CAPITOLO 28

L’educazione religiosa

L’insegnamento della religione deve basarsi sulla psicologia dei bambini. Il linguaggio e la religione sono le due caratteristiche di ogni gruppo di uomini. Non dobbiamo dare la religione ai bambini; dobbiamo invece vederla svilupparsi (attraverso l’influenza dell’ambiente). Dalla nascita ai 6 anni, i bambini devono trovare il nutrimento religioso (attraverso l’assorbimento). Nessun pezzo è troppo sacro per i bambini. Assorbono la religione come assorbono il linguaggio. Distinzione tra tre stadi nello sviluppo dell’anima.

29 novembre 1946


Non è mia intenzione addentrarmi nel tema dell’insegnamento religioso e dei materiali speciali che si possono impiegare a questo scopo dal momento che ho scritto dei libri sull’argomento37. È mio desiderio concentrarmi piuttosto sugli elementi fondamentali dell’esperienza religiosa in sé.


Credo che ci siano molte idee sbagliate sull’insegnamento religioso, così come esiste un’errata comprensione dell’educazione (e dei bambini in generale) e un’errata comprensione del sentimento religioso in sé. Quando si affronta l’insegnamento della religione, lo si tratta alla stessa stregua delle altre discipline. Le scuole che lo includono nella loro offerta formativa lo gestiscono come una materia tra le altre, ma è un errore. Lo dico perché la religione è più di una qualunque altra disciplina scolastica. È ben più rilevante e anche abbastanza diversa.


Dobbiamo avere un’idea chiara dei differenti periodi durante i quali possiamo presentare ai fanciulli aspetti diversi del sentimento religioso. Penso che l’insegnamento della religione debba essere basato sulla psicologia del bambino, come del resto penso che dovrebbero esserlo tutti gli insegnamenti.

Dobbiamo tener presente che la religione è un sentimento universale, che alberga dentro ognuno ed ha albergato dentro tutti, sin dall’origine del mondo. Non è qualcosa che siamo noi a dare al bambino. Proprio come vi è in ogni uomo una tendenza a sviluppare il linguaggio, così vi è una tendenza a sviluppare un sentimento religioso. In ogni tempo e in ogni luogo le comunità, molto progredite o meno, hanno avuto una religione. Lingua e religione sono le due caratteristiche comuni a ogni società umana. La religione è dentro ogni anima. Si può smarrire la ragione, ma non si può perdere ciò che è dentro al cuore. Questo è un tema molto importante: se ci manca la religione ci manca qualcosa di fondamentale per lo sviluppo dell’uomo.


E allora come dobbiamo dare un sentimento religioso ai bambini? Ecco, non lo dobbiamo “dare”, dobbiamo vederlo sviluppare. Il sentimento c’è, e se non ci fosse non potremmo darlo, né potremmo favorirne lo sviluppo. È come una nebulosa, qualcosa di vivente che attende di espandersi. Deve svilupparsi attraverso l’influenza dell’ambiente. Dobbiamo assicurarci che l’ambiente sia adeguato, è molto importante. Se ci pensiamo, ci rendiamo conto che l’educazione religiosa è essenziale nel periodo in cui i bambini assorbono informazioni dal loro ambiente. La capacità di assorbire dal mondo che li circonda è un dono della natura e, nel periodo che va dalla nascita ai sei anni, il bambino deve trovare nutrimento per questo sviluppo spirituale. Questo sentimento essenziale, che diventerà parte della loro vita, deve essere acquisito a un’età in cui i bambini hanno ancora il potere di acquisire dall’ambiente qualcosa che resti instillato in loro per sempre. Il sentimento religioso è creato in questa fase e viene sviluppato soltanto in seguito. Perveniamo così alla paradossale conclusione che si deve insegnare religione ai bambini piccolissimi – penso, anzi, che la si debba insegnare dalla nascita.


