capitolo 9

La scuola come dovrebbe
rispondere?

La scuola che ruolo svolge in questo lavoro di preparazione al futuro? Sgombriamo subito il campo dalla persistente confusione fra educare e addestrare. Negli anni formativi del bambino la scuola, qualsiasi sia il suo progetto didattico, non è e non deve diventare un corso di avviamento professionale in cui si addestra lo studente a usare certi strumenti tecnologici. La scuola che stiamo considerando deve educare, deve essere in primo luogo un momento di crescita per l’individuo futuro, come afferma nero su bianco ogni scuola Montessori in giro per il mondo:

Obiettivo primario dell’educazione Montessori è aiutare il bambino nella sua interezza a raggiungere il suo pieno potenziale in tutti i settori della vita170.

Un’affermazione sufficiente a guidarci nel decidere se introdurre della tecnologia nei primi anni di scuola. Se un’attività o un congegno tecnologico serve alla crescita del bambino, bene, altrimenti è inutile. La visione di Maria Montessori è però enormemente più ricca, perché lei parla non solo di far crescere il bambino, ma addirittura di ricostruire il mondo:

Se veramente si vuole mirare ad una ricostruzione, lo sviluppo delle potenzialità umane deve essere lo scopo dell’educazione.

Maria Montessori, La mente del bambino, p. 2


Se le cose stanno così, la scuola non deve limitarsi a insegnare a leggere, scrivere e far di conto, a dare “le basi”:

Se noi intendiamo “le basi” che la scuola deve consegnare al bambino, al giovane, al ragazzo, in senso quantitativo, noi ci mettiamo nella condizione di quel bambino descritto da sant’Agostino mentre sta tentando di vuotare l’oceano con un secchiello.
Lo stesso è la nostra scuola che dà al bambino un pochino di aritmetica, un pochino di geografia, un pochino di storia. Gli dà dei secchielli di questo oceano, ma queste non sono più “basi” oggi. Oggi le basi non devono più essere quantitative, devono essere qualitative, cioè al bambino noi non possiamo consegnare l’oceano un secchiello alla volta, però gli possiamo insegnare a nuotare nell’oceano e allora andrà fin dove le sue forze lo porteranno, poi inventerà una barca e navigherà con la barca, poi con la nave…

Gianni Rodari,Scuola di Fantasia, p. 42

La crescita fisica e psichica del bambino e l’apprendimento non avvengono nel vuoto, avvengono sempre tra individui in carne e ossa all’interno di una comunità umana, prima rappresentata dalla famiglia e poi dalla scuola. Montessori precisa questa visione dello sviluppo cognitivo aggiungendovi l’importanza dell’ambiente: la scuola non è per lei un posto dove si insegna, ma uno spazio dove l’interazione con i compagni di diverse età e con l’ambiente stesso rendono possibile lo sviluppo autonomo del bambino. Per tutti questi motivi

la scuola deve valorizzare al massimo non tanto la virtualità tecnologica, quanto il continuo, inesauribile, creativo confronto fra gli alunni, gli insegnanti e fra gli insegnanti e gli alunni stessi”171.

Anche le idee didattiche più innovative che iniziano a farsi strada oggi, come la flipped classroom, la classe capovolta172, in fondo sottolineano proprio questo: la scuola è il luogo dove si interagisce con l’insegnante e i compagni, mentre lo studio viene fatto a casa usando lezioni filmate su YouTube, Wikipedia e quant’altro.

Troviamo un sostegno a queste idee da una fonte inaspettata: Steve Jobs. In un’intervista dell’aprile 1995 gli fu chiesto: 

Alcuni dicono che questa nuova tecnologia può essere un modo per aggirare questi [problemi della scuola]. Sei ottimista al riguardo?” Jobs rispose: “Io non lo credo per niente. Come hai sottolineato tu ho aiutato con più computer in più scuole di chiunque altro al mondo e sono assolutamente convinto che non sia affatto la cosa più importante. La cosa più importante è la persona. Una persona che suscita e alimenta la vostra curiosità; e le macchine non possono farlo nello stesso modo in cui possono le persone173.

Creare una comunità, suscitare curiosità, appassionare alla conoscenza e formare persone complete dovrebbero essere gli obiettivi di ogni scuola. Limitandoci ora alla tecnologia, che approcci vengono adottati dai vari tipi di scuole? A grandi linee possiamo suddividerli in tre categorie:

  1. Navigazione a vista. Scuole che si affidano – o soccombono – ai fornitori di tecnologia.
  2. Rifiuto filosofico. Scuole che rifiutano la tecnologia per motivi filosofici più che pedagogici.
  3. Ordine nelle priorità. Scuole che valutano la tecnologia in vista di un obiettivo più ampio.


