IL METODO MONTESSORI PER NEONATI

Davvero? un'educazione
montessori per neonati

Forse è la prima volta che sentite parlare del metodo Montessori, forse lo conoscevate già ma non sapevate si potesse applicare anche a casa e sui bambini appena nati, oppure sì: questo capitolo può essere un’introduzione per chi è ancora alle prime armi o un ripasso per chi ha già familiarità con questi concetti, dal momento che propone una panoramica su questo approccio didattico e sulle specifiche modalità di utilizzo sui neonati.

Il modello montessoriano non è confinato all’ambiente scolastico e non si limita al concetto tradizionale di educazione, che prevede che l’adulto insegni al bambino. Si tratta bensì di una visione più ampia, che include tutte le attività e le esperienze che il piccolo ha modo di vivere, fin dai suoi primissimi giorni.


La filosofia montessoriana punta a guidare il naturale sviluppo del bambino fino al raggiungimento del suo massimo potenziale e dà grande importanza all’educazione. Dal momento che uno dei principi cardine del metodo Montessori è l’idea che l’apprendimento abbia inizio fin dalla nascita, questo approccio può essere applicato anche sui neonati.


“La prima ora dell’apprendimento è l’ora della nascita. Dal momento in cui i sensi del fanciullo possono ricevere le impressioni dalla natura, la natura lo educa. È una grande forza quella di saper attendere senza impazienza che tutto maturi.”
Johann Heinrich Pestalozzi

BREVE STORIA DELL’APPROCCIO MONTESSORI

Maria Montessori è stata una dottoressa e scienziata con formazione in ambito antropologico. Il metodo che prende il suo nome è il risultato del lavoro che la pedagogista portò avanti su bambini con difficoltà di apprendimento, convinta che non fosse sufficiente prendersi cura della loro salute fisica, ma si dovessero anche nutrire le loro menti. Montessori capì che era necessario fornire ai bambini più stimoli, per cui integrò le tecniche e i materiali sviluppati dai medici francesi Jean-Marc-Gaspard Itard e Edouard Seguin. Dopo aver lavorato un po’ con i piccoli, li iscrisse all’esame di stato per conseguire la licenza elementare. I risultati furono illuminanti: i bambini passarono i test con ottimi risultati, superando ogni aspettativa, e Maria Montessori iniziò a chiedersi se il metodo che aveva appena scoperto non potesse funzionare anche su altri bambini.


Ebbe l’opportunità di mettere alla prova l’efficacia delle sue idee su bambini privi di difficoltà di apprendimento quando i promotori di un progetto di riqualificazione urbana nel quartiere romano di San Lorenzo le chiesero di creare un asilo per le famiglie che vi si sarebbero trasferite. Nacque così la Casa dei Bambini.


Montessori portò avanti l’osservazione dei bambini presenti nelle classi con la stessa attenzione con cui uno scienziato avrebbe condotto un esperimento: le scoperte che fece la lasciarono senza parole e le permisero di apportare utili modifiche al proprio metodo. Scoprì infatti che molte delle convinzioni che a quel tempo si nutrivano sui più piccoli erano prive di fondamento e che un bambino, se gli veniva data la possibilità di esplorare liberamente un ambiente didattico ricco di stimoli, cresceva pieno di qualità, trasformandosi in un individuo in gamba, attento, gentile, altruista e in grado di imparare da solo. Gente proveniente da tutto il mondo iniziò a visitare la Casa dei Bambini di San Lorenzo per studiare il programma di Maria Montessori e seguire i suoi corsi, per tornare poi a casa e dare avvio alle proprie scuole e programmi.


Le lezioni tenute da Maria Montessori erano spesso seguite da neomamme giovani, che erano solite portare i propri bambini con sé. E fu proprio attraverso la loro osservazione che la scienziata poté compiere altri passi avanti, ormai certa che i neonati fossero molto più consapevoli e capaci di quanto si pensasse: Montessori portò avanti i suoi studi e prese nota delle sue scoperte. In seguito, collaborò con gli operatori di clinica ostetrica e fondò un centro nascite, scuola materna e il corso di formazione “Assistenza all’infanzia” a Roma.


