seconda parte

Esperienze Montessori
dalla nascita ai sei anni

Nel periodo di tempo che va dal 1907, cioè dalle prime osservazioni nella piccola scuola romana di via dei Marsi fino al 1952, anno della sua morte, Maria Montessori non cessa di delineare l’ampio progetto di formazione umana cui dà il nome de I quattro piani dello sviluppo. Nel corso del tempo una scoperta iniziale si è trasformata in molteplici indicazioni operative, in un modello o, quanto meno, in linee-guida di lavoro per gli adulti che intervengono con bambini o con ragazzi nelle varie fasi di sviluppo.In questa seconda parte faremo riferimento al primo “piano” 0-6 anni, considerato nelle due parti 0-3 e 3-6.


Parleremo di esperienze, a partire dall’accoglienza al neonato e dai Nidi di ispirazione montessoriana, per passare poi alle Case dei Bambini con cui da sempre l’idea Montessori si identifica.

Quattro “piani” e altro ancora

Consapevole della specificità della formazione umana, come della sua realtà biologica, Maria Montessori aveva individuato, già prima degli anni ’30, i profondi mutamenti che attraversano la “lunga infanzia” e l’urgenza di rispondere a ogni fase dello sviluppo in modo adeguato. Giunse così a definire nella formazione individuale quattro successivi “piani” – da 0 a 6, da 6 a 12, da 12 a 18, da 18 a 24 anni1 – e, con la concretezza che la distingueva, stabilì i corrispondenti quattro piani dell’educazione: da un lato bisogni e manifestazioni vitali, dall’altro le opportune risposte.


Soprattutto per i primi due periodi 0-6 e 6-12 mise in rilievo i segnali di particolari quanto transitorie sensibilità, che sono per lo sviluppo altrettante guide interne, dirette a fissare i caratteri necessari alla sopravvivenza e alla comunicazione. Le chiamò periodi sensitivi2 .

Nel primo piano identificò quelli del linguaggio, del movimento, dell’ordine, quest’ultimo si è poi verificato indispensabile per stabilire, tra continuità e cambiamento, i primi legami.


Nel secondo piano il periodo sensitivo della cultura del gruppo di appartenenza, con l’interesse a conoscere e a capire la realtà umana, grazie alla forte capacità immaginativa e al senso di giustizia.


Ogni livello ha bisogni diversi e presenta manifestazioni proprie: occorrono dunque risposte differenziate, anche se nel percorso certi criteri generali come: l’ambiente preparato, il maestro preparato, la libera scelta delle proprie occupazioni, l’astensione dal giudizio verbalizzato, usato come pungolo – per citarne solo alcuni – restano sempre validi.


Dalle sue osservazioni sul neonato e sui primi due anni di vita ai discorsi sull’adolescente quale “neonato sociale”, Maria Montessori offre contributi molto concreti sul piano metodologico. Non si tratta di utopie, ma di esperienze più o meno ampie e durevoli nel tempo, ormai realizzate nei paesi più diversi.

Tav. 4 – I piani dello sviluppo umano, tratto dall’articolo di Grazzini e Krumins citato alla nota 1, riproduce un cartellone, presentato dalla Montessori in uno dei suoi ultimi corsi, in cui i triangoli 0-6 e 12-18 sono in rosso a raffigurare la creatività dei due periodi, mentre i triangoli 6-12 e 18-24 in azzurro indicano le maggiori “calma e uniformità”. Nella parte inferiore è rappresentata invece la modalità direttiva delle istituzioni tradizionali secondo cui l’adulto è “causa” della formazione e il bambino il “prodotto”. Inoltre l’individuo acquista valore via via che cresce ed è costretto a passare da un ordine all’altro di ordine scolastico con salti anche traumatici. Aumenta in proporzione il numero degli adulti che si occupano di lui (le frecce sottostanti), rapporto numerico quest’ultimo oggi in parte mutato rispetto agli anni ’50.

Quale il filo conduttore?

“Il nostro lavoro con i bambini si fonda sull’esperienza nel senso che siamo guidati dalle (loro) manifestazioni nelle diverse fasi dello sviluppo.


Il bambino non cresce in modo uniforme, giorno per giorno, allo stesso passo. Durante la crescita ci sono periodi di crisi e periodi di maturazione, un po’ come nelle metamorfosi degli insetti. Nel bambino i cambiamenti non sono forse così evidenti, eppure le analogie non mancano.


