capitolo 7

Montessori e la rivoluzione dei valori

Già negli anni ’40 Maria Montessori era consapevole della crisi sociale che ci troviamo ad affrontare oggigiorno. Descrisse con parole incisive l’impotenza umana di fronte alle forze del progresso. Scrisse che era stato l’uomo stesso a scatenare queste forze attraverso la sua attività creativa, ma che però non era stato capace di stare al passo in termini di adattamento e sviluppo. C’era uno “squilibrio tra l’uomo e l’ambiente, dal quale l’umanità deve liberarsi, rinforzando se stessa, sviluppando i propri valori, curando la sua propria follia e diventando conscia del proprio potere”50 . Finora si è fatto ben poco per correggere questo squilibrio. Al contrario, non solo la situazione sembra essersi deteriorata, ma le previsioni per il futuro non sono affatto rassicuranti. Il professor Zbigniew Brzezinski della Columbia University prevede, per esempio, una società formata in termini culturali, psicologici, sociali ed economici dall’impatto della tecnologia e dell’elettronica, con computer capaci di produrre del pensiero ‘creativo’ e, se accompagnato dai robot, delle azioni simili a quelle umane. Il comportamento umano sempre più soggetto a una “programmazione” intenzionale, un ampio controllo chimico della mente e una perdita di individualità. Una vita sociale atomizzata, masse sempre più prive di scopo in una società concentrata sul divertimento, e l’attività lavorativa che diventa un privilegio dell’élite meritocratica al governo51 .

Brzezinski è ben consapevole dei potenziali pericoli di un mondo del genere. Tuttavia, suggerisce anche che la capacità del governo di affermare il controllo sociale e politico sull’individuo aumenterà enormemente e che nei prossimi decenni ciò potrebbe a sua volta favorire una dittatura tecnocratica. Evidenzia i diversi fattori che permettono di avere almeno un po’ di ottimismo nei confronti della possibilità, in una simile società, di raccogliere la sfida del futuro. Questa speranza è però mitigata dalle sue considerazioni finali, riguardanti l’impatto che il mondo sarà chiamato ad affrontare una volta confrontatosi con una società tecnotronica. Potranno aver luogo alcune guerre circoscritte, scrive, e forse l’annichilimento nucleare di una o più nazioni minori prima che il trauma psichico generato da tali distruzioni si traduca nell’imposizione di maggiori controlli internazionali.


Brzezinski ritiene che la possibilità di evitare questa catastrofe sia alquanto remota. Il carattere istantaneo dell’interconnessione elettronica dell’umanità darà luogo a forti scontri che metteranno a dura prova la pace sociale e internazionale, e il conseguente trauma forse creerà prospettive di vita totalmente differenti, mentre l’incertezza, l’invidia e l’ostilità diventeranno le emozioni dominanti di un numero crescente di persone. A tal proposito Brzezinski parla di una tripartizione in stili di vita rurali-arretrati, urbani-industriali e tecnotronici. Una società strutturata in questo modo dividerebbe ulteriormente gli uomini e aumenterebbe gli ostacoli per ottenere una comprensione globale. Sottolinea anche che il resto del mondo può imparare cosa lo aspetta in futuro osservando quello che succede negli Stati Uniti, il che non è una prospettiva molto rassicurante.


Vorrei sottolineare un quarto fattore perturbatore, se dovessero avvenire gli sviluppi previsti da Brzezinski. Egli afferma che una delle caratteristiche positive dell’era tecnotronica è l’ampliamento delle conoscenze e l’entrata della comunità intellettuale nella vita sociopolitica. Negli Stati Uniti, anche se molti degli abitanti in città hanno alle spalle degli studi universitari, solo una minoranza apparterrà all’élite meritocratica privilegiata. La maggioranza farà parte di quella massa apatica senza obiettivi descritta in precedenza, che godrà di una vita più lunga e di una notevole quantità di tempo libero. Probabilmente la selezione dell’élite avverrà attraverso i computer. Di conseguenza, ci sarà una forma di discriminazione più sottile ma ben più devastante rispetto a quella che ci preoccupa oggigiorno. Quei cittadini che hanno una laurea e che sono giudicati inadatti a far parte dell’élite avranno ricevuto tuttavia le conoscenze per pensare e agire in modo intelligente. È impensabile che accetteranno per sempre di essere etichettati dalle macchine come cittadini di secondo livello. Proprio perché sono ancora esseri umani, potrebbe aver luogo una rivolta, forse in grado di arrestare l’intero sistema.


