di Maria Grazia Corda68

Segni dentro. Tracce di incontri con
Maria Montessori

Negli anni del perbenismo post-vittoriano la scelta di tenere con sé un bambino nato fuori del matrimonio non poteva che essere molto difficile, perfino insuperabile, a seconda delle circostanze. Il rigido e ambiguo conformismo di fine ’800 non consentiva a una donna non sposata di esibire il suo essere madre, ancor meno se già molto nota. Pensando al suo livello di consapevolezza, questa per la Montessori deve essere stata una decisione assai dolorosa, tanto che, appena le è stato possibile, ha ripreso con sé il figlio.

Ed estremo coraggio ci vuole per decidere di lasciare una professione duramente conquistata in quanto donna e ormai affermata con un suo specifico di novità (non solo medico, ma psichiatra infantile), alla quale non mancano riconoscimenti almeno a livello nazionale, per dedicarsi a un lavoro tutto nuovo, tutto da studiare e da inventare in una visione del futuro che a molti sembra pura utopia: formare i nuovi maestri per un’umanità diversa. E saranno soprattutto le donne, molte donne, a seguirla, a sperimentare con lei, a continuare il suo cammino… Le note sono della curatrice.


Nello scrivere la vita di una donna c’è un aspetto di conoscenza e di narrazione che colloca inevitabilmente chi fa tale operazione in una dimensione costruttiva. Rispetto a Maria Montessori sono stata toccata nei punti cruciali della mia esistenza di donna, dalla professione – di studiosa dell’infanzia – alla maternità, al mio rapporto con il mondo della cultura.


C’è una questione di metodo, ma anche di prospettiva e di come questa si costruisce e si decostruisce, trasformandosi nel progressivo incontro con il proprio oggetto di studio, in questo caso la soggettività di un’altra donna, Maria Montessori.

I due elementi, metodo e prospettiva, seppur intimamente legati e quasi la stessa questione, sono talora sciolti nel parlare, per semplificare alcuni punti e relazioni e per renderli in parte più chiari, senza perderne tuttavia di vista la complessità e l’unitarietà.

Maria Montessori, la maternità, l’educazione, la cultura

A mano a mano che approfondivo la lettura delle opere scritte da Maria Montessori, degli articoli o di altre iniziative da lei promosse o realizzate, mi sono apparsi sempre più evidenti due caratteri:

  • la passione per qualsiasi realtà che divenisse oggetto della sua attenzione e la molteplicità dei suoi interessi;
  • il coraggio e la determinazione nel mettere in discussione elementi fondamentali delle istituzioni educative, sociali, culturali a lei contemporanee.

Eppure risulta sostanzialmente ridotto l’interesse biografico per l’esistenza di questa donna, il cui pensiero è stato riconosciuto a fatica – e comunque da pochi – nella sua originalità e nel suo valore, con vicende alterne, soprattutto in Italia.


Viceversa il mio interesse era proprio centrato sulla sua vita, su quell’humilis personale grazie al quale l’opera intellettuale ed educativa montessoriana è nata e si è maturata.


Ripercorrendo, non senza qualche difficoltà proprio per il limite bio-bibliografico, le tappe più significative della vita di Maria Montessori, la mia attenzione di ricerca e di rielaborazione nella scrittura si è soffermata sul periodo giovanile, anche se non mancano motivi d’interesse notevole negli altri cicli della sua vita.


È nel periodo della sua formazione universitaria e dell’introduzione nel mondo professionale che la Montessori compie scelte soggettivamente molto importanti e altrettanto determinanti dal punto di vista professionale. Le vicende legate alla scelta universitaria di frequentare medicina e a una relazione d’amore, nonché alla maternità, alle prime esperienze di ricercatrice in medicina (psichiatria), al lavoro con persone “deficienti”, si intrecciano preparando alcuni punti fermi nel percorso montessoriano esistenziale e culturale.


Poche sono le tracce dei movimenti interiori di questa donna così profondamente impegnata in cambiamenti personali e sociali, secondo una logica sicuramente altruistica.


