capitolo 6

L’educazione in un mondo che cambia

Quando consideriamo l’umanità nel suo complesso, sembra chiaro che l’uomo non si adatti così facilmente ai cambiamenti, persino a quelli che lui stesso ha prodotto. Eppure, l’uomo è orgoglioso del suo libero arbitrio, della sua libertà di scelta e della sua indipendenza. Ha inoltre una maggiore capacità di adattamento rispetto agli animali, oltre che a un’intelligenza superiore che lo rende capace di imparare attraverso l’esperienza. Ma nella pratica, questo non è poi così ovvio: in tutto il mondo dilagano l’egocentrismo, l’intolleranza, il pregiudizio, l’ostinazione, la ristrettezza di vedute, il conformismo e la confusione morale e intellettuale.


Tali circostanze, unite alla costante accelerazione del progresso tecnico e alla sempre crescente concentrazione della popolazione nelle nuove aree industriali, di certo non favoriscono uno sviluppo armonioso della personalità. La lotta per la vita è decisamente peggiorata e le tensioni tra i rapporti interpersonali sono aumentate. L’automazione del lavoro va di pari passo con la crescente specializzazione, che tende a impedire una visione globale del settore in cui si lavora. L’individuo è alla ricerca di obiettivi facilmente raggiungibili. La dedizione al lavoro è minacciata dall’esca della remunerazione, che diventa poi fine a se stessa. La competizione è aumentata e i rapporti sono diventati più superficiali e accidentali. La burocrazia ha ristretto fortemente la libertà personale e l’uomo è diventato soltanto un numero. Ciò diminuisce il suo senso di responsabilità verso la comunità e le strutture politiche; l’uomo diventa così sempre più solo.


Sopravvivere in questo mondo turbolento e in continuo cambiamento è talmente difficile che anche la capacità dell’uomo di amare ed essere generoso sembra cedere il passo alla sete di potere, all’opportunismo e all’ipocrisia. I valori tradizionali e gli schemi comportamentali istituzionalizzati non forniscono più norme adeguate, sebbene cerchino di aderirvi, e ciò comporta una crescente discrepanza tra le motivazioni consce e inconsce.

Nel 1947, in una conferenza che all’epoca venne considerata memorabile, ma che oggi forse è già stata dimenticata, Maria Montessori descriveva lo stallo che ora minaccia l’umanità40 . Sosteneva che viviamo in un mondo nuovo, un mondo che è stato costruito nel secolo scorso con sorprendente rapidità, attraverso la cooperazione di uomini intelligenti e grazie all’aiuto delle macchine. Questo mondo non era stato ideato dall’uomo in maniera consapevole; egli era il primo infatti a esserne sorpreso. Ciononostante, oggi l’umanità è unita da interessi comuni, e per casa non si intende più una nazione specifica ma l’intero pianeta. Una volta l’unità degli uomini era solo ideale, ma ora gli sviluppi esterni stanno creando un’unità reale di interessi materiali e gettano quindi le basi per la realizzazione di quell’ideale spirituale.

Questo sorprendente successo non ha però il sapore di un trionfo. Sembra piuttosto una tremenda minaccia poiché lo sviluppo umano non è stato al passo con il progresso tecnologico. L’uomo non è consapevole che la sua posizione nel mondo che lo circonda è cambiata e perciò continua a nutrire tutti quei pregiudizi radicati dentro di sé nel corso della storia.


È evidente la necessità di aiutare l’uomo verso una maggiore consapevolezza e una nuova forma di adattamento nei confronti del mondo in cui vive. Che sia un conquistatore o un conquistato, nella nostra epoca egli resta sempre schiavo del proprio ambiente. Raramente, sempreché sia mai successo in passato, ha raggiunto un senso di impotenza così grande. Oggi viviamo tutti nell’incertezza e nella paura; siamo prigionieri, sebbene non siamo disposti ad ammetterlo, e di conseguenza ripetiamo il solito ritornello “tutti a favore della libertà e dell’indipendenza”. La vera libertà sarà possibile soltanto quando verrà ripristinato l’equilibrio tra uomo e ambiente; in altre parole, quando l’uomo avrà sviluppato nuovi valori e avrà maggiore padronanza del proprio ambiente. Solo allora sarà in grado di rompere le catene con cui si è imprigionato e sviluppare un solido orientamento di fronte alle nuove circostanze del mondo.

