capitolo 5

Montessori e il
processo educativo

Prendiamo ora in considerazione il processo educativo all’interno dello specifico ambiente scolastico. Dai capitoli precedenti dovrebbe essere chiaro che la scuola è solo un aspetto di tale processo nel pensiero di Maria Montessori. Il suo approccio è basato sull’idea rivoluzionaria che l’educazione ha un ruolo indispensabile nella formazione dell’uomo. Senza alcun tipo di interazione con un essere umano per mezzo del quale viene trasmesso un minimo di dati culturali, un neonato non può completare lo sviluppo di base necessario per diventare un individuo della sua specie. Questa concezione determina lo scopo e i principi generali dell’educazione montessoriana.


L’obiettivo è offrire un aiuto adeguato allo sviluppo dell’essere umano in crescita. L’educazione incomincia dalla nascita e riguarda perciò i genitori e tutti gli adulti che si prendono cura di un bambino nei vari ambienti in cui cresce. Dovrebbe essere indirizzata verso il futuro e dovremmo prendere in considerazione l’intero continuum di crescita quando stabiliamo i suoi obiettivi. Inoltre, per essere scientifica, l’educazione dovrebbe basarsi su una teoria dello sviluppo.

Quest’ultimo punto, che può sembrare evidente di per sé, di fatto ancora oggi viene poco compreso dagli educatori ed è lontano dall’essere applicato in maniera completa. Negli Stati Uniti l’unico programma in cui mi sono imbattuto che abbia questo tipo di approccio è quello della professoressa Helena Miller dell’ Università Duquesne24 . Lo trovo promettente perché non è il risultato di una semplice teorizzazione. Deriva invece da un’esperienza di insegnamento durata ventisette anni nei confronti di “studenti di ogni età e strato sociale, in ogni tipo di scuola”.


La tecnica usata per educare i bambini deve essere quella dell’amore. Ovviamente, non uso questa parola nel senso sentimentale del termine, ma per designare la più potente delle emozioni che attrae gli esseri umani e li fa relazionare con persone e oggetti capaci di gratificare i loro bisogni più importanti. L’approccio psicoanalitico nei confronti dell’educazione è basato su un principio simile e raggiunge simili conclusioni.


Per esempio:

  • La buona educazione segue lo sviluppo del bambino.

  • Il rapporto emotivo con l’educatore è un aspetto centrale dell’educazione. Tutto ciò che lo favorisce, favorisce anche l’educazione.

  • La capacità del bambino di tollerare le tensioni può accrescere soltanto se la tensione non supera mai ciò che il bambino può sopportare.

  • Il progresso da una fase dello sviluppo a una successiva è ottimale quando vi è stata sufficiente gratificazione: né troppa, né troppo poca.

  • Un buon educatore dovrebbe avere un atteggiamento positivo nei confronti della vita istintiva del bambino e capire il suo potenziale di sviluppo.

  • Un buon educatore offre al bambino il materiale adatto al suo sviluppo e nel momento in cui è più pronto a rispondere.

  • In ambito educativo si dovrebbero evitare segreti25

L’oggetto dell’educazione è un’entità nel processo di diventare un essere umano. L’educazione non dovrebbe focalizzarsi su funzioni, facoltà o competenze speciali, ma sull’intera personalità. La pianificazione educativa deve essere longitudinale, e cioè deve prendere in considerazione la continuità così come la discontinuità delle differenti sequenze di maturazione. Gli adulti devono stimolare e guidare l’attività spontanea dei bambini offrendo loro un ambiente che faccia leva sul bisogno di autorealizzarsi, e scoraggiando un comportamento che potrebbe bloccare tale processo. Il rispetto per la personalità del bambino e la fiducia nelle sue potenzialità interiori sono prerequisiti necessari per stabilire un’adeguata alleanza educativa.


L’aspetto dinamico dell’educazione scaturisce da un riconoscimento della relazione del bambino con il mondo. La comunicazione aperta con il mondo è un fattore fondamentale nel suo sviluppo, e ciò fornisce al concetto di adattamento una posizione centrale nel processo dell’educazione. Ne risulta un dinamismo a due vie che da una parte coinvolge l’esplorazione e l’adattamento al mondo esterno e dall’altra l’intuizione verso un’organizzazione del mondo interiore. Questi due aspetti dell’educazione sono interconnessi e sono il risultato dell’attività spontanea del bambino nel suo ambiente. Gli adulti sono i rappresentanti del mondo esterno, la più importante guida e fonte di informazione per il bambino. Anche i bambini più grandi hanno un ruolo molto importante in questa situazione.


