Introduzione

di Andrea Canevaro

La fiducia di tre pioniere dell’educazione

Speriamo che questo libro accompagni chi sta accanto, come genitore o in altro ruolo, professionale o volontario, a chi sta crescendo. Accompagni con la libertà intelligente che Maria Montessori, Emmi Pikler ed Elinor Goldschmied hanno avuto, ciascuna a suo modo, nel prendersi cura di chi cresce. Chi cresce ha bisogno di fiducia. Non di una fiducia a buon mercato. Non di una fiducia regalata a priori. Dovrebbe essere una fiducia solida, per garantire che, giorno dopo giorno, chi cresce abbia due “cose” importanti: qualcuno che lo stimi e una base sicura da cui poter partire avendo la certezza di poter tornare ritrovandola. In questo libro si parla di tre Maestre in ambito educativo, di tre modi di ispirare e di trasmettere fiducia. La fiducia, se è ispirata e trasmessa, si moltiplica, cresce. Non vive in solitudine avara. E neppure si ferma. Ha bisogno di muoversi, di circolare, di moltiplicarsi. Abbiamo più fiducia in chi ci dà fiducia. Uno scambio continuo, con un effetto dinamo che alimenta la fiducia.


Maria Montessori, Emmi Pikler ed Elinor Goldschmied hanno, con modalità diverse, ricevuto e dato fiducia. In comune hanno la convinzione che il protagonista della crescita sia chi cresce. Le persone adulte devono favorire chi cresce, evitando che da protagonista della propria crescita si trasformi in soggetto colpito dal virus del protagonismo. Montessori, Pikler e Goldschmied hanno prestato attenzione a chi ha qualche problema. Sanno che il protagonismo può trasformarsi in vittimismo. Il vittimismo è un pericolo. Capita che chi ha bisogno di aiuto e di cure educative particolari si riconosca come una vittima della cattiva sorte, dell’errore di altri, e allo stesso tempo scopra che, in quel ruolo, si possono avere alcuni vantaggi – forse non meravigliosi, ma pur sempre tali: avere gli altri che aiutano, che regalano il loro tempo, le loro attenzioni; e quindi scoprire, vivendo giorno per giorno quasi senza volerlo, forse non dicendolo a se stessi in maniera tale da potersi lamentare come fa ogni vittima, per conservare quel ruolo, nell’accettazione paradossale che lamenta una condizione rinforzando quel ruolo: producendo una economia della quotidianità propria del vittimismo.


Sapendo questo, Montessori, Pikler e Goldschmied non hanno voluto fondare un metodo/feticcio. Un metodo, cioè, in grado di fare miracoli ed esente dalla necessità di successivi aggiustamenti e modifiche, ritenuti un oltraggio dai suoi sostenitori. Le tre studiose ben conoscevano le caratteristiche e le conseguenze di un sistema chiuso. Nella fisica termodinamica, l’entropia è l’indice di degradazione dell’energia di un determinato sistema e le conseguenze del fenomeno sono diverse a seconda del tipo di sistema, se aperto o chiuso. Un sistema costruito sulle specializzazioni, a loro volta basate su metodi di intervento specifici, è chiuso o aperto? Si pensi alla necessità dello specialista di usare una particolare terminologia. Nella teoria dell’informazione, l’ostacolo alla chiarezza di un messaggio destinato a un pubblico vasto aumenta l’entropia e diminuisce il livello stesso dell’informazione sia in termini di quantità che di qualità. Questo libro, di fatto, contribuisce alla realizzazione di un sistema aperto, che agevola il confronto e l’intreccio delle idée, così che possano essere assunte con senso di responsabilità. Il processo contrario del farsi scudo di un nome, usato come metodo/ feticcio.

Montessori, Pikler e Goldschmied hanno operato con metodo. È un’altra cosa. Socrate interrogava chi incontrasse per strada, e non mancava chi lo considerasse un seccatore. Le nostre tre donne hanno interrogato chi cresce. Come si può interrogare chi non è padrone della parola? Entrando in contatto, stabilendo una relazione, osservando. Ognuna di loro ha capito che la relazione con un essere umano che sta crescendo è qualcosa di molto delicato, fragile e pieno di trabocchetti. Hanno dedicato molta attenzione all’organizzazione della materialità quotidiana, spazi, oggetti, utensili... Mediatori. Organizzatori. Come si organizza chi cresce? Chi è adulto deve far crescere o lasciar crescere? Se deve lasciar crescere, che ruolo attivo può avere? Montessori, Pikler e Goldschmied dicono, con un linguaggio del tutto personale, che un ruolo attivo non significa stare addosso. Una relazione appiccicata a chi cresce è impedita e impedisce, non respira, non permette l’osservazione. Rende difficile capire se l’organizzazione materiale della quotidianità è in funzione della coppia, che abbiamo indicato come appiccicata, o rende possibile e auspicabile una dinamica evolutiva anche casuale, imprevista.