Maria Montessori presentò queste idee nel 1947. Oggi è fin troppo chiaro quanto sia difficile per gli adulti cambiare opinione, figuriamoci cambiare stile di vita. È solo quando si studia lo sviluppo dell’uomo che si nota la sua capacità di adattamento e la sua flessibilità mentale. I bambini hanno speciali potenzialità che li rendono in grado di raggiungere l’autorealizzazione attraverso l’interazione con l’ambiente. All’inizio lo fanno diventando tutt’uno con l’ambiente. Da adulti, tale unità permette loro di raggiungere la libertà all’interno del loro mondo. In questo primo periodo si formano tutti gli schemi comportamentali e gli atteggiamenti primari verso se stessi, gli altri e l’ambiente. Secondo la Dottoressa, dato che l’uomo è nato in diversi periodi della storia, ai quali si è sempre dovuto adattare, è imperativo che il proprio essere debba prima di tutto ricevere e raccogliere, fino a quando non vengano gettate le basi per adattarsi specificamente all’ambiente del momento storico in cui è nato. Perciò, il primo anno di vita sembra un periodo di attività eccezionale, dove tutto l’ambiente viene assorbito dalla psiche. Nel secondo anno, il bambino si avvicina al suo completamento fisico; i suoi movimenti diventano definiti. Ciò dimostra con chiarezza come, secondo lo schema naturale di sviluppo, i movimenti siano determinati dalla vita psichica41 .

Tuttavia, i bambini hanno bisogno anche della guida degli adulti; il loro sviluppo in personalità indipendenti e mature dipende dall’educazione. È un errore pensare che questo sviluppo avverrà spontaneamente, o che i tratti della personalità considerati necessari per comportarsi in modo equilibrato all’interno di una comunità appaiano solo durante l’adolescenza. Prima che tali tratti si manifestino è necessario un lungo e indiretto processo di preparazione. Le esperienze personali realizzate nei primi anni dell’infanzia determinano il ruolo che rivestono nella personalità matura, così come le modalità attraverso cui sono espresse.


Dato che gli schemi primari del comportamento umano non sono determinati dall’ereditarietà, come accade per gli animali, i bambini devono svilupparli attraverso le attività. Sin dall’inizio, si sforzano di raggiungere degli obiettivi personali, ma per realizzarsi dipendono dalle possibilità offerte dall’ambiente. La realtà impone delle restrizioni riguardo a ciò che si può fare, gli educatori postulano delle norme, la vita sociale prescrive specifiche regole di comportamento, la società si aspetta diverse competenze e conoscenze dai suoi membri, e i loro stessi corpi hanno esigenze proprie.


Inoltre deve essere preso in considerazione lo schema di sviluppo inerente alla formazione dell’uomo, che guida dall’interno l’individuo verso la maturità. Ciò si manifesta sotto forma di bisogni interiori, che differiscono a seconda del livello di maturazione, e che indirizzano la personalità verso specifici oggetti, attività ed esperienze necessarie per uno sviluppo e un adattamento sani. Tali bisogni servono a mantenere l’equilibrio tra l’unità psicosomatica della persona e il suo ambiente.

Tutti questi bisogni fisiologici e psicologici interiori sono definiti dal professor A.A. Schneiders del Boston College fattori motivanti, intrinsecamente determinati, del comportamento umano. Sostiene inoltre che siano di grande importanza per lo sviluppo armonioso della personalità42 . L’esistenza di fattori così diversi nello sviluppo della personalità impedisce la prevenzione di conflitti; di per sé questo non è dannoso, a patto che si cerchino delle soluzioni capaci di raggiungere un’ulteriore integrazione e ampliamento della coscienza.


