capitolo 17

La “Casa dels Nens”
e il laboratorio di pedagogia sperimentale a Barcellona

di Marcello Grifò

La richiesta della Deputazione di Barcellona che sollecitava alla Montessori l’apertura di una Casa dei Bambini nella città catalana – dove il metodo era stato introdotto a partire dal novembre del ’13388 – offrì alla scienziata l’opportunità di riprendere con entusiasmo le indagini sperimentali avviate a Roma sulla vita spirituale dei fanciulli e sulla loro istruzione religiosa. I risultati dell’intensa attività svolta in Catalogna sono raccolti in tre brevi saggi che videro la luce a molti anni di distanza e che restano forse tra gli scritti montessoriani rimasti più in ombra: I bambini viventi nella Chiesa, La vita in Cristo e La Santa Messa spiegata ai bambini389.


Secondo un’esplicita affermazione della scienziata, confermata anche da Anna Maria Maccheroni390, già da qualche tempo l’intera équipe era impegnata in una riflessione condivisa sulle differenti implicazioni di questo tema – liturgiche, melurgiche e catechetiche – a partire dalla recente edizione dei sei volumetti del catechismo di mons. Ferdinando Rodolfi391 che rappresentarono un approccio dal taglio più pastorale al testo normativo di Pio X. Inoltre il decreto Quam singulari Christus amore, con cui si consentiva ai bambini di accostarsi all’Eucarestia non appena raggiunta l’età della ragione, fornì alla pedagogista, per sua stessa ammissione, un determinante incentivo a proseguire con determinazione nel percorso intrapreso. La scelta pastorale del pontefice, anteponendo alla conoscenza astratta degli aspetti dottrinali del mistero celebrato la piena consapevolezza del suo significato, riconosceva la profonda e naturale capacità dei piccoli di sentire Dio e faceva dell’età un elemento secondario rispetto alla maturità spirituale. Tutto ciò in evidente consonanza con le teorie pedagogiche montessoriane che già in ambito scolare avevano superato il binomio età-abilità, dimostrando come il grado di maturazione intellettuale dei piccoli fosse di gran lunga superiore a quello che comunemente veniva loro attribuito sulla base della capacità di eseguire un certo tipo di attività pratiche.


È certamente in forza di queste premesse che la Maccheroni, arrivata a Barcellona nel marzo precedente, era stata inaspettatamente invitata a partecipare ai lavori dell’imponente Congresso Liturgico di Monserrat, celebratosi presso l’antico cenobio benedettino tra il 5 e il 10 luglio del 1915 e destinato a segnare una svolta nella Chiesa di Catalogna. Alla presenza di oltre duemila congressisti392 (tra i quali quasi cinquecento presbiteri, l’intero episcopato catalano e il nunzio apostolico in Spagna), la giovane educatrice venuta dall’Italia aveva illustrato «vivamente aplaudida, especialmente por la claridad de conceptos y por su fe religiosa»393 i criteri dell’innovativa sperimentazione di pedagogia religiosa, avviata da pochi mesi a Barcellona. Nel suo intervento tenuto in catalano la Maccheroni aveva operato con franchezza un triste bilancio dei modestissimi risultati ottenuti con l’impiego delle formule catechetiche convenzionali, illustrando di contro i successi conseguiti con l’applicazione delle nuove metodiche laboratoriali che lo staff montessoriano aveva messo a punto in collaborazione con alcuni qualificati membri del clero locale. Tra questi mossèn Antoni Battle i Mestre394, che sarà primo assistente della Montessori nel Laboratorio sperimentale, e mossèn Higini Anglés395.


La dimensione carismatica del progetto sviluppato all’interno della «Casa dels Nens» era così intensamente avvertita dagli educatori che vi operavano, che la Maccheroni, a quarant’anni di distanza, ricorderà: «Chi potrebbe ridire il sentimento che ci animava? Veramente tutta quella piccola scuola viveva di fede»396. Consapevole della straordinaria importanza di quanto si stava realizzando a Barcellona, la Montessori vi giunse a Natale del 1915, di rientro da un impegnativo tour in California, e decise di fermarvisi per dirigere personalmente le attività.

