Intervento di Kevin R. Rathunde

Professore associato presso il Dipartimento Studi su Famiglia e
Consumatori presso l’Università dello Utah - Stati Uniti d’America

MARIA MONTESSORI E LA TEORIA DEL FLUSSO: IL RUOLO DELL’ESPERIENZA SOGGETTIVA NEI PROCESSI DI SVILUPPO

Buongiorno, comincio ringraziando Rosa Giudetti e l’Associazione Montessori di Brescia per la loro cortesia e per avermi invitato qui oggi. Io e la mia famiglia abbiamo trascorso una splendida settimana in Italia. Inoltre voglio darvi il mio benvenuto qui oggi: grazie per essere venuti. È un grande onore per me poter parlare del metodo Montessori e della teoria del flusso. È un argomento di cui mi piace parlare, che mi appassiona e cercherò di parlare abbastanza lentamente perché so - l’ho appena provato - che a volte non è facile comprendere del tutto la traduzione, quindi proverò a parlare il più lentamente possibile affinché sia più facile comunicare. Bene, vi presento la struttura del discorso che andrò a fare oggi. Inizierò con un’introduzione molto personale per spiegarvi perché mi sento uno “spirito affine” rispetto al metodo Montessori. Molto personale. Dopodiché la parte principale del mio discorso verterà sulle connessioni teoretiche e filosofiche tra il metodo Montessori e la teoria del flusso. Tre le aree. La prima: porre il bambino al primo posto. La seconda: porre l’esperienza di una profonda concentrazione, di un impegno, di un assorbimento, al centro del quadro complessivo dell’educazione e la terza sarà naturalmente quella di pensare al contesto di tale concentrazione: la scuola e gli studenti. Dunque questa sarà la parte principale del mio discorso. Ho scelto poi di concludere con alcuni pensieri di Maria Montessori sulla bellezza e sulla natura, in quanto ritengo che siano molto importanti per i bambini della società moderna e perché non sono così conosciuti come altre sue riflessioni sull’educazione. Infatti, negli ultimi anni, ho svolto una piccola ricerca in tale ambito e pertanto vorrei condividere questi pensieri come conclusione. Ecco, questa sarà un po’ la struttura del mio discorso di oggi.
Dunque… mi sono imbattuto per la prima volta nell’esperienza del “flusso” quando ero ancora un ragazzo, circa quindici anni prima di conoscere qualcosa di Maria Montessori. Be’, so che qualcuno di voi conosce bene la teoria del flusso, ma vorrei fare una piccola introduzione proprio per coloro che non la conoscono. Provate a pensare a un’attività che vi piace fare, che sia leggere, conversare, la musica, qualsiasi cosa sia. Quando siete presi da questa attività, quando siete totalmente assorbiti da questa attività, si tratta di un’esperienza di flusso. Il vostro ego scompare, il tempo scorre veloce, la vostra concentrazione è profondissima. Questa è la teoria del flusso. Io ci sono arrivato attraverso la musica. Ero un musicista, un musicista professionista, lo sono stato per dieci o dodici anni prima di intraprendere il dottorato e di studiare il flusso, e durante le mie esibizioni l’ho sperimentato in prima persona. Ho iniziato a diciassette anni ed ero molto colpito da questa esperienza, sentivo che era importante, che mi motivava enormemente ad approfondire le mie conoscenze musicali, così ho iniziato a leggere testi riguardanti il flusso per dieci anni, prima di conoscere il professor Mihály Csíkszentmihályi. Dieci anni dopo sono andato all’Università di Chicago, ho cercato il professor Csíkszentmihályi perché stava svolgendo la migliore ricerca di tutto il Paese, e del mondo, su questo tipo di esperienza: l’esperienza del flusso. Ed è stato con lui che è diventato uno studio formale. Perché questa esperienza di assorbimento, questa esperienza di flusso ha portato allo sviluppo, perché è così importante per lo sviluppo umano? E anche, come è possibile imparare a trovare il flusso, come possiamo creare un contesto familiare, un contesto scolastico che facilitino il flusso? Così ho iniziato a studiare ufficialmente con il professor Csíkszentmihályi per trovare una risposta a queste domande.

