capitolo 11

L’orizzonte tecnologico
limitato degli adulti

Nei riguardi di una nuova tecnologia noi adulti abbiamo sovente un campo visivo limitato, ne vediamo solo i problemi e la giudichiamo in base alla nostra esperienza passata, senza provare a immaginare gli usi nuovi e inaspettati che suo tramite vengono resi possibili. Se in più sei un insegnante, è probabile che chi è proteso verso il futuro ti incalzi domandandoti:

Come puoi preparare gli studenti per il futuro, se sei bloccato nel passato?192

Queste persone hanno purtroppo ragione e gli esempi non mancano. Come una LIM in un’aula non rende di per sé moderna una scuola, se viene utilizzata come le lavagne di ardesia per una classica lezione frontale, così si passa a tablet e lettori di e-book, ma gli studenti si devono sorbire, invece del vecchio libro di testo, lo stesso vecchio libro di testo ma su supporto digitale. Già nel 1971 Seymour Papert si lamentava che

i computer nell’istruzione sono spesso ridotti ad appariscenti gadget moderni usati per insegnare la stessa vecchia roba in maniere sottilmente camuffate dello stesso vecchio modo193.

Anche il cambio di mentalità innescato dalle tecnologie di comunicazione fatica a prendere piede tra gli adulti. Per esempio, nonostante oggi la parola d’ordine sia sharing, condivisione, ci sono ancora insegnanti che con grande cura nascondono tracce e appunti delle proprie lezioni. Nel testo citato Papert sintetizza questa ristrettezza di vedute prendendosela con la

timidezza intellettuale della comunità computer-per-la-didattica, che sembra notevolmente riluttante a utilizzare i computer per qualsiasi scopo che non riesca ad assomigliare a qualcosa che è stato insegnato nelle scuole negli ultimi secoli.

Noi adulti restringiamo i nostri orizzonti quando ci ostiniamo a pensare ai nomi scordandoci invece dei verbi, come ragionava Marc Prensky in un’intervista:

Per prima cosa penso che l’essenziale sia comprendere il ruolo di queste tecnologie. Per quanto ne capisco si tratta di parlare di nomi e di verbi. I netbook, gli iPad, gli iPhone sono i nomi. I verbi sono «comunicare», «pensare criticamente», «presentare», «convincere». Sono verbi importanti nell’educazione e non cambiano. Sono i nomi che cambiano spesso194.

Ecco, le tecnologie (i nomi) sono solo degli strumenti e, come tali, devono essere considerati unicamente un punto di partenza. Quello che conta è, per fare un esempio, la comunicazione (un verbo), non con che cosa viene fatta o come viene fatta. Invece la nostra reazione di fronte a un SMS romantico come “xke da qnd nn c6 tvb d +!!!” trasuda orrore per la sorte della povera lingua di Dante195. Al contrario dovremmo concentrarci su ciò che la scrittura in tutte le sue forme – anche questa! – rappresenta: comunicazione, espressione di sé, manifestazione delle proprie idee. Lo hanno messo in pratica due maestre lungimiranti di una prima classe tradizionale, contaminate da Montessori196. “Scrivete”, hanno detto ai loro bambini, che hanno risposto angosciati:

Ma non sappiamo scrivere!”. “Non è vero, ognuno di voi sa scrivere nella sua lingua: Francesco in franceschese, Matilde in matildese e così via. Scrivete, poi, se volete, ve lo traduciamo.

Risultato? Da quel momento quei bambini a scrivere non li fermava più nessuno. Non era quello che si voleva? O si volevano solo pagine di bella calligrafia, ma vuote?


Un’altra declinazione importante del verbo “comunicare” è “comunicare visivamente”. Le immagini sono un mezzo molto efficace per la trasmissione di messaggi e contenuti perché gli occhi, come abbiamo visto nel capitolo 5, sono a tutti gli effetti un’estensione del cervello. Invece a scuola ci si limita a far disegnare e dipingere, dimenticando che la grafica e le immagini rappresentano sia una forma di espressione, sia un supporto al verbo “pensare”, perché disegnare serve a strutturare e organizzare i propri pensieri, come si vede chiaramente nelle mappe mentali o MindMap. Una mappa mentale non solo rende visibili le idee e le loro interrelazioni, ma quando la si disegna e colora, l’uso delle mani aiuta il pensiero. Molto montessoriano, anche se Tony Buzan197, il suo inventore, non lo sapeva.

Quando vediamo i giovani rifiutare i libri, ci arrabbiamo e ci intristiamo. Invece dovremmo allargare le nostre vedute e considerare che, forse, i giovani rifiutano, più che il libro in se stesso, quello che il libro rappresenta: un sapere lineare imposto da altri, quando sono ormai abituati a un sapere a rete condiviso. Non solo, il contenuto del libro arriva da una qualche autorità, sovente la lettura è imposta, è considerata un’attività sostanzialmente passiva ed è spesso associata ai compiti scolastici e alla valutazione negativa per gli errori commessi. Viceversa girare su una rete sociale o navigare nel web sono attività scelte liberamente, che permettono un’esplorazione attiva, non lineare e ramificata, in cui ognuno costruisce il suo personale sapere e l’errore non è considerato un fatto negativo, ma parte del processo di scoperta.


