capitolo 7

Il paradosso del futuro

In maniera, direi, illogica spendiamo immani sforzi per prepararci e preparare i nostri ragazzi per un futuro che comunque fatichiamo a immaginare. L’assurdo è che questo impegno convive con una scuola che funziona come se il mondo e gli allievi dovessero rimanere sempre come sono oggi.

È perché l’educazione moderna è così raramente ispirata da una grande speranza, che raggiunge così di rado grandi risultati. Il desiderio di preservare il passato piuttosto che la speranza di creare il futuro domina le menti di coloro che controllano l’istruzione dei giovani.

Bertrand Russell

Lasciamo da parte per ora quest’analisi pessimistica, anche se purtroppo vera, e proviamo a immaginare come sarà il mondo quando i nostri ragazzi usciranno dal sistema dell’istruzione. I nati di quest’anno (2017) termineranno la scuola dell’obbligo fra quattordici anni, nel 2031, e si ritroveranno in un mondo molto diverso dal noUn mondo popolato da otto miliardi di persone.

  • Con la produzione di petrolio che inizia a ridursi.
  • Dove bisognerà convivere con il riscaldamento globale.
  • Dove l’acqua sarà sempre più preziosa.
  • Un mondo in cui le megalopoli avranno fagocitato popolazione e risorse.
  • Dove ci saranno professioni che nemmeno immaginiamo, per le quali il lavoro in ufficio come concepito oggi forse non avrà più senso.
  • Dove le macchine ci avranno sostituito in un crescente numero di compiti.

E chissà che altro che non riusciamo a prevedere perché, come pare abbia scherzato il fisico Niels Bohr: “Fare previsioni è una cosa molto difficile, specialmente se riguardano il futuro. Chi ci prova, soprattutto in campo tecnologico, spesso finisce per sbagliare in maniera quasi comica:

  • “Penso che nel mondo ci sia mercato forse per quattro o cinque computer” Thomas Watson, presidente dell’IBM, 1943.
  • “Che bisogno ha una persona di tenersi un computer in casa?” Kenneth Olsen, fondatore della Digital Equipment, 1977.
  • “A chi volete che interessi ascoltare mille canzoni?” La famosa gaffe della Motorola contro l’avversario iPod dell’Apple, 2005.

Anche le previsioni mancate abbondano. In Blade Runner, film di fantascienza ormai diventato di culto, girano macchine volanti, intelligenze artificiali e replicanti, ma il protagonista per telefonare usa una cabina telefonica. Il regista non riesce proprio a immaginare i telefoni cellulari. Oppure pendiamo verso l’estremo opposto, perché abbiamo la tendenza a estrapolare esageratamente come la moderna tecnologia s’integrerà nella nostra vita. Pensate che nel 1958 la Ford aveva avviato lo studio della Nucleon, un’automobile alimentata niente meno che da un reattore nucleare!

L’unica cosa certa del futuro è che arriverà molto prima e in modo diverso da quanto riusciremo a prevedere.

Qualcuno però riesce a gettare un’occhiata sul nostro futuro tecnologico. L’esempio più noto è Vannevar Bush che scrive nel 1945 As We May Think152, che si traduce in “Come potremmo pensare”. Uno scritto visionario, un vero squarcio sul futuro, ma immaginato con la tecnologia dell’epoca. Assieme a lui lo scrittore di fantascienza Isaac Asimov che nel 1964 sul New York Times cerca d’immaginare cinquant’anni nel futuro arrivandoci molto vicino153. E Leonardo da Vinci? Lui non immaginava il futuro, lui lo creava.


Forse anche in questo ci possono aiutare i bambini. Lo ha fatto un gruppo tra gli otto e i dodici anni di età, con risposte degne dei migliori futurologi, nello studio Robots@School154 dove veniva chiesto loro di immaginare una situazione in cui i robot fossero parte integrante della quotidianità. Alcuni sono rimasti ancorati a una visione fantascientifica della macchina, mentre la maggior parte li ha immaginati come “compagni umanoidi” con cui potersi identificare e con cui poter fare amicizia. Oltre a mostrarci il futuro, quest’aspetto ci fa capire che i bambini e i ragazzi, a differenza di noi adulti, siano molto più interessati a cosa la tecnologia può fare “con loro” piuttosto che “per loro”. Teniamolo presente. Non dimentichiamo, però, che il bambino dovremmo ascoltarlo sempre, non solo in occasione di studi strutturati come questo.


Dobbiamo convincerci che, per quanti dati riusciamo a raccogliere, per quanto acuto possa essere chi fa le previsioni, comunque sbaglieremo nell’immaginare il futuro. Bertrand Russell fu spietato con chi non ne era convinto. Per loro concepì la metafora del pollo “futurologo” che riceveva il pasto tutte le mattine traendone la conclusione che ogni mattina avrebbe continuato a ricevere il pasto, conclusione che si dimostrò falsa solo alla vigilia di Natale!