Le mie figlie erano molto piccole al tempo: la più grande aveva quasi tre anni, la più piccola era appena nata. Be’ io amo le mie figlie e volevo fare del mio meglio per loro. Ho riflettuto sulla mia vita e ho pensato: la cosa migliore che potrei fare per loro sarebbe aiutarle a trovare questo assorbimento, a trovare questo tipo di esperienza… Dunque, la domanda alla base della mia dissertazione era: “Cosa devo fare per creare un contesto famigliare che favorisca il flusso?” Ed è stato da quel momento che ho iniziato a dedicarmi a questo. Be’, quindici anni dopo ho realizzato che si trattava di un processo molto simile a quello di Maria Montessori. Lei pensava innanzitutto ai bambini; grazie alle sue osservazioni pensava all’importanza della concentrazione, diceva:
“È questo che dovrebbe stare al centro dell’educazione”. E pensava:
“Come faccio a creare un contesto scolastico, come faccio a creare un ambiente che favorisca questo tipo di concentrazione?” Dunque, una volta che ho capito che mi sentivo uno spirito affine a Maria Montessori, ho compreso di credere fortemente in quello che lei sosteneva nella sua missione, in quello che diceva di fare, perché vedevo che era molto simile a quello che volevo approfondire, a quello che volevo imparare nella mia vita. Quindi, da quel momento in poi, non sapevo ancora molto a proposito di Maria Montessori, ma sentivo di esserle affine. Ora, ecco il giorno della mia laurea, e queste sono le mie figlie da piccole, Casey in rosso e Kendall con il vestitino bianco, e sono qui con me anche oggi, e vorrei aggiungere che è stata una settimana fantastica. Il vostro è un Paese magnifico ed è davvero un onore per me essere qui.

Bene. Devo raccontarvi un aneddoto piuttosto divertente riguardo al metodo Montessori, voglio iniziare con questo: proprio nel periodo in cui stavo scrivendo la tesi, la mia figlia più grande, Casey, frequentava l’asilo. Qualcuno rovesciò dell’acqua, e lei decise di raccogliere tutta l’acqua con un contagocce, quindi poco alla volta. La sua insegnante disse di essere stata incuriosita dalla soluzione della piccola, che era molto ostinata a raccogliere tutta l’acqua… probabilmente le ci è voluto un po’ di tempo ed è un aneddoto divertente - almeno dal mio punto di vista - ma non so dove sia stata preparata questa insegnante “montessoriana”.

Non so se siete d’accordo con me, ma io vedo in lei alcune qualità molto importanti del metodo Montessori, in particolare questa: l’insegnante ha notato che era stata concepita una soluzione creativa, che includeva la concentrazione e non l’ha voluta disturbare. Personalmente credo che probabilmente avrei fatto la stessa cosa nell’ambiente domestico; lo vedo come un episodio molto “montessoriano” che può rappresentare alcune cose di cui voglio parlarvi oggi, soprattutto l’importanza di coltivare questo tipo di concentrazione.

Ora passiamo alla parte principale del mio discorso, alle connessioni più filosofiche, più teoriche tra il metodo Montessori e la teoria del flusso. La prima connessione è, sicuramente, la base di tutto: porre il bambino prima di tutto. Non voglio prenderlo affatto alla leggera.
Credo invece che in effetti sia una prospettiva radicale, rivoluzionaria, che noi, in quanto civiltà, in quanto società, non riusciamo ancora a comprendere del tutto. E a mettere davvero i bambini prima di tutto. Sicuramente siamo migliorati rispetto al passato, ma non siamo neppure vicini al livello a cui dovremmo già essere.

Questa credo che sia una citazione importantissima di Maria Montessori e, come noterete, è molto coerente con la teoria del flusso: “L’umanità ha due periodi embrionali: uno è prenatale, simile a quello degli animali, e uno è postnatale, esclusivo all’uomo. In questo modo si interpreta quel fenomeno che distingue l’uomo dagli animali: la lunga infanzia”.

Credo che l’osservazione sia molto importante e credo faccia parte di ciò che ha portato Maria Montessori a suggerire, qui e con questa affermazione, di spostare il centro dall’adulto e dai valori dell’adulto al bambino e ai valori del bambino. Dobbiamo cambiare tutto il percorso della civilizzazione. Lei si rese conto dell’importanza dell’infanzia: se provassimo davvero a focalizzarci su questo - la “lunga infanzia” dell’uomo -, se provassimo davvero ad investirvi come società, cambieremmo l’intero percorso della civiltà. E credo che sia un’idea molto importante, radicale e rivoluzionaria. Un’altra citazione, e un’idea molto simile… quando le fu conferita un’onorificenza, Maria Montessori disse:
“La maggiore onorificenza, e la più grande riconoscenza con cui potreste ripagarmi, sarebbe distogliere la vostra attenzione da me puntando alla direzione che sto seguendo, il bambino” Credo che questo dovrebbe essere il motto di tutti gli studiosi dello sviluppo, di tutti gli psicologi dello sviluppo… prestare attenzione al bambino.

