Prefazione

di Alberto Oliverio

Che atteggiamento devono avere i genitori nei confronti delle nuove tecnologie digitali? Vietarle o essere permissivi, guardarle con un occhio critico o considerarle come una ineluttabile evoluzione del nostro modo di vivere, e quindi accettarle acriticamente? Mario Valle, in queste pagine scritte in modo chiaro e dense di spunti, senza presumere che i genitori abbiano delle competenze in materia, sostiene che vietare, demonizzare o idolatrare la tecnologia, non ci aiuta a capire questo fenomeno e, di conseguenza, non ci aiuta a scegliere la corretta linea d’azione. Il suo libro, scritto da un esperto di tecnologie ma con un occhio alle proprie (e altrui) esperienze di genitore, risponde a una serie di domande cui sono state date, in passato, a volte delle risposte improntate a un netto catastrofismo, a volte basate su un’adesione acritica, “perché così va il mondo”.


Valle parte dal principio che la maggior parte delle interazioni familiari con i media digitali riguarda posizioni diverse come l’imposizione di limitazioni, il supporto tecnico, o la negoziazione dei tempi d’uso, senza però mai mettere in discussione il nostro modo di interagire con la tecnologia stessa. Il primo passo è quindi essere consapevoli di quanto la tecnologia entri nella nostra vita famigliare e che esempio diano gli adulti quando interrompono di continuo i momenti critici della vita in famiglia per sbirciare le mail, inviare messaggetti, cercare notizie aggiornate: dando quindi degli esempi di cattivo rapporto con le tecnologie, un rapporto che ha al centro distrazioni e tempi “innaturali” che rischiano di contagiare bambini e ragazzi.


Il primo pregio di questo saggio è la sua adesione a una posizione equilibrata, non ideologica e, soprattutto, empirica, nel senso che vengono date di continuo risposte e suggerimenti pratici, anche alla luce delle conoscenze neuroscientifiche sulle caratteristiche del cervello infantile e adolescenziale, sul ruolo dell’emozione e dei processi cognitivi. Il secondo è quello di tenere conto, alla luce della pedagogia montessoriana, del ruolo importante che concretezza e motricità esercitano sullo sviluppo della mente infantile.


Uno dei maggiori problemi che riguardano il rapporto dei bambini con le tecnologie digitali è infatti quello di essere “assorbiti” da messaggi che catturano la loro attenzione visiva e che si susseguono con ritmi spesso lontani da quelli della mente infantile. Il massiccio flusso di informazioni e notizie al quale siamo quotidianamente sottoposti dai mezzi di comunicazione di massa ha come effetto una sorta di autoanestesia, di desensibilizzazione. Per dare un esempio, siccome gli stimoli monotoni o ripetitivi perdono man mano la loro capacità di «bucare» la nostra attenzione, in televisione o al cinema per far passare in modo più efficiente la pubblicità viene aumentato il livello dell’audio. Lo stesso vale per le immagini che suscitano emozione come avviene per molti videogiochi: è necessario dare messaggi sempre più «forti» perché dopo un po’ si verifica una sorta di assuefazione, il che certamente non è positivo in quanto un bambino, per esempio, si abitua al fatto che si può danneggiare, picchiare, far sanguinare, soffrire e uccidere qualcuno. In altre parole, si può verificare una progressiva desensibilizzazione nei confronti della violenza. Lo stesso vale per i messaggi a sfondo sessuale e per tutti quegli stimoli visivi che inizialmente accendono le emozioni ma vengono poi progressivamente metabolizzati e ignorati. È quindi necessario scegliere, non dare ai più piccoli un telefonino o lasciarli soli con questo oggetto attraente, come giustamente indica Valle quando solleva anche il caso della dipendenza da videogiochi e di una separazione dalla realtà che può culminare in forme di isolamento adolescenziale, nel cosiddetto Hikikomori che, purtroppo, non riguarda soltanto i ragazzi giapponesi ma si sta diffondendo anche in Italia.


Uno dei problemi legati alle tecnologie digitali risiede quindi nel fatto che esse catturano l’attenzione con degli stimoli visivi che cambiano con frequenza e rapidità: il che ha una presa notevole sul nostro cervello, e in particolare sul cervello di bambini e ragazzi, in quanto buona parte della corteccia cerebrale e dei nuclei sottocorticali sono implicati nella visione. L’alternarsi e i cambiamenti delle immagini, come avviene ad esempio nei videogiochi, comporta un innalzamento della soglia per gli stimoli e una diminuzione dell’attenzione in compiti meno basati sul rapido susseguirsi di immagini accattivanti, soprattutto nell’infanzia e prima adolescenza.


La capacità di essere attenti deriva dallo sviluppo e dall’efficienza della corteccia prefrontale che è anche implicata nel trattenere in memoria le informazioni sotto forma di memoria di lavoro o “a breve termine”. Nell’infanzia la corteccia prefrontale è ancora immatura, perciò in un bambino l’attenzione dura meno che in un adulto. Ad esempio, un bambino di 6-7 anni comincia a distrarsi dopo circa 15 minuti mentre un ragazzo di 15-16 anni è in grado di prestare attenzione in modo continuativo per circa 30-45 minuti. Per favorire l’apprendimento bisogna quindi utilizzare esperienze di breve durata e alternare argomenti e “codici” sensoriali: ad esempio, con un bambino della scuola primaria è opportuno fare delle pause, cambiare l’argomento di discussione o lettura e stimolare la sua attenzione con l’aiuto di immagini, aneddoti, richiami leggeri. Bisogna inoltre favorire l’assunzione di un ruolo attivo, spingendo il bambino, ma anche il ragazzo, a individuare ciò che più lo attrae nella pagina di un libro, le associazioni suscitate da un particolare argomento ecc.: tanto più si è coinvolti in prima persona, cioè non si è passivi, tanto più l’attenzione è desta.