Un’ultima manifestazione dei nostri orizzonti troppo angusti è il considerare le nuove tecnologie solo come un miglioramento di ciò che già conosciamo. Non è così. Le reti sociali non sono il muretto di Alassio, solo più grande. Sono un’altra cosa. Il computer non è carta e penna, solo più veloce. È un’altra cosa. I nuovi media non sono solo un’evoluzione di quelli tradizionali. Sono un’altra cosa. Basta vedere come scegliamo i testi web da leggere: fuggiamo dai siti che ricopiano fedelmente la carta stampata proponendo masse monolitiche di testo e invece scorriamo volentieri testi che facilitano la ricerca di ciò che riteniamo pertinente. Anche le limitazioni tecnologiche non sono un ostacolo rispetto a media più consolidati. Prendiamo Twitter, il sito di microblogging, dove il testo è limitato a 140 caratteri, almeno per ora.

È proprio questa limitazione che, oserei dire, ha creato una nuova forma di letteratura198, come avevano preconizzato Italo Calvino nelle Lezioni Americane e Maria Montessori nell’Autoeducazione199. È vero, non è nulla di nuovo, già con l’origami si creano opere d’arte all’interno dei limiti della carta solo piegata e la poesia nasce nei limiti della metrica200, ma è tra questi paletti e nei vincoli di un diverso medium tecnologico che troviamo una nuova libertà, a volerla cercare.


Può forse spingerci a guardare con altri occhi le nuove tecnologie il famoso e citatissimo articolo More is different201 del Premio Nobel per la fisica Phil Anderson. In sostanza l’articolo sostiene che il comportamento dei sistemi complessi non si spiega in termini di una semplice estrapolazione delle proprietà di sistemi più piccoli. Al contrario, a ogni livello di complessità compaiono proprietà interamente nuove, da cui il titolo: Di più è un’altra cosa. Prendiamo uno stormo di uccelli. Non sono solo tanti uccelli, sono qualcosa di radicalmente differente. Come per uno stormo “una nuova tecnologia non aggiunge o sottrae qualcosa. Cambia tutto”202. Come non possiamo giudicare e capire uno stormo guardando un singolo uccello, così non dobbiamo obbligare i nostri ragazzi a volare come un uccellino quando invece sono uno stormo.

11.1 Ricapitolando

  1. Noi adulti dovremmo investire un po’ più di tempo per capire che cosa gira nel mondo dei nostri ragazzi. Per esempio, abbiamo mai provato a giocare con loro a un qualche videogioco?
  2. Dovremmo tener viva la speranza di poter creare il futuro attraverso la crescita e la preparazione di coloro che lo abiteranno e dar loro fiducia.

La pedagogia Montessori e le nuove tecnologie
La pedagogia Montessori e le nuove tecnologie
Mario Valle
Un’integrazione possibile?Un’analisi fresca e attuale dell’impatto delle nuove tecnologie (PC, tablet, videogiochi) nell’ambiente scolastico, da una prospettiva montessoriana. Il pensiero comune sostiene che il mondo Montessori disdegni le nuove tecnologie e che non ne ammetta l’uso nelle scuole o in famiglia. Ma non è così: Montessori stessa credeva che l’introduzione di “ausili meccanici” sarebbe diventata una necessità nelle scuole del futuro.Come comportarsi allora?Mario Valle nel suo libro La pedagogia Montessori e le nuove tecnologie affronta la questione da un punto di vista particolare: esperto di super computer (è impiegato al Centro Svizzero di Calcolo Scientifico di Lugano) e affascinato dall’approccio Montessori, mostra come le tecnologie possano essere utilizzate nelle scuole.Il risultato è un libro interessantissimo, che è insieme un’ottima esposizione del pensiero di Maria Montessori e un’utile guida pratica per insegnanti curiosi e desiderosi di introdurre in classe (con “spirito montessoriano”) le nuove tecnologie. Credo […] che l’introduzione di ausili meccanici diventerà una necessità generale nelle scuole del futuro. […] Vorrei, però, sottolineare che questi ausili meccanici non sono sufficienti per realizzare la totalità dell’educazione.Maria Montessori, Introduction on the Use of Mechanical Aids L’ebook di questo libro è certificato dalla Fondazione Libri Italiani Accessibili (LIA) come accessibili da parte di persone cieche e ipovedenti. Conosci l’autore Mario Valle lavora da oltre trent’anni nei campi più disparati della scienza e dal 2003 è al Centro Svizzero di Calcolo Scientifico (CSCS) di Lugano, a stretto contatto con scienziati e ricercatori, utilizzando quotidianamente supercomputer e tecnologie di punta.Tramite suo figlio, che ha frequentato una scuola Montessori, si è avvicinato a questo mondo e si è appassionato alla concreta scientificità delle idee della Dottoressa Montessori. Ora studia e approfondisce questi temi e condivide le sue riflessioni in pubblicazioni, corsi e presentazioni pubbliche.