Oltre ad adottare la formula dei moderni «laboratori di pedagogia sperimentale», ormai diffusi in tutta Europa, e il rigoroso principio dell’osservazione, la nuova scuola montessoriana recepiva la lezione del pedagogista ortodosso rumeno Vladimir Ghidionescu che aveva condotto importanti studi sui processi di formazione della coscienza morale e religiosa dei piccoli.

Nell’impianto programmatico del parvulàrio397 i molteplici percorsi formativi contemplati avrebbero dovuto prendere avvio dalla centralità del mistero eucaristico e a esso convergere, senza trascurare la preliminare e sicura acquisizione da parte dei bambini di una corretta capacità di orientamento lungo il simbolico asse spazio-temporale della liturgia. Era questo un aspetto assolutamente innovativo della proposta religiosa della “Casa” che scommetteva arditamente sulla possibilità di restituire intelligibilità a quelli che erano senz’altro ritenuti aridi tecnicismi per addetti ai lavori.

Attraverso piste didattiche integrate di astronomia e religione si puntò a rendere familiare anche ai piccoli credenti la nozione di calendario liturgico servendosi dei dati acquisiti mediante l’esperienza diretta: se la rotazione della terra intorno al sole scandiva il tempo cronologico regolando i ritmi della vita dell’uomo, il tempo liturgico, incentrato intorno a Cristo «sole di giustizia», ordinava la vita spirituale del cristiano.

Nacque, così, un’ulteriore e originale serie di materiali didattici come, ad esempio, il grande cerchio, chiamato calendario circolare, sul quale i bambini, servendosi di cubetti di differenti colori, componevano la successione delle settimane che formavano uno specifico tempo liturgico398. Una versione più articolata del cerchio, destinata ai più grandi, segnava sul quadrante di questa sorta di disco temporale tre grosse «lancette», poste ad indicare la data del Natale, fissa, e quelle della Pasqua e della Pentecoste entrambe mobili. In questo modo gli scolari apprendevano facilmente che la prima ricorrenza, legata all’anno solare, era invariabile, mentre le altre due, determinate sul calendario lunare, erano variabili e vicendevolmente dipendenti. In modo empirico apprendevano, così, che, pur mutando la distanza temporale tra Natale e Pasqua, restava uguale quella tra Pasqua e Pentecoste. Altri dischi più piccoli sovrapposti indicavano le stagioni, i mesi e le tredici lunazioni, integrando in una visione d’insieme le nozioni di astronomia apprese a scuola con quelle sul tempo liturgico acquisite nel laboratorio di religione.


Vari espedienti vennero escogitati al fine di introdurre più intimamente i bambini nel dinamismo celebrativo dei sacramenti. Per coinvolgerli nella preparazione del rito eucaristico due ampi rettangoli del grande prato esterno alla scuola vennero destinati alla semina di una particolare qualità di grano a crescita rapida e all’impianto di alcune pianticelle di vite. I bambini stessi poi con piccole falci realizzate in modo che potessero utilizzarle senza rischi avrebbero raccolto i fascetti di grano e i grappoli d’uva per produrre con apposite macchine le particole necessarie alla celebrazione e il vino399. Lo svolgimento di quell’attività agricola su scala ridotta offriva agli educatori l’opportunità di spiegare gradualmente ai bambini i significati metaforici che questi elementi assumevano nelle Scritture, nell’arte e nel linguaggio figurato.

