capitolo 1

Un ambiente a misura di bambino4

Fu una grande donna, Ellen Key, colei che profetizzò che il ventesimo secolo sarebbe stato il secolo del bambino5. Alla fine del diciannovesimo secolo ebbe inizio un’era nuova di scienze positive: l’igiene e la psicologia fecero la loro entrata nella scuola, i bambini furono studiati da angolazioni nuove e fra le conclusioni importanti a cui si giunse vi fu la scoperta che i bambini erano vittime di infelicità e soffrivano in molti modi a causa del loro lavoro.

Eppure, l’opera costruttiva che avrebbe dovuto scaturire da questo movimento di aiuto al bambino non si è ancora fatta sentire, sebbene vi sia stato un impegno amorevole per il miglioramento della scuola. È abbastanza strano che la vastità del problema non sia stata compresa: i mali deplorati dalla nuova scienza sono stati affrontati in molti modi ma non estirpati.

Sono stati fatti gli sforzi più lodevoli per diminuire la fatica mentale, sono state sperimentate scuole all’aperto, giochi, mitigate le punizioni e reso piacevole l’insegnamento. Le persone si sono unite per affrontare la situazione, i maestri hanno fatto appello ai genitori e al mondo intero affinché si interessasse all’educazione scientifica – ma tutti hanno dato per scontato che l’apprendimento a scuola, per quanto scientifici potessero essere i metodi di insegnamento, significasse sottomettere il bambino a un sistema sotto il cui giogo avrebbe sofferto, sebbene, naturalmente, tutto fosse fatto per il suo bene.


Abbiamo davvero bisogno di dar credito a qualsiasi metodo pedagogico che implichi sofferenza? Forse noi tutti, educatori e genitori insieme, ci stiamo dirigendo, spinti dall’amore, lungo un sentiero stretto e senza via d’uscita. Dovremmo piuttosto voltarci indietro e tentare un’altra strada.


Conosco la storia di un re che desiderava riformare il suo regno. Mandò a chiamare i suoi consiglieri e il più saggio fra loro disse: “Prima di tutto dovete riformare voi stesso, voi e la vostra corte!”. In questo parallelo, il posto dell’uomo saggio è oggi occupato dal bambino, perché è lui la persona attiva del problema. I grandi mali non si risolvono attenuando un errore collettivo. Si prenda il caso dell’emancipazione femminile: non è questione di dare alle donne qualche diritto in più, bensì di riconoscere una personalità umana piena di vigore, capace di offrire un grande e solido contributo al progresso dell’umanità.


Rispetto alla questione sociale del bambino, gli errori sono dovuti a uno sbaglio di fondo. Si tratta di riformare i riformatori: noi tutti dobbiamo cambiare. Noi siamo gli adulti e il bambino dipende da noi; le sue sofferenze, a dispetto delle nostre buone intenzioni, provengono da noi. Se, per un errore da parte nostra, questi mali si producono, allora è necessario che l’atteggiamento dell’adulto sia riformato.


In questo momento, per esempio, siamo convinti che sia necessario influenzare il bambino perché diventi un uomo saggio, un cittadino operoso, e abbia una mente istruita. Crediamo di doverlo plasmare, che senza di noi non possa crescere. Siamo oppressi dal peso della responsabilità e restiamo convinti – noi adulti – di dover dar forma al carattere del bambino. Per noi, il problema consiste solo nel trovare il modo di ottenere questo, che sia per una via facile o difficile, a qualsiasi costo.


Ma il problema fondamentale non viene discusso, anzi spesso non viene neppure compreso, perciò è necessario che l’adulto sia consapevole del fatto che non sempre riesce in ciò che tenta di fare. Deve cambiare atteggiamento. Noi, in quanto adulti, dobbiamo giocare un nuovo ruolo – dobbiamo capire che anziché aiutare il bambino non facciamo che intralciarlo se tentiamo di plasmarlo in modo diretto.


L’adulto e il bambino lavorano in modi del tutto diversi. L’adulto lavora sull’ambiente e lo trasforma per renderlo più adatto con uno scopo preciso in mente. Il bambino lavora per diventare un uomo; attraverso una forza interiore che lo spinge a un’attività continua, acquisisce a poco a poco le sue caratteristiche mature. Ora, questa creatura spontanea ci è sconosciuta: il bambino che tenta di lavorare senza sosta. Se non lo abbiamo riconosciuto prima è stato perché abbiamo posto degli ostacoli sul suo cammino. Questi ostacoli sono di due specie: 1) il bambino, che è debole rispetto all’adulto e ha forti energie formative, ha bisogno di un suo ambiente, e noi gli offriamo solo quello dell’adulto, dove non c’è nulla che si adatti alla sua misura. 2) Questo povero bambino deve lottare con l’adulto che non capisce il lavoro in cui è tanto indaffarato e lo ostacola ad ogni passo.


Non si può dire che un ambiente appropriato per il bambino si trovi nella scuola, dove è costretto a restare seduto fermo quando invece è pieno d’azione, né che il suo ambiente sia la casa, dove sente di continuo: “Vieni, vai, non toccare!”, etc. Pertanto, il conflitto è in casa quanto a scuola, e con gli insegnanti tanto quanto con i genitori. Siamo pieni d’amore e di egoismo inconscio; esistono pecche inconsapevoli nel nostro comportamento.

Si guardi per un istante una scuola che sia una vera Casa dei Bambini, dove i bambini sono gli autentici padroni di casa6. Dobbiamo ricordare questa piccola ma profonda differenza quando entriamo in una stanza in cui sono al lavoro. Questi bambini non devono essere trattati come nelle altre scuole, dove si inizia con l’esaminare in che modo viene loro insegnato, se lo capiscono e se sono disciplinati. Al contrario, è necessario imparare a fare qualcos’altro, qualcosa di essenziale e fondamentale che dovremmo sapere sin dal primo giorno: come rispettare il bambino.

