Dunque questa è la definizione tradizionale del flusso. Voglio mostrarvi un modo molto diverso di pensare a questo concetto, con un breve video di un bambino. La chiave di questo video è che il nostro sistema nervoso centrale è concepito per trovare e mantenere uno stimolo ottimale, per uno stimolo ottimale. Evitiamo troppe informazioni, è aversivo; troppo poche informazioni è noioso, altrettanto aversivo.
Quindi, il nostro sistema nervoso centrale naviga verso il flusso già dalla nascita, e in questo breve video vedrete i punti in cui sarà forte il flusso di attenzione del bambino. Prima quando il bambino guarda un anello verde: è interessato, fa attenzione, si focalizza; poi viene distratto, perde interesse, viene detta “assuefazione”; poi all’anello verde viene aggiunto un anello giallo e l’attenzione torna nuovamente: vi è una connessione, assorbimento e flusso. Lo scopo è semplicemente quello di dimostrare che in questa infanzia prolungata, in questo stato indifeso di dipendenza, i bambini hanno bisogno dell’aiuto dei genitori e dell’aiuto degli insegnanti per regolare i loro stimoli. Non possono essere lasciati soli, altrimenti lo sviluppo non procede. Dunque si può quasi dire che il flusso inizia dalla nascita e il bambino ha bisogno dell’ambiente famigliare e dell’ambiente scolastico per essere aiutato a imparare un modello di autoregolazione che lo aiuterà a trovarlo, e a continuare a trovarlo, per tutta la vita.
Passiamo ora a un adulto: si tratta di un poeta che ha vinto il Premio Pulitzer circa dieci anni fa, che è un “Poeta Laureato” degli Stati Uniti. Nell’intervista - che gli ho fatto quindici, venti anni fa - potete vedere una descrizione dell’esperienza di flusso. “Stai svolgendo un lavoro, perdi la concezione del tempo, l’idea è quella di esserne talmente saturo che non esistono né futuro né passato, si tratta soltanto di un presente esteso in cui stai creando significati e smontando significati e ricostruendoli. Hai la sensazione che non vi sia altro modo per spiegare ciò che stai dicendo”. Quindi, suggerirei che si pensi al bambino - non si arriva a questa possibilità in quanto adulto. Per essere flessibili e creativi, occorrono l’ambiente famigliare e scolastico ottimali e quando questi ambienti sono negativi od ostacolanti, oppure non aiutano il bambino a trovare gli stimoli ottimali, cambia il modo in cui prestiamo attenzione alle cose e credo che ciò possa portare ovviamente a molti risultati negativi. Ma quindi perché il flusso funziona? Perché la concentrazione porta allo sviluppo? Credo che ci siano alla base di questo dei motivi semplici e alcuni motivi più complessi. La ragione più semplice è il fatto che, quando si è nel flusso, ci si focalizza di più, si ha più energia.
Quindi, una ragione molto importante di questo sviluppo che dura una vita intera sono l’energia e la focalizzazione. Il secondo motivo è che il flusso ti aiuta ad evitare due enormi trappole dell’energia, la noia e l’ansia. Se siamo annoiati, stiamo sprecando tempo, la nostra attenzione non è focalizzata; se siamo ansiosi, forse ci stiamo focalizzando sulle cose sbagliate, che non possiamo organizzare. La cosa più importante dal mio punto di vista - e ci torneremo quando parleremo della normalizzazione - è la nozione secondo cui l’individuo, grazie alle esperienze positive della sua vita, da adulto sarà in grado di dirigere la sua attenzione “in qualche modo”. Non siamo tutti totalmente liberi di dirigere la nostra attenzione ovunque vogliamo, ma possiamo apprendere alcune abilità di autoregolazione, almeno fino a un certo punto, in modo che possiamo cercare la novità quando ne sentiamo il bisogno e quando sentiamo il bisogno quasi di assorbire o di assimilare qualcosa e dominarlo. Possiamo lavorarci sopra e forse possiamo trovarci di fronte a una nuova sfida. Dunque, questo processo di autoregolazione è, credo, ciò di cui tratta la “normalizzazione” quando i bambini vivono prime esperienze del giusto tipo. E questo tipo di esperienze affonda le sue radici nella prima infanzia. Ecco qui un fatto interessante: lo stimolo ottimale non è legato soltanto all’apprendimento. Tutti voi avete coscienza della nozione di attaccamento, o fiducia, o amore, tra un bambino e chi se ne prende cura: il senso di sicurezza e di benessere. Le ricerche hanno dimostrato che l’attaccamento dipende dallo stimolo ottimale, quindi se si vuole un legame forte, un buon legame affettivo, i genitori devono stare attenti al livello di stimolo dei bambini: quando sono ansiosi devono confortarli, quando sono annoiati devono stimolarli e mantenerli in questa zona di stimolo ottimale. E anche l’attaccamento dipende dallo stimolo ottimale.