Maria Montessori giunse a pensare che l’educazione dovesse avere inizio fin della nascita.

COS’È IL METODO MONTESSORI?

A differenza del metodo educativo tradizionale, che si fonda su un rapporto verticale e prevede che l’insegnante faccia lezione stando in piedi di fronte alla classe, l’approccio montessoriano considera ogni bambino e neonato unico: ognuno apprende in modo differente, così come differenti sono le sue tempistiche e i suoi interessi.


L’insegnante Montessori organizza la classe in modo da renderla un ambiente didattico ricco di stimoli. Il bambino è libero di scegliere a quale attività dedicarsi (da solo, con un compagno o in gruppo) e l’adulto interviene solo se ha bisogno di aiuto o di una spiegazione aggiuntiva. Nelle classi miste, i bambini più grandi consolidano le proprie conoscenze mostrando ai più piccoli come fare.


Se si osserva per la prima volta una classe Montessori, può stupire il fatto che i bambini agiscano senza le dirette indicazioni di un adulto e restino curiosi e motivati.


Ma possiamo sistemare anche le nostre case in modo montessoriano, creando un ambiente elegante e ricco di stimoli: diamo una mano al piccolo, se ha bisogno di aiuto, ma lasciamogli il tempo di fare da solo le proprie scoperte.

ALCUNI PRINCIPI CHIAVE DEL METODO MONTESSORI

I principi chiave della filosofia Montessori sono basati sull’idea che il genitore si impegni a comprendere la natura, le caratteristiche e le esigenze del bambino. L’assimilazione di questi concetti è fondamentale se si vuole applicare il metodo montessoriano all’educazione dei neonati.

1. Mente assorbente

Si parla di mente assorbente per definire quello stato mentale che si manifesta dalla nascita del piccolo ai suoi sei anni e che permette al bambino di apprendere facilmente e di assorbire le caratteristiche e i tratti culturali dell’ambiente in cui è inserito. Si tratta di un processo inconscio, che non richiede al neonato alcuno sforzo: il bambino incamera dalla realtà intorno a lui informazioni visive e uditive, le assorbe e, in seguito, senza fare alcuna fatica, le replica. È grazie alla mente assorbente che il piccolo riesce a imparare la lingua che parlano i suoi genitori e finisce per imitarne la gestualità. Se cresce circondato da ballerini, non avrà difficoltà a imparare a ballare. Il neonato assorbe ogni aspetto dell’ambiente che lo circonda, da quelli concreti come il linguaggio ad altri più astratti come il nostro carattere.

Nelle scuole elementari è molto diffuso un esperimento che prevede che i bambini mettano una piantina o un gambo di sedano in un bicchiere d’acqua in cui è stato disciolto un colorante alimentare, così da poter osservare foglie e petali che cambiano colore. È proprio così che funziona la mente assorbente: il piccolo assorbe dall’ambiente circostante alcune caratteristiche che diventano parte integrante della sua identità.


La mente assorbente è uno strumento importante, ma, come accade per tutti gli strumenti, i suoi benefici dipendono dall’uso che se ne fa. È una grande opportunità, ma anche una grande responsabilità.


“Il bambino assorbe l’ambiente e si trasforma in armonia con esso.”
—Maria Montessori, La mente del bambino


Per noi genitori si tratta di un’informazione importante: possiamo sforzarci di avere un atteggiamento positivo perché anche il bambino lo faccia proprio, circondare il piccolo di natura e bellezza, usare con lui un linguaggio ricco e fargli vivere delle esperienze interessanti, nella consapevolezza che fin dalla nascita nostro figlio assorbe e assimila ogni informazione.

2. Tendenze umane

Ognuno di noi nasce con degli istinti o delle inclinazioni naturali: le tendenze umane orientano il nostro comportamento, le nostre percezioni e le nostre reazioni.


Capire perché nostro figlio mostra certi comportamenti – e quindi quali sono le sue tendenze umane standard – significa intuire e interpretare le sue esigenze, così da poterle soddisfarle in modo adeguato.