Questo è anche il Leitmotiv di un saggio di Nassim Taleb155, esperto in scienze dell’incertezza, che adotta la metafora del “cigno nero” per descrivere un evento che si presenta come una sorpresa, ha un effetto importante ed è spesso razionalizzato a sproposito con il senno di poi, dopo che è accaduto. Più che l’ossatura del libro, ho trovato molto interessanti i consigli che l’autore dà per tentare di arginare gli effetti negativi degli eventi inattesi sfruttandone la parte positiva, piuttosto che cercare di predirli. Per Taleb è necessario far proprio il “so di non sapere” socratico rafforzato, aggiungo io, nella frequentazione del “Signor Errore” montessoriano e dal ricordarci che a ogni domanda non corrisponde necessariamente una sola risposta corretta. I nostri adulti in divenire potranno così affrontare un qualsiasi mondo futuro senza ritrovarsi con un pugno di mosche in mano, come rifletteva Eric Hoffer:

In tempi di profondo cambiamento, gli studenti erediteranno la terra, mentre i dotti si troveranno ben attrezzati per affrontare un mondo che non esiste più.

Eric Hoffer, Reflections on the Human Condition, 1973


Forse la soluzione del dilemma è quella proposta da Alan Kay: “Il modo migliore per predire il futuro è inventarlo”, cosa che ha fatto in prima persona concependo, tra l’altro, i laptop e le interfacce grafiche moderne156. Sono gli innovatori di questa stoffa quelli che creeranno il futuro e voi insegnanti li avete di fronte, a scuola.

7.1 Noi insegniamo, ma gli innovatori li abbiamo davanti

Come si sarà comportata la maestra di Larry Page e Sergey Brin nei loro confronti? Come si sarà sentita quando hanno creato Google? Loro due non sono però gli unici innovatori usciti da scuole Montessori. Da queste scuole è uscita gente che non solo ha trovato lavoro, ma ne ha pure creati di nuovi. Motivo in più per riconoscere le meravigliose capacità del bambino e avere fiducia in lui, come sicuramente avrà fatto quella maestra Montessori.


Un articolo pubblicato sull’“Harvard Business Review”157 esplora come pensano gli innovatori, notando come

gli imprenditori più innovativi siano stati molto fortunati a essere cresciuti in un’atmosfera dove il porre domande era incoraggiato. Siamo rimasti colpiti dalle storie che raccontano riguardo all’essere stati sostenuti da gente cui importava la sperimentazione e l’esplorazione…” Dove è avvenuto? “Un certo numero d’imprenditori innovativi ha frequentato scuole Montessori, dove hanno imparato a seguire la loro curiosità.

Questo ricorda per l’appunto Will Wright, pioniere dei videogiochi. Per lui Montessori è stato un “amplificatore d’immaginazione” che lo ha preparato per la creazione dei videogiochi The Sims, SimCity, Spore e Super Mario Brothers, dove

SimCity nasce direttamente da Montessori… Si tratta di puro apprendimento al proprio ritmo158.

Credo che la sua maestra non abbia fatto nulla di speciale, se non osservare e poi rispondere ai bisogni di ciascun bambino, compito di ogni insegnante montessoriano, senza limitarli a ciò che lei stessa crede di sapere.

Non limitare un bambino al tuo stesso apprendimento, perché egli è nato in un altro tempo

le consiglia, appunto, Rabindranath Tagore.

7.2 I buoni voti non implicano un lavoro migliore

L’ultimo paradosso deriva dallo scollamento fra una visione lineare della preparazione scolastica e le prospettive lavorative future, già da un po’ di anni sotto gli occhi di tutti. Più e più laureati hanno scoperto a proprie spese che l’equazione “buoni voti uguale lavoro migliore” non è più valida e che la laurea in un ateneo prestigioso non apre necessariamente le porte a una carriera fulminante. Tant’è che in America ci sono molti giovani che cercano alternative al college159 o semplicemente non continuano gli studi160 e in altre parti del mondo, come per esempio in Svizzera, tutte le professioni vengono considerate importanti, non solo quelle intellettuali o accademiche.

Come se non bastasse, gli analisti stimano che nel prossimo ventennio tra il 40 e il 50% dei lavori sarà rimpiazzato dalle macchine, mentre si salveranno le professioni che hanno bisogno di empatia, creatività, intelligenza sociale, capacità di comunicazione e di negoziazione. Assieme a queste emergeranno inaspettate opportunità d’impiego in lavori che si basano sui rapporti umani o che richiedono forti capacità cognitive e sociali. Sono buone notizie per educatori e insegnanti, ma tutti devono convincersi di quanto valga la formazione globale della persona rispetto ai voti o a specifici percorsi scolastici:

Le nuove economie richiedono una concezione più profonda del talento… Ciò che diventeremo in futuro è profondamente influenzato dalle nostre esperienze qui e ora. L’educazione non è un processo lineare di preparazione al futuro: è coltivare i talenti e le sensibilità che ci permettono di vivere al meglio la nostra vita nel presente e di crearci un futuro.

