prima parte

Modi per coinvolgere il bambino

Offrire scelte appropriate all’età
Possiamo offrire scelte che incoraggino la cooperazione. Non grosse decisioni del tipo dove andare a scuola, ma scelte appropriate all’età come quale colore di maglietta si vorrebbe indossare (fra due opzioni appropriate alla stagione); oppure mentre ci dirigiamo in bagno potremmo offrire al bambino l’opzione di saltare come un canguro o camminare a quattro zampe e di lato come un granchio.

Questo dà al bambino un senso di controllo sulla situazione e lo coinvolge nel processo.
Informare
Anziché dare comandi (“Metti le bucce dell’arancia nel secchio, per favore!”), possiamo fornire informazioni: “Le bucce dell’arancia vanno in quel secchio!”; dopodiché, possono immaginare da soli che devono buttarle nel secchio. Diventa una cosa che scelgono di fare, invece di un ordine impartito dall’adulto.

Usare una sola parola
Talvolta usiamo troppe parole per dare istruzioni ai nostri figli. “Andiamo al parco, dobbiamo metterci le scarpe. Le scarpe ci proteggono i piedi, è un bene indossarle.
Dove sono le tue? Te le sei già messe?”, e così via.

Cercate di usare una sola parola, “Scarpe”. Di nuovo, il bambino dovrà immaginare da solo cosa è necessario fare, ed eserciterà un certo controllo sulla situazione.

Siamo anche d’esempio per una comunicazione rispettosa, e il bambino l’assorbirà.
Un giorno la mia famiglia stava uscendo e ci stavamo tutti mettendo cappotti e scarpe di fronte alla porta (un angolino molto stretto). Mio figlio (che all’epoca aveva circa 7 anni) mi dice: “Mamma, lacci!”; guardo giù e vedo che in effetti stavo con i piedi sopra i suoi lacci. Avrebbe potuto alzare gli occhi e dire: “Maaaaammaaaa, devi per forza stare sopra i miei lacci?”. O peggio.

È un altro modo per ricordarci che ciò che facciamo gli parla a voce più alta di ciò che diciamo.

Ottenere l’accordo del bambino
Coinvolgere il bambino e farlo sentire parte del processo aiuterà a garantire la sua collaborazione. Se sappiamo che nostro figlio ha problemi quando è il momento di uscire di casa o di lasciare il parco giochi, possiamo informarlo cinque minuti prima, controllare poi per verificare che abbia sentito e stabilire un programma insieme.
Magari non avrà ben capito quanto durano cinque minuti, ma col tempo imparerà.

Potremmo dire: “Vedo che stai lavorando a questo puzzle e noi dobbiamo uscire fra cinque minuti; temo che tu non abbia il tempo di finirlo, vuoi metterlo da qualche parte al sicuro per continuare a farlo appena torniamo oppure vuoi riporlo per finirlo un’altra volta?”.

Al parco, invece, potremmo dire: “Abbiamo cinque minuti prima di andare via, su quale gioco vorresti andare un’ultima volta?”.

Non amo usare le sveglie per ricordare al bambino di fare qualcosa (se molto usate possono diventare motivatori estrinseci). Tuttavia, se usate di tanto in tanto possono essere un modo efficace per ottenere l’accordo del bambino, soprattutto se viene coinvolto nel regolare l’ora dell’allarme e, proprio come con le liste, è la sveglia che dice al bambino che è ora, non noi!

COME PARLARE PER FARSI ASCOLTARE


Usare un linguaggio positivo
Anziché dire al bambino cosa non deve fare, possiamo usare un linguaggio positivo per dirgli invece cosa può fare. Al posto di “non correre” (ciò che non dovrebbe fare), possiamo dire “Dentro casa si cammina” (la cosa che vorremmo facesse).

Invece di “Non arrampicarti!”, potremmo dire: “Puoi tenere i piedi sul pavimento oppure puoi andare fuori ad arrampicarti!”.

Se diciamo: “Smettila di urlare!” è probabile che anche noi stiamo alzando la voce mentre lo diciamo. Il bambino prima di tutto ci farà da specchio e griderà di rimando, solo dopo ascolterà con precisione quello che non vogliamo da lui. Potremmo invece dire (magari sussurrando): “Usiamo la voce tranquilla!”.