Alcune tendenze umane che si manifestano durante l’infanzia sono:


Orientamento

È il desiderio di sapere dove siamo, di familiarizzare con l’ambiente circostante e avere idea di quello che ci accade intorno. Quando visitiamo un luogo che non conosciamo cerchiamo di orientarci con punti di riferimento familiari, a volte addirittura chiedendo indicazioni e informazioni a chi conosce già il posto. Un bambino ha la nostra stessa esigenza: per aiutarlo, proviamo a creare dei segnali e dei rimandi che lo rassicurino.


Il mondo è uno scenario del tutto nuovo e privo di punti di riferimento per un bambino appena nato, eppure il piccolo può orientarsi grazie ad alcuni elementi familiari, come il tono di voce della madre e il suo battito cardiaco. Oltre a percepire questi suoni, nel grembo materno il bambino ha anche avuto modo di toccarsi la faccia e muovere i propri arti: anche le sue mani sono quindi un punto di riferimento importante, per questo dobbiamo renderci conto che lo stiamo privando di un elemento familiare quando gli facciamo indossare dei guanti o lo fasciamo in un modo che limita i suoi movimenti.


Altri punti di riferimento possono essere una giostrina appesa sopra al lettino, una foto messa nella cameretta del bambino, i vari mobili e l’idea che ogni stanza della casa abbia una determinata funzione. Crescendo, il bambino familiarizzerà con sempre più elementi, ma il volto e la voce di chi si prende cura di lui continueranno a servirgli come punto di riferimento per tutta l’infanzia.


Ordine

Siamo attratti dalla prevedibilità, e i bambini non fanno eccezione. Ordine e prevedibilità aiutano il neonato a orientarsi e sentirsi al sicuro, per questo è fondamentale che ci sia un posto per ogni cosa e che ogni cosa abbia il proprio posto. Il ritmo della giornata del piccolo deve essere prevedibile: facciamo attenzione a tenere la stanza in ordine e sviluppare una routine, anche inventando dei segnali che aiutino il piccolo a capire cosa lo aspetta. In casa ci devono essere aree diverse, ognuna adibita a una specifica funzione, che si tratti di mangiare, dormire, prendersi cura di sé, muoversi o giocare. Come ultimo passo possiamo infine sforzarci di rimettere sempre tutto al proprio posto.


Comunicazione

È comunicando che esprimiamo i nostri sentimenti e condividiamo le nostre esperienze, i nostri pensieri e le nostre necessità. Si tratta di una capacità che abbiamo fin dalla nascita: un bambino comunica con i gesti, il linguaggio del corpo, il pianto (sì, perché serve a farci capire che ha bisogno di qualcosa), i balbettii e, in un secondo momento, le parole. Inoltre, il piccolo ascolta quanto gli diciamo, lo assorbe e gradualmente inizia a comprenderne il significato. Siamo fin da subito programmati per una comunicazione a due sensi.


Per questo, possiamo comunicare con il piccolo a voce, con dei gesti, sorridendogli e prestando attenzione al nostro linguaggio del corpo. Anche il contatto fisico rientra nell’ambito della comunicazione, e quindi del messaggio che trasmettiamo a nostro figlio. Prestiamo attenzione al modo in cui il neonato cerca di comunicare con noi: ascoltiamolo, osserviamolo. Solo così potremo capire di cosa ha bisogno.


Esplorazione e attività

Siamo esploratori per natura: interagiamo con la realtà per capirla e dominarla. I bambini guardano, osservano, annusano, toccano, spostano, sbattono, lanciano: in una parola, esplorano. È così che capiscono come funzionano le cose. Il nostro compito come genitori è di fornire a nostro figlio ambienti sempre nuovi da esplorare con calma e in sicurezza.