La postura di un essere umano è varia. È in relazione con lo spazio, gli arredi, gli altri, i loro atteggiamenti, le loro mimiche, che possono permettere una certa lettura delle loro intenzioni. Montessori, Pikler e Goldschmied fanno attenzione alle posture, cercando, sempre con modalità proprie e originali, di fare in modo che chi cresce esplori assumendo posture varie. E sapendo aspettare – la fiducia – che vi sia la scoperta della postura giusta e originale. Originalità e correttezza possono andare d’accordo. Non è un accordo sempre facile e scontato. La postura o le posture? La pluralità che può sembrare disordine? O lo standard che si presenta ordinato? Le tre pioniere in ambito educativo ci dicono che la pluralità, anche delle posture, attraverso fasi che sembrano disordinate, possono comporre un’armonia piacevole.


Può nascere l’innovazione, anche organizzativa. L’innovazione ha qualcosa di paradossale: è tale se può appoggiarsi su consuetudini e certezze. Bisogna conoscere bene Montessori, Pikler e Goldschmied per poter innovare. Le buone conoscenze accolgono e accettano un’innovazione perché dà loro un senso vivo, una nuova giovinezza. Le consuetudini ringraziano l’innovazione e la aiutano. Chi cresce impara a camminare (consuetudine) con le sue strategie, fatte di tempi e spazi (innovazione) che le persone adulte incoraggiano anche solo con la loro presenza. Le relazioni sono mediate. I mediatori possono variare. Sono relazioni evolutive. Le crescite diventano la crescita se le persone adulte vedono unità nella pluralità. Nel caos evolutivo delle crescite, intravvedono una nuova armonia. Per vederla devono vivere il caos, che può spaventare, stancare, far reagire. Le saggezze di Montessori, Pikler e Goldschmied, nella loro originalità, rassicurano disponendo con ordine chi ambiente, arredi, materiali; chi tempi, spazi, oggetti; chi incastri e chi gomitoli… Un ordine rassicurante che permette di supportare senza soffrire le possibilità di crescite plurali evolutive anche casuali e quindi caotiche. È un ordine che permette, grazie alla fiducia, di prendere sentieri nuovi e poco battuti.


In ciascuna delle tre prospettive proposte vi è una grande attenzione ai dettagli. Ancora una volta: ognuna con una sua modalità. Ogni dettaglio è importante per andare oltre. È un pit stop1. Chi cresce può, nel dettaglio, trovare il punto d’appoggio per andare oltre. Fa la gara con sé stesso o sé stessa. Per andare avanti, a suo modo. Imitando e adattando. L’adattamento può allontanare dal modello che viene imitato. Può diventare una scoperta interessante o una perdita di orientamento. Se la persona adulta che ha cura di chi cresce non ha la distanza giusta non si accorge se sarà una scoperta o una perdita di orientamento. Non potrà saperlo perché interverrà prima, ritenendo doveroso il suo intervento correttivo verso quello che ritiene essere conforme al giusto. Impedendo l’errore fecondo, che può alimentare la creatività dell’essere umano. Montessori, Pikler e Goldschmied non propongono la crescita come un conformarsi a un dato precostituito stabilmente. Insistiamo: la crescita è una realizzazione continuamente in fieri. Chi educa dovrebbe avere la curiosità che interroga su come andrà avanti.

L’intelligenza è un dato innato? Chi educa può cambiare qualcosa? Dipende dall’ambiente famigliare e dai primi anni di vita? Quando un bambino o una bambina arriva in un gruppo educativo, tutto è già deciso? Per quanto un bambino o una bambina progredisca, la sua intelligenza è sempre la stessa? L’educazione cambia la natura? L’intelligenza è un dono di natura e non si cambia? La ricerca dell’autonomia è indispensabile per poter crescere realmente? Assumersi le proprie responsabilità ed essere protagonisti della propria vita, rende adulti ognuno di noi? È importante non cercare di vivere al posto dell’altro, non sostituirsi all’altro pensando e credendo di aiutarlo? Come? Montessori, Pikler e Goldschmied hanno dato risposte del tutto nuove e personali nelle loro proposte a queste e ad altre domande.