In questo campo l’aiuto dell’educazione è indispensabile. Per esempio, la lotta per l’indipendenza è una caratteristica fondamentale dell’uomo che si manifesta a partire dalla giovinezza e che continua con il passare del tempo, purché il bambino si senta sufficientemente al sicuro. Se in tale fase ai bambini viene richiesto troppo o troppo poco, essi non faranno alcuno sforzo per ottenere l’indipendenza. La crescita fisica prosegue, ma essi continuano a essere insicuri e a dipendere dagli altri, persino da adulti.


In una conferenza alcuni anni fa agli insegnanti delle scuole secondarie, ho discusso un altro aspetto di questo problema – l’emergere di bande e di delinquenza giovanile tra i giovani che vengono abbandonati a se stessi nel cammino verso l’indipendenza. Né i genitori né le scuole sembrano essere in grado di offrire loro l’aiuto necessario per orientarli nel mondo43 . Anni fa, J. Edgar Hoover, il primo direttore dell’FBI, affermò che il crescente numero di delinquenti minorenni sarebbe stato pericoloso per il futuro del paese. Più di recente, in Inghilterra è stato pubblicato un rapporto sull’aumento, tra i giovani, dell’incidenza di malattie sessualmente trasmissibili. L’inchiesta sottolineava come il lassismo e l’indifferenza dei genitori nei confronti dell’educazione dei propri figli era uno dei fattori determinanti.

L’atteggiamento dei genitori verso i bambini nella prima infanzia, così come durante la pubertà, è senza dubbio un fattore molto importante nel determinare il futuro atteggiamento verso se stessi e gli altri esseri umani. La prima fase della vita è di grande importanza perché è proprio allora che nell’inconscio avviene lo sviluppo della personalità ed è proprio lì che si gettano le basi per realizzare un’ulteriore individuazione.


Queste intuizioni provengono dal pionieristico lavoro di Sigmund Freud, la cui teoria della personalità ad oggi può essere considerata una delle più influenti e onnicomprensive al mondo. La psicoanalisi ha portato alla luce caratteristiche fondamentali sullo sviluppo umano, in precedenza sconosciute, e perciò ha contribuito significativamente a una migliore comprensione delle dinamiche inconsce inerenti alla nascita della personalità. Il modello che si è costruito a partire da tale contributo indica sia la continuità sia la successiva varietà dello schema primario di sviluppo. Allo stesso tempo prende in considerazione i fattori determinanti del comportamento a livello psicologico e biologico. La psicoanalisi non solo ha stabilito l’influenza della situazione infantile nella formazione del carattere, ma ha anche dimostrato come persistano nella personalità adulta gli schemi di adattamento stabiliti in questa fase iniziale, anche se si dimostrano inadeguati per affrontare le situazioni offerte dalla vita adulta.


Più e più volte è stato dimostrato il ruolo decisivo delle esperienze infantili e delle reazioni emotive. Attualmente, è accettato dalla maggior parte delle teorie della personalità, anche se ci sono delle opinioni molto diverse sulla natura e sull’interpretazione dei risultati. Le seguenti idee sono in genere piuttosto condivise. La prima afferma che il modo in cui un bambino si confronta con diversi metodi di educazione e di assistenza infantile ha un effetto duraturo sulla personalità. La seconda sostiene che l’insicurezza e la paura provate dal bambino nel momento in cui gli viene impedito, in modo troppo severo o brusco, di soddisfare il suo desiderio di cibo, conforto, protezione o amore, ha un effetto particolarmente negativo. Ciò può portare a un profondo atteggiamento di sfiducia nelle altre persone e nel mondo in generale. La terza ritiene che l’elemento più importante sia il rapporto genitore-figlio che si instaura durante il periodo di sviluppo, specialmente nei primi tre anni di vita.