Il positivo riscontro ottenuto indusse più tardi a istituire due festicciole campestri in occasione dell’apertura e della chiusura dell’anno scolastico: la prima festa corrispondeva al periodo della vendemmia, l’altra a quello della semina. Si trattava di un’attualizzazione didattica delle festività agricole della Bibbia, con particolare riferimento a quelle di Pèsach, di Shavu‘òt, connesse al ciclo cerealicolo, e a quella di Sukkòt che accompagnava la vendemmia e la fine dell’anno agricolo. Questi momenti erano interamente animati dai bambini i quali facevano musica su strumenti rudimentali e, attraverso la musica, disciplina rilevante all’interno del parvulário, si richiamava lo stretto legame tra festa e liturgia che il rito tridentino aveva invece oscurato.


Il proposito di costruire quella che la Montessori chiamò con felice espressione «Casa dei Bambini viventi nella Chiesa» si rese visibile anche attraverso un ripensamento dell’organizzazione dell’aula liturgica. Al pari degli ambienti scolastici, si volle che anche che la piccola cappella dell’Escola fosse strutturata secondo criteri che permettessero al bambino di trovarvisi a suo agio e di percepirla come uno spazio familiare e rassicurante, non ultimo anche attraverso l’accurata scelta di un apparato iconografico il più possibile rispondente alla sensibilità dei piccoli fedeli. Tra le loro mani, per seguire le funzioni, venne posto un “messalino” che si andava componendo a mano a mano che le varie preghiere della Messa venivano spiegate e studiate. I bambini avrebbero potuto ricavare in tal modo la stimolante impressione di “costruire” le cerimonie che si compivano sotto il loro sguardo.


Un momento particolarmente intenso della vita della “Casa dels Nens” era, infine, rappresentato dalla preparazione dei bambini alla Prima Comunione: a prendere il posto della grigia lezione di “dottrina” era ora un sapiente percorso mistagogico, puntellato da forti passaggi simbolici, in cui si alternavano tempi di formazione e di introspezione.

Al compimento dei sette anni (l’età della ragione indicata dal decreto di Pio X) gli allievi erano «proposti per la prima Comunione», andando a formare, così, il «gruppo degli eletti», mentre l’intera comunità partecipava alla «scelta dei candidati». Con i loro nomi stampati su cartellini affissi un po’ ovunque, i prescelti venivano affidati all’intercessione di tutti in qualità di eletti allo sposalizio della Comunione eucaristica400, così da creare un clima di condivisione orante.


Tanto il lessico impiegato quanto la temperie spirituale alimentata all’interno della scuola intendeva richiamare l’iter catecumenale del cristianesimo delle origini, come esplicitamente indicato dalla metafora sponsale di cui la Montessori si serve. Per cinque settimane i fanciulli svolgevano un intenso percorso di preparazione che cominciava il Sabato mattina con una cerimonia tenuta in cappella alla presenza di tutti i compagni, degli insegnanti e del personale di servizio della scuola: a chi iniziava la preparazione veniva consegnata una pagella che conteneva l’argomento che in quella settimana sarebbe stato approfondito. In successione sarebbero stati affrontati il Credo, i Dieci comandamenti, le tre preghiere del Pater, dell’Ave e del Gloria, la Confessione e, infine, l’Eucarestia. Al termine di ciascuna settimana i candidati, di fronte all’altare e sempre al cospetto di tutti, recitavano quanto avevano imparato. L’ultima settimana avrebbe impegnato, invece, i fanciulli in un ritiro spirituale durante il quale sarebbe stato osservato un completo distacco dal resto della comunità funzionale a indurre nel fanciullo un sentimento di raccoglimento. Nel giorno tanto atteso una lieta processione di bimbi con una veste bianca e un anello al dito – segno del carattere sponsale del mistero che celebravano e della sua continuità con il Battesimo – avrebbe sfilato verso la cappella tra una piccola folla festante di amici, familiari e insegnanti.


