I no ragionevoli sono salutari
Il senso del limite è di grande aiuto alla formazione della personalità. Ci sono fasi, anche nel primo anno di vita, in cui tutto diventa NO. È irritato per qualcosa? Ci provoca? Se entriamo nel suo gioco inconsapevole, rischiamo di perdere e di venir tiranneggiati da questo piccolissimo personaggio. Quando rifiuta un cibo, pur mostrandosi affamato, provate a dargliene un altro del tutto diverso. Se rifiuta anche questo, portate via il piatto, con gesto deciso, ma non rabbioso (“Va bene, mangerai più tardi”) e non dategli altro, non una terza o quarta proposta, come molti fanno, stimolando il gioco del “No contraddittorio”. È meglio che salti un pasto (non succede nulla per qualche volta, vista anche l’ipernutrizione cui è spesso sottoposto un bambino), ma che intuisca che è l’adulto a dare le regole.
Evitiamo però il muro contro muro. Al pasto seguente gli prepareremo qualcosa che di sicuro mangerà volentieri, mentre con il cibo respinto riproveremo vari giorni dopo. Cerchiamo ogni volta di decifrare i veri motivi del suo rifiuto, senza usare troppe parole, prediche, raccomandazioni, espressioni di ricatto.
Gli adulti (genitori, nonni, tate) ne inventano di tutti i colori:
“Se non mangi tutto, non potrai fare X o Y”
“Devi finirlo tutto, devi mangiarlo”
“Mangia tutto per mamma tua!”
C’è chi forza fino alla nausea (se lo facessero a noi?), arrivando a provocare il vomito, cosa che spaventa moltissimo il piccolo. Ci sono bambini di 4-5 anni che arrivano a vomitare spesso, con precisa decisione, per raggiungere un determinato scopo.
Ai primi no gli adulti arrivano a comportamenti assurdi.
Una madre con tre bambini ogni giorno prepara per ognuno di loro, oltre che per sé e per il marito, quattro piatti differenti. “Devo accontentarli tutti” sostiene con un certo imbarazzo.
Si notano comportamenti ribelli anche molto precoci perché gli adulti cedono, pur di non sentirli gridare.
In un negozio due gemelli di 16 mesi fanno scenate con urli e pianti per avere ognuno il triciclo, il padre non vuole e non dà retta alle loro proteste; la madre il giorno dopo, quando il marito è al lavoro, va nel negozio e glieli compra, anche se loro nemmeno li chiedevano più.
In un’altra famiglia, dove entrambi i genitori sono assenti tutto il giorno per lavoro, le figlie di 2 e 4 anni sono affidate ai nonni che cedono su tutto. La colazione del mattino si fa con la nonna al bar, dove le bambine con strepiti inesauribili ottengono pizzette e pasticcini. Lei ogni volta le accontenta, finché arriva una “tata” che, senza timore alcuno, dice no e lo strepito quotidiano finisce di colpo.
Il comportamento contraddittorio è molto frequente nelle famiglie: la cioccolata è no dai genitori, sì dai nonni; il padre dice: “Se hai sete, basta l’acqua, che è sempre la migliore”, la madre, quando lui è assente, dà bevande colorate molto dolci; la nonna esige che si mangi a tavola e la piccola (18 mesi) obbedisce senza problemi, la madre la insegue per tutta casa, piatto e cucchiaino in mano, “purché mangi qualcosa”; la madre non vuole che si mangi con la TV accesa (“Per poter parlare e guardarsi in faccia”, dice), dai nonni materni si fa il contrario, dalla nonna paterna il tavolo si riempie di pupazzetti con varie storielle (“Così si distrae e posso imboccarlo senza che nemmeno se ne accorga”). In realtà la distrazione, di frequente usata dagli adulti per indurre un piccolo a fare ciò che per loro è più comodo o meno conflittuale, è il peggiore degli interventi.
Si usa anche la paura: “Se non mangi tutto, arriva la tata Camilla che ti porta via tutti i giochi”. Il personaggio evocato è inesistente, ma il piccolo ne ha paura e divora in fretta ogni cosa.
Occorrono altri commenti? L’ordine dei primissimi mesi può continuare trasformandosi via via che il bambino cresce. Si altera se gli adulti perdono la volontà di mantenere abitudini regolari, comunicazioni coerenti e insieme la calma. Quanti piccoli a casa inventano proteste d’ogni genere, mentre al Nido (senza alcun intervento speciale da parte degli adulti) mangiano tutto? Succede anche che nel posto, nuovo per loro, provino a fare “come a casa”, ma smettono rapidamente di fronte alla tranquilla fermezza dell’educatrice e alla presenza dei coetanei.
“Grazie a domande come ‘Vuoi andare al mare o in montagna?’, ‘Vuoi la pasta o il riso?’, hanno la possibilità di ribaltare la situazione, di ‘possedere il telecomando’ e di poter sintonizzare il genitore sul programma desiderato: avere un adulto che soddisfa i loro desideri. Allora invece di domandare: ‘Vuoi la pasta o il riso?’, potremmo optare: ‘Oggi c’è il riso. Volevi la pasta? Hai ragione, la pasta è proprio buona! La prepareremo insieme domani’20.