Come ricordavo nell’introduzione, non esploreremo il ruolo delle tecnologie in ambiti socio-economici svantaggiati. In questi la tecnologia a scuola può essere uno strumento importante di riscatto sociale e di aiuto all’apprendimento, perché è molto probabile che in quest’ambiente i bambini e i ragazzi non vengano a contatto con la tecnologia se non a scuola. Non parleremo nemmeno di scuole superiori, in cui la tecnologia ha un ruolo molto importante e dove, purtroppo, il fatto che s’insegnino materie scollate dalla realtà è un problema ben più pressante che la tecnologia non può risolvere da sola.

9.1 Navigazione a vista

Nelle scuole dove l’obiettivo ambizioso è quello di creare classi digitali, con LIM, tablet, connessioni e arredamento coerente con il nuovo ambiente, l’introduzione di queste tecnologie sembra una causa persa: è sempre in ritardo. L’incredibile velocità con cui le tecnologie digitali cambiano, crea un bisogno continuo di rinnovamento e di adeguamento in termini di strutture e di programmi che rende difficile restare aggiornati, vanificando ogni auspicabile risparmio economico. Questo problema è secondario se confrontato con i benefici che una scuola digitale dovrebbe portare, peccato però che i risultati sovente contraddicano le attese. Così, in America, alcuni amministratori scolastici illuminati puntano il dito sulle troppe scuole che agiscono in modalità “spray and pray”, spruzza e prega: spruzzano un po’ di tecnologia e pregano che migliori l’apprendimento. È questa mancanza di visione, questo pensare che la tecnologia da sola possa risolvere i problemi educativi, che trasforma la tecnologia in una inefficace “matita da mille dollari”.174 Fa loro eco Nicholas Carr per cui

la scuola dovrebbe insegnare a usare con saggezza le nuove tecnologie. […] Ma limitarsi a riempire le stanze di sistemi elettronici è miope175.

Anche da noi, se una scuola non ha un forte progetto educativo, se non ha ben chiaro che cosa serve ai suoi studenti per rendere efficace l’apprendimento, sovente si affida agli “esperti” che sono sicuramente esperti nel curare i propri interessi, più che nel far crescere i bambini. È emblematico il caso del distretto scolastico di Los Angeles che ha chiesto un risarcimento multimilionario ad Apple e Pearson che gli avevano fornito migliaia di tablet e di software “didattici” per un curricolo scolastico che si è rivelato pieno di problemi e sostanzialmente inutile176.

9.2 Rifiuto filosofico

Le scuole Waldorf-Steiner sono contrarie all’uso da parte dei bambini della televisione, del computer e di altri strumenti tecnologici. Coloro che approvano quest’approccio ritengono che il computer inibisca il pensiero creativo, il movimento, l’interazione umana e la capacità di attenzione. Prima di queste motivazioni pedagogiche condivisibili in tutto e per tutto, vengono però le motivazioni filosofiche propugnate da Rudolf Steiner, che era un filosofo e un esoterista. A mio avviso una motivazione filosofica è però piuttosto fragile se confrontata con un perché scientifico e Maria Montessori sostiene questa critica:

Poiché questa non è una opinione, non potrà essere un filosofo, né un pensatore, né uno sperimentatore di laboratorio a dettare o suggerire questo o quel metodo di educazione. Solo la natura, che ha stabilito talune leggi e ha determinato alcuni bisogni nell’uomo in via di sviluppo, può dettare il metodo educativo determinato dal fine, che è quello di soddisfare i bisogni e le leggi della vita177.

Non è poi costruttivo incolpare la tecnologia di ogni guasto, perché allora dovremmo accusare anche la tecnologia del libro, che ha fatto morire l’andare a bottega, dove s’imparava dal maestro artigiano attraverso esperienze dirette. Lo stesso vale per tutte le tecnologie che in quelle scuole sono a servizio delle attività più creative: i ferri da maglia, le forbici, i colori. Insomma, credo che con il rifiuto a priori non si arrivi da nessuna parte.


Il dibattito sul ruolo della tecnologia nell’istruzione e su questa filosofia educativa in particolare si è scaldato quando è uscito un articolo che parlava della Waldorf School of the Peninsula a Los Altos in California178, che accoglie i figli dell’élite dell’industria dei computer. Nei commenti all’articolo c’è chi ha bollato questi genitori come ipocriti e chi ne ha lodata la lungimiranza; tutti però concordano che serve qualcosa di diverso nella scuola per formare e far crescere i ragazzi.