Brzezinski sostiene che si deve porre una maggiore attenzione al miglioramento della qualità della vita dell’uomo in quanto essere umano. Credo sia questo il bisogno più urgente della nostra epoca. La situazione dell’uomo, intrappolato nel suo ambiente, può essere descritta con questa metafora: Dio creò l’uomo a Sua immagine e l’uomo creò le macchine a sua immagine. Le macchine ora stanno rimodellando l’uomo e Dio è stato dichiarato morto; il principio che guida e unifica l’esistenza umana è stato eliminato; l’individuo viene privato della possibilità di modellare il suo destino attraverso un suo personale contributo; la sua vita è sempre più determinata da istituzioni impersonali e da strumenti tecnologici di cui è prigioniero. In questo processo si perdono i concetti di significato e identità; l’ansia e un crescente senso di disorientamento, futilità, impotenza e frustrazione stanno prendendo il sopravvento. In tali circostanze, la ribellione è il solo modo attraverso cui l’individuo può recuperare i suoi diritti in quanto uomo.


Dobbiamo tener presente che quando parliamo di rivoluzioni, sia che coinvolgano la tecnologia, i valori sociali o le ideologie politiche, parliamo sempre dell’uomo e del suo comportamento, ma mi soffermerò su questo punto più avanti. Qui è importante ricordare che qualunque concezione di realtà interna o esterna si abbia, qualunque valore si possieda o qualunque significato si attribuisca alla vita, abbiamo sempre a che fare con entità psichiche, e perciò con inclinazioni soggettive. Non importa quanto possa sembrare “oggettivo” il risultato di una situazione: è la personalità umana ad essere coinvolta.


Ma dal momento che il sistema educativo e scientifico pensa erroneamente di avere a che fare solo con situazioni oggettive, esso ha incentivato negli studenti solo quelle capacità che hanno uno scopo oggettivo, lasciando in sospeso lo sviluppo di altri aspetti della personalità. Il progresso tecnologico ha contribuito a promuovere questo approccio educativo pragmatico e unilaterale, con la richiesta di maggiore specializzazione e la conseguente frammentazione della conoscenza. Nel contempo, la sua stessa estensione sta minando le basi della scienza, l’ultima speranza di sicurezza dell’uomo moderno.


Infatti, l’uomo dovrebbe trovare sicurezza dentro di sé, ma non ha ricevuto alcun aiuto per quanto riguarda lo sviluppo delle proprie risorse. Poiché la ragione non è più considerata una fonte di stabilità, il rigoroso conformismo richiesto dalla tecnologia moderna diventa un fardello insopportabile e insensato, tollerato solo per via del profitto materiale e dello status sociale che offre. Molti non sopportano questa tensione e vogliono sbarazzarsi di tutte le norme e regolamenti; si abbandonano a stili di vita irrazionali, nei quali contano solo i sentimenti soggettivi.

Non è un caso che le scienze umane si siano sviluppate in modo così rapido; e paradossalmente hanno aiutato ad accrescere la nostra confusione. Plasmate sul modello delle scienze naturali e della matematica, hanno adottato i loro metodi e prospettive. Pensano all’uomo come a una macchina, e così facendo sostengono proprio il sistema da cui si cerca di fuggire. E tutto ciò a cosa serve? Come dice Godfrey Cobliner “Siamo passati dall’adorare l’autorità ad adorare la collettività. Anziché acquisire la diversità, ci siamo diretti verso il conformismo”52 . Diventa sempre più difficile per l’uomo moderno trovare dei criteri appropriati per valutare il comportamento. Gli standard tendono a essere considerati semplici stili che vanno di moda in certi gruppi e che vengono rifiutati da altri; di per sé non hanno nessuna validità speciale. Ciò che sembra dominare è la confusione – in particolare, nell’ambito dei valori.