Non vediamo un sentimento religioso che inizia alla nascita – ma è un dato di fatto che le comunità caratterizzate da un forte connotazione religiosa sono generalmente composte da gente povera e semplice che porta i propri figli con sé ovunque, fin da quando sono molto piccoli. Se la madre va in chiesa, porta con sé il bambino. Quando prega il bambino è lì, e vede tutto ciò che lo circonda e assorbe queste impressioni nel suo inconscio. In questo primo stadio, il fanciullo recepisce questa parte molto vitale dell’esperienza religiosa dall’ambiente. Poi, dopo due o tre anni, si può offrire al bambino qualcosa di più positivo, del materiale specifico che aiuti il suo sviluppo, dal momento che tutti i sensi cooperano nello stesso momento alla crescita spirituale. Non possiamo limitarci a dare delle istruzioni verbali. Il movimento ha un ruolo e l’immaginazione riveste una funzione particolarmente importante.


A scuola l’insegnamento religioso normalmente non viene impartito ai bambini che hanno meno di sette anni, dal momento che si pensa che i più piccoli imparino a sufficienza dalla madre. Alcuni sostengono che i concetti etici dovrebbero essere insegnati separatamente dalla religione.


Ricordo una signora che mi chiese di spiegarle come dare a suo figlio un’idea di Dio. Le chiesi perché la ritenesse una cosa tanto difficile. Rispose che era perché l’idea di Dio era troppo grande: abbiamo un’idea della sua grandezza, lo conosciamo come creatore e sicuramente si tratta di un’idea molto semplice che perfino dei bambini di tre anni possono comprendere. A un bambino possiamo dire che Dio è il creatore e ci capirà. Non è difficile comunicare ai bambini la grandezza, perché essi sono grandi in tutto! Accolgono tutto il mondo, per cui qualsiasi cosa si voglia comunicare loro non sarà troppo grande. I bambini possiedono una sensibilità che viene dal cuore e sono immersi in un’atmosfera spirituale. Se si parla di Dio in famiglia, il bimbo assorbirà la religione a casa. Se si ringrazia Dio per questo o per quell’altro farà bene alla mente del bambino, perché ha la tendenza a non vedere solo gli oggetti materiali, ma a riconoscere Dio in ogni cosa.


È sbagliato proporre idee di poco conto o risposte banali a una domanda di tale importanza. Il bambino può recepire molto più di quanto gli è di solito dato. Può accogliere più facilmente il senso religioso se esso trova espressione non solo nell’anima delle persone che lo circondano, ma anche nell’ambiente.


In un paese ancora legato alla pratica religiosa si tratta di una questione sociale. La Chiesa prevede giorni di festa e giorni di commemorazione che sono parte della vita del popolo, per strada si vedono ancora preti e suore. Si tratta di un ambiente religioso: in un contesto simile i bambini assorbiranno lo spirito religioso in un’età in cui i sentimenti più sicuri sono radicati.


Quindi portate i piccoli con voi in chiesa, lasciate che vi accompagnino a tutte le funzioni, non spingeteli fuori dalla chiesa come si farebbe con i cani. Nessun posto è troppo sacro per i bambini. Non curatevi degli adulti, che sono fatti a modo loro e non possono più cambiare, sostengono di credere e di aver fede ma che non hanno più sensibilità. Prendete con voi i bambini, perché loro hanno un sentimento da portare con sé. Introietteranno lo spirito religioso così come fanno col linguaggio. Un bambino può assorbire il linguaggio, ma se è confinato alle cure di una balia che si prende cura solo delle sue necessità materiali non svilupperà un lessico ricco. Lo stesso accade con la religione. Se releghiamo il piccolo a una balia che soddisfa solo le sue esigenze materiali non svilupperà un sentimento religioso. Così accade anche alla società, che perde il proprio sentire religioso, così che sempre più persone vengono a dire: «Spiegami come insegnare la religione a mio figlio perché non so come fare».


Un’altra pratica in uso è quella di fornire un’educazione religiosa in un’età più avanzata e sotto forma di memorizzazione. La religione viene trattata alla stessa stregua della storia, della geografia o di qualunque altra materia scolastica. Voi che avete una così grande idea di Dio da non sapere come trasmetterla a un bambino, la trattate con disinvoltura, a livello di un qualunque altro argomento. In tal caso non possedete neanche voi quest’idea, e quindi come pensate di poterla comunicare a dei bambini? I bambini hanno sete di una visione più ampia e hanno bisogno di ben più di una parola o di una frase.