Come si accostò all’infanzia? Quali furono le sue intuizioni profonde? E le sue battute d’arresto? Quali le scelte che hanno segnato il suo percorso? Come ha comunicato poi con altre donne il suo modo di pensare e di sentire? Quali difficoltà ha incontrato in questo processo di trasmissione?


Sicuramente nel periodo giovanile il percorso di trasformazione personale si intreccia con la sua professione di formatrice. Inizia a interessarsi sistematicamente di questioni educative all’interno delle sue esperienze di ricercatrice e di medico nello stesso periodo in cui diventa madre.

Infatti, laureatasi in medicina nel 1896 – ed è in Italia tra le prime donne a farlo69 – genera a ventotto anni (marzo 1898) un figlio; è all’inizio di una brillante carriera come ricercatrice, decide, in accordo con Montesano, di affidarlo alle cure di una balia e di seguirne la crescita nell’anonimato, fino alle soglie dell’adolescenza70 . Il segreto, escluso per poche, intime collaboratrici, fu la scelta obbligata per i moralismi dell’epoca con il dolore di una relazione da tenere nascosta. A livello privato gli anni precedenti sono segnati dapprima da una contrapposizione nella relazione con il proprio padre e dal rifiuto di questi di un percorso di studi “poco appropriato” per una donna. La relazione con la madre, dapprima connotata da intesa e sostegno verso la scelta ardita della figlia, diventa più problematica con la vicenda della maternità.


È possibile arguire dalle esigue testimonianze che la madre abbia avuto un ruolo piuttosto determinante nella scelta di affidare il bambino ad altri. Il fatto che alcuni mesi dopo la morte di lei, avvenuta nel dicembre del 1912, Maria decida di riprendere con sé il figlio – il padre Alessandro vive già con lei – non sembra irrilevante al riguardo. La relazione d’amore con il collega Giuseppe Montesano ha un esito infelice e la mette a dura prova, anche dal punto di vista professionale71 .


Ne è forse un altro indice l’abbandono della Scuola Magistrale Ortofrenica nel 1903, dove sta raccogliendo i frutti delle sue ricerche psichiatriche, di poco successivo alla fine della relazione e alla nascita del bambino72 .


Riflettendo su questo intreccio di eventi personali e pubblici, mi sono chiesta se e come Maria Montessori abbia trasformato la rinuncia a vivere in prima persona la maternità nella possibilità di indirizzare le proprie risorse verso la “causa del bambino”, secondo modalità di alto livello professionale e culturale. Che cosa ha significato in questo orizzonte la pratica del segreto?


Socialmente la garanzia di una carriera professionale, ma forse non quella di medico, tanto desiderata e perseguita negli anni precedenti (l’abbandonò a partire dal 1907 per dedicarsi all’approfondimento e alla diffusione di quanto aveva scoperto osservando i bambini sani). Inoltre il possibile riconoscimento nei confronti della madre che l’aveva sostenuta nelle sue scelte, per quei tempi insolite.


Non sembra comunque aver molto senso giudicare eventi di inizio secolo con i parametri odierni. Era l’epoca degli abiti lunghi, con rigide convenzioni sociali e non poche ipocrisie: voler ricostruire a tutti i costi quel che accadde - con la mania attuale di frugare a fondo nelle biografie di personaggi famosi - ha poco significato se si scade, non avendo dati precisi, in illazioni, se non in pettegolezzi. Si vuole forse dimostrare che sia stata una donna “leggera”? Che si sia dedicata ai bambini avendo abbandonato il proprio? Anche il volume di Marjan Schwegman, già citato, più incline a interpretare che a documentare, gioca molto su ipotesi vaghe, senza favorire la comprensione del lavoro di lei e delle straordinarie ricadute, tuttora assai vive, che esso ebbe nei cinque continenti.

Quale altro significato possono consegnarci le sue scelte, riviste oggi?

Una sua lettera73 scritta a un’amica, subito dopo aver conseguito la laurea, è significativa in quanto indica un orientamento profondo della giovane donna che si consolida anche in questo passaggio esistenziale appena delineato.

Pur essendosi formata alla scuola positivista, ovvero a un impegno di osservazione scientifica e neutrale, è viva la sua attenzione a ciò che si muove nel mondo interiore, all’ambivalenza che lo governa.