Focalizzare l’attenzione è fondamentale in ogni tipo di esperienza: centinaia di stimoli e di messaggi competono con la nostra concentrazione e possono distrarci dall’argomento cui dobbiamo dedicarci: perciò, come indica Valle nel parlare delle immagini e dell’immaginazione, è necessario che i genitori siano consapevoli di un corretto utilizzo dei nuovi media. Anche perché vi sono videogiochi che contrastano le risposte riflesse e impulsive, che premiano logica e accuratezza delle risposte, senza per questo essere meno divertenti.

Dal punto di vista montessoriano vorrei sottolineare, in linea con la concretezza e i richiami all’importanza della motricità e della stimolazione somatosensoriale di cui si parla in questo saggio, la netta differenza che passa tra imparare a scrivere con la tastiera e imparare a scrivere manualmente, su un foglio di carta attraverso dei movimenti della mano che mettono in moto complessi coordinamenti sensorimotori che, per gli adulti, sono quasi automatici mentre per i più piccoli o i meno esperti richiedono attenzione e apprendimento. I genitori sono spesso entusiasti della capacità dei loro figli quando da piccoli dimostrano un uso precoce della tastiera o scrivono alcune parole utilizzando il computer: ma un conto è scrivere con la tastiera, un altro con carta e penna. Nella scrittura manuale si fondono infatti memorie procedurali – i movimenti della mano necessari a tracciare lettere e parole –, memorie dichiarative legate al lessico mentale, al reperimento di sinonimi e funzioni esecutive quali la memoria di lavoro attraverso cui si tiene a mente, per tempi più lunghi rispetto al linguaggio parlato, il concetto che si vuole esprimere, l’inizio della frase, il raccordo logico con la frase precedente… La scrittura, insomma, mette in moto la mente e il corpo in un’attività circolare; le parole scaturiscono dalla mente e vengono scritte tramite la mano e i movimenti della mano, a loro volta, inviano segnali alla mente. Il corpo è un componente essenziale della mente ed è ben difficile che esistano funzioni simboliche che non richiedano, dipendano o siano regolate dallo scambio di informazione col resto del corpo. È quindi importante che un bambino, soprattutto negli anni della scuola primaria, pratichi una manualità complessa e non si limiti a utilizzare i due pollici (come avviene nell’uso dei cellulari) o l’indice per manipolare un touchpad.


Questo saggio esamina lati positivi e lati “oscuri” della tastiera: ma non si limita a un’analisi razionale in quanto, alla luce della pedagogia montessoriana, propone una serie di interventi ed esercizi per una fruizione delle nuove tecnologie digitali che ormai rappresentano uno degli aspetti formativi delle nuove generazioni. Essendo un libro rivolto (soprattutto) ai genitori non mancano proposte di interventi da compiere insieme, approcci logici alla ricerca di un argomento attraverso le MindMap e Google e, non ultimo, un glossario di termini che ormai non fanno soltanto parte della cultura dei geek dell’informatica. Il tutto con un approccio sistematico e logico ma sempre lineare e attraente. Un’ottima introduzione all’uso delle tecnologie digitali che, senza un’adesione acritica, insegni ad accompagnare i figli nel mondo dei nuovi media.


Alberto Oliverio - Roma, 12 novembre 2020

Le tecnologie digitali in famiglia
Le tecnologie digitali in famiglia
Mario Valle
Nemiche o alleate? Un approccio Montessori.Come risponde il cervello di un bambino alle sollecitazioni di un mondo tecnologico e che cosa possiamo fare per consentire un uso appropriato dei dispositivi tecnologici? Il mondo dei nostri figli è dominato dalla tecnologia: tablet, smartphone e computer costituiscono ormai parte integrante della loro vita; compito di noi genitori è quello di “prepararli al futuro” e educarli all’uso delle nuove tecnologie. Ma come?Mario Valle, esperto di supercomputer, nel libro Le tecnologie digitali in famiglia si rifà al pensiero di Maria Montessori (grande ammiratrice delle tecnologie del suo tempo e profonda conoscitrice della mente del bambino) per provare a delineare questo futuro: come risponde il cervello di un bambino alle sollecitazioni di un mondo tecnologico e che cosa possiamo fare per consentire un uso appropriato di questi dispositivi?Non si tratta, quindi, di demonizzare o idolatrare la tecnologia, ma di analizzare il presente per prepararsi al futuro. A questo punto si impone una riflessione: la civiltà ha dato all’uomo, per mezzo delle macchine, un potere molto superiore a quello che gli era proprio ma, perché l’opera della civiltà si sviluppi, bisogna anche che l’uomo si sviluppi. Il male che affligge la nostra epoca viene dallo squilibrio originato dalla differenza di ritmo secondo il quale si sono evoluti l’uomo e la macchina: la macchina è andata avanti con grande velocità mentre l’uomo è rimasto indietro. Così l’uomo vive sotto la dipendenza della macchina, mentre dovrebbe essere lui a dominarla.Maria Montessori, Dall’infanzia all’adolescenza Conosci l’autore Mario Valle lavora da oltre trent’anni nei campi più disparati della scienza e dal 2003 è al Centro Svizzero di Calcolo Scientifico (CSCS) di Lugano, a stretto contatto con scienziati e ricercatori, utilizzando quotidianamente supercomputer e tecnologie di punta.Tramite suo figlio, che ha frequentato una scuola Montessori, si è avvicinato a questo mondo e si è appassionato alla concreta scientificità delle idee della Dottoressa Montessori. Ora studia e approfondisce questi temi e condivide le sue riflessioni in pubblicazioni, corsi e presentazioni pubbliche.