In realtà, nella teoria del flusso vi è un modo molto diverso di pensare a questa questione, vorrei parlarvi di questo concetto: “neoteny” (neotenia). È un concetto derivante dalla biologia evolutiva, sul quale io e il professor Csíkszentmihályi abbiamo scritto un lungo capitolo teorico. Abbiamo iniziato parlando del flusso, poi abbiamo continuato con un’intera sezione dedicate alla creatività in età adulta, scrivendo di diversi celebri “creativi”, scrittori, musicisti… e successivamente abbiamo fatto un passo indietro, abbiamo iniziato a scrivere dell’adolescenza, poi dei bambini, dell’infanzia e infine abbiamo parlato del contesto evolutivo del flusso e dello sviluppo che dura tutta la vita. Abbiamo poi terminato il capitolo con questo concetto di “neoteny”. Per noi è molto importante. E il significato letterale della parola è quello di estendere la gioventù, o estendere “i giovani”. Tale è la radice del significato del termine. E questo equivale esattamente a quanto dice Maria Montessori riguardo all’infanzia prolungata dell’uomo. Una definizione più formale di “neoteny” è la seguente: “il rallentamento e il prolungamento delle fasi dello sviluppo che estendono le caratteristi che tipiche dell’infanzia all’età adulta”. È il fatto di prendere ciò che è tipico dei bambini ed estenderlo nello sviluppo, in un periodo più lungo: ecco cos’è il concetto di “neoteny”. Se guardiamo le immagini del cranio di un piccolo di scimpanzé e di uno scimpanzé adulto, oppure del cranio di un bambino e di un uomo adulto, possiamo notare la somiglianza tra il cranio dell’adulto e quello del bambino, tra il cranio dello scimpanzé adulto e quello del piccolo di scimpanzé: l’idea è che da adulti, in un certo senso, siamo dei bambini maturi. L’evoluzione fa sì che ci sviluppiamo lentamente e questa infanzia prolungata è dovuta a un motivo in particolare: alla nostra flessibilità, alla nostra intelligenza elevata, e alla nostra plasticità. Dunque è molto importante; ciò che siamo, ciò per cui siamo nati, è la cosa più importante. Questo periodo, questa evoluzione, ci prepara al gioco, all’assorbimento, in conclusione alla concentrazione intrinsecamente motivata e al flusso. Mi spingerei a dire che ci prepara a bambini che possono raccogliere l’acqua con un contagocce e ad altri milioni di modi creativi con cui i bambini interagiscono con il mondo. Abbiamo il tempo - grazie alla protezione da parte dei nostri genitori, dal nostro ambiente sociale - di esplorare, di giocare ed è per questo che dobbiamo rallentare e non diventare subito così astratti, perché il movimento e le sensazioni sono così importanti; siamo nati, siamo preparati, mi sono evoluto per questo. Dunque, una delle mie citazioni preferite in assoluto, è di uno scrittore che a proposito del “neoteny” scrive: “Noi, in quanto adulti, dobbiamo morire giovani il più tardi possibile”. Quello che intende dire è di proteggere le qualità “bambinesche”, perché è l’aspetto più importante della natura umana: vogliamo proteggere queste qualità e morire, con la speranza di vivere a lungo e di morire giovani il più tardi possibile.

Bene, per terminare questa parte, vorrei parlarne da un punto di vista della politica sociale, da un punto di vista politico, prima di andare avanti: come ho detto, credo che questa sia una posizione radicale, rivoluzionaria. Se la prendessimo sul serio, se ci rendessimo conto che questa parte della vita è la più importante, che queste caratteristiche da bambini hanno bisogno di essere protette, coltivate per raggiungere il massimo potenziale umano, la politica sociale cambierebbe drasticamente. Se comprendiamo la natura umana e lo sviluppo dell’uomo, dobbiamo mettere i bambini al primo posto. Non so cosa ne pensiate in Italia, ma sono molto deluso perché negli Stati Uniti si va avanti molto lentamente, l’investimento nei bambini sta andando a rilento: l’educazione della prima infanzia, l’aiuto per i genitori nella prima infanzia, il congedo parentale per i genitori che desiderano prendersi del tempo da trascorrere con i loro figli… 

Ma spero nella neuroscienza, che sta facendo moltissimo per enfatizzare l’importanza dello sviluppo della prima infanzia e spero che la politica sociale negli Stati Uniti inizierà a riconoscere quanto è fondamentale la prima infanzia. 

