CAPITOLO 1

A come ANIMA

Per molte decadi il bambino mi ha rivelato qualcosa che è nascosto nelle profondità della sua anima. Ma quale mancanza di comprensione, quanti malintesi ho trovato in tanti paesi, perché la gente pensava che io parlassi di un metodo pedagogico, mentre io parlavo di una rivelazione che mi è stata data dall’anima. Qui tra voi però sento di essere compresa fino in fondo, perché per entrare nell’anima, nello spirito, occorre avere uno spirito e un’anima desti.1


Bisogna imparare a capire il linguaggio dell’anima che si sveglia in loro [i bambini], se vogliamo comprendere i loro bisogni profondi.2

Anima, dal greco ànemos, vuol dire ‘soffio’, ‘vento’. Ecco cos’è l’anima: un refolo di vento, un soffio leggero, un’energia impalpabile, intangibile, non misurabile eppure tremendamente reale, che senza di lei vita non c’è…


L’anima può solo rivelarsi, cioè apparire quando si toglie il velo che la oscura; quando, come la Bella addormentata, la si desta dal lungo sonno secolare. E allora ecco che parla, o meglio sussurra, piano. Ci vuole orecchio attento per udire il suo bisbiglio. Occorre far silenzio. Ed entrare dentro, nelle profondità del proprio essere, in quel luogo al di là di tutti i luoghi, in quello spazio al di là di tutti gli spazi: è lì che l’anima ci porta. Forte l’anelito, come grido senza fine, come canto ininterrotto: è il richiamo del ritorno a Casa. Quando sei lì sei salvo, sembra dirci, sussurrando appena. In quel cerchio sacro non c’è nessuno che può entrare, non frecce d’uomo, non fulmini di dei. Non guerra, non tuono, non invasione alcuna. Quando sei lì sei salvo, al sicuro, protetto.


Non facile arrivarci però, lungo è il cammino per raggiungere quel luogo che sta al di là di tutti i luoghi, quello spazio che sta al di là di ogni spazio, così lontano eppur così vicino.


Perché non è uno spazio-fuori, è uno spazio-dentro, a volte da conquistarsi con fatica, con lacrime e sudore, stille di sangue e cicatrici e pene. È uno spazio sommerso da cumuli e rovine, da pietre aguzze ammonticchiate nel tempo, da spine e rovi, ruggine e muffe.


Ma quando a uno a uno togli i detriti, quando sollevi il fango e butti via i rifiuti, ecco che emerge, limpido e pulito, il cerchio sacro, come sorgente di acqua cristallina. Quando lo trovi è gioia grande. E allora, timido, ecco il sorriso. Ora è lì, è lì per te, per sempre.


E allora ti accorgi che è questo che sei: non un mucchietto di pelle, muscoli e ossa o un’accozzaglia di organi e apparati, ma semplicemente un soffio di vento che arriva, passa e se ne va…

La vera minaccia che incombe sull’umanità di oggi non è la guerra, è questa disperata aridità, questo arresto di sviluppo. Il vero pericolo dell’umanità è il vuoto delle anime: tutto il resto non ne è che una conseguenza.3

Quando l’anima è dimenticata, messa a tacere, imbavagliata, narcotizzata, ecco che nasce il deserto: nulla più cresce, tutto si arresta, si secca, inaridisce. Quando l’anima è incatenata, svanisce la vita. Se il soffio si spegne, si spegne il fuoco, si perde il calore.


E allora l’esistenza diventa una serie interminabile di giorni tutti uguali, di gesti meccanici, di incontri virtuali. Se si perde l’anima si perde il cuore. Ecco il vero pericolo, il più grande.


Allora la famiglia diventa prigione, la scuola fabbrica, il lavoro catena di montaggio.


Se si perde l’anima si perde il bambino, quello fuori e quello dentro di noi. Perché lui non può vivere senza quel soffio, senza quel battito, quel palpito così tremendamente umano.