A questo proposito vorrei esaminare alcuni dei problemi più comuni, le cui conseguenze si ripercuotono sulla personalità adulta. Il rifiuto dei bambini può portare nella vita adulta a uno stato di incertezza e autosvalutazione, spesso accompagnata da ostilità, ribellione e altri comportamenti negativi, oppure può sfociare in apatia e indifferenza. La loro capacità di dare e ricevere amore sarà sempre problematica. Un’eccessiva protezione materna, se troppo accondiscendente, può portare a egoismo, egocentrismo, irresponsabilità e poca tolleranza di fronte a una frustrazione; se troppo dominante, può causare sottomissione, goffaggine, mancanza di iniziativa e passiva dipendenza. In entrambi i casi, bisogna aspettarsi una forte ambivalenza nei rapporti con il sesso opposto: una disciplina troppo rigida può stimolare un atteggiamento di conformismo o di ribellione; una disciplina discontinua o inadeguata può indebolire l’autocontrollo e l’abilità di prendere certe decisioni o di confrontarsi con le quotidiane difficoltà della vita.

Un atteggiamento autoritario e intollerante dei genitori nei confronti del comportamento dei figli in genere aumenta il senso di colpa e i conflitti di coscienza e così è alta la probabilità che i bambini sviluppino una personalità rigida. Le teorie della personalità fino ad oggi accettate prendono anche in considerazione i rapporti familiari, la posizione del bambino nella famiglia, la rivalità tra fratelli e la situazione educativa generale, tutti fattori che si ritengono capaci di influenzare lo sviluppo della personalità44 .

Si potrebbero fornire molti altri esempi del fatto che la psicologia moderna considera l’adeguata gratificazione dei bisogni interiori come indispensabile per lo sviluppo ottimale della personalità. Questi bisogni non riguardano solo il cibo, il riposo e l’affetto, ma anche l’incoraggiamento, l’autosviluppo, l’esplorazione, l’indipendenza e il senso di responsabilità. Esistono opinioni differenti sulle modalità attraverso cui questa gratificazione dovrebbe avvenire, ma da tutti ormai è accettata la sua necessità per raggiungere uno sviluppo sano.


Tali idee sono del tutto conformi ai principi montessoriani. Sembrerebbe dunque utile per altri educatori studiare questi principi, a prescindere dalle eventuali differenze di opinione nelle loro applicazioni pratiche. Il metodo di per sé non è di particolare importanza. Ciò che è essenziale è prendere atto che l’educazione svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo della personalità. È essenziale dare forma, contenuto e direzione all’esistenza personale. Questa funzione educativa può essere realizzata in modo efficace solo da educatori guidati dalla conoscenza dei bisogni interiori che determinano lo sviluppo umano, e solo se si prende in considerazione l’influenza dell’educazione inconscia.


Nella nostra epoca, soprattutto alla luce della necessità di collaborare per la costruzione di un’era nucleare pacifica, non possiamo ignorare la responsabilità di educare adeguatamente i nostri figli. Non è un compito semplice, ma dobbiamo sforzarci di farlo. Anche se viviamo in un mondo di contraddizioni, nonostante tutto esso sta diventando rapidamente un mondo condiviso. Di conseguenza, siamo sempre più coinvolti in una crescente numero di contesti sociali poiché entriamo in contatto con idee, abitudini, stili di vita e valori che differiscono dai nostri. Come possono orientarsi i giovani in un mondo dove sono sopraffatti da opinioni incoerenti, stimoli artificiali, minacce di guerra, filosofie materialistiche e doppi criteri morali; quando sono circondati da adulti che spesso non li capiscono, perché loro stessi non riescono ad adeguarsi ai cambiamenti troppo rapidi, che sono troppo impegnati per preoccuparsene o che si soffermano solamente sull’immaturità dei giovani senza fornire una visione costruttiva per guidarli; quando le fonti di ispirazioni più scontate sono la televisione e gli eccentrici prodotti delle industrie specializzate nel mercato giovanile, che fanno leva sugli aspetti più superficiali del loro essere ancora così instabile?