Prima connessione: porre il bambino prima di tutto. La seconda connessione è: noi prendiamo i diritti che tutti abbiamo alla nascita, il diritto all’assorbimento, al gioco, alla motivazione intrinseca e alla concentrazione e li mettiamo al centro del quadro evolutivo e del sistema educativo. Questo è quello che fanno il metodo Montessori e la Teoria del flusso. Dunque questa è la connessione principale, secondo me, tra le due prospettive. Entrambe si fondano su questo, mettono la profonda concentrazione e il flusso al centro al centro dell’educazione e dello sviluppo che dura tutta la vita. 

Bene, Maria Montessori ha riconosciuto il flusso ed è incredibile quanto si sia avvicinata alla definizione del flusso: “I percorsi del bambino, i percorsi che segue il bambino nel costruire attivamente la sua individualità sono identici a quelli seguiti dal genio. Le sue caratteristiche sono un’attenzione assorta, una concentrazione profonda, che lo isolano dagli stimoli derivanti dal suo ambiente”. In questo modo riconosce qui l’esperienza del flusso, che è l’esperienza umana universale di totale assorbimento e concentrazione tale che, in qualche modo, non si presta attenzione a ciò che accade intorno a noi. Maria Montessori pone questa esperienza al centro della sua filosofia dell’educazione e riconosce che gli adulti che sono eccezionali sono individui che mantengono questa capacità: “È soltanto nelle persone che hanno un potere eccezionale che persiste questo amore per il lavoro come un impulso irresistibile, ad esempio gli artisti, gli inventori, gli esploratori, i riformatori che, come i bambini, hanno riscoperto l’istinto della specie grazie al loro sforzo eroico”. Quindi sono individui che hanno mantenuto intatto questo istinto, questo diritto di nascita, per l’esplorazione, l’assorbimento, il gioco e Maria Montessori riconosce che ciò è fondamentale per uno sviluppo che dura tutta la vita. 

Ora parliamo del flusso in modo un po’ più approfondito. Naturalmente sono stati svolti centinaia di studi nel mondo riguardanti l’esperienza del flusso e queste sono le caratteristiche di cui si parla continuamente: che siano pastori o che siano a bordo di un’imbarcazione per attraversare l’oceano in solitaria, che stiano correndo o che siano artisti, il flusso è stato studiato in moltissimi contesti differenti, e questa è la sensazione, lo stato dell’esperienza: “completo coinvolgimento, senso di chiarezza, di sicurezza”… anche se è un compito difficile, una sorta di sicurezza che puoi farcela. L’azione e la consapevolezza si fondono e giungi in quello stato di trascendenza in cui perdi la concezione del tempo, in cui ti perdi, l’ego scompare e sei “motivato intrinsecamente”. Mi piace ricordare che con “motivazione intrinseca” non si intende la motivazione interiore; in realtà è una motivazione che deriva dalla connessione tra la persona e ciò che sta facendo, dunque è la motivazione che deriva dall’interazione, non è una motivazione che viene da dentro; è il fatto di provare piacere per un’attività, soltanto per il gusto di farla: è proprio piacevole svolgere quell’attività!
Dunque questa è la definizione tradizionale del flusso. Voglio mostrarvi un modo molto diverso di pensare a questo concetto, con un breve video di un bambino. La chiave di questo video è che il nostro sistema nervoso centrale è concepito per trovare e mantenere uno stimolo ottimale, per uno stimolo ottimale. Evitiamo troppe informazioni, è aversivo; troppo poche informazioni è noioso, altrettanto aversivo. 

Quindi, il nostro sistema nervoso centrale naviga verso il flusso già dalla nascita, e in questo breve video vedrete i punti in cui sarà forte il flusso di attenzione del bambino. Prima quando il bambino guarda un anello verde: è interessato, fa attenzione, si focalizza; poi viene distratto, perde interesse, viene detta “assuefazione”; poi all’anello verde viene aggiunto un anello giallo e l’attenzione torna nuovamente: vi è una connessione, assorbimento e flusso. Lo scopo è semplicemente quello di dimostrare che in questa infanzia prolungata, in questo stato indifeso di dipendenza, i bambini hanno bisogno dell’aiuto dei genitori e dell’aiuto degli insegnanti per regolare i loro stimoli. Non possono essere lasciati soli, altrimenti lo sviluppo non procede. Dunque si può quasi dire che il flusso inizia dalla nascita e il bambino ha bisogno dell’ambiente famigliare e dell’ambiente scolastico per essere aiutato a imparare un modello di autoregolazione che lo aiuterà a trovarlo, e a continuare a trovarlo, per tutta la vita. 