Si potrebbe osservare che già si sa come rispettarlo, ed è forse vero, ma solo da un punto di vista morale e speculativo. Io lo intendo invece in senso letterale. I bambini vanno rispettati come personalità sociali e umane di prim’ordine. Riteniamo, per esempio, che sia naturale, entrando in classe, dire ai bambini: “Cosa state facendo?” o “Perché lo fate?”; perlopiù il bambino non saprà rispondere.


Questo domandare in modo brusco non è un segno di rispetto. Lo facciamo perché riteniamo che la personalità del bambino sia a un livello inferiore. È qui che ci sbagliamo. Trattiamo questi bambini come oggetti, li apostrofiamo con toni di comando, li mettiamo ora qui, ora lì e li costringiamo ad adeguarsi al nostro mondo senza la minima considerazione della vita che essi vivono in un mondo tutto loro.


Nel creare un ambiente adatto al bambino, la prima cosa da imparare è restare in attesa. Lo diciamo alle insegnanti in formazione che entrano nella Casa dei bambini: “Restate in attesa, in silenzio, e non dite una parola ai bambini, non fate alcun rumore. Qui i bambini sono nel loro mondo e voi non dovete fare altro che osservare guardandovi attorno, senza desiderare di esprimere un giudizio, di correggere o insegnare. È solo in questo modo che si può entrare nello spirito e nella pratica dell’insegnante.”


Chi dice sia nostro dovere tenere il bambino in cieca obbedienza, che abbiamo il diritto di correggere, e che, come conseguenza, il bambino diventerà intelligente, bravo e istruito, si inganna. Il bambino reagisce a un simile comportamento difendendosi, per esempio diventa timido e pigro perché non gli è permesso agire, mente per salvarsi dalle punizioni, diventa difficile e capriccioso perché lo si intralcia e non gli si concede l’opportunità di concentrarsi. L’adulto non fa che correggere, lo fa sempre di più, e così ha inizio la prima delle guerre: quella fra il bambino e l’adulto.

Ma non appena l’adulto cessa di opprimere il bambino, lui mostra un carattere diverso, i tratti peculiari di una creatura spirituale. Ci vengono mostrate qualità ben lungi dall’essere conosciute, tanto che vengono definite miracolose, e tuttavia è solo un’azione negativa quella che è stata compiuta: ovvero, positiva per l’ambiente ma negativa per l’adulto. Per esempio, il bambino inizia un lungo lavoro e da che era stizzoso ed egocentrico diventa vitale e la sua generosità notevole. È una delizia osservare con quanto entusiasmo lavori quando gli viene concessa la libertà, e quando trova a portata di mano oggetti adatti con cui soddisfare il suo desiderio di attività.

Ho osservato per molti anni il bambino al lavoro e ho predisposto per lui, a scuola, un nuovo mondo in cui potesse essere attivo. Nella sua scuola, il bambino trova oggetti che può maneggiare con facilità, piccole sedie e tavolini che può spostare da solo, materiali che soddisfano il suo urgente bisogno interiore di lavorare e insegnare a se stesso seguendo la propria iniziativa.
Anche a casa, l’ambiente ideale per il bambino dovrebbe contenere mobili fatti su misura per lui e utensili che possa maneggiare da solo. Non è ancora realizzabile in tutte le case, ma l’adulto può almeno fornire al bambino l’ambiente spirituale più consono. L’adulto non deve interferire, non deve agire al posto del bambino. Deve dargli i mezzi e lasciarlo agire: la sua libertà è fatta di questo. Incoraggio ogni insegnante e ogni genitore, non a dare molte direttive, bensì ad essere umile e semplice nel trattare con i bambini piccoli. Le loro vite sono nuove, prive di rivalità o ambizioni esterne, basta così poco per renderli felici, per lasciarli lavorare a modo loro allo sviluppo normale di quella donna o quell’uomo che diventeranno. Il grande beneficio che possiamo elargire all’infanzia è l’esercizio del freno da imporre a noi stessi.

Maria Montessori parla ai genitori
Maria Montessori parla ai genitori
Maria Montessori
Il pensiero montessoriano spiegato alle famiglie.Scritti di Maria Montessori specificamente rivolti a un pubblico di genitori per sostenere il loro ruolo fondamentale nello sviluppo del bambino. Maria Montessori parla ai genitori riunisce undici conferenze e articoli di Maria Montessori specificamente rivolti a un pubblico di genitori, scritti apparsi in inglese e mai tradotti in italiano.In essi si chiariscono i punti essenziali del suo pensiero riguardo al ruolo fondamentale dei genitori nello sviluppo del bambino. Il libro include anche una breve biografia della celebre pedagogista.Un testo indispensabile per chiunque si interessi del metodo montessoriano. Rispetto alla questione sociale del bambino, gli errori sono dovuti a uno sbaglio di fondo. Si tratta di riformare i riformatori: noi tutti dobbiamo cambiare. Noi siamo gli adulti e il bambino dipende da noi; le sue sofferenze, a dispetto delle nostre buone intenzioni, provengono da noi. Se, per un errore da parte nostra, questi mali si producono, allora è necessario che l’atteggiamento dell’adulto sia riformato.Maria Montessori Conosci l’autore Maria Montessori è stata un’educatrice, pedagogista, filosofa, medico, neuropsichiatra infantile e scienziata italiana, internazionalmente nota per il metodo educativo che prende il suo nome, adottato in migliaia di scuole materne, primarie, secondarie e superiori in tutto il mondo.