Sono perciò del parere che non si può parlare di rivoluzione in questo contesto. La rivoluzione prevede che i vecchi valori cedano il passo a quelli nuovi, ma finora siamo ben lontani da tutto ciò. Non c’è dubbio che i rapidi cambiamenti ambientali di cui abbiamo parlato, con la loro enfasi sugli aspetti materiali dell’esistenza umana, abbiano un impatto sul nostro sistema di valori. Tuttavia le influenze ambientali sono solo un aspetto di questo processo. I valori sono il risultato di un’intricata operazione di sviluppo della personalità individuale, dove le interazioni con il mondo esterno vengono sostituite dalle rappresentazioni interiori.


Il processo di interiorizzazione – di cui la maturità delle prime funzioni dell’ego è precondizione – ha diverse fasi. Inizia con l’imitazione, l’identificazione e l’introiezione degli atteggiamenti dei genitori e di altre persone importanti nell’ambiente del bambino. Culmina con le visioni, gli ideali e gli standard dell’individuo, come dimostrato dal suo comportamento e dal ruolo nella società in cui vive53 . È questo che si intende per identità dell’ego. In genere la si raggiunge a livello di sviluppo durante la crisi normativa dell’adolescenza. Tuttavia, se l’ambiente è adeguato e favorevole, la maturità di specifiche funzioni dell’ego continua a svilupparsi nell’individuo normale anche durante l’età adulta. Si nota dalla crescente capacità di amare, lavorare e adattarsi al mondo.


Ciò non accade in circostanze che provocano ansia. In quel caso. assistiamo generalmente a un movimento a ritroso, o a una regressione, verso risposte emotive più primitive e infantili. Anna Freud sottolinea che il cittadino normale non interiorizza la legge in quanto tale. L’atteggiamento nei suoi confronti è piuttosto quello di perpetuare la posizione infantile di un bambino ignorante e remissivo, che deve affrontare dei genitori onniscienti e onnipotenti. Il delinquente o il criminale perpetua l’atteggiamento del bambino che ignora, o sminuisce, o trascura l’autorità genitoriale, e agisce con un atteggiamento di sfida54 . Lo stesso fenomeno può accadere rispetto al sistema sociale nel suo complesso allorché sia troppo coercitivo. Credo che questo sia anche la causa dell’attuale confusione di valori. Quando la libertà viene confusa con la licenza55 , l’adattamento con il conformismo56 , la disciplina con la remissione57 , l’indipendenza con l’antiautoritarismo58 , l’uguaglianza con l’uniformità59 e così via, abbiamo a che fare con un atteggiamento infantile nei confronti del sistema sociale. Ha origine nella reazione del bambino nei confronti di un genitore onnipotente, e aggiungerei, intollerante. È chiaro che chi cova queste idee sbagliate ne sarà anche motivato.

Altre distorsioni di valori sono relazionate ai meccanismi di difesa primitivi, attivati dai fenomeni di regressione di cui abbiamo parlato poco fa. Ad esempio queste reazioni si possono notare in una rigida adesione a uno specifico sistema di valori, mantenuto stabile negando quegli aspetti della realtà che provocano ansia, colpevolezza o dolore. Tale rigidità è in genere controbilanciata da fantasie di onnipotenza.


Con un’ulteriore forma di distorsione valoriale, quegli aspetti della realtà che sono percepiti come elementi distruttivi del sistema sociale al potere vengono adottati come valori personali a cui aderire e da propagandare con il fervore di un crociato. Ciò viene raggiunto grazie a una combinazione di meccanismi primitivi di difesa60 . Notiamo allora che il cambiamento viene considerato un principio guida in quanto tale; tutto deve essere in continuo cambiamento, che abbia senso o no. In realtà, il cambiamento è un concetto neutrale: può condurre tanto al miglioramento quanto al disastro. Lo stesso si può dire della velocità, della ricerca, delle tecniche, dei sistemi, delle procedure, dell’azione; tutte queste, e molti altri simili strumenti, sono dissociati dagli scopi per cui dovrebbero servire. Sono promossi al rango di valori autonomi, e perciò perdono la loro finalità. Pensiamo alla mania per l’innovazione – come la conosciamo tutti bene!