Passiamo ora a un adulto: si tratta di un poeta che ha vinto il Premio Pulitzer circa dieci anni fa, che è un “Poeta Laureato” degli Stati Uniti. Nell’intervista - che gli ho fatto quindici, venti anni fa - potete vedere una descrizione dell’esperienza di flusso. “Stai svolgendo un lavoro, perdi la concezione del tempo, l’idea è quella di esserne talmente saturo che non esistono né futuro né passato, si tratta soltanto di un presente esteso in cui stai creando significati e smontando significati e ricostruendoli. Hai la sensazione che non vi sia altro modo per spiegare ciò che stai dicendo”. Quindi, suggerirei che si pensi al bambino - non si arriva a questa possibilità in quanto adulto. Per essere flessibili e creativi, occorrono l’ambiente famigliare e scolastico ottimali e quando questi ambienti sono negativi od ostacolanti, oppure non aiutano il bambino a trovare gli stimoli ottimali, cambia il modo in cui prestiamo attenzione alle cose e credo che ciò possa portare ovviamente a molti risultati negativi. Ma quindi perché il flusso funziona? Perché la concentrazione porta allo sviluppo? Credo che ci siano alla base di questo dei motivi semplici e alcuni motivi più complessi. La ragione più semplice è il fatto che, quando si è nel flusso, ci si focalizza di più, si ha più energia. 

Quindi, una ragione molto importante di questo sviluppo che dura una vita intera sono l’energia e la focalizzazione. Il secondo motivo è che il flusso ti aiuta ad evitare due enormi trappole dell’energia, la noia e l’ansia. Se siamo annoiati, stiamo sprecando tempo, la nostra attenzione non è focalizzata; se siamo ansiosi, forse ci stiamo focalizzando sulle cose sbagliate, che non possiamo organizzare. La cosa più importante dal mio punto di vista - e ci torneremo quando parleremo della normalizzazione - è la nozione secondo cui l’individuo, grazie alle esperienze positive della sua vita, da adulto sarà in grado di dirigere la sua attenzione “in qualche modo”. Non siamo tutti totalmente liberi di dirigere la nostra attenzione ovunque vogliamo, ma possiamo apprendere alcune abilità di autoregolazione, almeno fino a un certo punto, in modo che possiamo cercare la novità quando ne sentiamo il bisogno e quando sentiamo il bisogno quasi di assorbire o di assimilare qualcosa e dominarlo. Possiamo lavorarci sopra e forse possiamo trovarci di fronte a una nuova sfida. Dunque, questo processo di autoregolazione è, credo, ciò di cui tratta la “normalizzazione” quando i bambini vivono prime esperienze del giusto tipo. E questo tipo di esperienze affonda le sue radici nella prima infanzia. Ecco qui un fatto interessante: lo stimolo ottimale non è legato soltanto all’apprendimento. Tutti voi avete coscienza della nozione di attaccamento, o fiducia, o amore, tra un bambino e chi se ne prende cura: il senso di sicurezza e di benessere. Le ricerche hanno dimostrato che l’attaccamento dipende dallo stimolo ottimale, quindi se si vuole un legame forte, un buon legame affettivo, i genitori devono stare attenti al livello di stimolo dei bambini: quando sono ansiosi devono confortarli, quando sono annoiati devono stimolarli e mantenerli in questa zona di stimolo ottimale. E anche l’attaccamento dipende dallo stimolo ottimale. 

Bene, quindi, cosa succede quando questi contesti sono negativi? Accadono cose molto drammatiche. Prima di venire in Italia, stavo proprio tenendo un corso agli studenti e stavamo trattando di alcuni esperimenti eseguiti in neuroscienze. Quando c’è un contesto infantile negativo e non stimolante, le connessioni tra neuroni del cervello sono più deboli, il lobo prefrontale può risultare più piccolo. È stato condotto un esperimento in cui si mostravano “facce arrabbiate” e “facce felici” ad adolescenti o giovani adulti, di cui alcuni erano stati abusati da i bambini. I “bambini abusati” stavano attenti in modo diverso: la loro risposta, il loro riconoscimento, il loro orientamento verso le facce arrabbiate sono stati più rapidi rispetto ai “bambini normali”, la cui risposta alle facce felici e alle facce arrabbiate è stata la stessa. Dunque ciò che questo mi suggerisce è che i primi ambienti di vita plasmano anche il modo in cui prestiamo attenzione alle cose, e gli effetti si accumulano con il passare degli anni. Pertanto giungervi proprio all’inizio è fondamentale, e Maria Montessori lo sapeva bene. 