L’aspetto situazionale dell’educazione coinvolge l’ambiente preparato. L’uomo non è nato con degli schemi comportamentali preimpostati ma con la capacità di formarli durante l’infanzia. Lo fa attraverso le proprie esperienze personali durante l’interazione con l’ambiente. Queste esperienze sono interiorizzate, e perciò strutturano il suo mondo interiore.

Le funzioni dell’ego, compresa l’intelligenza, si sviluppano in questo modo. Secondo Jerome Bruner, uno psicologo americano, la crescita intellettuale “dipende dall’interiorizzazione degli eventi in un ‘sistema di archiviazione’ che corrisponde all’ambiente. È questo sistema che fa sì che la crescente abilità del bambino vada al di là delle informazioni scoperte in una singola occasione. Lo fa tramite predizioni ed estrapolazioni prese da questo modello archiviato del mondo!”26. Il termine montessoriano per questo “sistema di archiviazione” è la mente assorbente.

Questo è un argomento molto significativo, spesso ignorato o frainteso. È di fondamentale importanza quando si decide quale tipo di aiuto è il più adeguato in relazione alla crescita intellettuale. È un’idea errata e molto comune quella di pensare che ai bambini, che sono privi di esperienza e incapaci di gestire le astrazioni, si dovrebbe offrire un’introduzione al mondo dividendolo in sezioni scelte da un adulto e realizzate su misura, iniziando con i pezzi dell’ambiente immediato e progredendo in cerchi sempre più grandi, verso situazioni maggiormente distanti e complesse.


Se viene seguito questo tipo di approccio, i giovani adulti, che dovrebbero essere pronti per iniziare a funzionare in modo indipendente nel mondo, avranno a disposizione una conoscenza molto limitata, casuale e arbitraria di esso. Purtroppo, tale situazione si verifica spesso.


Tuttavia, questo presunto modello non corrisponde al modo effettivo con cui i bambini possono essere osservati per acquisire conoscenza. I bambini piccoli imparano una grande quantità di cose senza un particolare sistema di insegnamento. Entro i tre o quattro anni, hanno già formato gli schemi di base della loro personalità e perciò sono pronti per fare un passo in avanti verso una maggiore indipendenza entrando in un ambiente nuovo, quello della scuola. Fino a quel momento, nessuno ha mai separato e ridotto in sezioni il mondo per far sì che i bambini lo digeriscano meglio. È dalla primissima infanzia che si confrontano con il mondo in generale e i loro “sistemi di archiviazione” sono ben riforniti. Quello che interiorizzano in un dato momento non è mai completamente nuovo. Vi è stata una precedente preparazione interna e indiretta.


La scelta di ciò che viene interiorizzato e le diverse attività coinvolte sono determinate da un bambino a partire dalla sua interiorità. Per esempio, nessuno saprebbe come insegnargli una lingua. Tra tutti i suoni presenti nel suo ambiente, come si potrebbe mostrargli in che modo si selezionano quelli del linguaggio, o come si potrebbe farlo esercitare con gli organi del linguaggio responsabili della produzione dei suoni, cosicché poi sia in grado di esprimerli per conto suo. Il bambino fa tutto questo e molto altro ancora, e lo fa senza aiuto. Perciò, deve essergli offerto ciò che gli è necessario o utile e poi deve essere lasciato libero di agire in maniera indipendente. Per designare questo processo, Maria Montessori usava inizialmente il termine autoeducazione.


Si possono mettere alla prova molti aspetti della personalità e fare alcune ipotesi, ma nessuno può prevedere quale sarà il destino di ciascun individuo. L’unica cosa che possiamo fare è offrire a ogni bambino l’opportunità di svilupparsi secondo le proprie potenzialità e acquisire nuove prospettive che faciliteranno l’esplorazione e l’interiorizzazione del mondo culturale che lo circonda. Questo è lo scopo dell’ambiente preparato, così come dei materiali Montessori.