Ciò porta a un conflitto tra generazioni. Le seguenti osservazioni trasmettono il succo del discorso:

Un eccessivo desiderio di libertà a scapito di qualunque altra cosa è ciò che compromette la democrazia e conduce alla richiesta di tirannia… ciò impregnerà la vita privata… per padre e figlio diventa una prassi scambiarsi di ruolo, il padre si ritrova in soggezione del figlio e il figlio, per affermare la propria indipendenza, non rispetta né teme i genitori… L’insegnante teme e asseconda gli studenti, che a loro volta disprezzano gli insegnanti e gli assistenti; i giovani imitano gli anziani, discutono con loro e gli si oppongono, mentre gli anziani, che non vogliono passare per severi e antipatici, scimmiottano i giovani e si uniscono a loro in termini di una facile buona compagnia.61

Queste parole potrebbero applicarsi facilmente a certi aspetti dei disordini sociali odierni, ma furono scritte da Platone circa quattro secoli prima della nascita di Cristo. Non lo cito con l’intenzione di sminuire i problemi attuali tra generazioni, ma di metterli nella giusta prospettiva – per mostrare che sebbene cambino le epoche, le condizioni e le interpretazioni, c’è qualcosa alla base del comportamento umano che non cambia affatto. Tornerò su questo punto più avanti.


Una migliore comprensione della gioventù moderna e dei suoi problemi necessita di alcune considerazioni generali. Prima di tutto, dovremmo riconoscere che l’impatto della Seconda Guerra Mondiale su coloro che all’epoca erano giovani è stato molto più profondo e preoccupante rispetto a quanto ci piaccia ammettere. Ciò ha avuto senza dubbio ripercussioni sul modo in cui abbiamo cresciuto i nostri figli. Definendoci moderni o progressisti per nascondere la nostra insicurezza come educatori, abbiamo dato loro un’educazione più permissiva rispetto a quella che abbiamo ricevuto. Il più delle volte abbiamo trascurato la nostra responsabilità nei confronti di ciò che Hannah Arendt definiva “il doppio aspetto dell’infanzia”: quello di essere i nuovi arrivati in uno strano mondo e di esseri incompiuti nel processo di divenire62 . Gli abbiamo offerto più vantaggi materiali che hanno permesso loro di accedere al mondo degli adulti molto presto, ma non siamo stati capaci di dare una prospettiva dotata di significato. La preparazione maggiormente diretta verso il mondo in generale deriva dalla caleidoscopica esplosione di immagini con le quali la televisione ci porta in casa le sue contraddizioni. Il poeta A. E. Housman descrive perfettamente ciò che deve provare il giovane quando incontra il mondo degli adulti:

Io, straniero e spaventato,
in un mondo che non ho mai creato.63

Una seconda cosa che dobbiamo considerare è che quando parliamo di giovani o di generazioni più giovani, stiamo accorpando in una singola entità qualcosa che di fatto non lo è. L’unica cosa che i giovani hanno in comune, e anche questa solo nell’ampio margine che si dovrebbe specificare quando se ne parla, è la loro posizione nel continuum della vita umana dalla nascita alla morte. Il fatto che possiamo parlare di una tale astrazione come la gioventù è la prova che esiste un modello intrinseco che determina lo sviluppo umano. Esso si manifesta in modo specifico e attribuisce una particolare qualità al comportamento di un gruppo di coetanei. Tuttavia, gli individui di quel gruppo sono diversi, come tutti gli esseri umani. Inoltre, gli individui possono essere considerati solo in relazione a tutti gli altri membri delle comunità in cui crescono e vivono, e all’ambiente in generale.