Non stupisce che, sulla soglia dell’età adulta, i giovani tendano a ritirarsi dalla partecipazione responsabile in questa realtà caotica, a rifugiarsi in un mondo creato da loro stessi, un mondo che riflette la loro inesperienza, immaturità e la loro vita emotiva labile. Questo fenomeno ha un che di dimostrativo, persino di provocatorio, come se il giovane volesse dire “Se non vi preoccupate per noi, allora ci affermeremo a modo nostro”. Ciò spesso si trasforma in un tentativo forzato di raggiungere l’età adulta, al punto da mettere al mondo bambini che non sono in grado di allevare. Così cresce il numero di persone squilibrate nella nostra cultura. Non abbiamo il diritto di dissociarci da questi fenomeni, dai “giovani d’oggi”. La differenza tra noi e loro non risiede affatto nella giovinezza, ma nelle circostanze in cui stanno crescendo. Siamo noi adulti i responsabili di queste circostanze, e quindi delle loro conseguenze. È nostro compito cercare i mezzi che permetteranno agli adulti di domani di vivere in pace con se stessi e con il mondo.


L’educazione dovrà comunque dedicarsi allo sviluppo dei cittadini del mondo. La concezione di “educazione cosmica”, che la Montessori introdusse in occasione del Convegno Montessori Internazionale di Pasqua, tenutosi ad Amsterdam nel 1950, e di cui parlerò nel capitolo 8, venne pensata come un contributo in questa direzione. All’epoca l’idea non venne accolta; a quanto pare i tempi non erano maturi per una riforma così importante, ma forse il mondo di oggi è più propenso ad accettarla. L’interdipendenza tra le nazioni è in constante aumento; le fortune e le avversità di uno stato si riflettono negli altri, ed è sempre più evidente l’esigenza di accettare l’idea di una comunità mondiale.


Chi è consapevole di questa situazione dovrebbe offrire alle future generazioni sia una visione del destino collettivo dell’umanità sia una più adeguata preparazione in vista di una cooperazione attiva per promuovere interessi comuni. Abbiamo già dimostrato che gli adulti non cambiano facilmente idea e che l’uomo è incapace di stare al passo con i cambiamenti eccessivamente rapidi derivati dalle sue stesse invenzioni. Solo una minoranza della popolazione mondiale è abbastanza matura per usare queste invenzioni in modo costruttivo. Tutto sommato, la nostra situazione può essere paragonata a quella di un bambino squilibrato che ha tra le mani una pistola carica. Ricercando il progresso, l’uomo ha ignorato il proprio sviluppo.

In merito a ciò Maria Montessori disse che l’uomo non ha ancora costruito le stesse difese spirituali che l’igiene prescrive per il corpo: non è stato fornito alcun supporto scientifico per aiutare l’adattamento ai profondi cambiamenti degli stili di vita. Mentre sulla terra si concentra sulle ricchezze e sul potere, l’uomo ha trascurato la suprema energia del proprio intelletto45 .


La precisione delle sue parole è ben esemplificata dalla concisa e brillante descrizione, offerta da Jacques Barzun, della nostra cultura democratica, soprattutto per quanto riguarda la degradazione dell’intelletto umano46 . C’è perciò un impellente bisogno che il pensiero scientifico non si concentri solamente sulle qualità del mondo oggettivo. Si dovrebbe concedere pari attenzione allo studio delle forze che determinano il comportamento soggettivo, le quali sono in gran parte ancora sconosciute. Poi possiamo iniziare a sperare di scoprire nuovi modi per affrontare in maniera efficace il mondo in continuo cambiamento.

La situazione si complica a causa della rapidità con cui le scienze umane si sono sviluppate ed espanse, cosa che ci permette di avere pochissime certezze. Allo stesso tempo, però, la società richiede certezze in misura sempre crescente. Gli scienziati sono perciò messi sotto pressione; devono comportarsi come autorità mentre ogni giorno si confrontano con la scarsità delle loro conoscenze verso i propri oggetti di studio.