Qualunque applicazione dell’educazione montessoriana trae significato da questi principi generali. Per mostrare come ciò possa contribuire al pensiero innovativo relativo al processo educativo nella scuola, ho scelto di partire dalle sezioni più significative della splendida relazione di Jerome Bruner, fatta in occasione della Woods Hole Conference, per discutere alcuni punti chiave.

Questa conferenza, che si tenne a Cape Cod nel 1959, venne indetta dalla National Academy of Science. Circa trentacinque scienziati di fama, ricercatori accademici ed educatori parteciparono ai dibattiti sui problemi dell’educazione moderna. Bruner, presidente della conferenza, pubblicò i risultati nel volume The Process of Education [Il Processo dell’Educazione, N.d.T.]27 . Confrontando le mie idee con quelle delineate da Bruner non seguirò lo stesso ordine di argomenti, ma i titoli sono i medesimi e indicano le porzioni del libro a cui si riferiscono.

La disponibilità all’apprendimento

In questo capitolo si afferma l’ipotesi secondo cui qualunque materia può essere insegnata in maniera efficace e tramite forme intellettualmente oneste a qualunque bambino, in qualunque stadio di sviluppo. Viene definita un’“ipotesi audace: non esiste prova che la smentisca, ma esiste un considerevole numero di prove che la sostengono”28 . Era di certo un’ipotesi audace nel 1907, quando Montessori iniziò a testare la disponibilità del bambino all’apprendimento, e il mondo rimase a bocca aperta davanti ai risultati che era stata capace di ottenere. Da allora, il suo originale esperimento è stato ripetuto ed elaborato nelle scuole di tutto il mondo. Quando si usano i metodi giusti, si notano ancora gli stessi risultati. Perciò non si dovrebbe più considerare la sua tesi un’ipotesi, né audace né di altro tipo. Tuttavia, è certo un segno di speranza il fatto che finalmente gli scienziati abbiano incominciato a prendere seriamente il suo lavoro.


Se ci si domanda perché ci sia voluto così tanto tempo, l’unica risposta possibile è che evidentemente esiste del pregiudizio nel regno della pedagogia e della psicologia dello sviluppo per quanto riguarda i bambini più piccoli. Questo per ora ha ostacolato il diffondersi di una riflessione scientifica su ciò che può essere osservato con indiscutibile chiarezza nelle scuole Montessori.


La presenza di un atteggiamento pieno di pregiudizi in questo campo scientifico venne confermata da J. McVicker Hunt, un importante psicologo americano dell’educazione, in un saggio chiamato The Psychological Basis for Using PreSchool Enrichment as an Antidote for Cultural Deprivation, [Il fondamento psicologico per usare l’arricchimento pre-scolastico come antidoto per la privazione culturale, N.d.T.]29 . Al suo interno, Hunt definiva sei “credenze” che avevano dominato il pensiero dei teorici della psicologia fino a metà degli anni ’60 e che avevano portato a conclusioni molto prevenute. Una di queste credenze era che i bambini in età prescolare non hanno raggiunto il livello di maturità necessario per comprendere certe idee fondamentali richieste da un tipo specifico di pensiero operativo. Qualsiasi tentativo di stimolare tale pensiero veniva visto come un sovraccarico intellettuale del bambino, e perciò causa di frustrazioni che in un secondo momento avrebbero inibito le sue prestazioni intellettuali. Di conseguenza, l’educazione progressista enfatizzava in modo eccessivo l’importanza della libertà, della fantasia, della “creatività” e dell’autoespressione.


Queste caratteristiche sono di vitale importanza per il bambino, ma devono essere integrate in un’impostazione più omnicomprensiva, dove altri aspetti della personalità, in particolare la crescita intellettuale, vengono presi in considerazione. Se quest’ultima viene ignorata, vengono trascurati i bisogni fondamentali dei bambini. L’esperienza psicoanalitica mostra che ciò tende a incoraggiare un comportamento aggressivo. Le frustrazioni vengono semplicemente spostate da un regno della funzione psichica a un altro, dalla sfera emotiva a quella cognitiva.