Feci questa esperienza con un bambinetto di due anni e mezzo. Era la Vigilia di Natale e gli dissi:


Stasera, se andrai nella stanza dei tuoi genitori, scoprirai che il letto è rifatto e che loro non ci sono. Se andrai nella mia stanza troverai che il mio letto è stato rifatto e che io non sono lì. Se andrai nella stanza di Lola, la troverai vuota, con il letto rifatto. Allora, se guarderai fuori dalle finestre vedrai tutto coperto di neve bianca e delle figure scure che si muovono attraverso la notte tranquilla, tutte indirizzate verso lo stesso posto. Stanotte la gente non dorme. Vanno tutti insieme in chiesa perché questa è la notte in cui Gesù è nato. La chiesa sarà tutta illuminata e la gente che ci va è piena di gioia. Tutte le case sono vuote e la gente è felice.


Al bambino questa storia piacque così tanto da chiedermi sempre di raccontargli la favola dei letti vuoti. Se tralasciavo qualcosa era lì a suggerirmela, perché i piccoli si ricordano di ogni dettaglio. Ogni cosa rimane fissa nella loro mente assorbente. Il piccolo ricorda il grande evento, ovvero la nascita di Gesù Bambino, e questo costituisce la profonda percezione. Non si può ottenere questo risultato regalandogli giocattoli. Questo è il dramma, la grande contemplazione, la solennità – la forza vivente.


Voglio raccontarvi un’altra storia che riguarda un bambino e le sue preghiere. La maggior parte degli insegnanti e delle mamme ritengono che sia una buona cosa insegnare ai bambini a pregare e che, quando si svegliano al mattino, il loro primo pensiero sia rivolto a Dio. Insegnano loro preghiere del tipo: “Grazie, Signore Iddio, per la buona notte trascorsa. Donami oggi il tuo aiuto e donalo anche a papà, mamma, Giovanni e Maria”. I genitori ritengono che sia una buona cosa per lui abituarsi a pregare per gli altri e così il piccolo prega per la donna di servizio, il cuoco e menziona perfino il cane e il gatto. Il bambino di cui voglio parlarvi un giorno guardò la madre e le disse: “Preghiamo per tutti”. Non è necessario nominare il padre, la madre, i fratelli e le sorelle, perché fanno parte della sua sfera più intima. Siamo abituati a pensare che con il nostro aiuto il piccolo possa fare più di quanto non possa da solo. Pensiamo che si tratta di un bambino e quindi gli diamo molto poco. Gli suggeriamo i nomi dei domestici e degli animali, ma lui si rende conto che bisogna pregare per tutti e fa tutto questo da solo.


Non frenate la natura del bambino, dategli tutto, non solo piccole cose familiari e materiali. Ammettiamo che deste loro l’idea di Dio e non fossero capaci di comprenderla, avrebbe importanza? La conoscenza non è un pericolo. Quindi abbiate coraggio e date molto ai bambini, ne saranno felici e grati. Insegnate loro a pregare per tutta l’umanità, per tutti i malati e così via. Così avranno un grande ideale nella loro mente. Comunicate loro la religione come una rivelazione: se la trattaste come una materia qualsiasi, potreste correre il rischio di spegnere qualcosa, fin dai primissimi giorni di vita del bambino.


Quando ero ragazza, in Italia, per i bambini che erano troppo piccoli per partecipare alla messa di Natale la notte c’era una celebrazione di giorno. C’era una chiesa a Roma con una lunga scalinata. La Vigilia di Natale andavamo tutti in chiesa e alla sommità della scalinata c’era uno spiazzo sul quale era tradizione che i bambini, a turno, parlassero di Gesù. Ricordo l’attesa lì con profonda emozione. Un bambino si alzava e recitava: “Questa notte è nato un bambino… bianco, roseo e con i riccioli. Sua madre lo adora. Grazie”. Quando scendeva dal podio, vi saliva una bambina che parlava dell’arrivo dei Re Magi che portavano i doni. Tutti i bambini avevano il diritto di partecipare. Era una grande festa e le madri portavano i loro piccoli tra le braccia. Era un evento per l’intera comunità e non era come raccontare loro la storia del Natale a casa.