Risoluzione dei problemi

L’esigenza di usare la mente matematica appartiene al genere umano, problem solver per natura. Spesso, senza saperlo, priviamo nostro figlio dell’opportunità di sfruttare questa competenza, per esempio quando gli diamo in mano un giocattolo invece di aspettare che il bambino faccia il gesto di prenderlo. Ci sembrerà assurdo, ma i neonati sono in grado di risolvere molti problemi: invece di aspettare di essere allattati possono usare i propri sensi dell’olfatto e della vista per cercare il capezzolo della madre o il biberon; così come possono gattonare fino alla palla, invece di farsela portare; o ancora possono capire quali movimenti fare per liberare la mano su cui si sono seduti. Sono tutti casi in cui il bambino ha l’opportunità di calcolare una distanza, considerare delle alternative e risolvere problemi, appagando la tendenza umana che ci porta a usare la nostra mente matematica. Come possiamo aiutarlo? Fornendogli sempre più occasioni di esplorare e giocare liberamente.


Ripetizione

Osservate un bambino che sta imparando come stare seduto, reggersi in piedi o camminare. Spesso il piccolo si alza, si risiede (o si inginocchia) e poi si alza di nuovo: questa sequenza può essere ripetuta più e più volte, se l’adulto non interviene. Quella della ripetizione è la tendenza umana che ci permette di acquisire una competenza: se vediamo che nostro figlio fa ripetutamente uno stesso movimento, invece di dare per scontato che stia incontrando delle difficoltà, che abbia bisogno di aiuto o che possa stancarsi, diamogli tempo.


Astrazione e immaginazione

L’astrazione è l’abilità di vedere oltre il reale e di elaborare interpretazioni e generalizzazioni. Significa visualizzare idee, concetti o cose che fisicamente non esistono. Fin dall’infanzia, siamo in grado di immaginarci anche ciò che non si trova materialmente davanti a noi, trovando una soluzione per ogni nostro problema: il neonato ad esempio capisce di avere una madre o un padre anche quando questi è fuori casa, inoltre è in grado di andare alla ricerca di oggetti che non rientrano nel suo campo visivo.


Questo bisogno e questa capacità di immaginare ci aiutano a trovare soluzioni, eppure per poter compiere delle astrazioni è imprescindibile conoscere e comprendere la realtà: il neonato capisce che cos’è e a cosa serve una tazza perché l’ha già vista e usata, oppure ha già visto qualcun altro usarla. Un bambino di sette mesi che ha già usato una tazza proverà a bere da un altro oggetto con una forma simile, così come sarà portato a usare il telecomando come se fosse un cellulare.


Con la crescita, questa tendenza si rafforza e diventa più evidente, eppure è presente fin dalla nascita: i neonati hanno quindi bisogno di fare quante più esperienze pratiche possibili perché è su questo che si basa la loro capacità di immaginazione e astrazione.

3. Periodi sensitivi

Un periodo sensitivo è una fase in cui il bambino sviluppa una irrefrenabile attrazione o un interesse per qualcosa. Può trattarsi di una competenza/azione o dell’apprendimento di una specifica abilità; riconosciamo che si tratta di un periodo sensitivo perché il bambino mostra un particolare interesse in un’area specifica. I periodi sensitivi sono come dei riflettori che catalizzano l’attenzione della mente assorbente su un determinato aspetto.


Esistono periodi sensitivi per il movimento (dal rotolarsi al gattonare al camminare), ma anche legati al linguaggio, all’introduzione dei cibi solidi e ai piccoli oggetti. Ognuna di queste fasi permette al bambino di acquisire nuove conoscenze e diventare più indipendente.


Alcuni dei periodi sensitivi nell’infanzia sono:


Ordine. I bambini hanno un periodo sensitivo per l’ordine, di cui hanno bisogno sia dal punto di vista materiale che astratto. Un neonato che è sempre stato posto sul lato sinistro del lettino potrebbe reagire negativamente una volta accortosi di essere stato posto sul lato destro. Creiamo per il piccolo un ambiente ordinato nel quale ogni cosa abbia un proprio posto, e manteniamo quanto più possibile invariati i procedimenti e le routine con cui ci prendiamo cura del piccolo. Oltre a servire al bambino per orientarsi (si veda p. 16), i punti di riferimento contribuiscono a creare un ambiente ordinato: possono essere elementi uditivi (come un suono o una canzone), o anche olfattivi (un profumo che comunica al piccolo che è ora di andare a nanna, o uno che gli dice che è ora della pappa).