Bene, quindi, cosa succede quando questi contesti sono negativi? Accadono cose molto drammatiche. Prima di venire in Italia, stavo proprio tenendo un corso agli studenti e stavamo trattando di alcuni esperimenti eseguiti in neuroscienze. Quando c’è un contesto infantile negativo e non stimolante, le connessioni tra neuroni del cervello sono più deboli, il lobo prefrontale può risultare più piccolo. È stato condotto un esperimento in cui si mostravano “facce arrabbiate” e “facce felici” ad adolescenti o giovani adulti, di cui alcuni erano stati abusati da i bambini. I “bambini abusati” stavano attenti in modo diverso: la loro risposta, il loro riconoscimento, il loro orientamento verso le facce arrabbiate sono stati più rapidi rispetto ai “bambini normali”, la cui risposta alle facce felici e alle facce arrabbiate è stata la stessa. Dunque ciò che questo mi suggerisce è che i primi ambienti di vita plasmano anche il modo in cui prestiamo attenzione alle cose, e gli effetti si accumulano con il passare degli anni. Pertanto giungervi proprio all’inizio è fondamentale, e Maria Montessori lo sapeva bene.
Infine, la terza connessione principale. Innanzitutto dobbiamo porre il bambino al primo posto. La seconda connessione è prendere il diritto che tutti abbiamo alla nascita, porlo al centro dell’educazione, enfatizzare il diritto di assorbimento, di gioco eccetera. E la terza connessione è naturalmente come creiamo il contesto: come organizziamo una famiglia o creiamo una scuola, al fine di migliorare questa concentrazione.
Ed è in questo che sicuramente si è distinta Maria Montessori, giusto? Il metodo Montessori si basa sulle qualità di un contesto, la scuola e la famiglia, che rende sociale il tipo di impegno e focalizza l’attenzione. Questo è il principio base di ciò che molti di voi stanno studiando e in cui molti di voi credono.
Ora, potrei parlarvi di molti concetti diversi pensati da Maria Montessori, ma almeno per cinque di questi si è rivelata una precorritrice dei tempi. Quando parlava di queste caratteristiche, non erano ancora state fatte molte ricerche di psicologia dello sviluppo o di psicologia educativa, che poi alla fine si sono affermate.
Vorrei analizzare questi cinque concetti, spiegarvi perché si ricollegano all’assorbimento, alla concentrazione profonda, e poi esporvi il concetto moderno equivalente; spiegarvi come Maria Montessori abbia anticipato alcune idee, di cui forse siamo più propensi a parlare nella teoria del flusso, nella letteratura dello sviluppo o in quella educativa, poiché vi si ha più dimestichezza, mentre i concetti qui non sono così importanti.
Come abbiamo appena detto, la prima connessione è tra corpo e mente, cioè il movimento, le emozioni e i pensieri. Vi sono molte ricerche (anche del neuroscienziato Damásio) che parlano dell’incorporazione del cervello, di come il movimento, le emozioni e i pensieri sono connessioni… Maria Montessori sicuramente ha anticipato tutto questo: una frase del suo biografo sottolinea che “più di qualsiasi altro sistema educativo, l’intero metodo Montessori si basa totalmente su una profonda comprensione delle relazioni tra questi due elementi, la mente e il cervello”.
Ora, dal punto di vista del flusso, direi che non si raggiunge il flusso se si pensa nella propria testa in modo astratto, senza emozioni, senza passione. Le ricerche, sia la letteratura sul flusso sia altre letterature che trattano di questi tipi di esperienza, dimostrano che si tratta di un’esperienza olistica, che coinvolge le emozioni, coinvolge i pensieri. Ed è soltanto con la loro combinazione che si raggiunge quella sorta di intensità che innesca un’esperienza di flusso. Dunque il pensiero astratto si fonda nel corpo, nei sensi; un’esperienza di flusso è questa combinazione di emozioni, ragione, movimenti e pensieri. Ecco il primo concetto.
