capitolo 10

Il bambino ha un lavoro
tutto suo da compiere

Oggi i genitori illuminati si sono lasciati alle spalle l’idea obsoleta che i bambini siano piccoli vasi vuoti da riempire con informazioni e buone maniere. Hanno imparato che anche il bambino ha un importante contributo da portare al suo stesso sviluppo, che devono studiare i suoi bisogni specifici se vogliono prepararlo nel miglior modo possibile alla sua vita da adulto.


Vi è, però, ancora una grandissima confusione sull’esatta natura dei contributi che il bambino e l’adulto danno ciascuno al lavoro congiunto di apprendere e insegnare. Sentiamo molto parlare dell’“attività spontanea” dei bambini piccoli, e ci viene detto che al bambino dovrebbe essere permesso esercitare questa attività appieno, affinché il suo sviluppo si realizzi in modo naturale e completo.


Detto così sembra meraviglioso, ma è molto pericoloso sottoscrivere una simile teoria prima di aver chiaramente compreso cosa si intenda per attività spontanea. In realtà, queste parole sono spesso utilizzate per riferirsi a ciascuna di due forme di attività fra loro del tutto diverse.


Per esempio, un bambino che abbia un’estrema sensibilità alle influenze esterne e risponda ad esse con continui movimenti indistinti, viene spesso descritto come molto attivo.

Esiste poi, dall’altro lato, il bambino che fissa il suo interesse su qualche oggetto del suo ambiente, spesso per periodi di tempo piuttosto lunghi. Lo tocca, lo gira, lo rivolta, lo mette in relazione con altri oggetti, e resta abbastanza impassibile se un adulto lo interrompe offrendo altri oggetti alla sua attenzione prima che abbia finito con quello che lo interessa al momento. Anche questo bambino è descritto come molto attivo.


Si vede subito come i due tipi di attività siano molto diversi. Quando un bambino reagisce in fretta ai disturbi esterni è in balìa di ogni alito di vento, i suoi movimenti non sono diretti dai suoi propri bisogni, è distratto e dipendente.


L’attività del secondo bambino non è distratta bensì formativa. Non ha bisogno dell’influenza di un adulto per richiamare l’attenzione sulla propria attività; un ambiente tranquillo adatto agli interessi della sua età, e la libertà di seguire i suggerimenti dei suoi bisogni interiori, gli basteranno. Questo è un bambino con una vera attività spontanea perché il suo sviluppo prende le mosse dall’interno attraverso la sua attività che lavora di proposito sugli oggetti del suo ambiente. È sia insegnante sia alunno, forgia da solo la sua crescita mentale e la sua indipendenza.

Questa vera attività spontanea risiede in ogni bambino normale. Possiamo sciuparla con l’iperstimolazione o con la privazione. Se imponiamo al bambino compiti e disciplina che non sono in alcun modo collegati al tasso e ai bisogni di crescita suoi precipui, o se lo priviamo di oggetti semplici su cui la sua attività possa lavorare, corriamo il grande rischio di trasformare la naturale indipendenza in dipendenza innaturale, la vera attività spontanea in movimento indistinto, e il bambino che si sviluppa con naturalezza in una piccola creatura insoddisfatta senza nessun vero lavoro che gli appartenga.


È solo attraverso il lavoro che il bambino si sviluppa.

Noi adulti siamo inclini a credere che nessuno lavori sul serio tranne noi. Siamo noi che ci guadagniamo da vivere, noi che abbiamo costruito la civiltà nella quale viviamo, noi che lavoriamo badando alla casa e ai bambini… quale lavoro farà mai un bambino piccolo? Qualche lezione forse, un piccolo compito per aiutare la mamma… e il resto – gioco, uno spensierato passatempo senza scopo né importanza.

È vero, noi adulti lavoriamo, non lo nego. Dico però, con grande enfasi, che un bambino lavora sodo quanto noi, ma a suo modo. È questa la cosa importante da ricordare. Gli adulti producono, lavorano in un mondo materiale. Non temiamo di delegare o condividere il nostro lavoro, il motto che ci guida è “risparmiare fatica”, escogitiamo ogni sorta di strumento meccanico, dalle aspirapolveri alle macchine calcolatrici per alleggerire il lavoro e raggiungere comunque il fine desiderato.