Non potete incontrarlo se gli tappate la bocca per non sentirne il pianto, se lo costringete a stare fermo e zitto, seduto in un banco per ore e ore. Se gli offrite un cellulare invece del vostro tempo e del vostro ascolto. Se lo sgridate e lo punite perché risponde a ciò che la sua anima gli detta dentro, anziché alle regole di una società frenetica e malata, che ha perso senso e direzione. Non potete incontrarlo nella freddezza di un’aula disadorna, nelle urla adulte, sfogo di rabbie sepolte e mai sopite, non potete incontrarlo nei gesti vuoti e frettolosi, nelle parole profanate, cocci di vetro gettati al vento…


Non potete incontrarlo perché lui non è lì, ma altrove. Lui è là dove soffia il vento, dove brilla il sole, dove l’uccello canta al di là del vetro, al di là del muro, lui è là dove mugghia il mare… La sua anima galoppa nelle verdi praterie del cielo e della terra insieme. Per indicarci la strada, per ricordarci che c’è altro, sì c’è ben altro che ci aspetta…


Lui è lì, per accendere una luce nel buio della notte, per portarci un po’ di acqua fresca nell’aridità del torrido deserto. Per riempire il vuoto, il vuoto delle anime, un vuoto senza fine.


Ecco perché alla madre è richiesta molta pazienza e molto amore: ella “deve nutrire contemporaneamente il corpo e l’anima del suo bambino ma l’anima deve avere la precedenza sul corpo”4.

La sua anima che è pura e molto sensibile richiede la nostra cura più attenta e delicata. Non dobbiamo solo preoccuparci del suo corpo, così piccolo e fragile. Non dobbiamo solo pensare a nutrirlo, lavarlo e vestirlo con grande cura. ... Il più umano di tutti i bisogni del bambino è negletto: le esigenze del suo spirito, della sua anima.5

Chi è questo bambino che ci sta dinnanzi? Da dove viene? E dove va?

Questo frugoletto inerme nelle nostre braccia, l’abbiamo mai guardato in profondità?


Se solo sapessimo perderci nei suoi occhi che sanno d’infinito, se solo sapessimo osservarlo con stupore e meraviglia, con gratitudine e umiltà, allora capiremmo che non gli basta il pannolino pulito e il pasto pronto, il sonaglino, il passeggino tecnologico o il vestitino ultima moda. Lui vuole altro. Lui ha bisogno di cieli azzurri e prati verdi dove correre a più non posso e far capriole, ha bisogno di pozzanghere in cui tuffare i piedi fino a schizzarsi tutto, ha bisogno di risate, quelle senza motivo che fanno lacrimare gli occhi, ha bisogno di aria fresca, di vento e nuvole, di sole e pioggia, del canto degli uccelli. Ha bisogno di parole e di silenzio, di parole piene di silenzio e di silenzio pieno di parole.


Ha bisogno di sguardi di dolcezza.


Ha bisogno di un mondo morbido, senza spigoli e brutture, dove nutrirsi di bellezza. Di uno spazio caldo e accogliente per sentirsi a casa. Di un abbraccio che lo avvolga stretto come una coperta.


Ha bisogno di poter scegliere ciò che gli detta il cuore. Di esercitare le sue piccole mani per scoprire come funzionano le cose. Ha bisogno di fare da sé per imparare. Ha bisogno di sentirsi accolto, compreso, amato, di sentirsi visto, riconosciuto in ciò che è: un essere unico e speciale!


Ecco, è di tutto questo che ha fame l’anima di un bambino quando viene al mondo. Perché non di solo latte cresce il cucciolo dell’uomo… Lui che arriva dalle stelle, ha sete di Luce, Amore, Pace e Armonia. Sapremo offrirgli ciò che chiede?


“Ciò che accade nell’infanzia rimane stampato nell’anima umana.”6 L’anima è come una tela invisibile, o meglio, un drappo di seta. Se viene ferita vi rimangono buchi e strappi, a volte terribilmente profondi. Non è facile ricucire questi tagli: vanno prima riconosciuti, disinfettati e solo dopo si può passare a unire i lembi aperti e sanguinanti con il filo di sutura. Ma spesso ci vuole l’abilità di un chirurgo per poterlo fare.


Su questa tela dell’anima, proprio come sullo schermo del cinema, rimangono impresse memorie antiche, che risalgono non solo alla nostra infanzia ma anche alla nostra vita prenatale, o ancora più indietro, alla storia della nostra famiglia e delle generazioni che ci hanno preceduto. Lo diceva già Maria: “Noi dimentichiamo con la memoria conscia, ma le impressioni incise nella mneme7 rimangono, come tratti caratteristici dell’individuo”8.