In realtà, la maggior parte dei giovani di oggi non si ribella contro la società, né si allontana da essa. La osservano in modo critico e realistico, con grande conoscenza e comprensione. Inoltre, ciò che chiedono agli adulti è pienamente ragionevole. Desiderano essere trattati come esseri umani a tutti gli effetti. È in tal senso che richiedono l’uguaglianza. Sanno molto bene che mancano di esperienza e sono disposti a imparare, ma non vogliono dare le cose per scontate. Vogliono partecipare attivamente e, per lo meno, essere informati sulle ragioni alla base delle decisioni che influenzano la loro esistenza. Sono tutti fin troppo consapevoli che presto dovranno trovare, in maniera indipendente, il loro posto e la loro funzione in un mondo di cui sono gli effettivi cittadini, ma che sembra, almeno superficialmente, un posto del tutto caotico. Non sono disposti ad accettare in modo acritico qualunque ruolo che la società gli offre. In più, manterranno il riserbo interiore fino a quando non saranno abbastanza certi della loro scelta. In questo contesto qualsiasi autentico aiuto offerto dagli anziani verrà sinceramente apprezzato.


Ecco perché facciamo una grande ingiustizia ai nostri figli quando parliamo di loro come di una parte della gioventù moderna anziché come singoli individui, soprattutto se li identifichiamo a priori con una delle minoranze che ricevono attenzione perché sono in conflitto con la società. Così li forziamo ad assumere quel ruolo, sia che ne siamo coscienti o no. Infatti, la ribellione o l’allontanamento dalla società sono reazioni estreme che avvengono solo quando le circostanze provocano tensioni insopportabili nelle relazioni interpersonali. Avvengono per esempio dove esiste una sacca di povertà in una società benestante, dove i problemi abitativi impediscono un ambiente vivibile, dove una minoranza viene discriminata per qualche motivo o, nel caso degli studenti, laddove la situazione è complicata da un sistema estremamente conservativo e che per tradizione richiede che ci si sottometta spontaneamente.

Certo, anche in questi casi una generalizzazione tipologica della gioventù compie un’ingiustizia nei confronti degli individui interessati. Non solo evidenzia soltanto una parte del problema, ma ignora che ci sono grandi differenze nelle motivazioni individuali, che possono variare dalle sincere convinzioni e dal desiderio di una comunità più vivibile fino ad arrivare alla pura e semplice distruzione. Tuttavia, a causa del loro effetto negativo, si dovrebbero prendere in considerazione gli schemi comportamentali che conducono a quel fenomeno conosciuto come gap generazionale. Quando le persone subiscono dei torti che non vengono presi seriamente in considerazione dalle autorità, allora protestano e cercano sostegno tra coloro che si trovano nelle stesse circostanze. In uno studio sul pregiudizio razziale, lo scienziato sociale e psicoanalista Pearl King descrive in modo appropriato cosa accade in questi casi64 . Quando un individuo inizia a comportarsi diversamente da come ci aspettiamo, in genere suscita inconsapevolmente ansia, senso di colpa e aggressività. Pertanto, tendiamo a categorizzare le azioni in quanto tipiche di uno stereotipo come ad esempio “il giovane”, “il povero” o “il nero”, e di conseguenza, per definire certi fatti, sviluppiamo delle credenze stereotipate che sono del tutto o in parte errate.

La persona a cui si dirige questo tipo di pregiudizio non ha via d’uscita. Si tratta qui di una regressione a forme più primitive di comportamento sociale e interpersonale. Quando gli individui agiscono anche solo parzialmente in questo modo, incominciano a trattare gli altri come oggetti inanimati privi di sentimenti umani. Si accorcia il lasso di tempo in cui essi provano responsabilità verso le proprie azioni, cosicché le conseguenze sono ritenute responsabilità degli altri. La morale peggiora fino alla legge del taglione: chi non è d’accordo è un nemico. Il mondo e i rapporti sono vissuti in termini di opposti: tutto è bianco o nero, buono o cattivo. Per mantenere un certo livello di equilibrio psichico hanno un disperato bisogno di una persona o di un gruppo da colpevolizzare come origine di ogni male e disagio. Le loro principali difese o metodi di adattamento sono la proiezione, lo sdoppiamento e la negazione. Creano immagini stereotipate su cui proiettano tutti quegli aspetti di se stessi che non sono congruenti con l’immagine di sé che preferiscono. Tali immagini possono essere trasmesse velocemente attraverso i normali canali comunicativi e, con l’aiuto delle moderne tecniche di propaganda, possono essere diffuse in tutto il mondo in maniera rapida. Le osservazioni di King fanno luce sui processi alla base del gap generazionale. Questi processi sono operativi sia tra i giovani sia tra i rappresentanti dell’ordine costituito. Rafforzano l’iniziale sfiducia e ostilità tra i due ed escludono perciò la possibilità di un vero e proprio dialogo.