Il movimento, la vita e i momenti di aggregazione sociale suscitano nei bambini una profonda impressione. Rammento che tutti avevamo piccole coperte bianche di carta e un Bambino Gesù di cera. Ogni bambino ne aveva uno. Si trattava di un ricordo, non di un giocattolo. A Natale, non c’erano regali, baccano e visite di altre persone. Tutto quello che avevamo era questa piccola festa in chiesa. Più tardi venne un’altra, bellissima moda dal nord-ovest d’Europa, ovvero quella di avere un albero illuminato con dei doni sotto. È un uso molto carino, ma i regali e l’albero non trasmettono un’idea religiosa. Avevamo già una festa affine il sei gennaio per celebrare la venuta dei Re Magi con i loro doni. Oggi nel mio paese nel giorno di Natale c’è una festa a casa e si scambiano regali. Tutto ciò è però molto lontano dallo spirito delle nostre celebrazioni liturgiche, dalle nostre rappresentazioni iconografiche di Gesù e dal nostro sentire religioso in genere. L’una è una ricorrenza religiosa, l’altra una festa mondana. Se sono confuse non è data una percezione chiara – per ordine e chiarezza è necessario separarle. Se si mescolano qualcosa risulterà mancante. Non ci sarà il sentimento che proviene da qualcosa di grande. Si può avere la festa con l’albero di Natale, i regali e tutti gli amici e i parenti, ma la cosa importante è non confonderla con la Veglia di Natale in cui tutti si riuniscono, in chiesa, per la grande celebrazione della nascita del Bambino.


Se proprio si deve, si può avere un Babbo Natale con una maschera e un sacco pieno di giocattoli. È come una rappresentazione teatrale, solo scena. Ricordo il caso di due fratelli. Il maggiore si vestì da Babbo Natale ed entrò con una bisaccia colma di regali. Il minore esclamò: «Davvero è venuto Babbo Natale? È reale? Ma non posso avvicinarmi a lui!». Gli risposero: «Sì che puoi! Va’, va’ a toccarlo». Finalmente lo fece e osservò: «Ma è proprio come mio fratello», provocando grande ilarità. Non si pensi, però, che la fede è gioco e divertimento. Babbo Natale alimenta in noi solo un desiderio di beni materiali, non un sentimento di bellezza. Se ai bambini si deve dare questa festa, gliela si dia un altro giorno. Babbo Natale può venire in qualunque altro giorno. Nel mio paese c’era la tradizione di una donna che è solita far visita di notte ai bambini che si sono comportati bene, e credetti a questa storia per lungo tempo. Vi era qualcosa di magico nel risvegliarsi al mattino e nel trovare lì sulla tavola tutte le cose che desideravo di più, tutti i doni che io le avevo chiesto di portare. Ero stata accontentata.


Se si fornisce ai bambini una solida impalcatura di concetti seri, si possono accordare la luce della verità e le cose divertenti – fiabe, teatro, svago, e così via. Siamo abituati alle bugie. Perché dovremmo preoccuparci se la lieta armonia che creiamo con i nostri piccoli proviene da queste piccole cose? Dobbiamo solo prestare attenzione a non confonderle con qualcos’altro, non rimuovere, cioè, dai loro occhi la grandezza per dare loro futilità. L’anima dei bambini è nutrita dalla grandezza. Il piccolo è affamato di aiuto, e si rivolge agli adulti per ottenerne supporto. A che serve tutta l’educazione che gli trasmettono, se non possono fornirgli questo aiuto? Le parole non posso aiutarlo. Deve essergli schiuso l’universo spirituale nella sua totalità. L’insegnamento specifico della morale è pericoloso, non dobbiamo confondere l’insegnamento morale con l’educazione religiosa. Vi farò un esempio: c’era una famiglia protestante. Il padre era un ministro di culto. Una domenica tenne un bel sermone sulla fraternità, come, cioè, si debba amare chiunque e specialmente il povero e l’ammalato. La bambina comprese il sermone e ne fu molto toccata. Lasciò la chiesa determinata ad amare chiunque, proprio come suo padre aveva detto. I bambini non sono come noi, sono più sensibili – hanno una naturale inclinazione a vivere ciò che sentono dentro di sé. Sulla via del ritorno a casa si imbatté in un bambino che chiedeva l’elemosina, sporco e cencioso. La bambina era così ansiosa di mettere in pratica ciò che aveva udito che gli corse incontro e lo baciò. La madre ne fu inorridita e la rimproverò dicendole che non doveva toccare la gente che incontrava per strada e le chiese se per caso non si fosse accorta che il bambino era sudicio. In quel momento la piccola sentì che tutto ciò che suo padre aveva detto in chiesa era sbagliato perché era evidente che sua madre non ci credeva. Probabilmente un trauma come questo può cancellare qualcosa nell’anima. Dobbiamo stare attenti con i bambini. Fate pure ciò che preferite a proposito di Babbo Natale – questa idea alla fine passa – ma se mentite in questioni di pretto carattere religioso offenderete l’animo del bambino. Ponete il massimo riguardo nell’essere sinceri e non prendete alla leggera i sentimenti dei vostri figli su questi temi.