Non mi è chiara la ragione per cui è così difficile accettare che se la maturità è sufficiente da permettere ciò che Piaget chiama “operazioni concrete” può essere solo grazie a uno sviluppo interiore avvenuto nel periodo precedente. La cosa sorprende soprattutto se si sa che il bambino in quel periodo ha già sviluppato una quantità di funzioni attinenti all’intelligenza – niente appare dal nulla in un processo di sviluppo. Inoltre, ciò che viene acquisito nei primi sei anni di vita in termini di apprendimento diventa una caratteristica, che costituisce parte integrante della formazione della personalità, come hanno dimostrato tanto l’educazione montessoriana quanto la psicoanalisi.


Anche se Bruner non esclude la possibilità di istruire i bambini più piccoli, sembra incline a condividere la posizione della Scuola di Ginevra, che non tenta di farlo perché la sua ricerca ha mostrato che il bambino “preoperativo” (cioè il bambino in età prescolare) manca del concetto di reversibilità30 . Dato che questo concetto è indispensabile per comprendere le idee fondamentali che stanno alla base della matematica e della fisica, sarebbe inutile cercare di introdurre tali materie in quella fase. Bruner osserva che gli insegnanti in generale sono fortemente limitati quando si tratta di trasmettere concetti a un bambino preoperativo, anche nel caso in cui ciò avvenga in maniera molto intuitiva.

Entrambe le affermazioni possono essere vere, ma ho qualche obiezione da fare. La Scuola di Ginevra descrive correttamente lo sviluppo mentale del bambino in età prescolare come il risultato di una manipolazione del mondo da parte del bambino attraverso l’azione. Io sostengo che la manipolazione è evidentemente necessaria per ottenere l’esperienza da cui alla fine emerge il primo pensiero concettuale. Non avviene senza una precedente preparazione indiretta.


Questa è una delle scoperte fondamentali di Maria Montessori. È suo merito l’aver elaborato un modo per introdurre concetti fortemente astratti in un contesto concreto cosicché il bambino potesse esplorarli fin dall’infanzia. Queste risorse sono le astrazioni materializzate, che abbiamo già visto, cioè i materiali che isolano un principio o un concetto generale. Un bambino li manipola, li mette in pratica (cosa che adora fare) e allo stesso tempo, attraverso l’esperienza sensoriale e motoria, familiarizza con il principio o il concetto implicato. Gli vengono anche insegnate le condizioni relazionate con tale principio e questa esperienza accelera il suo progresso verso uno stadio successivo, quello del “pensiero operativo”31 .

La Scuola di Ginevra

È stupefacente come gli sviluppi successivi dell’educazione montessoriana siano stati ignorati dalla Scuola di Ginevra. Jean Piaget, il “grande vecchio” di questa scuola, conosceva molto bene Maria Montessori e non a caso negli anni ’30 era il presidente dell’Associazione Montessori Svizzera. Lavorò in gran parte sulla stessa linea di Montessori, basando il suo pensiero sull’osservazione diretta del comportamento dei bambini, prendendo in considerazione le sequenze di sviluppo che aveva osservato e l’interazione con l’ambiente (sebbene sono del parere che enfatizzasse troppo il ruolo di quest’ultimo).


Credo che l’eccessiva enfasi sia collegata a due elementi con cui non mi trovo d’accordo, nel quadro del suo contributo altrimenti davvero notevole. In primo luogo, Piaget sembra identificare ciò che è osservabile esteriormente nel comportamento del bambino o ciò che verbalizza, con quello che accade nel suo mondo interiore. Questo è un errore di molti altri scienziati ed è a mio avviso il risultato di un infelice pregiudizio.


