CAPITOLO 30

R come RISPETTO

Il rispetto della libertà del bambino consiste nell’aiutarlo nei suoi sforzi per crescere.1

Rispetto è una parola bellissima, viene dal latino respicere che vuol dire ‘guardare due volte’. Ecco come andrebbero guardati i bambini: con uno sguardo attento, profondo, colmo di interesse, uno sguardo di apprezzamento, che sa cogliere ciò che non si vede in superficie, che sa vedere dentro al bambino, che sa cogliere i moti più reconditi della sua anima.

Diceva il grande poeta Gibran: “La realtà dell’altra persona non è in ciò che ti rivela, ma in ciò che non può rivelarti. Perciò, se vuoi capirla, non ascoltare ciò che dice ma ciò che non dice”2. Che sagge parole!


I bambini piccoli non sono nemmeno in grado di parlare: lo fanno attraverso il linguaggio del corpo che bisogna imparare a osservare e decifrare. È un’arte difficile quella di decodificare i messaggi che ci giungono dai bambini, specialmente dai neonati che ci parlano attraverso i gesti, il pianto, il sorriso e lo sguardo. Ci parlano della loro nascita, dei loro traumi, del loro viaggio per venire al mondo. In gergo tecnico si chiama “baby body language” e chi lo sa leggere e interpretare può scoprire segreti ad altri sconosciuti.


Rispettare un bambino quindi significa innanzitutto guardarlo, per chi è e non per chi si vorrebbe che fosse. Significa ascoltarlo quando ci chiede la nostra attenzione e ascoltarlo col cuore, non solo con le orecchie. Significa avvicinarci a lui con delicatezza, senza invaderlo, chiedendo prima il permesso. Significa avere la pazienza di aspettare quando non è ancora pronto per un contatto, aspettare che sia lui a cercare noi.


Significa non sommergerlo di moine e baci non richiesti o di aggredirlo con gesti bruschi quando ha appena fatto il suo ingresso nel mondo. Significa non tenerlo stretto per visitarlo quando è ammalato o ancora peggio sottoporlo a manovre gratuite e a volte invasive o violente di cui poi porterà il ricordo impresso come un marchio nel suo piccolo corpo.


Significa rispettare la sua libertà, i suoi confini, e aiutarlo nella sua fatica di crescere senza fare pressioni, ma semplicemente stando accanto a lui: “Se hai bisogno, io ci sono”.

Ecco è questo che ci chiede il bambino.


“Se l’amore verso un altro essere non è congiunto al desiderio di riconoscerlo, cioè di comprenderlo e di trovare proprio da questa comprensione le giuste forme di rapporto, allora manca qualcosa di essenziale in questo amore, allora esso è bloccato alla radice”3, scrive l’antroposofo Köhler e sono parole che Maria avrebbe sicuramente sottoscritto.


Rispettare un bambino significa anche e soprattutto rispettare i suoi tempi, che non sono i nostri, ma solo i suoi, unici e speciali, diversi da quelli di ogni altro.

In questa nostra società dai ritmi frenetici e schizzati, in cui sembrano contare solo la produttività e il rendimento, si fa fatica ad accogliere i tempi lenti del bambino, che sono quelli della natura, delle stagioni, della terra.


Non si ha più nemmeno il tempo di aspettare alla nascita che il cordone ombelicale smetta di pulsare prima di reciderlo, o, ancora meglio, che si stacchi da solo quando il momento è giunto. Nonostante siano provati i benefici di questa pratica semplicissima, chiamata Lotus birth (che consiste nel lasciare attaccata la placenta al neonato finché il cordone non si secca), ancora non se ne è compreso il significato profondissimo che è quello, a mio avviso, di una vera e propria iniziazione al trauma della separazione.


Ogni distacco deve avvenire al momento giusto, quando si è in grado di effettuarlo, altrimenti reca una sofferenza troppo grande da gestire, che può lasciare buchi e ferite difficili poi da ricucire. La placenta in questo senso è il primo amore del bambino, il suo fedele compagno di viaggio nell’avventura più straordinaria e ardua di ogni vita che è il venire al mondo: non è facile lasciarlo andare e si può farlo solo quando si è pronti a salutarlo… Allora sì che la separazione può avvenire in modo naturale, con la consapevolezza di aver lasciato un piccolo amore per trovarne uno ancora più grande.


Allo stesso modo, c’è ancora chi non rispetta i tempi del neonato e lo allatta ogni tre ore secondo una tabella prestabilita o lo svezza a quattro mesi, sebbene l’OMS abbia da tempo raccomandato di aspettare i sei mesi per farlo, in quanto a quell’età l’organismo del bambino non è ancora pronto per il cibo solido.


A livello educativo e scolastico sembra poi che il motto sia “sempre di più e sempre prima”: i tempi di apprendimento vengono accelerati ulteriormente ogni giorno, si bruciano le tappe, si spinge alla competitività in una frenetica quanto assurda corsa “verso cosa?”, c’è da chiedersi…


In un mondo in cui non c’è più tempo per le relazioni umane, per scambiare quattro chiacchiere in compagnia, magari davanti a una fumante tazza di tè, ma dove tutto diventa sempre più virtuale, anche il bambino viene catapultato davanti agli schermi fin da piccolissimo. Sono rimasta inorridita nel sentire che vendono (e i genitori acquistano!) apposite tasche da attaccare ai passeggini in cui posizionare il tablet, così da intrattenere bambini di pochi mesi! Siamo veramente arrivati alla follia…


Urge più che mai una presa di coscienza e una vera rivoluzione di atteggiamenti e comportamenti, prima che sia troppo tardi. Bisogna ricominciare partendo dal bambino: è proprio lui che può indicarci la strada verso una ri-umanizzazione della vita. Ma occorre guardarlo con rispetto, cioè in profondità, per poter cogliere i suoi suggerimenti e scoprire la sua saggezza, antica come il mondo.

Alfabeto Montessori
Alfabeto Montessori
Elena Balsamo
Le parole che possono cambiare il mondo.Dialogo a due voci e riflessioni per comprendere gli aspetti più importanti, innovativi e meno conosciuti del pensiero e della visione di Maria Montessori. Un dialogo a due voci, in cui il registro poetico di Elena Balsamo si alterna a quello più tecnico-pedagogico di Maria Montessori.Alfabeto Montessori è un libro di riflessioni, quasi “meditazioni quotidiane”, per comprendere gli aspetti più importanti, innovativi e meno conosciuti del pensiero e della visione di Maria Montessori, ma soprattutto per riuscire a stabilire con lei quel contatto spirituale che era solita realizzare con il bambino e il suo auditorio. I genitori non sono i costruttori del bambino, ma i suoi custodi. Essi devono proteggerlo e curarlo in un senso profondo, come chi assume una missione sacra.Maria Montessori, Il segreto dell’infanzia L’ebook di questo libro è certificato dalla Fondazione Libri Italiani Accessibili (LIA) come accessibili da parte di persone cieche e ipovedenti. Conosci l’autore Elena Balsamo, specialista in puericultura, si occupa di pratiche di maternage e lavora a sostegno della coppia madre-bambino nei periodi della gravidanza, del parto e dell'allattamento.Esperta di pedagogia Montessori, svolge attività di formazione per genitori e operatori in ambito educativo e sanitario.