Spesso i giovani sono trattati come bambini. C’erano due ragazze nel mio paese, figlie di una famiglia aristocratica, che venivano educate in convento e non prendevano parte alla vita sociale, fintantoché non venne il tempo per loro di debuttare in società. Una sorella più grande, temendo che non sapessero come comportarsi, disse loro che il mondo era pieno di inganno e che tutti avrebbero fatto loro complimenti per il loro aspetto, ma si sarebbero espressi in ben altro modo quando non fossero state presenti. Successivamente, quando queste ragazze si presentarono alla festa del loro debutto e ricevettero molti complimenti, si convinsero che non fossero sinceri – pensavano, infatti, che ciò che aveva detto loro la sorella maggiore fosse vero. Si nascosero dietro una tenda per udire i commenti fatti alle loro spalle. Ma, proprio quando gli invitati pensavano che non fossero lì, si espressero al loro riguardo in maniera ancora più elogiativa con la loro madre di quanto non avessero fatto direttamente con loro. Quindi queste ragazze non sapevano chi avesse mentito e chi avesse detto il vero. Fu un trauma per loro e cominciarono a perdere fiducia negli altri e in se stesse.


Non dobbiamo discutere di questo specifico tipo di educazione con superficialità. Se la verità ne è l’attributo necessario, lo è specialmente per chi non possiede malizia, per chi non ha fatto esperienze proprie e deve fare affidamento su menti più mature. Questo tipo di persona deve ricevere fiducia, perché non ha avuto sufficienti esperienze per conoscere da soli.


Ricordo una buona signora che sosteneva di dovere insegnare il senso della moralità ai bambini, perché imparassero a essere buoni. Le consigliai di non farlo, ma perseverò nel suo proposito. Un giorno raccontò loro la vicenda di come Caino avesse ucciso Abele e aggiunse che forse ciò era accaduto perché da piccoli avevano litigato. La maggior parte dei bambini restò indifferente, ma uno di essi scoppiò a piangere a dirotto. Quando gliene fu chiesta la ragione rispose: «Non sono gentile con mio fratello più piccolo, quindi quando crescerò avrò la disgrazia di ucciderlo!» Questo bambino era veramente infelice. State attenti – l’animo di un bambino è come uno specchio brillante sul quale ogni respiro può creare un’ombra. Gli adulti non saranno mai troppo prudenti e cauti al riguardo: devono prestare la massima attenzione alla verità e badare al profondo sentire del bambino. Se non si possiede una chiara percezione del suo animo, non lo si può aiutare nel suo sviluppo. Occorre formarsi prima e poi accettare questa nuova visione della grandezza e della purezza del fanciullo. Con la stessa cura meticolosa con cui prepariamo l’ambiente materiale, allo stesso modo in cui esaminiamo i nostri movimenti per sbarazzarci di quelli inutili, così dobbiamo essere ancor più attenti quando presentiamo la religione ai bambini. È difficile insegnare principi etici a meno che non si voglia farlo per via negativa.