Sir Ken Robinson, Fuori di testa, 2015, p. 235

In queste osservazioni Ken Robinson è stato però anticipato da Maria Montessori che già nel 1939 a Londra, parlando dell’educazione dell’adolescente, osservava:

Non è più una questione di formazione per una carriera, in quanto oggi una carriera è molto incerta. Attualmente si registrano così tanti cambiamenti nella forma del lavoro sociale e dell’applicazione intellettuale che la preparazione fornita dalle scuole non corrisponde più ai bisogni.

Dovremmo invece preparare persone fornite di una maggiore forza di adattabilità alle circostanze che possono cambiare da un momento all’altro. Esse debbono senza dubbio avere una preparazione tecnica, ma devono possedere anche altre capacità.

Maria Montessori, The Education of the Adolescent161

Bisogna pertanto cambiare in maniera radicale il concetto di scuola, perché non ha più senso la visione “industriale” dell’insegnamento che purtroppo domina ancora chi la governa:

È come se la formazione fosse un processo industriale che può essere migliorato solo con dati migliori, e da qualche parte, credo, nella mente di qualche politico ci sia l’idea che se regoliamo meglio il sistema, se lo facciamo funzionare meglio, andrà via spedito verso il futuro. Ma non è così e non lo è mai stato. Il fatto è che l’educazione non è un sistema meccanico. È un sistema umano. Riguarda le persone, persone che vogliono imparare o non vogliono farlo.

Sir Ken Robinson, Come sfuggire alla valle della morte dell’istruzione, 2013162

Se vogliamo cambiare il futuro, l’insegnamento deve tornare a essere un momento di formazione umana e di crescita dell’individuo, perché, “se l’educazione dovesse venire sempre concepita secondo gli antichi schemi di trasmissione del sapere non vi sarebbe più nulla da sperare per l’avvenire del mondo. Che conta la trasmissione del sapere se la formazione generale stessa dell’uomo è trascurata?163

7.3 Ricapitolando

  1. Convinciamoci che il futuro arriverà molto prima e in modo diverso da quanto riusciremo a prevedere.
  2. I bambini e i ragazzi, a differenza di noi adulti, sono molto più interessati a cosa la tecnologia può fare “con loro” piuttosto che “per loro”.
  3. Incoraggiamoli a inventare il futuro come facevano Leonardo da Vinci e Alan Kay. Proviamo a immaginare che effetti potrebbe avere un piccolo sprone ai ragazzi quando ci presentano una delle loro idee pazze.
  4. Una maestra Montessori non deve fare nulla di speciale, a parte essere una buona maestra Montessori che crea un ambiente dove la curiosità sia nutrita e dove porre domande sia incoraggiato.
  5. Dobbiamo avere umiltà e fiducia nei confronti del bambino, potenziale futuro innovatore. Dobbiamo pensare agli innovatori che sono diventati tali perché hanno potuto sperimentare ed esplorare, non perché erano immersi in un tablet.
  6. Rafforziamo, infine, il rispetto per il “Signor Errore” che tante volte ci visiterà quando cercheremo di predire il futuro.

La pedagogia Montessori e le nuove tecnologie
La pedagogia Montessori e le nuove tecnologie
Mario Valle
Un’integrazione possibile?Un’analisi fresca e attuale dell’impatto delle nuove tecnologie (PC, tablet, videogiochi) nell’ambiente scolastico, da una prospettiva montessoriana. Il pensiero comune sostiene che il mondo Montessori disdegni le nuove tecnologie e che non ne ammetta l’uso nelle scuole o in famiglia. Ma non è così: Montessori stessa credeva che l’introduzione di “ausili meccanici” sarebbe diventata una necessità nelle scuole del futuro.Come comportarsi allora?Mario Valle nel suo libro La pedagogia Montessori e le nuove tecnologie affronta la questione da un punto di vista particolare: esperto di super computer (è impiegato al Centro Svizzero di Calcolo Scientifico di Lugano) e affascinato dall’approccio Montessori, mostra come le tecnologie possano essere utilizzate nelle scuole.Il risultato è un libro interessantissimo, che è insieme un’ottima esposizione del pensiero di Maria Montessori e un’utile guida pratica per insegnanti curiosi e desiderosi di introdurre in classe (con “spirito montessoriano”) le nuove tecnologie. Credo […] che l’introduzione di ausili meccanici diventerà una necessità generale nelle scuole del futuro. […] Vorrei, però, sottolineare che questi ausili meccanici non sono sufficienti per realizzare la totalità dell’educazione.Maria Montessori, Introduction on the Use of Mechanical Aids L’ebook di questo libro è certificato dalla Fondazione Libri Italiani Accessibili (LIA) come accessibili da parte di persone cieche e ipovedenti. Conosci l’autore Mario Valle lavora da oltre trent’anni nei campi più disparati della scienza e dal 2003 è al Centro Svizzero di Calcolo Scientifico (CSCS) di Lugano, a stretto contatto con scienziati e ricercatori, utilizzando quotidianamente supercomputer e tecnologie di punta.Tramite suo figlio, che ha frequentato una scuola Montessori, si è avvicinato a questo mondo e si è appassionato alla concreta scientificità delle idee della Dottoressa Montessori. Ora studia e approfondisce questi temi e condivide le sue riflessioni in pubblicazioni, corsi e presentazioni pubbliche.