Movimento. I bambini vivono fin dalla nascita un periodo sensitivo per il movimento. Nei primi dodici mesi attraversano varie fasi motorie, perfezionandole una alla volta: allungare le braccia, afferrare, gattonare, stare seduti, stare in piedi e camminare, oltre ovviamente alle varie fasi di transizione tra i vari movimenti. Per passare da una fase motoria all’altra serve molta pratica. Per aiutare il piccolo a sfruttare al massimo questo periodo, creiamo uno spazio in cui si possa muovere in sicurezza, con i suoi tempi.


Linguaggio. Si tratta di un periodo sensitivo presente fin dalla nascita: l’essere umano ha bisogno di comunicare (come sappiamo la comunicazione è una tendenza umana), per questo fin dalle prime settimane il neonato si concentra sul linguaggio, cercando di acquisire le competenze necessarie per esprimersi. Se osserviamo un adulto che parla con un bambino anche di soli tre mesi, vediamo che il piccolo si concentra sul suono e segue il movimento delle labbra dell’adulto, impegnandosi per emettere suoni e creare un linguaggio. Nei primi mesi può essere difficile accorgersi di questo processo, ma è già in atto.


Noi genitori possiamo provare a parlare al bambino fin dai suoi primi giorni di vita, usando un linguaggio ricco. Evitiamo frasi semplificate e parole inventate: scegliamo invece i termini più belli che conosciamo, diamo un nome a ogni oggetto con cui il bambino viene a contatto, spieghiamo al piccolo che cosa gli sta accadendo intorno e prestiamogli ascolto e attenzione quando comunica con noi con versi e balbettii.


Chiacchieriamo con il bambino. Salutiamolo appena sveglio dicendogli: “Buongiorno, tesoro! Hai dormito bene?”. Aspettiamo una risposta, anche solo un sorriso o un movimento, e rispondiamo di conseguenza: “Ma certo che sì! Andiamo a fare una passeggiata al parco oggi, ma prima ti cambio il pannolino. Posso tirarti su?”.


Mangiare cibi solidi. Si tratta del periodo in cui vengono introdotti i cibi solidi e il bambino inizia a comprendere come funziona il suo corpo, mostrando anche un crescente interesse verso quello che mangiano i genitori, a volte anche sbavando. È in questa stessa fase che il neonato inizia a mettere i denti e si può iniziare lo svezzamento.


Osservare immagini e piccoli oggetti. Nel periodo dalla nascita ai tre anni, il bambino mostra molto interesse per i dettagli e gli oggetti di piccola dimensione, che starebbe a guardare per ore. Proponiamogli delle immagini adatte alla sua età e lasciamogli il tempo di godersele. Se lo stiamo tenendo in braccio e notiamo che il suo interesse è catturato da un oggetto in particolare, lasciamogli il tempo di osservarlo, tanto quando sarà stanco lo capiremo. Portiamolo a fare delle passeggiate per dargli l’occasione di esplorare il mondo che lo circonda. Più avanti gli potremo anche regalare dei libri illustrati, ricchi di dettagli.

4. Osservazione

Ora che conosciamo la natura della mente del bambino, le sue necessità e le sue tendenze, e abbiamo compreso il funzionamento dei periodi sensitivi, possiamo mettere in pratica queste conoscenze per diventare genitori migliori. Il trucco consiste nell’osservare.


Inizieremo a comprendere meglio nostro figlio perché saremo in grado di capire quali tendenze e quali esigenze guidano il suo comportamento. Se vogliamo applicare il metodo Montessori dobbiamo renderci conto che l’osservazione è fondamentale, perché ci permette di riconoscere le particolarità del nostro bambino e rispondere in modo adeguato.