Parlare con toni e modi rispettosi
Il nostro tono di voce è un modo per dimostrare al bambino che lo rispettiamo. Un tono piagnucoloso, una voce insicura o severa o minacciosa rischiano di distorcere anche le nostre migliori intenzioni e non fanno capire al bambino che gli diamo importanza e desideriamo lavorare con lui.

Se ci riusciamo, ricordiamoci di controllare il nostro tono di voce per verificare se stiamo parlando con la calma e la pace nel cuore (si veda il cap. 8 sui modi per calmarsi). Ogni tanto potremmo anche sussurrare, di certo le orecchie del nostro bambino si drizzeranno.
Chiedere aiuto
I bambini piccoli vogliono essere coinvolti. Se volessimo, per esempio, far entrare in casa nostro figlio, potremmo chiedergli di aiutarci a portare le chiavi o una borsa pesante.
Al supermercato potremmo affidargli la lista visiva della spesa preparata in precedenza (ritagliando le foto dei cibi da una rivista oppure tracciando semplici disegni); fategli prendere gli articoli dagli scaffali o metterli sul nastro trasportatore alla cassa.
Dire “Sì”
Se diciamo “no” cento volte al giorno, nostro figlio piano piano inizierà a ignorarlo del tutto. È meglio riservare i “no” alle volte in cui è a rischio la sua incolumità.

Anziché dire “no” per stabilire un limite, di solito possiamo trovare un’alternativa per esprimere ciò che vogliamo, ma al contempo restare in accordo con il bambino e dire “sì”.

Se per esempio un bambino volesse un altro cracker senza aver ancora finito il primo, potremmo dire con tono gentile: “Sì, puoi averne un altro… quando avrai finito questo!”.
Oppure, se non ne è rimasto nessuno: “Sì potrai averne altri… quando andremo a ricomprarli, scriviamoli sulla lista della spesa!”.

Ci vuole tempo per rompere le antiche abitudini e può essere utile segnare tutte le volte che diciamo “no”, per poi immaginare, magari con l’aiuto di un amico, alcuni modi positivi per rispondere le volte successive.
Usare l’umorismo
I bambini rispondono bene all’umorismo, ed è un modo leggero e spensierato per incoraggiare la collaborazione.

Talvolta mentre aiuto un bambino a vestirsi e lui oppone resistenza, faccio finta di infilarmi io una sua scarpa. Il bambino ride e mi dice: “No, Simone, va nel mio piede!”, e se la infila.

L’umorismo è particolarmente utile quando stiamo per perdere la pazienza, anche solo cantare una sciocca canzoncina può sciogliere la nostra tensione e far scappare un sorriso al bambino. È un modo semplice per ricominciare da capo.
Adattare il nostro linguaggio se il bambino attraversa la fase dei “no”
È facile capire se il bambino piccolo sta attraversando questa fase: chiedetegli se deve fare pipì, se vuole vestirsi, se vuole la cioccolata, e non farà che rispondere “no”.

Durante la fase dei “no”, è il caso di modificare il nostro linguaggio per descrivere ciò che accade anziché fare domande. Potremmo dire: “È ora di mangiare/fare il bagno/andare via dal parco”. Anche così si può sempre parlare in modo rispettoso, usando un tono di voce pacato e parole gentili, ma facendolo in qualità di leader.

Far vedere
Talvolta è davvero necessario andare e far vedere al bambino cosa deve fare, anziché ripetere le cose dall’altro capo della stanza. Se ancora non sa cosa fare con le bucce dell’arancia, avviciniamoci al secchio e tocchiamolo o indichiamolo, dicendo: “Vanno qui!”. Mostriamogli cosa fare.

Le azioni parlano più forte delle parole.

GESTIRE LE ASPETTATIVE

Avere aspettative appropriate all’età ed essere preparati
Non possiamo aspettarci che il bambino piccolo si comporti sempre come vorremmo.

È molto difficile per lui restare seduto tranquillo nella sala d’attesa del medico o in un bar, o su un treno. Ricordiamoci che ha una volontà molto forte che lo porta a esplorare, muoversi, comunicare ed essere molto impulsivo. Questo non significa giustificare il suo comportamento, vuol dire però che dobbiamo tenerci pronti.

Prima di tutto, dovremmo ridurre le aspettative; non sempre riusciremo a leggere una rivista, controllare il telefono o fare una telefonata. In un caffè o in un ristorante prepariamoci a portarlo un po’ a spasso quando inizia ad agitarsi e fare rumore, magari a vedere il cuoco all’opera o la vasca dei pesci. Quando aspettiamo all’aeroporto possiamo stare alla finestra e guardare tutte le azioni che avvengono all’esterno per preparare il decollo.