Tanto per fare un esempio: la gran parte degli adulti non hanno coltivato il loro potenziale artistico al punto di poter disegnare un’immagine accurata e realistica di un’altra persona che conoscono molto bene. Ciononostante, sono abbastanza sicuro che possiedono tale immagine nella loro mente; esiste quindi un divario tra ciò che è nella mente e ciò che può essere espresso. Questo è soprattutto vero nei processi di apprendimento, quando ci si relaziona con qualcosa di sconosciuto in precedenza. In primo luogo vi è un’acquisizione passiva di nuove informazioni che vengono assimilate, ma che non sono ancora state interiorizzate; soltanto quando i dati diventano parte integrante di una persona, questa è in grado di usarli in maniera attiva. Per quanto attiene lo sviluppo, il processo è ancor più lungo. Qui, c’è una prima acquisizione inconscia dell’informazione che corrisponde a una particolare funzione che deve essere formata in un dato stadio della maturità. Possiamo perciò essere sicuri che i primi disegni del bambino raffiguranti delle persone non sono uguali all’immagine degli esseri umani presenti all’interno della sua mente. (Abbiamo tutti presente quel disegno di una specie di uovo da cui spuntano quattro bastoncini che dovrebbero rappresentare gambe e braccia, ognuna con cinque righe che indicano le dita delle mani e dei piedi, e che è sormontato da un uovo più piccolo, che serve per raffigurare la faccia, ed è ricoperto da segni elementari che stanno al posto di occhi, naso, bocca e capelli).


Succede dunque che il bambino ha percepito una grande quantità di persone. Ha elaborato le sue impressioni fino al punto che è in grado di ridurle a uno schema comune a tutte; che rispecchi, per così dire, la loro essenza. Questo disegno elementare è il risultato di un’astrazione, la quale è avvenuta in maniera inconscia, senza dubbio, ma è comunque avvenuta. Il prodotto non può essere usato per giudicare la capacità di astrazione della mente del bambino. Da ciò si può imparare qualcosa riguardo al modo in cui l’attività interiore si manifesta nel comportamento osservabile, ma non è la stessa cosa. La capacità di discriminazione sensoriale del bambino, la qualità della sua percezione della realtà, il suo senso delle proporzioni, la sua valutazione artistica delle rappresentazioni illustrate, in generale, non possono essere determinate da ciò che viene disegnato. Eppure questo è ciò che Piaget tende a fare con il materiale che raccoglie dalle sue osservazioni.

La mia seconda obiezione a Piaget è che poi egli procede a interpretare e categorizzare il materiale usando gli standard della logica degli adulti32 . Il sistema è perfetto ma l’immagine del bambino che ne risulta è distorta. In una delle sue pubblicazioni la Montessori esamina i risultati derivati dal giudicare il neonato a livello morfologico secondo gli standard degli adulti33 . Da questo punto di vista, è un mostro. La studiosa faceva notare come i pittori medievali e quelli successivi, ancora inconsapevoli delle differenze morfologiche tra adulti e bambini, raffiguravano quest’ultimi con le proporzioni degli adulti, sicché somigliavano a dei nani. Questi pittori erano molto abili nel percepire e riprodurre la realtà. Tuttavia, il pregiudizio sull’aspetto fisico dei bambini impediva loro di rappresentarli come sono in realtà.


Credo che una cosa simile accada con la psicologia di Piaget e che sia questa la ragione per cui abbia trascurato le fondamentali scoperte della Montessori di cui abbiamo parlato prima. Ho voluto soffermarmi a lungo su tale questione perché sono convinto che non si possa ottenere alcun progresso nello studio della crescita intellettuale se prevale un atteggiamento aprioristico. La visione del bambino come un adulto imperfetto è basata sul pregiudizio e solo se questo pregiudizio viene estirpato si può portare avanti una ricerca obiettiva sullo sviluppo umano. È di particolare importanza il fatto che questo venga fatto adesso e che scienziati del calibro di Bruner abbiano finalmente aperto la strada a un nuovo approccio educativo basato su questo tipo di ricerca.

Dall’esperienza della Dottoressa possiamo già prevedere alcuni dei fenomeni che i ricercatori liberi da pregiudizi scopriranno in merito alla disponibilità all’apprendimento per i bambini in età prescolare in un ambiente preparato. Per esempio, i bambini hanno il bisogno interiore di apprendere. Se ricevono un aiuto adeguato, rispondono a questo bisogno con un’intensità e una concentrazione sorprendente. Quando gli si richiede un dato compito, lo svolgono nel miglior modo possibile. Traggono soddisfazione dall’attività, che per loro è piena di significato, e non dall’apprezzamento del lavoro da parte degli insegnanti o dai voti. L’acquisizione dell’informazione è ritenuta una scoperta. La formazione di una nuova funzione viene vissuta come una conquista. L’ego dei bambini è rafforzato: essi sviluppano un amore per il lavoro e un rispetto nei confronti di quell’ambiente che offre loro le fonti di soddisfazione che abbiamo descritto poco prima.