L’osservazione ci permette di:

  • Comprendere e assecondare lo sviluppo del neonato: osservando il bambino possiamo renderci conto dei suoi lievi progressi nelle diverse competenze e offrirgli sempre delle sfide nuove. Stiamo venendo incontro alle tendenze umane del piccolo? È libero di esplorare? Gli stiamo dando la possibilità di ripetere più volte le stesse azioni?
  • Notare gli sforzi e le capacità del bambino: guardiamolo interagire con il mondo che lo circonda. Sta usando i propri sensi? Guarda? Assaggia? Tocca? Prova? Cambia? C’è un ragionamento alla base delle sue azioni? Se sì, quale?
  • Identificare i periodi sensitivi: su che cosa si concentra in questo momento l’interesse e l’attività del neonato? Cosa continua a fare? Su cosa concentra la sua attenzione?
  • Riconoscere e rimuovere gli ostacoli allo sviluppo del bambino: cosa ostacola la sua capacità di muoversi, comunicare e agire? Cosa limita la sua indipendenza?
  • Sapere quando e come offrirgli il vostro aiuto: per esempio, se il bambino sta cercando di gattonare, ma la tutina limita i suoi movimenti, potete cambiarlo o dargli una mano.

È stato occupandosi del suo primo figlio che Junnifa ha scoperto il potere dell’osservazione.


Per primi tre mesi di vita, il piccolo era abituato a fare dei sonnellini di due ore-due ore e mezza sul letto della madre. In seguito, Junnifa ha deciso di farlo spostare nella sua cameretta, nella quale aveva sistemato un lettino Montessori (ne parliamo nel dettaglio a p. 59). Teneva in braccio il bambino fino a quando non si addormentava e poi lo metteva giù. Era dell’idea che i sonnellini fossero il modo migliore perché il piccolo si abituasse a dormire nella propria stanza. Il problema era che sul lettino montessoriano il bambino dormiva solo per una quarantina di minuti, poi si svegliava: un sonnellino molto più breve di quello che faceva di solito. Junnifa quindi pensò subito che il problema fosse il lettino. Provò a parlarne con uno degli insegnanti Montessori che l’aveva aiutata di più, Pilar Bewley, che le chiese se osservando suo figlio avesse notato qualcosa. Junnifa si rese conto di non averlo osservato affatto.


Il giorno successivo provò a fargli fare un sonnellino nella propria stanza. Lo posò sul suo letto e restò ad osservarlo: dopo una quarantina di minuti il neonato si svegliò, alzò la testa, diede un’occhiata in giro e tornò a dormire, finendo per fare un sonnellino di poco più di due ore. Il giorno seguente, Junnifa ripeté l’esperimento, ma nella cameretta del bambino: lo posò sul lettino e, circa una quarantina di minuti dopo, lo vide svegliarsi, alzare la testa e dare un’occhiata in giro. Negli occhi del piccolo notò però uno sguardo diverso: il bambino non sapeva dove si trovava. Era del tutto spaesato! Iniziò a piangere, così Junnifa lo prese in braccio... e capì dov’era il problema.


Nei giorni successivi, passò più tempo con suo figlio nella sua cameretta. Ora che sapeva che il bambino si svegliava dopo una quarantina di minuti, cercò di restare nei paraggi, così che il piccolo guardandosi intorno potesse vedere la sua mamma – il suo punto fermo – e tornare serenamente a dormire. Mise anche una foto di famiglia sulla testata del letto e prese a osservarla da lontano: il piccolo si sarebbe svegliato, avrebbe dato un’occhiata in giro, si sarebbe soffermato per un po’ a guardare la foto e si sarebbe riaddormentato. Dopo pochi giorni, Junnifa smise di tenere d’occhio il bambino, che richiamava la sua attenzione solo dopo due ore di sonnellino. L’osservazione ci permette di comprendere meglio il comportamento, le esigenze e le tendenze di nostro figlio, oltre a farci capire come rispondere in modo adeguato.