Se guardiamo ad essi, non siamo più noi le guide, ma piuttosto i guidati. Il nostro criterio è che il maestro deve osservare il bambino con l’idea non di plasmarlo secondo un proprio modello, ma di avere da lui gli insegnamenti per sapere come educare“3 .

È ovvio che è la comunità degli adulti a decidere quali contenuti trasmettere al bambino o al ragazzo, ma nella scuola di tipo direttivo, fortemente centralizzata, quale è ad esempio quella italiana, se si esaminano le varie aree indicate dai programmi statali, si constata che ai più giovani si vorrebbe insegnare l’intero scibile, ancora più vasto oggi di quanto non fosse solo trenta o quaranta anni addietro.

Per “far entrare” tutto questo nella memoria infantile (e d’altra parte per “non affaticarla” troppo!), non ci si è posti il problema del come in rapporto agli interessi o alle “passioni” delle varie età e si è preferito “alleggerire”, dando di tutto un po’: tanta ecologia, biologia e geografia in forme succinte; storia con scarsa sistemazione temporale; aritmetica tuttora appresa in modo astratto e mnemonico; per l’italiano, nelle medie, una spruzzatina di Omero e una di Dante, di Tasso e di Manzoni, tutti più o meno come se fossero contemporanei …


Uno studio frammentato e puramente libresco non favorisce la comprensione di ciò che si sta facendo, cui si aggiunge la difficoltà per l’allievo di cogliere le relazioni interne ai vari filoni del sapere.


Si può fare diversamente? L’esperienza Montessori dice di sì in concreto, tramite scuole che mettono al centro del loro lavoro l’osservazione dei bisogni individuali e trattano i contenuti come mezzi di sviluppo, raggiungendo così alti livelli di apprendimento e di socializzazione. Istituzioni non più basate sulla meritocrazia. A partire da quando?


La risposta di Montessori è netta: dal principio, cioè dalla nascita, dai primi anni, secondo un percorso coerente di qualità relazionale tra adulto e bambino insieme a un’attenta riflessione sulla qualità della situazione ambientale.


È questo lo spartiacque che rivela con certezza una situazione “montessoriana”:

  1. l’atteggiamento non direttivo e l’intervento prudente nella parola, nel gesto;
  2. l’attenzione vigile e continua al luogo in cui il bambino o il ragazzo vivono e che ovviamente sarà molto diverso a seconda delle età. Queste però sono insieme in fasce ampie di almeno tre anni, con esperienze ricchissime sul piano relazionale (0-3; 3-6; 6-9; 9-12; 12-15…);
  3. gli oggetti sono essenziali per l’agire autonomo e per l’autoverifica.

In una scuola “vuota” – ieri fatta di banchi, sussidiario, quaderni, lavagna; oggi di giochi didattici, schede, audiovisivi – si sviluppano piuttosto l’attesa delle prescrizioni, l’insofferenza se non il rifiuto verso lo studio e un apprendimento vincente solo per i “fortunati” in quanto dotati o seguiti dai genitori. Una scuola che non riesce ad essere realmente “di tutti e per tutti”: impostata tuttora su uno sfondo idealistico, non riconosce valore sostanziale al fare; privilegia l’ascoltare e il guardare, con libri di testo di qualità mediocre. Non cura la struttura degli edifici, né il mobilio e meno di tutto gli oggetti che dovrebbero promuovere curiosità, consentire constatazioni e scoperte. Sono considerati un lusso, un costo non essenziale.


Si è spesso criticato, a volte conoscendolo solo superficialmente, il materiale di sviluppo, cioè l’apparato di oggetti proposto dalla Montessori.


Rispetto ai quattro piani diremo intanto che è in uso soprattutto tra i 3 e i 12 anni (circa), nei periodi dell’esplorazione sensoriale e degli apprendimenti di base. Prima dei 3 anni si propongono oggetti più semplici rispondenti ad altre esigenze esplorative, mentre agli adolescenti i libri da un lato, l’ambiente umano e naturale dall’altro offrono ampie possibilità di ricerca e di conoscenza.


A ogni età, secondo Montessori il fattore essenziale è comunque il clima relazionale tra adulti, bambini o ragazzi e di questi fra loro: non si lavora con gruppi preordinati di pari livello, non ci si basa a nessuna età sul confronto artificioso e sui premi, ma si sviluppa la capacità critica, affidando ai bambini o ai ragazzi stessi molteplici e concreti mezzi di autocontrollo.