Ora consideriamo per un momento il lavoro di un bambino piccolo. Il suo lavoro è quello di creare l’uomo che diventerà. Tuttavia non è conscio di questo fine, bensì solo degli strumenti che adopera. Dal primo scalciare del neonato, attraverso i successivi tentativi di tenere dritta la testa, stare seduto, afferrarsi le dita dei piedi, stringere il dito della madre e prendere oggetti dai colori brillanti, sta lavorando al suo sviluppo muscolare e mentale. Nessuno può aiutarlo in questo, nessun congegno meccanico può risparmiargli la fatica di coordinare i suoi muscoli o esercitare la sua mente.


L’equivoco sorge perché il bambino non lavora con un proposito consapevole come chi produce. Dall’età di circa due anni, il bambino vuole fare quello che fanno gli adulti: non è però il risultato dell’attività che gli interessa ma l’attività stessa. Non vuole imparare a lavarsi e vestirsi per poter essere un bel bambino pulito e ben vestito; il suo interesse è nell’apprendere e nel ripetere tante e tante volte i movimenti necessari a mettersi i vestiti e lavarsi la faccia. Avete mai osservato un bambino, con il viso arrossato nello sforzo di raggiungere l’obiettivo di mettersi le calze e le scarpe, togliersele poi deliberatamente per rifare tutto da capo?

Nelle nostre scuole, permettiamo ai bambini di agire in modo spontaneo, offrendo oggetti che suscitino movimenti appropriati al loro stadio di sviluppo; in questo modo imparano attraverso il fare. È questo il loro lavoro, e la loro concentrazione e perseveranza sono sorprendenti.


Ma i bambini piccoli non devono andare a scuola per lavorare. Il tempo del gioco per loro è un tempo di apprendimento attraverso la pratica. Ogni nuovo movimento che un bambino piccolo fa viene tentato prima di tutto con esitazione e poi ripetuto finché l’iniziale goffaggine non venga man mano a raffinarsi in un movimento preciso. Ogni cosa con cui gioca è uno strumento del suo lavoro.


E se questo bambino non sa nulla del fine che raggiungerà? Se gli viene permesso di usare la sua attività spontanea in un ambiente tranquillo senza interferenze o aiuti non richiesti, in realtà sarà coinvolto in un lavoro importantissimo: starà costruendo l’uomo che un giorno diventerà.

Maria Montessori parla ai genitori
Maria Montessori parla ai genitori
Maria Montessori
Il pensiero montessoriano spiegato alle famiglie.Scritti di Maria Montessori specificamente rivolti a un pubblico di genitori per sostenere il loro ruolo fondamentale nello sviluppo del bambino. Maria Montessori parla ai genitori riunisce undici conferenze e articoli di Maria Montessori specificamente rivolti a un pubblico di genitori, scritti apparsi in inglese e mai tradotti in italiano.In essi si chiariscono i punti essenziali del suo pensiero riguardo al ruolo fondamentale dei genitori nello sviluppo del bambino. Il libro include anche una breve biografia della celebre pedagogista.Un testo indispensabile per chiunque si interessi del metodo montessoriano. Rispetto alla questione sociale del bambino, gli errori sono dovuti a uno sbaglio di fondo. Si tratta di riformare i riformatori: noi tutti dobbiamo cambiare. Noi siamo gli adulti e il bambino dipende da noi; le sue sofferenze, a dispetto delle nostre buone intenzioni, provengono da noi. Se, per un errore da parte nostra, questi mali si producono, allora è necessario che l’atteggiamento dell’adulto sia riformato.Maria Montessori Conosci l’autore Maria Montessori è stata un’educatrice, pedagogista, filosofa, medico, neuropsichiatra infantile e scienziata italiana, internazionalmente nota per il metodo educativo che prende il suo nome, adottato in migliaia di scuole materne, primarie, secondarie e superiori in tutto il mondo.