COSA POSSIAMO OSSERVARE
MOVIMENTO
  • Risposte fisiche a stimoli visivi o uditivi
  • Riflessi; movimenti volontari
ABILITÀ FINO-MOTORIE
  • Come afferra e tiene in mano gli oggetti
  • Quali dita e quale mano tende a usare
  • Come tiene in mano un sonaglino o un cucchiaio
  • Su quali abilità fino-motorie sta facendo pratica, come la presa a pinza o la presa a pugno
ABILITÀ GROSSO-MOTORIE
  • Come si alza o si siede
  • Come cammina, quali movimenti riesce a fare con le gambe e le braccia
  • Equilibrio
  • Se sceglie attività grosso-motorie
  • Se l’ambiente aiuta o intralcia i suoi movimenti
COMUNICAZIONE
  • I suoni che emette per comunicare
  • Sorrisi
  • Intensità, volume e durata del pianto
  • Linguaggio del corpo
  • Come si esprime
  • Contatto visivo durante le conversazioni
  • Linguaggio usato
  • Come gli rispondiamo quando tenta di comunicare
SVILUPPO COGNITIVO
  • A che cosa è interessato
  • In che cosa si esercita e prova a migliorarsi
  • Le attività che riesce a portare a termine
  • Per quanto tempo si dedica a un’attività
  • Se ha la tendenza a ripetere la stessa azione o cerca altre attività
SVILUPPO SOCIALE
  • Interazione con gli altri (fratelli, neonati/bambini, adulti)
  • Se osserva gli altri
  • Come chiede aiuto
  • Se inizia per primo un’interazione sociale
  • Come reagiscono gli altri ai suoi tentativi di approccio
  • Come reagisce di fronte a qualcuno che non conosce
SVILUPPO EMOTIVO
  • Quando il bebè piange, sorride e ride
  • Qual è il modo migliore per consolarlo o come si consola da solo
  • Come si comporta di fronte agli estranei
  • Come supera il momento del distacco
  • Come si comporta di fronte a un imprevisto
ALIMENTAZIONE
  • Allattamento al seno o con il biberon, quantità e durata
  • Cosa mangia e quanto
  • Com’è/Com’era organizzato il programma di allattamento
  • Chi dà da mangiare al bambino
  • Come smette di mangiare il bambino
  • Se mangia in modo attivo o passivo – ovvero se aspetta di essere nutrito o mangia da solo
  • Se mangiare da solo è frutto di un incoraggiamento o qualcuno glielo ha insegnato
  • Nel caso dei cibi solidi, quali alimenti gli sono stati offerti e quanto spesso
  • Come reagiscono gli adulti ai suoi tentativi di mangiare, comunicare e muoversi
SONNO
  • Ritmo sonno-veglia
  • Che orari ha di notte
  • Come si addormenta
  • Qualità del sonno
  • Posizione mentre dorme
  • Come si sveglia – durata del risveglio e umore del bambino
INDIPENDENZA
  • Rapporto simbiotico con la madre e altri membri della famiglia
  • Se lo sviluppo della sua indipendenza incontra degli ostacoli o viene incoraggiato
ABBIGLIAMENTO
  • Se l’abbigliamento aiuta o ostacola i suoi movimenti e la sua indipendenza
  • Se il bambino tenta di togliersi o mettersi i vestiti
  • Se mostra preferenze verso un capo di vestiario
AUTO-OSSERVAZIONE
  • Registrare la nostra comunicazione – cosa diciamo e come interagiamo con il bebè
  • Cosa scopriamo osservando il nostro bambino
  • Come ci comportiamo se il bambino non mangia o non dorme
  • Cosa diciamo quando il bambino fa qualcosa che ci piace o che non ci piace

Possiamo scegliere di osservare il nostro bambino senza schemi e senza focalizzarci solo sulla raccolta di dati: ogni volta che passiamo del tempo con lui, guardiamolo con il desiderio di vederlo davvero e di capirlo. In alternativa possiamo optare per un’osservazione con una routine un po’ più rigida, ritagliandoci del tempo per studiare il comportamento di nostro figlio e tenere traccia delle nostre scoperte come farebbe uno scienziato: facciamo attenzione ai movimenti e i suoni che fa il piccolo; alle capacità che cerca di sviluppare; al modo in cui mangia, dorme, gioca; e alle sue interazioni sociali.


Osservare il nostro bambino non soltanto ci aiuta a capirlo meglio, ma incrementa anche l’amore e il rispetto che proviamo nei suoi confronti.