È un’immagine complessa, ma è così che si presenta la situazione umana. Cosa possiamo dedurre da tutto questo? Una cosa è chiara: da qualunque prospettiva la si guardi, torniamo sempre a occuparci del singolo essere umano, del suo sviluppo e del suo comportamento. Sembra essere questo l’argomento centrale, a cui sono collegati tutti gli altri aspetti. Non possiamo negare che la transizione verso una società postindustriale sta producendo una profonda crisi umana che potrebbe facilmente sfuggirci di mano. Senza dubbio coloro che hanno scelto come professione lo studio o la guida degli esseri umani devono coordinare gli sforzi in modo da raggiungere degli obiettivi ben pianificati. Soltanto in questo modo possono aiutare a ridurre l’attuale confusione dei valori e riorientare l’uomo, per quanto concerne la sua posizione e il suo ruolo.


Abbiamo sollecitato un’azione concertata basata su un repertorio comune di conoscenze sull’uomo e sul suo comportamento. Abbiamo discusso i problemi in gioco. Il campo della scienza si confronta con molti pregiudizi, conflitti e contraddizioni, così come avviene per qualunque altro settore dell’attività umana. Quando studiamo l’uomo poi la situazione diventa particolarmente confusa, da una parte per via della sua complessità e, dall’altra, per la sua estrema soggettività. L’unione di questi due fattori spesso conduce all’eccessiva semplificazione. Se la scienza moderna ci ha insegnato qualcosa, è che la verità è inafferrabile e nessun singolo approccio la può raggiungere. La cosa migliore che possiamo fare è cercare di convergere verso di essa partendo da diverse prospettive.


Nelle scienze umane ciò è possibile solo se si raggiunge il consenso su uno schema generale che dovrebbe fungere da matrice, per integrare le risultanze dei differenti approcci. Dovrebbe includere e spiegare tutti gli aspetti dello sviluppo umano, il comportamento e le relazioni con gli altri e con l’ambiente in generale, così come sono. Ciò significa che si deve realizzare una rete coerente di asserzioni relative alla personalità umana in quanto entità.


Quest’ultima può essere vista nell’evoluzione dell’interazione con l’ambiente, nel passaggio attraverso distinte fasi di sviluppo e nel conseguimento di comportamenti più complessi. Tale concezione riconosce la complessità dell’essere umano e del suo comportamento in culture e situazioni differenti. I risultati di tutti coloro che studiano il comportamento con approcci differenti possono dunque coordinarsi in un’immagine onnicomprensiva che soddisferà i requisiti della scienza. Questa è l’unica concezione dell’uomo che può essere d’aiuto per trovare soluzioni adeguate ai problemi sociali che abbiamo esaminato finora.


L’idea è di particolare importanza soprattutto in ambito educativo. Uno dei pregiudizi più forti nel campo delle scienze umane è quello sul bambino. La sua funzione fondamentale nella formazione dell’uomo continua a passare inosservata, anche se Maria Montessori iniziò a scrivere delle sue scoperte in questo àmbito nel 1909. Le sue osservazioni rivelarono che le caratteristiche legate al sistema di valori si sviluppavano attraverso l’attività spontanea del bambino in un ambiente preparato. Gli adulti devono aiutare il bambino ad agire liberamente in questo ambiente. Tale aiuto corrisponde ai bisogni primari inerenti allo schema di sviluppo e segue un proprio ritmo. La Dottoressa dimostrò che in queste condizioni il bambino è spronato dalla sua interiorità verso certe specifiche attività a cui si dedica con grande gioia e concentrazione. Queste ultime sono connesse alla formazione interiore di funzioni che solo in una fase successiva verranno integrate e appariranno come caratteristiche manifeste.