In secondo luogo, teniamoci pronti. Non dimentichiamo di portare acqua, cibo, qualche libro preferito e una piccola sacca con la zip che contenga dei giochi (un paio di macchinine, una bottiglia in cui infilare una moneta, alcune conchiglie e così via). Se ci sono ritardi, ovunque ci troviamo saremo pronti a dare sostegno al bambino e aiutarlo a cooperare.

Cercare di aspettare che abbiano terminato il loro compito prima di fare una richiesta
Se il bambino è impegnato con un puzzle e gli chiediamo di prepararsi a uscire, spesso non risponderà neppure. Potremmo pensare, Non mi ascolta mai!

Mettiamoci nei suoi panni, immaginiamo per esempio che mentre rispondiamo a una e-mail qualcuno ci interrompa: sono situazioni irritanti. Vogliamo solo poter finire ciò che stiamo facendo e dopo possiamo offrire la nostra attenzione al cento per cento.

Se quindi vogliamo che nostro figlio venga a pranzo o si ricordi di andare in bagno, ogni qual volta sia possibile cerchiamo di aspettare che abbia finito quello su cui sta lavorando e poi facciamo la nostra richiesta prima che inizi l’attività successiva.
Consentire tempo all’elaborazione
Ai bambini piccoli, e anche a quelli più grandi, può essere necessario del tempo per elaborare ciò che abbiamo detto.

Magari gli abbiamo chiesto di mettersi il pigiama e non abbiamo ottenuto risposta.
Proviamo a contare a mente fino a 10, non ad alta voce. È a nostro vantaggio, per consentire loro di elaborare ciò che abbiamo detto.

Nel tempo in cui arriviamo a tre o quattro sicuramente ci saremmo ripetuti, e a sette avremmo certo riformulato la richiesta. Verso otto o nove mi accorgo invece che il più delle volte il bambino inizia a rispondere.

Non è che non stesse ascoltando, stava solo elaborando la richiesta.
Mantenere un ritmo quotidiano
Non sottostimate il piacere del bambino piccolo nel conservare gli stessi ritmi ogni giorno. Possiamo avvalercene per gestire le aspettative: svegliarsi, vestirsi, fare colazione, uscire, pranzare, riposarsi, cenare, fare il bagno, prepararsi per la notte. Non deve per forza essere un programma rigido, ma più regolare sarà la routine, minore sarà la resistenza del bambino (si veda il capitolo 7 per maggiori dettagli sul ritmo quotidiano).

IL BAMBINO PICCOLO MONTESSORI
IL BAMBINO PICCOLO MONTESSORI
Simone Davies
Crescere un essere umano curioso e responsabile.La guida per trasformare la vita con i bambini piccoli in momenti ricchi di curiosità, apprendimento, rispetto e scoperta.Con centinaia di idee pratiche. È ora di cambiare il modo in cui guardiamo ai bambini piccoli.Utilizzando i principi educativi di Maria Montessori, Simone Davies ci mostra come trasformare la vita con i vivacissimi bambini piccoli in momenti appaganti per tutti e ricchi di curiosità, apprendimento, rispetto e scoperta.Con centinaia di idee pratiche per ogni aspetto della vita con i piccoli, il libro Il bambino piccolo Montessori vi spiegherà come: mantenere la compostezza quando vostro figlio non ci riesce e stabilire limiti con amore e rispetto; organizzare la casa e liberarsi del caos; creare attività Montessori adatte a bambini da uno a tre anni; crescere bambini curiosi e desiderosi di imparare, che amino esplorare il mondo che li circonda; vedere il mondo attraverso gli occhi del bambino piccolo e restarne sorpresi e deliziati. Spero che gli insegnamenti della mia bisnonna trovino il modo di entrare in ogni famiglia attraverso questo bellissimo libro, fonte di ispirazione e ricco di consigli pratici.Carolina Montessori Conosci l’autore Simone Davies è un’insegnante Montessori dell’AMI (Association Montessori Internationale), ed è anche autrice di The Montessori Notebook, il popolare blog e profilo Instagram in cui offre consigli, risponde a domande e organizza laboratori online per i genitori di tutto il mondo.Nata in Australia, vive ad Amsterdam con la sua famiglia, dove organizza corsi genitori-figli nella sua scuola Montessori, la Jacaranda Tree.