Una madre pensava che mentire fosse qualcosa di estremamente spregevole e che solo la gente di basso ceto mentisse. L’aristocrazia non mente. Insegnò a suo figlio che mentire non era dignitoso, che era indegno di gente di buoni natali. Disse al bambino che doveva guardarsi bene dal farlo ed essere pronto a morire piuttosto che dire una bugia. Un giorno il fanciullo sentì sua madre parlare al telefono e dire: «Oh, sono estremamente spiacente, ma oggi non posso venire. Ho un terribile mal di testa e devo andare a letto». Si intese uno spaventoso grido del bimbo: «Mia madre ha mentito!».


I bambini sono così sensibili che prendono molto sul serio tutto quello che si dice loro, per cui dobbiamo stare attentissimi. Forse penserete che vi sia impossibile stare così attenti, che non possedete una tempra morale così solida. Cosa fare allora? A causa di questa difficoltà ho pensato di preparare un ambiente religioso speciale, distinto dal resto. Sarebbe troppo lungo parlarne qui, ma ne ho scritto in altri testi. In India ho tenuto corsi sul sentimento religioso anche davanti a persone che professavano una fede assai diversa, come indù e musulmani.


I piccoli tra i tre e i sei anni di età hanno un profilo psicologico speciale. Sono pieni di amore. Ne sono privi solo se sono maltrattati: se sono bistrattati, la loro reale natura è alterata. I bambini sono colmi di amore e hanno bisogno di essere amati per crescere. Tutte le madri per natura amano i propri figli e così i bambini ottengono l’amore di cui necessitano. L’amore dei propri genitori è la fonte da cui scaturisce il senso di sicurezza a questa tenera età, per cui l’attitudine gioiosa dei bambini dipende dall’amore reciproco di tutte le persone che li circondano.


Il senso di sicurezza che deriva dall’avere genitori amorevoli influenzerà anche i successi scolastici. I bambini che provengono da famiglie unite raggiungono maggiori traguardi. I piccoli hanno bisogno di sentire che i loro genitori non possono vivere senza di loro e che tengono alla loro felicità. Uno psicologo ha tenuto qui a Londra una conferenza nella quale mostrava il danno che veniva arrecato ai minori lasciati dai genitori che per motivi di lavoro dovevano andare nelle colonie. Fornì un esempio impressionante di un uomo d’affari che si recò in Australia lasciando in Inghilterra la moglie e il figlio piccolo. Il bambino si rese conto che non era così attaccato a loro. Un giorno, la madre gli disse che il padre aveva bisogno di lei e che avrebbe dovuto raggiungerlo. Al bambino si spezzò il cuore. Aveva coltivato il pensiero rassicurante che la madre lo amasse più di chiunque altro al mondo per poi comprendere che lei, invece, preferiva il padre. Ciò rappresentò per lui la perdita di ogni sicurezza.


Poiché l’amore e la protezione sono ciò di cui i bambini hanno più bisogno a questa età, il sentimento religioso deve esprimere amore e sicurezza. Così questa idea che Dio ci ama è esattamente l’idea giusta, quella che i bambini sono in grado di comprendere. Al bambino piacerà l’idea che intorno a lui ci sono angeli che lo custodiscono in ogni momento e che Dio saprà se è triste o infelice. I bambini nutrono un enorme amore per noi e amano questa dimensione religiosa. Faranno qualunque cosa per noi, tanto che ogni mattina hanno come primo pensiero quello di venire a cercarci. Soffermiamoci a considerare il sentimento di ammirazione che il bambino nutre per sua madre. Ricordo un bambino che vide una bella signora su un tram e descrivendola disse: «Era meravigliosa, bellissima, proprio come mia madre». Sua madre non era affatto bella, ma amore e ammirazione vanno di pari passo.


Questo è il primo stadio, per usare categorie proprie della psicologia. Ma in coloro che restano fermi a questa fase, propria del bambino molto piccolo, si blocca lo sviluppo. Ciò che è basta per riempire l’anima di un bambino non basta per riempire quella di un adulto.