  • Ricordiamoci di non far notare troppo la nostra presenza quando osserviamo il bambino, così che le sue azioni siano il più spontanee possibile.
  • Se ci accorgiamo che il bambino è focalizzato su una certa attività, anche semplicemente quella di guardarsi le mani o giocare con i propri piedi, evitiamo di disturbarlo. Osservando il piccolo inizieremo ad accorgerci delle sue straordinarie capacità e magari saremo tentati dall’idea di fargli i complimenti, ma per quanto possibile dobbiamo ricordarci di non intervenire, per non rischiare di far perdere la concentrazione al bambino.
5. Ambiente preparato

Per parlare degli ambienti didattici Maria Montessori aveva coniato l’espressione “ambiente preparato”. Una volta che abbiamo compreso di cosa ha bisogno il bambino possiamo fornirgli tutto il necessario perché cresca e si sviluppi nel modo migliore possibile, attuando modifiche di mese in mese. L’ambiente preparato, modellato sulle sue esigenze, potrà essere al chiuso o all’aperto, ma potrà anche essere un luogo emotivo creato dalle persone che si prendono cura del piccolo. L’importante è che sia un luogo che il bambino possa esplorare in sicurezza.


“Il tempo della prima infanzia è indubbiamente il più ricco. Esso deve essere utilizzato in tutti i modi possibili e immaginabili per mezzo dell’educazione. La perdita di questo periodo è irreparabile. Anziché trascurare i primi anni della vita è nostro dovere coltivarli con la massima attenzione.”
—Dr. Alexis Carrel (citato da Maria Montessori in La mente del bambino)

IN PRATICA

  • Stiamo facendo attenzione a cosa assorbirà il bambino?
  • Ci siamo accorti di qualche momento in cui il bambino ha replicato qualcosa che ha visto o vissuto?
  • Quali punti di riferimento familiari stiamo dando al nostro bambino per aiutarlo a orientarsi?
  • Stiamo rallentando, dando al nostro bambino il tempo e la possibilità di assorbire tutti i dettagli dell’ambiente che lo circonda?
  • Ci stiamo ritagliando del tempo per conoscere meglio il nostro bambino attraverso l’osservazione?
  • Se osserviamo le nostre case – i nostri ambienti preparati – cosa stiamo offrendo al nostro bambino?

Il bebè Montessori
Il bebè Montessori
Simone Davies, Junnifa Uzodike
Crescere il bambino nel primo anno di vita con amore, rispetto ed empatia.Una guida scritta a quattro mani in cui teoria e pratica si uniscono in un libro prezioso per tutti i genitori per applicare i principi Montessori nel primo anno di vita del bambino. Dall’autrice Simone Davies del bestseller Il bambino piccolo Montessori, tradotto in più di 25 paesi, arriva Il bebè Montessori, una guida scritta a quattro mani con la collega educatrice Junnifa Uzodike per applicare i principi Montessori nel primo anno di vita del bambino.Teoria e pratica si uniscono in un libro prezioso per tutti i genitori, ricco di suggerimenti per crescere il bebè con amore, rispetto ed empatia, mantenendo un sorprendente senso di calma e pace interiore.Nel libro si troveranno utili consigli per: sviluppare un sicuro senso di attaccamento stabilire confini chiari favorire lo sviluppo motorio e linguistico del bambino scegliere i giocattoli organizzare la casa, ricreando un ambiente calmo, tranquillo e funzionale per tutta la famiglia Un libro non finisce con l’ultima pagina!Questo titolo si arricchisce di contenuti “extra” digitali. Per consultarli è sufficiente utilizzare il QR code sul retro di copertina. Tanti consigli per mettere in pratica quell’approccio profondamente rispettoso di crescere il bambino, che è il metodo Montessori.Angeline S. Lillard Conosci l’autore Simone Davies è un’insegnante Montessori dell’AMI (Association Montessori Internationale), ed è anche autrice di The Montessori Notebook, il popolare blog e profilo Instagram in cui offre consigli, risponde a domande e organizza laboratori online per i genitori di tutto il mondo.Nata in Australia, vive ad Amsterdam con la sua famiglia, dove organizza corsi genitori-figli nella sua scuola Montessori, la Jacaranda Tree. Junnifa Uzodike è un’insegnante Montessori dell’AMI.Vive in Nigeria con la sua famiglia, dove ha fondato la scuola Fruitful Orchard Montessori, ed è autrice del blog Nduoma, a good life.