Il percorso catechetico della Escola, oggi quasi del tutto dimenticato, fu uno dei primissimi frutti del rinnovamento avviato dalla storica assise di Monserrat che tanta influenza avrebbe esercitato anche sullo sviluppo del pensiero pedagogico catalano. La breve vita di questo esperimento, dovuta soprattutto alla guerra civile e agli orrori che ne seguirono, impedì che esso si radicasse solidamente all’interno del Metodo che porta il nome della scienziata. A lei tuttavia, resta legata una tappa eccezionalmente importante della storia della catechesi dei fanciulli del XX secolo. La stagione di Barcellona dimostrò anche l’estrema duttilità del “Metodo dei bambini” e la sua naturale capacità di adattamento alle tante variabili di ordine storico, culturale e spirituale in cui si svolgeva la vita del fanciullo.


Furono certamente i risultati conseguiti in Catalogna che consentirono al Metodo negli anni successivi di trovare facile accoglienza presso Ebrei, Musulmani, Indù, Buddisti, Sikh e Baha’i.


Sullo sfondo di tutto, quasi in dissolvenza, la persona del Cristo Maestro, il suo messaggio di amore incondizionato e universale e il suo farsi compagno di vita per ciascuno rappresentò per la scienziata la suggestione più forte e sublime: «Noi, nella Chiesa viviamo nel miracolo, poiché noi crediamo di immedesimarci con Dio»401.

Maria Montessori, una storia attuale
Maria Montessori, una storia attuale
Grazia Honegger Fresco
La vita, il pensiero, le testimonianze.Una biografia giunta alla terza edizione che accoglie numerosi aggiornamenti, correzioni e nuovi capitoli, grazie anche all’importante apporto della pronipote Carolina Montessori. Maria Montessori fu certo una donna straordinaria, in grado di sucitare gli entusiasmi più accesi e le condanne più ostili.Ancora oggi il suo pensiero e le sue scoperte provocano reazioni contrastanti. La biografia Maria Montessori, una storia attuale esamina tutte le fasi della sua vita: dai primi anni della formazione, contraddistinti dal fatto di essere una delle prime donne medico in Italia, alla vicenda infelice della maternità celata. Dalle battaglie femministe, che radicano in lei una nuova sensibilità di giustizia sociale, alla dedizione verso i bambini meno fortunati, fino alla sua rivoluzionaria idea pedagogica, fondata sulla promozione delle competenze e della libertà del bambino, dall’infanzia all’adolescenza. Questa terza edizione di Grazia Honegger Fresco accoglie numerosi aggiornamenti, correzioni e nuovi capitoli, grazie anche all’importante apporto della pronipote Carolina Montessori. “Maria Montessori, una storia attuale” è la migliore biografia di Maria Montessori che conosco, certo in Italia, ma forse anche nel mondo, assolutamente dello stesso valore di quella storica di Rita Kramer. Grazia Honegger Fresco è una montessoriana nel cuore e nell’anima, dotata di una profonda conoscenza della vita e dell’opera di Maria Montessori, e il suo libro non è una scialba riproposizione di notizie già note, né un’agiografia. L’Autrice ha fatto ricerche molto approfondite in Italia e all’estero, consultando documenti originali e privati di Maria Montessori e della sua famiglia, e ascoltando coloro che hanno conosciuto Maria intimamente. Il risultato è questo capolavoro del tutto originale.Carolina Montessori Conosci l’autore Grazia Honegger Fresco (Roma, 6 Gennaio 1929 - Castellanza, 30 Settembre 2020), allieva di Maria Montessori, ha sperimentato a lungo la forza innovativa delle sue proposte nelle maternità, nei nidi, nelle Case dei Bambini e nelle Scuole elementari. Sulla base delle esperienze realizzate con i bambini e i loro genitori, ha dedicato molte delle sue energie alla formazione degli educatori in Italia e all'estero.È stata presidente del Centro Nascita Montessori di Roma dal 1981 al 2003 e ne è stata Presidente onorario. È stata consulente pedagogica di AMITE (Associazioni Montessori Italia Europa) e nel 2008 ha ricevuto il premio UNICEF-dalla parte dei bambini.Ha pubblicato numerosi testi di carattere divulgativo.