Il secondo è sicuramente la possibilità della libertà e della disciplina, la combinazione tra libertà e disciplina, e questa frase di Maria Montessori dice: “A proposito della questione della libertà, non si deve pensare che la libertà sia qualcosa che non implichi delle regole o delle leggi”. Posso dirvi che molti in America travisano il metodo Montessori, considerandolo semplicemente permissivo, come se i bambini potessero fare ciò che vogliono, e forse qualcuno di voi qui in Italia viene frainteso allo stesso modo, ma sicuramente a Maria Montessori era chiaro che, in un ambiente, la libertà e la disciplina sono entrambe necessarie e credo che vi siano delle buone ragioni alla base. Il concetto equivalente, nella psicologia dello sviluppo, è la nozione di contesto autorevole, un’idea molto famosa, molto conosciuta e analizzata, che riguarda la genitorialità e di cui attualmente si sta parlando anche nell’ambito educativo. Maria Montessori naturalmente comprese questo concetto. Ma perché si ricollega all’attenzione? E io credo si ricolleghi anche allo stimolo ottimale. Infatti, se hai totale libertà, potresti essere stimolato eccessivamente: troppe informazioni, nessuna organizzazione. Se regna troppo ordine, non ci sono molte informazioni, non c’è varietà, potrebbe subentrare la noia. Dunque lo stimolo ottimale aiuta davvero i bambini ad avere un po’ di libertà, ad esplorare, ad avere la capacità di provare qualcosa di nuovo o seguire i propri interessi. Tuttavia essi hanno anche bisogno di un adulto che gli spieghi una cosa prima di iniziare a farla, che li aiuti ad organizzare l’ambiente e ad inserire tutto in un contesto. Quindi è proprio questa la combinazione che aiuta a indirizzare lo stimolo ottimale, l’esperienza di flusso e la concentrazione profonda.
Una terza connessione: ora tutti sappiamo che Maria Montessori è stata una delle prime studiose dello sviluppo in termini di educazione. Molti altri l’hanno seguita, pensatori come lei che hanno parlato delle diverse fasi dello sviluppo e di come sia necessario costruire un ambiente in modo tale che sia in relazione con la fase dello sviluppo in cui i bambini si trovano, così P. J. F. Porson [52:56???], Erik Erickson e altri; e questo concetto è oggi largamente noto come buona pratica in termini di sviluppo, perciò, come educatori, vogliamo porre l’attenzione sulla domanda: “A che punto si trovano i bambini” in termini di sviluppo? Di certo alla base del modello educativo di Maria Montessori c’era un quadro di riferimento sullo sviluppo, infatti afferma: “Ho notato che, nel suo sviluppo, il bambino passa attraverso determinate fasi, ciascuna delle quali presenta dei bisogni particolari”. Dunque lei lo riconosce e questo è parte dell’organizzazione del suo piano formativo, come sapete. Ora, come ricolleghiamo tutto ciò all’attenzione? Sappiamo, dall’esperienza di flusso, della combinazione giusta di abilità e sfide laddove vi sia il flusso. Se la sfida è troppo difficile, non avrete il flusso; se la sfida risulta troppo facile, non avrete il flusso; per avere il flusso dovrete raggiungere il giusto equilibrio di sfida delle abilità. Dunque sorge la necessità di creare un ambiente di sfida adeguato per i bambini. In modo tale che, se create un ambiente in cui i bambini si sentano sfidati in modo adeguato, c’è più probabilità che sorgano sia una concentrazione profonda sia il flusso. Ecco la terza connessione, la terza importante equivalenza fra la visione educativa della Montessori, la psicologia dello sviluppo e il pensiero educativo.
Quarta connessione. Ho letto prima ciò che Maria Montessori ha scritto, come una sorta di prezioso manuale di istruzione: l’insegnante non deve essere al centro dell’attenzione, tutta l’attenzione è per i bambini, e l’insegnante deve essere in grado di fare un passo indietro, quando il bambino è concentrato, e di farsi avanti, invece, quando ha bisogno di una guida o di una dimostrazione; questo è ciò che intendo con “dare la giusta quantità di attenzione”. Nello sviluppo, nell’educazione si fa ora riferimento a questo concetto con l’espressione “partecipazione guidata”, dalla teoria di Lev Semënovič Vygotskij, ed è la stessa nozione di cui abbiamo bisogno quando decidiamo di aiutare e guidare: fare un passo indietro. Dunque, nel metodo di Maria Montessori, la regola generale è che “l’insegnante non dovrebbe intervenire quando il bambino è intento in una qualche attività spontanea che sia ordinata e creativa”. Tornando all’esempio del contagocce, si è trattata di un’attività ordinata e creativa e l’insegnante ha scelto di non intervenire. Dunque, un buon insegnante non dovrebbe essere al centro dell’attenzione tutto il tempo.