Infine, la terza connessione principale. Innanzitutto dobbiamo porre il bambino al primo posto. La seconda connessione è prendere il diritto che tutti abbiamo alla nascita, porlo al centro dell’educazione, enfatizzare il diritto di assorbimento, di gioco eccetera. E la terza connessione è naturalmente come creiamo il contesto: come organizziamo una famiglia o creiamo una scuola, al fine di migliorare questa concentrazione.


Ed è in questo che sicuramente si è distinta Maria Montessori, giusto? Il metodo Montessori si basa sulle qualità di un contesto, la scuola e la famiglia, che rende sociale il tipo di impegno e focalizza l’attenzione. Questo è il principio base di ciò che molti di voi stanno studiando e in cui molti di voi credono. 

Ora, potrei parlarvi di molti concetti diversi pensati da Maria Montessori, ma almeno per cinque di questi si è rivelata una precorritrice dei tempi. Quando parlava di queste caratteristiche, non erano ancora state fatte molte ricerche di psicologia dello sviluppo o di psicologia educativa, che poi alla fine si sono affermate. 

Vorrei analizzare questi cinque concetti, spiegarvi perché si ricollegano all’assorbimento, alla concentrazione profonda, e poi esporvi il concetto moderno equivalente; spiegarvi come Maria Montessori abbia anticipato alcune idee, di cui forse siamo più propensi a parlare nella teoria del flusso, nella letteratura dello sviluppo o in quella educativa, poiché vi si ha più dimestichezza, mentre i concetti qui non sono così importanti. 

Come abbiamo appena detto, la prima connessione è tra corpo e mente, cioè il movimento, le emozioni e i pensieri. Vi sono molte ricerche (anche del neuroscienziato Damásio) che parlano dell’incorporazione del cervello, di come il movimento, le emozioni e i pensieri sono connessioni… Maria Montessori sicuramente ha anticipato tutto questo: una frase del suo biografo sottolinea che “più di qualsiasi altro sistema educativo, l’intero metodo Montessori si basa totalmente su una profonda comprensione delle relazioni tra questi due elementi, la mente e il cervello”. 

Ora, dal punto di vista del flusso, direi che non si raggiunge il flusso se si pensa nella propria testa in modo astratto, senza emozioni, senza passione. Le ricerche, sia la letteratura sul flusso sia altre letterature che trattano di questi tipi di esperienza, dimostrano che si tratta di un’esperienza olistica, che coinvolge le emozioni, coinvolge i pensieri. Ed è soltanto con la loro combinazione che si raggiunge quella sorta di intensità che innesca un’esperienza di flusso. Dunque il pensiero astratto si fonda nel corpo, nei sensi; un’esperienza di flusso è questa combinazione di emozioni, ragione, movimenti e pensieri. Ecco il primo concetto. 

Il secondo è sicuramente la possibilità della libertà e della disciplina, la combinazione tra libertà e disciplina, e questa frase di Maria Montessori dice: “A proposito della questione della libertà, non si deve pensare che la libertà sia qualcosa che non implichi delle regole o delle leggi”. Posso dirvi che molti in America travisano il metodo Montessori, considerandolo semplicemente permissivo, come se i bambini potessero fare ciò che vogliono, e forse qualcuno di voi qui in Italia viene frainteso allo stesso modo, ma sicuramente a Maria Montessori era chiaro che, in un ambiente, la libertà e la disciplina sono entrambe necessarie e credo che vi siano delle buone ragioni alla base. Il concetto equivalente, nella psicologia dello sviluppo, è la nozione di contesto autorevole, un’idea molto famosa, molto conosciuta e analizzata, che riguarda la genitorialità e di cui attualmente si sta parlando anche nell’ambito educativo. Maria Montessori naturalmente comprese questo concetto. Ma perché si ricollega all’attenzione? E io credo si ricolleghi anche allo stimolo ottimale. Infatti, se hai totale libertà, potresti essere stimolato eccessivamente: troppe informazioni, nessuna organizzazione. Se regna troppo ordine, non ci sono molte informazioni, non c’è varietà, potrebbe subentrare la noia. Dunque lo stimolo ottimale aiuta davvero i bambini ad avere un po’ di libertà, ad esplorare, ad avere la capacità di provare qualcosa di nuovo o seguire i propri interessi. Tuttavia essi hanno anche bisogno di un adulto che gli spieghi una cosa prima di iniziare a farla, che li aiuti ad organizzare l’ambiente e ad inserire tutto in un contesto. Quindi è proprio questa la combinazione che aiuta a indirizzare lo stimolo ottimale, l’esperienza di flusso e la concentrazione profonda. 