Si considerino le differenti fasi nello sviluppo dell’anima. All’età di sette anni il bambino ha una psicologia differente. Non è più dipendente dall’amore dei suoi genitori, ma desidera essere indipendente. È interessato a scoprire la differenza tra il bene e il male. Ora la religione deve fornirgli una chiara rappresentazione di ciò che è intrinsecamente buono e di ciò che è intrinsecamente male, poiché ha bisogno di acquisire la capacità di distinguere tra le due con lucidità. Tende per natura verso la perfezione. Il bambino “normalizzato” è molto attento a non fare nulla di sbagliato. Se un altro bambino sta facendo qualcosa che pensa sia sbagliato, andrà dalla maestra e le chiederà se è giusto. L’insegnante può anche credere che in realtà stia accusando il compagno, ma è in realtà è venuto da lei per ricevere questa informazione (per sapere, cioè, se l’azione è giusta o sbagliata) e gli basta ottenere una risposta. Sta chiedendo per sapere. È in una nuova fase. Se rivolgiamo il nostro sguardo agli adulti, vedremo che molti di loro si soffermano spesso a considerare se le loro azioni sono buone o cattive. In ambito religioso vi sono persone il cui massimo compito consiste nel purificare l’anima e passare al vaglio ogni singolo peccato. Queste persone sono ferme allo stadio psicologico dei bambini dai sette a dieci anni di età. Anche loro soffrono perché il loro sviluppo si è bloccato.


La società è molto interessata alla morale. La moralità e la religione sono diventate oggetto di studio in sé e per sé. Molta gente dice: «Di che altro c’è bisogno?». Bene, quelli che si preoccupano di guardare il bene e il male dimenticano l’umanità. Dio è come una medicina per purificare l’anima. Deve esserci qualcosa di più grande.

E poi c’è l’adolescente, animato da nobili e generosi propositi. Così era Santa Teresa la Grande: quando Cristoforo Colombo scoprì l’America e incontrò i nativi, ancora ignari di Dio, lei disse: «Quando tornerai, verrò anch’io ad aiutare quella gente»38. Questa è una dimostrazione del terzo stadio evolutivo.


Esistono, dunque, tre stadi di sviluppo che si succedono uno dopo l’altro: non si distruggono a vicenda – si edificano l’uno sull’altro per espandere l’anima. Dobbiamo studiare queste tre diverse fasi dello sviluppo spirituale, se vogliamo aiutare l’umanità.


Proviamo a immaginare degli adulti perfetti. Forse non avrebbero colpe, e allora potrebbero rappresentare un esempio ideale per i bambini. Al contrario abbiamo adulti il cui sviluppo si è arrestato a uno dei tre stadi descritti e i bambini devono superarli.

Lezioni da Londra 1946
Lezioni da Londra 1946
Maria Montessori
Raccolta delle lezioni tenute a Londra nel 1946 diventate le basi dei corsi 3-6 dell’Association Montessori Internationale. Una pietra miliare nel mondo della pedagogia. Quello del 1946 fu il primo corso di formazione tenuto in Europa da Maria Montessori, dopo il suo lungo esilio in India durante la Seconda guerra mondiale.Lezioni da Londra 1946 raccoglie le lezioni, appunto, tenute a Londra sei anni prima della sua morte, in cui la famosa pedagogista parla con la saggezza di chi ha trascorso una vita a studiare non solo la prima infanzia, ma l’intero sviluppo dell’essere umano.Queste conferenze rappresentano una pietra miliare nel mondo della pedagogia, essendo diventate le basi dei corsi 3-6 dell’AMI, l’Association Montessori Internationale. State attenti – l’animo di un bambino è come uno specchio brillante sul quale ogni respiro può creare un’ombra.Maria Montessori L’ebook di questo libro è certificato dalla Fondazione Libri Italiani Accessibili (LIA) come accessibili da parte di persone cieche e ipovedenti. Conosci l’autore Maria Montessori è stata un’educatrice, pedagogista, filosofa, medico, neuropsichiatra infantile e scienziata italiana, internazionalmente nota per il metodo educativo che prende il suo nome, adottato in migliaia di scuole materne, primarie, secondarie e superiori in tutto il mondo.