A mio avviso ciò è di particolare importanza nella nostra epoca. Se la dignità umana e la gioia di vivere devono sopravvivere all’Età Industriale, bisogna recuperare il vero valore del lavoro come aspetto della creatività dell’uomo e compito cosmico. Ciò è possibile solo se l’educazione prende in considerazione le radici precoci del lavoro, le attività riguardanti la costruzione interiore della personalità, e non viene meramente indirizzata verso un obiettivo esterno. È da questa fonte che il bambino ottiene la motivazione per apprendere ed è davvero molto forte. L’insegnamento ha una funzione di sviluppo solo se corrisponde a questa motivazione.


In questo caso la guida migliore è la risposta del bambino. Se è piena di interesse e concentrazione, allora si è sulla buona strada. Parlo ovviamente di bambini che sono passati per il processo di normalizzazione. Su queste basi si può costruire un programma che si soffermi sui grandi temi, principi e valori ritenuti degni di attenzione permanente da parte dei membri di una società. L’educazione montessoriana ha dimostrato con enorme successo che ciò può essere raggiunto anche a livello di scuola dell’infanzia.

L’importanza della struttura

Esaminando la funzione dell’apprendimento per servire il futuro, Bruner sottolinea la distinzione fatta dagli psicologi tra l’apprendimento come un trasferimento di formazione specifica (l’utilità del quale è limitata essenzialmente alle abilità) e l’apprendimento come una trasmissione di principi e atteggiamenti che comprende il continuo allargamento e approfondimento della conoscenza in termini di idee di base e idee generali. Afferma correttamente che il secondo tipo di trasmissione è al centro del processo educativo. Sostiene anche che occorre fare molta ricerca per scoprire cosa serve per produrre questo tipo di apprendimento, e tuttavia “sembrerebbe che un ingrediente importante sia l’entusiasmo derivato dalla scoperta – di sequenze regolari, di relazioni in precedenza non riconosciute e similarità tra le idee [e il] senso di fiducia nelle proprie abilità che ne deriva”34. Credo che l’educazione montessoriana possa servire come punto di riferimento per ricerche di questo tipo.

Ho già spiegato la funzione del materiale Montessori. Tuttavia, desidero ora collegarlo al concetto di trasmissione di principi e atteggiamenti che ho appena menzionato. Questa è un’area che anche gli insegnanti con una formazione montessoriana trovano difficile da capire. Il ruolo del materiale Montessori non è quello di presentare tutte le conoscenze in forma concreta. Sarebbe troppo difficile per un bambino capire partendo esclusivamente dalle istruzioni verbali. E non è nemmeno quello di scomporre una cosa complessa nei suoi elementi. In quel caso sarebbe solo al servizio dell’obiettivo più limitato dell’apprendimento nel senso di uno specifico trasferimento di formazione.


Gli insegnanti che giudicano il materiale Montessori in questo modo continuano ad avere in mente una concezione vecchia di educazione scolastica. Come conseguenza, credono che il materiale Montessori sia troppo limitato e continuano a “migliorare” le cose inondando la classe con una valanga di materiali aggiuntivi. Per esperienza, posso testimoniare delle forme estreme di pazienza e devozione monacale a cui possono arrivare questi insegnanti montessoriani malaccorti. Quanto tempo e denaro sono disposti a spendere per produrre quest’accozzaglia disordinata apparentemente più seducente! E come sono orgogliosi di tutto ciò!


Ci si trova così in una delle posizioni più scomode. È difficile reagire in maniera adeguata quando un fedele cucciolo di cane irrompe nel nostro salotto per depositare un passero morto che ha catturato per noi con grande fatica. Ci guarda agitando la coda, pieno di aspettative, in attesa della sua ricompensa. Eppure, quel che ci ha portato è un passero morto. Parlando in termini psicologici, ciò che questi insegnanti fanno in realtà è distruggere la vera funzione del materiale Montessori.


