perché veniate a trovarci e perché vi uniate a noi nel creare un mondo di Pace e armonia. 

Ti offro Pace. 
Ti offro Amore. 
Ti offro Amicizia. 
Vedo la tua bellezza. 
Comprendo quello di cui hai bisogno. 
Colgo i tuoi sentimenti. 
La mia saggezza fluisce, 
dalla Sorgente Superiore. 
Saluto la Fonte che è in te.

Maria Montessori: educazione e pace
Maria Montessori: educazione e pace
AA.VV.
Raccolta degli Atti del Convegno del 3 ottobre 2015. I Convegni Internazionali si inseriscono in un circuito di eventi organizzati dall’Associazione Montessori Brescia per contribuire alla valorizzazione e alla diffusione del pensiero e del metodo pedagogico di Maria Montessori. Raccolta degli Atti con gli interventi di: Carolina Montessori, bisnipote di Maria Montessori e archivista presso AMI Association Montessori Internationale Rama Reddy, insegnante di scuola elementare e Trainer presso l’Istituto indiano di studi Montessori Lynn Lawrence, direttore esecutivo AMI Ela Eckert, membro del consiglio della German Montessori Society Paola Trabalzini, docente universitaria presso la LUMSA di Roma e formatrice dell’Opera Nazionale Montessori David Connolly, responsabile del Programma di Prevenzione dei Conflitti presso The Hague Institute for Global Justice Don Fabio Corazzina, parroco di Santa Maria in Silva di Brescia