A parte il dibattito suscitato da questo caso concreto, sarebbe interessante studiare gli effetti di una proibizione tout court della tecnologia a scuola e fuori. Qui e in altri ambiti, porre dei limiti significa non fidarsi, mentre credo sia più educativo offrire la libera scelta di altre attività, oppure mostrare usi interessanti della tecnologia e aiutare a comprendere perché questa debba essere al nostro servizio. Penso anche che un divieto inappellabile possa avere serie ripercussioni sulla dimensione sociale del giovane dacché, per esempio, non possedere certi gadget può creare dei problemi di relazione nei gruppi sociali cui fa parte.

9.3 Ordine nelle priorità

Le scuole con un robusto progetto educativo mettono la tecnologia nella giusta prospettiva, per cui accolgono l’innovazione solo se si dimostra compatibile con le conoscenze sullo sviluppo del bambino e con lo scopo ultimo dell’educazione, che è la crescita dell’individuo come persona completa. In questa categoria entrano a pieno titolo le scuole Montessori.


Il progetto Montessori non è una filosofia come lo è l’Antroposofia steineriana. È conoscenza dello spirito umano, per cui, pur incoraggiando la creatività, mira a tenere il bambino “con i piedi per terra” e sulla terra c’è anche la tecnologia. Questi strumenti fanno parte del suo quotidiano e la scuola non può ignorarlo. Quindi non divieto ma posizionamento della tecnologia nella giusta scala di priorità, offrendo agli studenti una guida per acquisire saggezza nel loro uso. Sia chiaro: saggezza, non sveltezza.


La futurologa Ayelet Baron aggiunge:

Voglio vivere in un mondo dove la smettiamo di chiedere ai bambini quello che vogliono fare da grandi. Invece, abbiamo bisogno di dare loro gli strumenti e la capacità di innovare in qualsiasi direzione vogliano andare e insegnare loro l’importanza di farsi una vita – cui fa parte il lavoro – e non solo vivere179.

Questo dovrebbe essere l’obiettivo di ogni tipo di scuola e questo è ciò cui mira una scuola Montessori.

9.4 Ricapitolando

  1. Chiariamo, innanzitutto a noi stessi, la differenza fra una scuola che educa e una che addestra.
  2. Impariamo a valorizzare il creativo confronto e scambio tra i ragazzi e tra loro e l’insegnante.
  3. Smettiamola di pensare che la tecnologia da sola risolva tutti i problemi scolastici, soprattutto quando usata con bambini in tenera età.
  4. Il progetto Montessori è conoscenza dello spirito umano, per cui non vieta la tecnologia, ma la colloca nella giusta scala di priorità.
  5. Diamo ai nostri futuri adulti gli strumenti e la capacità di innovare in qualsiasi direzione vogliano andare.

La pedagogia Montessori e le nuove tecnologie
La pedagogia Montessori e le nuove tecnologie
Mario Valle
Un’integrazione possibile?Un’analisi fresca e attuale dell’impatto delle nuove tecnologie (PC, tablet, videogiochi) nell’ambiente scolastico, da una prospettiva montessoriana. Il pensiero comune sostiene che il mondo Montessori disdegni le nuove tecnologie e che non ne ammetta l’uso nelle scuole o in famiglia. Ma non è così: Montessori stessa credeva che l’introduzione di “ausili meccanici” sarebbe diventata una necessità nelle scuole del futuro.Come comportarsi allora?Mario Valle nel suo libro La pedagogia Montessori e le nuove tecnologie affronta la questione da un punto di vista particolare: esperto di super computer (è impiegato al Centro Svizzero di Calcolo Scientifico di Lugano) e affascinato dall’approccio Montessori, mostra come le tecnologie possano essere utilizzate nelle scuole.Il risultato è un libro interessantissimo, che è insieme un’ottima esposizione del pensiero di Maria Montessori e un’utile guida pratica per insegnanti curiosi e desiderosi di introdurre in classe (con “spirito montessoriano”) le nuove tecnologie. Credo […] che l’introduzione di ausili meccanici diventerà una necessità generale nelle scuole del futuro. […] Vorrei, però, sottolineare che questi ausili meccanici non sono sufficienti per realizzare la totalità dell’educazione.Maria Montessori, Introduction on the Use of Mechanical Aids L’ebook di questo libro è certificato dalla Fondazione Libri Italiani Accessibili (LIA) come accessibili da parte di persone cieche e ipovedenti. Conosci l’autore Mario Valle lavora da oltre trent’anni nei campi più disparati della scienza e dal 2003 è al Centro Svizzero di Calcolo Scientifico (CSCS) di Lugano, a stretto contatto con scienziati e ricercatori, utilizzando quotidianamente supercomputer e tecnologie di punta.Tramite suo figlio, che ha frequentato una scuola Montessori, si è avvicinato a questo mondo e si è appassionato alla concreta scientificità delle idee della Dottoressa Montessori. Ora studia e approfondisce questi temi e condivide le sue riflessioni in pubblicazioni, corsi e presentazioni pubbliche.