A ogni età gli ambienti sono organizzati a misura fisica e psichica di chi ne fruisce e gli oggetti sono messi a totale disposizione. C’è la massima libertà di scelta delle attività, del tempo necessario a concluderle, del luogo, del compagno (o compagni) con cui lavorare, ma anche regole inderogabili: quella del riordino personale degli oggetti usati, (“miei finché li adopero, ma poi è mia responsabilità che tornino a disposizione di tutti”); dell’attesa, se un oggetto o uno strumento non sono subito disponibili; dell’impegno personale a non disturbare il lavoro di alcuno.


Ma è soprattutto l’atteggiamento degli adulti a favorire la liberazione delle potenzialità individuali.


“Sostituirsi al bambino o ragazzo con le migliori intenzioni di aiutarlo quando non è necessario è un impedimento al suo sviluppo. Egli agisce allora perché gli è permesso, per rendere conto, per ottenere approvazione, per superare altri.


Non è questo il vero significato di libertà; non è poter fare qualsiasi cosa possa piacere o per far piacere o per aderire al comando, sia pure moderato, di altri.


Libertà significa intanto saper rispondere a bisogni vitali di attività costruttiva. Se un bambino o ragazzo hanno questa possibilità, rivelano via via nuove attitudini: non fanno solo le cose per sé, ma sviluppano una speciale sensibilità per rispettare i desideri, le esigenze, i tempi degli altri.

Soddisfatti in profondità, diventano capaci di ascolto e manifestano creatività e senso morale, i nuovi pilastri della seconda età”4 .

Si dirà che questi criteri sono in comune con le esperienze dell’attivismo: sì sul piano dei principi, molto meno se i bambini comunque dipendono dalle proposte dei maestri nel fare che cosa, come e con chi, se non hanno in ogni situazione gli strumenti opportuni per controllare il proprio operato. La posizione attiva nell’apprendere è basilare, ma Montessori va oltre, dando piena fiducia alle potenzialità autoformative di ogni bambino e modificando profondamente il tradizionale ruolo direttivo dell’adulto.


Quattro piani di sviluppo e di crescita, incluso il tempo dell’università, anch’essa vagheggiata in modo diverso5 e la formazione non è ancora esaurita, soprattutto se si vuole diventare educatori o genitori consapevoli.


Anzi, ciò che lei ha instancabilmente raccomandato nell’ambito dei suoi numerosissimi corsi e congressi, è proprio la formazione continua degli adulti, con verifica e autoverifica permanente, non sulle spalle dei più giovani, ma sulle nostre, di educatori e di genitori.

MONTESSORI: PERCHÉ NO?
MONTESSORI: PERCHÉ NO?
Grazia Honegger Fresco
Una pedagogia per la crescita.Che cosa ne è oggi della proposta di Maria Montessori in Italia e nel mondo? Un testo fondamentale, corretto, ampliato e riproposto a distanza di anni, per chiunque si interessi alla vita e alle opere di Maria Montessori. Montessori: perché no? è un testo fondamentale per chiunque si interessi alla vita e alle opere della celebre pedagogista. Sull’onda del recente rinnovato interesse per la figura e il pensiero di Maria Montessori, il testo, già edito da Franco Angeli in 7 edizioni ed esaurito da anni, è stato curato da Grazia Honegger Fresco, corretto e ampliato con uno scritto della stessa Montessori relativo all’Educazione Cosmica e uno sull’apprendimento della nostra lingua per adulti migranti. Il bambino che ha sentito fortemente l’amore all’ambiente e agli esseri viventi, che ha trovato gioia ed entusiasmo nel lavoro, ci fa sperare che l’umanità possa svilupparsi in un senso nuovo. La nostra speranza per la pace futura non risiede negli insegnamenti che l’adulto può dare al bambino, ma nello sviluppo normale dell’uomo nuovo.Maria Montessori Conosci l’autore Grazia Honegger Fresco (Roma, 6 Gennaio 1929 - Castellanza, 30 Settembre 2020), allieva di Maria Montessori, ha sperimentato a lungo la forza innovativa delle sue proposte nelle maternità, nei nidi, nelle Case dei Bambini e nelle Scuole elementari. Sulla base delle esperienze realizzate con i bambini e i loro genitori, ha dedicato molte delle sue energie alla formazione degli educatori in Italia e all'estero.È stata presidente del Centro Nascita Montessori di Roma dal 1981 al 2003 e ne è stata Presidente onorario. È stata consulente pedagogica di AMITE (Associazioni Montessori Italia Europa) e nel 2008 ha ricevuto il premio UNICEF-dalla parte dei bambini.Ha pubblicato numerosi testi di carattere divulgativo.