Il materiale è progettato per facilitare una trasmissione di conoscenze non specifiche, e cioè di un’idea o di un principio generale che poi può essere usato come base per riconoscere i casi speciali o le sue applicazioni. Il materiale Montessori dovrebbe riguardare lo sviluppo. Dovrebbe limitarsi a concetti essenziali, ed essere costruito in modo da isolare una certa idea generale o un principio. I bambini diventano consapevoli di questa idea o principio maneggiando il materiale nella maniera in cui viene loro insegnato. Il controllo degli errori, che è incorporato, mostra loro quando sbagliano. L’intuizione che essi acquisiscono nell’implicito principio o idea generale viene percepita come una scoperta personale. Ne sono affascinati e ripeteranno un esercizio più e più volte, con grande concentrazione, fino a che non ne avranno assorbito del tutto il principio o il concetto connesso.

Le successive applicazioni di ciò che viene appreso in questo modo possono essere illimitate e, come scrive Bruner, “Il miglior modo di suscitare interesse verso una materia è quello di far sì che valga la pena conoscerla, il che significa rendere le conoscenze acquisite utilizzabili dal pensiero al di là della situazione in cui si è verificato l’apprendimento”35 . Il materiale educativo dovrebbe facilitare questo tipo di apprendimento. Le aule non dovrebbero essere riempite fino all’inverosimile di altri materiali che distraggono il bambino. Per esempio, se le boccette degli odori fossero pensate specificamente per lo sviluppo dell’olfatto come competenza, si potrebbero ben volere dozzine di varie fragranze tutte imbottigliate e pronte per essere messe a confronto. I nostri giovani studenti diventerebbero ben presto dei veri e propri intenditori di aromi. Invece lo scopo delle boccette degli odori non è una conoscenza degli aromi, ma un risveglio del senso dell’olfatto, dal momento che l’intelletto viene costruito sulla vigilanza dei sensi. Bastano alcune boccette per questo scopo. Una grande quantità sarebbe non solo fonte di confusione, ma anche di un’esagerazione controproducente.

Pensiero intuitivo e analitico

Sottolineando l’importanza di una comprensione intuitiva, piuttosto che formale, delle materie da parte dello studente, Bruner suggerisce che dovremmo distinguere tra genio inespressivo e idiozia eloquente, e sostiene che l’enfasi di gran parte dell’educazione scolastica consueta così come dei tipi convenzionali di esami porta a quest’ultima. Gli studenti possono riprodurre formule verbali o numeriche, ma non hanno l’abilità di usarle in modo significativo. Bruner propone che il pensiero intuitivo integri quello analitico, e che i programmi siano elaborati di conseguenza. “L’obiettivo dell’educazione” afferma “non è la produzione di idioti pieni di fiducia in se stessi”36 .


Sono totalmente d’accordo. A questo proposito vorrei sottolineare che i programmi non dovrebbero essere definiti in modo che ciascuna materia sia trattata come un’entità separata, scollegata da tutto il resto. In un periodo in cui l’ecologia era ancora una branca piuttosto sconosciuta della scienza, la Montessori propose di introdurla come mezzo per il coordinamento di diverse materie e come modello da adottare in altri campi dell’istruzione. In questo modo, agli occhi dei bambini diventerebbe chiara l’interrelazione dei fenomeni naturali. Inoltre, il pensiero sarebbe combinato con azioni ed esperimenti, cosicché sarebbe coinvolta non solo la mente ma l’intera personalità del bambino.

Aiuti all’insegnamento37

In merito all’uso di strumenti tecnologici al di là del materiale Montessori (ad esempio film, nastri e televisione) come aiuti all’insegnamento, possiamo aderire essenzialmente alla conclusione di Bruner per cui “il compito dell’insegnante come comunicatore, modello e figura di identificazione può essere sostenuto da un saggio uso da una varietà di strumenti che esercitano, chiarificano e danno un significato personale all’esperienza”38 . Questi strumenti però devono inserirsi nell’approccio generale descritto all’inizio di questo capitolo con il fine di servire il loro scopo. Non lo si ripeterà mai abbastanza.