Una terza connessione: ora tutti sappiamo che Maria Montessori è stata una delle prime studiose dello sviluppo in termini di educazione. Molti altri l’hanno seguita, pensatori come lei che hanno parlato delle diverse fasi dello sviluppo e di come sia necessario costruire un ambiente in modo tale che sia in relazione con la fase dello sviluppo in cui i bambini si trovano, così P. J. F. Porson [52:56???], Erik Erickson e altri; e questo concetto è oggi largamente noto come buona pratica in termini di sviluppo, perciò, come educatori, vogliamo porre l’attenzione sulla domanda: “A che punto si trovano i bambini” in termini di sviluppo? Di certo alla base del modello educativo di Maria Montessori c’era un quadro di riferimento sullo sviluppo, infatti afferma: “Ho notato che, nel suo sviluppo, il bambino passa attraverso determinate fasi, ciascuna delle quali presenta dei bisogni particolari”. Dunque lei lo riconosce e questo è parte dell’organizzazione del suo piano formativo, come sapete. Ora, come ricolleghiamo tutto ciò all’attenzione? Sappiamo, dall’esperienza di flusso, della combinazione giusta di abilità e sfide laddove vi sia il flusso. Se la sfida è troppo difficile, non avrete il flusso; se la sfida risulta troppo facile, non avrete il flusso; per avere il flusso dovrete raggiungere il giusto equilibrio di sfida delle abilità. Dunque sorge la necessità di creare un ambiente di sfida adeguato per i bambini. In modo tale che, se create un ambiente in cui i bambini si sentano sfidati in modo adeguato, c’è più probabilità che sorgano sia una concentrazione profonda sia il flusso. Ecco la terza connessione, la terza importante equivalenza fra la visione educativa della Montessori, la psicologia dello sviluppo e il pensiero educativo. 

Quarta connessione. Ho letto prima ciò che Maria Montessori ha scritto, come una sorta di prezioso manuale di istruzione: l’insegnante non deve essere al centro dell’attenzione, tutta l’attenzione è per i bambini, e l’insegnante deve essere in grado di fare un passo indietro, quando il bambino è concentrato, e di farsi avanti, invece, quando ha bisogno di una guida o di una dimostrazione; questo è ciò che intendo con “dare la giusta quantità di attenzione”. Nello sviluppo, nell’educazione si fa ora riferimento a questo concetto con l’espressione “partecipazione guidata”, dalla teoria di Lev Semënovič Vygotskij, ed è la stessa nozione di cui abbiamo bisogno quando decidiamo di aiutare e guidare: fare un passo indietro. Dunque, nel metodo di Maria Montessori, la regola generale è che “l’insegnante non dovrebbe intervenire quando il bambino è intento in una qualche attività spontanea che sia ordinata e creativa”. Tornando all’esempio del contagocce, si è trattata di un’attività ordinata e creativa e l’insegnante ha scelto di non intervenire. Dunque, un buon insegnante non dovrebbe essere al centro dell’attenzione tutto il tempo. 

Questa era la quarta e ora indico la quinta connessione: un’opinione molto importante di Maria Montessori, che io considero abbia, nel pensiero dello sviluppo, come unica equivalente la teoria del flusso. Probabilmente, non è così largamente conosciuta come gli altri concetti: l’insegnante deve preparare un ambiente. Un insegnante elimina le distrazioni, è un osservatore dell’attenzione del bambino, protegge l’attenzione del bambino attraverso l’osservazione. Nella nostra teoria, quando abbiamo iniziato a parlare delle famiglie e delle scuole, abbiamo iniziato a parlare delle stesse cose: l’insegnante ha bisogno di mostrare attenzione all’esperienza personale, porre attenzione alla concentrazione e utilizzarla come guida per capire quando fare un passo indietro o in avanti; in quanto genitori, avete bisogno, di creare un ambiente famigliare in cui non vi siano caos o distrazioni o discussioni. C’è bisogno di preparare un ambiente ordinato e con il giusto tipo di materiale, sono tutte idee che, credo, non abbiano un vero e proprio equivalente in molte delle teorie evolutive, se non nella teoria del flusso. Perciò, una citazione di Maria Montessori: “Un elogio, un aiuto o anche uno sguardo possono essere sufficienti… Il principio sovrano che porta un insegnante al successo è questo, non appena la concentrazione ha inizio, bisogna comportarsi come se il bambino non esistesse” Dunque, di nuovo, porre attenzione come “osservatori” e l’attenzione è tutto ciò che conta. 