Questa era la quarta e ora indico la quinta connessione: un’opinione molto importante di Maria Montessori, che io considero abbia, nel pensiero dello sviluppo, come unica equivalente la teoria del flusso. Probabilmente, non è così largamente conosciuta come gli altri concetti: l’insegnante deve preparare un ambiente. Un insegnante elimina le distrazioni, è un osservatore dell’attenzione del bambino, protegge l’attenzione del bambino attraverso l’osservazione. Nella nostra teoria, quando abbiamo iniziato a parlare delle famiglie e delle scuole, abbiamo iniziato a parlare delle stesse cose: l’insegnante ha bisogno di mostrare attenzione all’esperienza personale, porre attenzione alla concentrazione e utilizzarla come guida per capire quando fare un passo indietro o in avanti; in quanto genitori, avete bisogno, di creare un ambiente famigliare in cui non vi siano caos o distrazioni o discussioni. C’è bisogno di preparare un ambiente ordinato e con il giusto tipo di materiale, sono tutte idee che, credo, non abbiano un vero e proprio equivalente in molte delle teorie evolutive, se non nella teoria del flusso. Perciò, una citazione di Maria Montessori: “Un elogio, un aiuto o anche uno sguardo possono essere sufficienti… Il principio sovrano che porta un insegnante al successo è questo, non appena la concentrazione ha inizio, bisogna comportarsi come se il bambino non esistesse” Dunque, di nuovo, porre attenzione come “osservatori” e l’attenzione è tutto ciò che conta.
Solo un breve riassunto di questi cinque concetti e tratterò la teoria del flusso, nonché la ricerca educativa e dello sviluppo che supporta queste opinioni montessoriane. Credo che lei sia stata una precorritrice dei tempi, così come lo sono state tutte le sue idee sul come creare un ambiente adatto alla concentrazione e all’attenzione. Avrei potuto parlare per un’ora elencando i numeri delle mie ricerche, ma una scoperta almeno devo condividerla con voi; si tratta di una scoperta molto interessante dalla comparazione delle scuole con metodo Montessori e delle scuole tradizionali negli Stati Uniti. Un confronto di cinque scuole Montessori con sei scuole tradizionali, che abbiamo combinato su basi demografiche; per cui dovete valutare il mio lavoro tenendo conto del fatto che i genitori hanno avuto all’incirca la stessa educazione, le stesse risorse, e che la percentuale insegnante/allievo era analoga e via dicendo. Ecco qui la mia scoperta: esattamente questa [59:14 indica slide] è la categoria più importante. Questa, presumo possa essere chiamata la categoria del flusso. In realtà, è un resoconto degli studenti mentre sono in classe. I bambini stanno riportando la loro esperienza a scuola: usiamo ciò che è chiamato “campionamento di esperienza”, un metodo che prevede che i bambini tengano gli orologi quando sono in classe. E nella classe Montessori [nella barra più scura qui - indica slide] potete vedere che per il 40% del tempo essi si sentono demotivati nelle attività importanti. Ci sono variabili che fanno una mappatura dell’impegno effettivo, della motivazione, del coinvolgimento così come della concentrazione, della sfida e via dicendo; dunque sono esperienze combinate e scopriamo anche molta più “esperienza di flusso” nelle scuole Montessori rispetto alle scuole tradizionali. Ora [quest’altra barra più scura qui - indica slide] nelle scuole tradizionali per il 43% del tempo i bambini erano concentrati, perché credevano che l’attività fosse importante, ma non erano motivati. Questa è la tipica reazione degli studenti rispetto a un approccio arido, a un: “fai i compiti, prendi buoni voti, fai la verifica”, un approccio frontale nella scuola. E questa è la differenza che abbiamo. In termini di utilizzo del tempo, ciò risulta molto importante, ciò distribuisce su tre, quasi quattro ore in più alla settimana questo tipo di esperienza per i bambini nelle scuole tradizionali. Se iniziate a moltiplicare questo per un mese, sono sedici ore. In un anno pensate a quante ore i bambini vivono questa esperienza, in diverse condizioni in base all’ambiente in cui si trovano. Le scuole Montessori credo che abbiano fatto davvero un ottimo lavoro applicando alcuni dei principi del metodo educativo Montessori.
Grazie.