L’obiettivo dell’educazione montessoriana è la formazione dell’intera personalità del bambino. All’inizio, il bambino lavora soprattutto in maniera indipendente, osservando però cosa fanno gli altri attorno a lui, soprattutto i bambini più grandi. Di lì a poco inizia a collaborare con gli altri. I bambini più grandi partecipano alle attività dei più piccoli e li aiutano in un modo così spontaneo che entrambi ne traggono piacere. La cooperazione sostituisce la competitività, e ciò rafforza il sentimento di sicurezza dei bambini e li stimola a esplorare ulteriormente il loro mondo. Il rispetto per gli altri e per l’ambiente è la naturale conseguenza della libertà provata dentro a una comunità.

È interessante notare come gli scienziati sociali ritengono fondamentali per il benessere e lo sviluppo umano quelle caratteristiche che spesso contraddistinguono le scuole montessoriane. In un elenco di proprietà dei sistemi biosociali e socioculturali, Eric Trist menziona l’autoregolazione, l’integrazione, l’indipendenza, l’interdipendenza, la coordinazione e la cooperazione come fondamenti del benessere e della maturazione, l’adattabilità a un apprendimento esteso, un aumento della cultura e l’espansione dell’ambiente65 . Poiché tutte queste proprietà sono promosse esplicitamente dall’educazione montessoriana, di certo essa merita un’attenta considerazione nella ricerca dei mezzi migliori per preparare i cittadini di domani. Come scrisse la Montessori in uno dei suoi ultimi libri:

Uno dei lavori più urgenti nella ricostruzione della società è la ricostruzione dell’educazione … allora apparirà … il “bambino superiore”, coi suoi poteri meravigliosi che oggi rimangono nascosti; … il bambino che è destinato a formare una umanità capace di comprendere e di controllare la presente civiltà.66

L'educazione come aiuto alla vita
L'educazione come aiuto alla vita
Mario M. Montessori Jr.
Comprendere Maria Montessori.Un affascinante sguardo sulla personalità di Maria Montessori, sulla sua filosofia educativa e sul ruolo dell’educazione nella formazione della personalità. L’educazione come aiuto alla vita offre un affascinante sguardo sulla personalità di Maria Montessori e sulla sua filosofia educativa relativa alle tematiche della crescita e dello sviluppo del bambino.  Un’opera indispensabile per chiunque desideri comprendere appieno la visione che la pedagogista aveva del bambino e la portata delle sue idee in un mondo in continua trasformazione. Mario M. Montessori Jr. esamina le idee di Maria Montessori sul lavoro a scuola e, allo stesso tempo, espone il significato profondo e il corretto uso dei materiali di sviluppo; espone le idee sul ruolo dell’educazione nella formazione della personalità e la relazione degli uomini con il cosmo. Di particolare rilievanza, infine, è l’accostamento del metodo Montessori con la psicanalisi e, più in generale, con la psicologia moderna. Forse il risultato più straordinario del suo approccio [di Maria Montessori] è stata l’intensità con cui i bambini partecipavano alle attività. Veniva coinvolta tutta la loro personalità, ed era evidente che provavano quel genere di piacere e soddisfazione che si prova solo quando vengono appagati i bisogni primari. L’obiettivo delle attività non poteva trovarsi nel mondo esterno, ma nei bambini stessi. Stavano formando la loro personalità, costruendo gli uomini e le donne che un giorno sarebbero diventati…Mario M. Montessori Jr. Conosci l’autore Mario M. Montessori Jr., figlio di Mario M. Montessori Sr., è uno dei quattro nipoti di Maria Montessori.Psicoanalista, visse in Olanda e ricoprì la carica di Vicepresidente dell’Associazione Psicoanalitica Internazionale. Fin dalla nascita assorbì le idee educative di sua nonna, fungendo spesso lui stesso da oggetto delle sue osservazioni.Una volta laureato in Psicologia, lavorò non solo con gli adulti, ma anche con i bambini e gli adolescenti; queste esperienze lo convinsero che la filosofia sull’educazione alla pace propugnata da sua nonna avrebbe potuto contribuire in maniera significativa alla costruzione di un mondo più pacifico, in cui l’uomo avrebbe vissuto in armonia con il suo ambiente.