Nelle loro risposte il tempo ha un ruolo importante. L’ordinamento scolastico dell’immaginario diffuso, esteso all’educazione tutta, scandisce i tempi dell’educazione e dell’apprendimento, e chi non sta nella cadenza prevista è considerato in ritardo. Ritardato. Queste tre personalità propongono un’educazione formale in cui le cadenze, e le scadenze, ci sono ma non vengono utilizzate per escludere, ma per aspettare fiduciosamente e operosamente che ciascuno cresca con il suo ritmo. Il tempo giusto non è un a priori; è quello di ciascun essere umano che cresce, che vive. Per altri esseri viventi non è così, e chi non sviluppa le proprie capacità nei tempi previsti viene abbandonato alla sua sorte. Per tutte e tre il rispetto dei tempi individuali è tempo di attesa, paziente e insieme esigente. Esige che chi cresce esplori le diverse possibilità di crescere. Scelga quella in cui avventurarsi. Abiti il proprio progetto e lo viva accanto a persone adulte che possono apprezzare tutto ciò.


Il dialogo educativo non può essere fatto senza un incontro incorporato. Raimon Panikkar, che è stato un grande teologo e studioso delle culture, ha scritto che non esiste cultura, ideologia o religione che possa, oggi, non diciamo risolvere i problemi dell’umanità, ma parlare per il suo insieme, è necessario – dice Panikkar – che intervengano il dialogo e gli scambi umani che portino a una mutua fecondità. È la cooperazione. Cooperiamo perché ci sentiamo, siamo, imperfetti. Rita Levi Montalcini scrisse Elogio dell’imperfezione2. Gli ambienti in cui svolgiamo le nostre attività sono imperfetti se non vengono ripensati in rapporto con l’originalità di chi vi svolge un’attività, vi vive un pezzetto della sua vita. Che non è, lo ripetiamo, un a priori standardizzato. L’intreccio fra cooperazione e strutture deve tener conto dell’altro con la sua originalità e i tratti che abbiamo in comune. Si arriva all’appartenenza. Ci orientiamo meglio se sentiamo di appartenere, con la nostra originalità, a una storia comune.


Un’orchestra è composta da musicisti che suonano strumenti diversi. Non potremmo immaginare certe musiche suonate da un’orchestra composta da musicisti che suonano tutti lo stesso strumento. L’apprezzamento, la valutazione, è in rapporto significativo con la realizzazione di armonia. La materialità delle proposte di queste Maestre crea vincoli di appartenenza comunicati prima e più che dalle voci adulte dagli spazi, dagli arredi, dagli oggetti. È una materialità, anzi: sono tre materialità che personalizzano. Il contrario della materialità dei campi di sterminio (non luoghi infernali), che diceva a chi ne era prigioniera o prigioniero che era solo un numero, senza storia e senza altro spazio se non quello del campo. Montessori, Pikler e Goldschmied, che in modi diversi hanno comunque avuto a che fare con le vittime di guerre e stermini, propongono una materialità che dice qualcosa di personale a ciascuno. Comunica un senso di appartenenza che accoglie le diverse storie ed è aperto ai diversi futuri. E ha i suoi vincoli. Ciascuno di noi sente, più o meno fortemente, un proprio senso di appartenenza. A una famiglia? A un luogo? A un gruppo? A una categoria? Il senso di appartenenza può essere collegato al senso di sicurezza. Quando vivo l’appartenenza, mi sento capito e quindi sicuro.


C’è un rischio: un’appartenenza esclusiva. L’appartenenza a un gruppo esclusivo è una prigione, al massimo dorata. Ma anche i muri più impenetrabili permettono qualche passaggio e qualche contatto. E ci sono persone che, senza neanche saperlo, permettono e favoriscono il passaggio o i contatti. È il passeur, che in italiano possiamo tradurre con traghettatore. Chi educa dovrebbe essere traghettatore.


A volte siamo convinti che la nostra sicurezza sia garantita dalla certezza della chiusura di quello che riteniamo essere il nostro gruppo di appartenenza, magari in nome di una persona illustre e autorevole. Viviamo una situazione delicata e paradossale. Siamo convinti che la prigione, il gruppo chiuso, sia la nostra sicurezza. Ma è una sicurezza molto fragile, delicata. Deve sempre difendersi dalla realtà, che è cambiamento, evoluzione. L’invalidità stessa non è immobilità.