Solo un breve riassunto di questi cinque concetti e tratterò la teoria del flusso, nonché la ricerca educativa e dello sviluppo che supporta queste opinioni montessoriane. Credo che lei sia stata una precorritrice dei tempi, così come lo sono state tutte le sue idee sul come creare un ambiente adatto alla concentrazione e all’attenzione. Avrei potuto parlare per un’ora elencando i numeri delle mie ricerche, ma una scoperta almeno devo condividerla con voi; si tratta di una scoperta molto interessante dalla comparazione delle scuole con metodo Montessori e delle scuole tradizionali negli Stati Uniti. Un confronto di cinque scuole Montessori con sei scuole tradizionali, che abbiamo combinato su basi demografiche; per cui dovete valutare il mio lavoro tenendo conto del fatto che i genitori hanno avuto all’incirca la stessa educazione, le stesse risorse, e che la percentuale insegnante/allievo era analoga e via dicendo. Ecco qui la mia scoperta: esattamente questa [59:14 indica slide] è la categoria più importante. Questa, presumo possa essere chiamata la categoria del flusso. In realtà, è un resoconto degli studenti mentre sono in classe. I bambini stanno riportando la loro esperienza a scuola: usiamo ciò che è chiamato “campionamento di esperienza”, un metodo che prevede che i bambini tengano gli orologi quando sono in classe. E nella classe Montessori [nella barra più scura qui - indica slide] potete vedere che per il 40% del tempo essi si sentono demotivati nelle attività importanti. Ci sono variabili che fanno una mappatura dell’impegno effettivo, della motivazione, del coinvolgimento così come della concentrazione, della sfida e via dicendo; dunque sono esperienze combinate e scopriamo anche molta più “esperienza di flusso” nelle scuole Montessori rispetto alle scuole tradizionali. Ora [quest’altra barra più scura qui - indica slide] nelle scuole tradizionali per il 43% del tempo i bambini erano concentrati, perché credevano che l’attività fosse importante, ma non erano motivati. Questa è la tipica reazione degli studenti rispetto a un approccio arido, a un: “fai i compiti, prendi buoni voti, fai la verifica”, un approccio frontale nella scuola. E questa è la differenza che abbiamo. In termini di utilizzo del tempo, ciò risulta molto importante, ciò distribuisce su tre, quasi quattro ore in più alla settimana questo tipo di esperienza per i bambini nelle scuole tradizionali. Se iniziate a moltiplicare questo per un mese, sono sedici ore. In un anno pensate a quante ore i bambini vivono questa esperienza, in diverse condizioni in base all’ambiente in cui si trovano. Le scuole Montessori credo che abbiano fatto davvero un ottimo lavoro applicando alcuni dei principi del metodo educativo Montessori. 

Grazie.

La mente del bambino
La mente del bambino
AA.VV.
Maria Montessori e le Neuroscienze.Raccolta degli Atti del Convegno del 18 ottobre 2014. I Convegni Internazionali si inseriscono in un circuito di eventi organizzati dall’Associazione Montessori Brescia per contribuire alla valorizzazione e alla diffusione del pensiero e del metodo pedagogico di Maria Montessori. Raccolta degli Atti con gli interventi di: Alberto Oliviero, professore emerito di Psicologia all’Università La Sapienza di Roma Grazia Honegger Fresco, pedagogista, scrittrice e allieva di Maria Montessori Kevin R. Rathunde, professore di Dipartimento di Studi su Famiglia e Consumatori all’Università dello Utah – USA Anna Maria Bianconi, docente dei corsi di specializzazione dell’Opera Nazionale Montessori Philiph O’Brien, presidente della Association Montessori Internationale Raniero Regni, professore di Pedagogia Sociale, Dipartimento di Scienze Umane all’Università Lumsa di Roma