Non è così semplice decifrare il comportamento umano. Non solo ci sono molti fattori che lo determinano, ma anche l’indefinitezza e la fluidità della vita psichica, così come l’irraggiungibilità dei suoi aspetti spirituali rendono difficile la ricerca scientifica. Bisogna poi affrontare la mancanza di distanza tra il soggetto e l’oggetto (che in questo caso coincidono). Non è un caso che le scienze empiriche ci abbiano messo così tanto prima di rivolgere la propria attenzione allo studio della vita interiore dell’uomo.


In questo vasto campo di attività, forse in parte anche a causa della velocità di sviluppo degli ultimi decenni, troviamo la stessa situazione presente nel la società in generale. La crescente specializzazione ha reso difficile per gli scienziati ottenere una visione complessiva del loro campo di studi; pertanto, sono inclini a ritirarsi nella loro piccola area di competenza e ignorare o scagliarsi contro i risultati dei colleghi. E proprio per questo, spesso i risultati mancano di uno scopo integrativo, come se fossero delle barche trasportate dal crescente flusso di problemi pratici. A volte si scontrano, altre sono aiutate dalla scia altrui, ma ciò che davvero accade è che si muovono senza scopo, dando spesso una generale impressione di pseudoscienza.

Questa insoddisfacente situazione rende evidente il bisogno di integrazione. Sempre più scienziati stanno diventando consapevoli del destino comune dei loro sforzi, e perciò è sempre più forte la volontà di cooperare per creare “una scienza onnicomprensiva dell’uomo”47 . Questa cooperazione, in parte a causa della scarsità di comunicazione, fatica a vedere la luce; di fatto, non molto ne è scaturito. Ciò è vero anche per singole discipline e sottodiscipline. È vero anche in ambito educativo, e soprattutto nella psicologia dello sviluppo, che non è altro che un termine generale che racchiude al suo interno una grande varietà di opinioni e risultati48 .

Ho sottolineato come la visione di Maria Montessori dell’uomo sia l’aspetto più prezioso e scientificamente proficuo della sua eredità spirituale. Credo sia un punto chiave da cui partire per un nuovo studio dell’uomo; è proprio lì che possiamo trovare un catalizzatore per quella cooperazione di cui ho parlato prima, specialmente come servizio all’educazione. Ritengo che lo studio dell’uomo dovrebbe riguardare prima di tutto l’infanzia, quando l’esistenza è contraddistinta da un’apparente impotenza che in realtà nasconde una grande attività interiore. L’essenza di ciò che viene creato dall’attività interiore ci sfugge. Tuttavia, è più importante di tutte le successive conquiste.


Durante l’infanzia, l’essere umano possiede delle potenzialità specifiche la cui natura ci è sconosciuta, ma i cui effetti hanno sorpreso molti scienziati. Le scoperte di Maria Montessori e Sigmund Freud hanno contribuito significativamente alla nostra comprensione dell’uomo nella prima fase di sviluppo. Freud studiò le forze inconsce e le loro manifestazioni negli adulti disturbati a livello emotivo all’interno di una speciale situazione terapeutica; la Montessori studiò il comportamento manifesto di bambini normali in una speciale situazione pedagogica. Entrambi cercarono di spiegare i fenomeni che osservavano ed entrambi trovarono degli schemi generali di sviluppo dell’essere umano. In sostanza, questi sembrano confermarsi e completarsi a vicenda.


Negli anni successivi il pensiero psicoanalitico si è spostato verso lo studio dello sviluppo normale. Dato che fu questo il punto di partenza dell’educazione montessoriana, è plausibile che in futuro ci sia una maggiore collaborazione tra le due discipline, poiché in ogni caso hanno molti principi in comune. Dovremmo iniziare da questi ultimi e adattare i nostri obiettivi educativi in base agli schemi di sviluppo scoperti. Così daremo all’educazione un più ampio ambito di applicazione, e cioè quello di aiutare a formare l’uomo; e questo sin dall’inizio della vita. Alcuni saranno del parere che ci vorrà troppo tempo per far sì che un metodo del genere abbia un risvolto pratico davanti ai problemi che l’educazione di oggi è chiamata ad affrontare, ma tutti ci dovremmo ricordare che lo stimolo alla base dell’attuale progresso tecnologico non è stato lo studio del macrocosmo. È stato lo studio del microcosmo, di particelle troppo minuscole per essere scorte a occhio nudo.