Ogni cosa che l’insegnante porta all’interno dell’ambiente deve avere uno scopo definito e lo deve avere per il singolo bambino. L’insegnante determina questo scopo osservando i bambini. È bene ricordare che il materiale aggiunto all’ambiente sta fornendo degli stimoli al bambino. Se fosse sempre lì, diventerebbe parte dello scenario e non verrebbe notato. Ciò che non viene usato, deve essere rimosso, non importa quanto renda l’ambiente professionale. Le classi in cui questo principio non viene osservato a volte sembrano essere corredate di una didascalia che dice “IBM per bambini”. Un altro principio da rammentare è che è l’adulto a sapere lo scopo del materiale che porta all’interno della classe – i bambini non ne sono consapevoli. Tale mancanza di consapevolezza è ciò che li porta a credere di imparare da soli. “Ho imparato da solo” è una frase che si ascolta spesso in una buona classe. Se è vero l’opposto, se i bambini pensano che sia il materiale a insegnare, la sua presenza nell’ambiente viene considerata sospetta.

I motivi per l’apprendimento

Anche se questo tema è già stato discusso, vorrei concludere citando ancora una volta le osservazioni di Bruner sull’argomento, poiché indicano quale può essere il contributo di Montessori nei confronti dell’educazione contemporanea. Egli scrive che:


i motivi per l’apprendimento devono essere trattenuti dall’essere passivi in un’epoca di spettatori, devono basarsi quanto più possibile sul risveglio dell’interesse verso ciò che deve essere appreso e devono esprimersi grazie a vedute ampie e opinioni diverse. Si notano già i pericolosi segni della meritocrazia e di una nuova forma di competitività. È già possibile vedere dove può essere d’aiuto una pianificazione preventiva. Si dovrebbe dare priorità a tale pianificazione, e alla ricerca fatta per sostenerla.39


L’educazione montessoriana non funziona solamente lungo le linee proposte dalla relazione di Bruner, ma fornisce contributi di più ampia portata. Perciò raccomando che la ricerca proposta in The Process of Education debba certamente includere uno studio approfondito dell’educazione montessoriana e della sua applicazione a scuola.

L'educazione come aiuto alla vita
L'educazione come aiuto alla vita
Mario M. Montessori Jr.
Comprendere Maria Montessori.Un affascinante sguardo sulla personalità di Maria Montessori, sulla sua filosofia educativa e sul ruolo dell’educazione nella formazione della personalità. L’educazione come aiuto alla vita offre un affascinante sguardo sulla personalità di Maria Montessori e sulla sua filosofia educativa relativa alle tematiche della crescita e dello sviluppo del bambino.  Un’opera indispensabile per chiunque desideri comprendere appieno la visione che la pedagogista aveva del bambino e la portata delle sue idee in un mondo in continua trasformazione. Mario M. Montessori Jr. esamina le idee di Maria Montessori sul lavoro a scuola e, allo stesso tempo, espone il significato profondo e il corretto uso dei materiali di sviluppo; espone le idee sul ruolo dell’educazione nella formazione della personalità e la relazione degli uomini con il cosmo. Di particolare rilievanza, infine, è l’accostamento del metodo Montessori con la psicanalisi e, più in generale, con la psicologia moderna. Forse il risultato più straordinario del suo approccio [di Maria Montessori] è stata l’intensità con cui i bambini partecipavano alle attività. Veniva coinvolta tutta la loro personalità, ed era evidente che provavano quel genere di piacere e soddisfazione che si prova solo quando vengono appagati i bisogni primari. L’obiettivo delle attività non poteva trovarsi nel mondo esterno, ma nei bambini stessi. Stavano formando la loro personalità, costruendo gli uomini e le donne che un giorno sarebbero diventati…Mario M. Montessori Jr. Conosci l’autore Mario M. Montessori Jr., figlio di Mario M. Montessori Sr., è uno dei quattro nipoti di Maria Montessori.Psicoanalista, visse in Olanda e ricoprì la carica di Vicepresidente dell’Associazione Psicoanalitica Internazionale. Fin dalla nascita assorbì le idee educative di sua nonna, fungendo spesso lui stesso da oggetto delle sue osservazioni.Una volta laureato in Psicologia, lavorò non solo con gli adulti, ma anche con i bambini e gli adolescenti; queste esperienze lo convinsero che la filosofia sull’educazione alla pace propugnata da sua nonna avrebbe potuto contribuire in maniera significativa alla costruzione di un mondo più pacifico, in cui l’uomo avrebbe vissuto in armonia con il suo ambiente.