È come se questi ricordi si stampassero dentro di noi, in ogni cellula del nostro corpo, che è per l’appunto animata, cioè pervasa dall’anima. E sono proprio questi ricordi che ci fanno ammalare: di quando in quando, allorché siamo pronti ad affrontarli, emergono dalla profondità dell’inconscio e risalgono in superficie come antichi mostri marini. Sì, noi siamo ammalati di ricordi! Le memorie che ci abitano ci tormentano e ci tolgono il sonno, ci fanno dolere le ossa, rivoltare i visceri, contrarre le membra e fanno impazzire la mente. E più antichi sono i ricordi, più grande e profondo è il dolore: i traumi vissuti dall’embrione e dal feto sono in assoluto i più devastanti. Pionieristiche, anche a questo proposito, le parole di Maria: “I difetti di carattere dovuti a difficoltà sorte dopo la nascita sono meno gravi di quelli provocati nel periodo della gestazione, e questi a loro volta sono meno gravi di quelli che risalgono al concepimento. ... I disturbi fisici e mentali dovuti al trauma della nascita, o a qualche causa ancora precedente sono difficilissimi da correggere”9 perché risalgono a una fase preverbale. Rimangono sepolti a volte per una vita intera, perché nessuno li ha visti e riconosciuti, nessuno li ha onorati e ha eretto simbolicamente una statua ai piccoli militi ignoti che portano sulle loro spalle fardelli più grandi di loro. Nessuno ha saputo trovare un rimedio per sanare ciò che è andato storto, cioè nel verso sbagliato. E i buchi rimangono e le ferite, cronicizzate e infettate, continuano a dolere.


Ma sulla tela dell’anima rimangono impresse anche le belle memorie: proprio come le scene di un film in cui si alternano i momenti tristi a quelli gioiosi e le lacrime lasciano poi posto al sorriso.


Perché la vita è fatta di opposti, di nero e di bianco e di tutte le mille sfumature che ci stanno in mezzo.


Sul drappo di seta della nostra anima è scritta, con tratto sottile e inchiostro invisibile, la nostra storia, o perlomeno qualche capitolo del nostro lungo romanzo. Se impariamo a leggerla, potremo forse trovare i “rimedi placentari”, cioè quelli che possono collegarci alla nostra Origine e, in virtù di questa capacità, chiudere i buchi rimasti aperti e curare le ferite ancora sanguinanti. Sono rimedi antichi come il mondo: il loro nome è calore, accoglienza, gentilezza, delicatezza, contatto, scambio, condivisione, amore.


Andiamo alla ricerca dunque di “atteggiamenti educativi e modalità di rapporto che scaldano l’anima”10 se vogliamo incominciare a curare il mondo: quello dentro di noi, in primis, e poi, per riflesso, anche quello che ci sta attorno.

Alfabeto Montessori
Alfabeto Montessori
Elena Balsamo
Le parole che possono cambiare il mondo.Dialogo a due voci e riflessioni per comprendere gli aspetti più importanti, innovativi e meno conosciuti del pensiero e della visione di Maria Montessori. Un dialogo a due voci, in cui il registro poetico di Elena Balsamo si alterna a quello più tecnico-pedagogico di Maria Montessori.Alfabeto Montessori è un libro di riflessioni, quasi “meditazioni quotidiane”, per comprendere gli aspetti più importanti, innovativi e meno conosciuti del pensiero e della visione di Maria Montessori, ma soprattutto per riuscire a stabilire con lei quel contatto spirituale che era solita realizzare con il bambino e il suo auditorio. I genitori non sono i costruttori del bambino, ma i suoi custodi. Essi devono proteggerlo e curarlo in un senso profondo, come chi assume una missione sacra.Maria Montessori, Il segreto dell’infanzia L’ebook di questo libro è certificato dalla Fondazione Libri Italiani Accessibili (LIA) come accessibili da parte di persone cieche e ipovedenti. Conosci l’autore Elena Balsamo, specialista in puericultura, si occupa di pratiche di maternage e lavora a sostegno della coppia madre-bambino nei periodi della gravidanza, del parto e dell'allattamento.Esperta di pedagogia Montessori, svolge attività di formazione per genitori e operatori in ambito educativo e sanitario.