Le forze che si trovano dentro all’atomo, per secoli sconosciute all’uomo, sembrano essere così potenti che gli permetteranno di visitare altri pianeti o di autodistruggersi del tutto. È così strano allora ipotizzare che lo studio delle forze ancora misteriose della mente, che permettono al bambino piccolo di realizzare nella sua interiorità le basi della sua esistenza, possano rivelarsi positive per lo sviluppo dell’uomo? Non penso proprio. E nemmeno lo pensava Maria Montessori, e come lei, molti altri49 .

Sono del parere che l’educazione può aiutare a risolvere l’attuale situazione di stallo solo se mette da parte le tradizionali preoccupazioni relative all’insegnamento di competenze e al trasferimento di conoscenze. Il suo obiettivo, invece, dovrebbe essere quello di aiutare gli schemi di base a guidare l’uomo dall’interno, così da rendere possibile uno sviluppo equilibrato. Solo in questo modo l’uomo moderno potrà sviluppare una personalità flessibile e sufficientemente forte per affrontare i complessi requisiti di un mondo in rapido cambiamento.

L'educazione come aiuto alla vita
L'educazione come aiuto alla vita
Mario M. Montessori Jr.
Comprendere Maria Montessori.Un affascinante sguardo sulla personalità di Maria Montessori, sulla sua filosofia educativa e sul ruolo dell’educazione nella formazione della personalità. L’educazione come aiuto alla vita offre un affascinante sguardo sulla personalità di Maria Montessori e sulla sua filosofia educativa relativa alle tematiche della crescita e dello sviluppo del bambino.  Un’opera indispensabile per chiunque desideri comprendere appieno la visione che la pedagogista aveva del bambino e la portata delle sue idee in un mondo in continua trasformazione. Mario M. Montessori Jr. esamina le idee di Maria Montessori sul lavoro a scuola e, allo stesso tempo, espone il significato profondo e il corretto uso dei materiali di sviluppo; espone le idee sul ruolo dell’educazione nella formazione della personalità e la relazione degli uomini con il cosmo. Di particolare rilievanza, infine, è l’accostamento del metodo Montessori con la psicanalisi e, più in generale, con la psicologia moderna. Forse il risultato più straordinario del suo approccio [di Maria Montessori] è stata l’intensità con cui i bambini partecipavano alle attività. Veniva coinvolta tutta la loro personalità, ed era evidente che provavano quel genere di piacere e soddisfazione che si prova solo quando vengono appagati i bisogni primari. L’obiettivo delle attività non poteva trovarsi nel mondo esterno, ma nei bambini stessi. Stavano formando la loro personalità, costruendo gli uomini e le donne che un giorno sarebbero diventati…Mario M. Montessori Jr. Conosci l’autore Mario M. Montessori Jr., figlio di Mario M. Montessori Sr., è uno dei quattro nipoti di Maria Montessori.Psicoanalista, visse in Olanda e ricoprì la carica di Vicepresidente dell’Associazione Psicoanalitica Internazionale. Fin dalla nascita assorbì le idee educative di sua nonna, fungendo spesso lui stesso da oggetto delle sue osservazioni.Una volta laureato in Psicologia, lavorò non solo con gli adulti, ma anche con i bambini e gli adolescenti; queste esperienze lo convinsero che la filosofia sull’educazione alla pace propugnata da sua nonna avrebbe potuto contribuire in maniera significativa alla costruzione di un mondo più pacifico, in cui l’uomo avrebbe vissuto in armonia con il suo ambiente.