Ognuno di noi vive in un microsistema che può esistere se ha varchi che permettono i rifornimenti e la sua vita. Ogni microsistema appartiene a un sistema più ampio. Una canzone di Giorgio Gaber si conclude così:


L’appartenenza

è un’esigenza che si avverte a poco a poco

si fa più forte alla presenza di un nemico, di un obiettivo o di uno scopo […]

Sarei certo di cambiare la mia vita se potessi cominciare a dire noi.


L’appartenenza è un bisogno di ogni essere umano. Rendere più forte il senso di appartenenza avendo bisogno di un nemico può indurre desiderare di essere vittima. Cosa c’è di meglio che sentirsi perseguitati a causa della fedeltà a una proposta educativa? Montessori, Pikler e Goldschmied, ciascuna a modo proprio, propongono appartenenze con vincoli per crescere in libertà.

Tre sguardi sul bambino
Tre sguardi sul bambino
Grazia Honegger Fresco, Emanuela Cocever, Barbara Ongari
Viaggio alla scoperta di Maria Montessori, Emmi Pikler ed Elinor Goldschmied.Le prospettive educative di tre grandi pioniere dell’educazione che hanno posto in evidenza il ruolo centrale di ogni bambino nella realizzazione del proprio percorso di crescita. Tre sguardi sul bambino, scritto a sei mani dalle autrici Grazia Honegger Fresco, Emanuela Cocever e Barbara Ongari, intende tracciare sinteticamente la vita e le opere di Maria Montessori, Emmi Pikler ed Elinor Goldschmied, tre grandi pioniere dell’educazione, che hanno posto in evidenza il ruolo centrale di ogni bambino nella realizzazione del proprio percorso di crescita. Le prospettive personali con cui ciascuna propone i fondamenti dell’azione educativa (quali l’osservazione, la qualità dei materiali, le modalità dell’intervento adulto) ne mettono in luce l’importanza e l’attualità anche nella pratica professionale degli educatori e degli insegnanti di oggi. Il nostro compito è quello di dare aiuto quando viene richiesto. Se stiamo attenti a non interferire con le attività del bambino e con i suoi interessi, a meno che non diventino pericolosi, sarà la natura a occuparsi del suo sviluppo.Maria Montessori L’essenziale è che il bambino scopra le cose il più possibile da solo. Se lo aiutiamo a trovare la soluzione a tutti i problemi, lo priviamo di qualcosa di essenziale al suo sviluppo. Un bambino che raggiunge qualcosa attraverso la propria esperienza, acquisisce un sapere di qualità superiore a quella che raggiungerebbe se qualcuno gli offrisse la soluzione.Emmi Pikler Gli adulti spesso pensano che, se non intervengono direttamente nel gioco, sono privati di un ruolo; non si rendono conto che è solo la loro presenza a dare fiducia ai bambini mentre giocano e imparano. Elinor Goldschmied Conosci l’autore Grazia Honegger Fresco (Roma, 6 Gennaio 1929 - Castellanza, 30 Settembre 2020), allieva di Maria Montessori, ha sperimentato a lungo la forza innovativa delle sue proposte nelle maternità, nei nidi, nelle Case dei Bambini e nelle Scuole elementari. Sulla base delle esperienze realizzate con i bambini e i loro genitori, ha dedicato molte delle sue energie alla formazione degli educatori in Italia e all'estero.È stata presidente del Centro Nascita Montessori di Roma dal 1981 al 2003 e ne è stata Presidente onorario. È stata consulente pedagogica di AMITE (Associazioni Montessori Italia Europa) e nel 2008 ha ricevuto il premio UNICEF-dalla parte dei bambini.Ha pubblicato numerosi testi di carattere divulgativo. Emanuela Cocever, già ricercatrice del Dipartimento di Scienze dell’educazione di Bologna, svolge attività di ricerca e formazione nell’ambito dell’Educazione Attiva e della Pedagogia Istituzionale. Con il gruppo interdisciplinare Centotrecentoscritture, si occupa di scrittura ed elaborazione dell’esperienza lavorativa nelle professioni di cura. Barbara Ongari, psicoterapeuta infantile, specialista dell’età evolutiva, svolge attività clinica a favore di bambini e famiglie e di formazione per gli operatori socio-sanitari ed educativi.