Di fronte alle esperienze traumatizzanti che caratterizzano il suo ingresso all’università, nel suo racconto epistolare retrospettivo, ella si focalizza sulle energie e sul suo sentire più profondo: cerca di rintracciare tra gli affetti quale sia stata la misura interiore che l’ha orientata nei tormentati rapporti sociali e familiari.


Racconta che nella solitudine del distacco da se stessa e da altri, anche da quelle aspettative materne che l’avevano modellata, accetta di trasformare l’immagine profonda di se stessa, per non tradire alcuni suoi desideri. Già durante gli anni dell’università, e sicuramente quando scrive queste considerazioni epistolari, si esercita in un ascolto interiore che trascende l’osservazione positivista della realtà per andare al centro della persona. L’evento della maternità diventa un’opportunità per approfondire una visione ricca dell’esistenza propria e altrui.


Vive con responsabilità i dilemmi posti da una situazione, quella di ragazza madre, socialmente e culturalmente definita come inaccettabile e sceglie di sottrarsi al giudizio sociale, accettandone nell’intimo della propria coscienza i risvolti più dolorosi. “Sacrifica”, per usare parole sue, “alla vita civile” un istinto e una relazione naturale.


A questo proposito, una lettura trasversale dei suoi scritti con occhio attento a quanto afferma sulla maternità e sul rapporto madre-figlio nei primi istanti di vita, nonché sull’istituto del baliatico, fa pensare a un’acuta consapevolezza, approfondita nel corso degli anni, della propria responsabilità riguardo alla scelta di affidare il figlio ad altri e della conseguente deprivazione di alcune cure materne, fondamentali per la crescita fisica e psicologica.


D’altra parte la sua esperienza anche nella negatività non l’ha ostacolata nell’alimentare un pensiero rivoluzionario, nel proporre nuove modalità di prepararsi alla nascita e alla cura del neonato.

La distanza/presenza nella relazione con il figlio ha sostanziato l’orizzonte affettivo e simbolico della sua avventura di instancabile pensatrice e riformatrice74 .


A me, che ho guardato questo evento in tempi diversi, è parso che il segreto sia stato la sua forza e la sua possibilità, oltre che il suo intimo dolore. È stata la creazione più in profondità, oltre i confini sociali, di un luogo interiore nel quale alimentare una trasformazione che ha aperto una via privilegiata per accostarsi al mondo dell’infanzia, secondo aperture insaziabili, tanto che, perfino negli ultimi anni della sua vita in India è impegnata a “imparare” insieme al figlio, divenuto molto presto, in un sodalizio non più separabile, il suo principale collaboratore.


Nel segreto ha avviato un modo diverso di vivere il rapporto con il bambino, suo figlio anzitutto e, insieme, tutti i bambini del mondo: sottraendosi al giudizio pubblico, si è data la possibilità di far diventare feconda per sé e per gli altri tale esperienza.


Quando, ormai ottantenne, chiede ai suoi uditori di non guardare alle fattezze del suo dito, ma a ciò che esso indica – il bambino – esprime il disagio verso atteggiamenti poco rispettosi di questo suo cammino profondo.


Nel testamento75 indicherà il figlio come fonte di ispirazione fin da quando era bambino. Nello stesso tempo, proprio con questo richiamo, riconosce la necessità di chi la segue di guardare a lei nel suo modo nuovo di porsi in relazione con i bambini.

Scoprire Maria Montessori ha significato per me, che montessoriana non sono, trovare una donna che ci indica che l’educazione – ovvero la formazione, come preferiva chiamarla – si radica anzitutto nel cuore dell’esistenza personale di chi educa.

Le interviste alle allieve

Questi tratti della vicenda montessoriana, nonché del suo pensiero (e in particolare il silenzio che in Italia è rimasto intorno ad alcuni episodi della sua vita, primo fra tutti quello della maternità) hanno avvalorato e per me confermato una scelta metodologica precedentemente operata: quella di ricorrere alla testimonianza di persone che l’avessero conosciuta e ad altre di “seconda generazione”, per accostarmi più da vicino alle tracce viventi del percorso montessoriano.


C’è una ricchezza particolare nel movimento articolato che dal pensiero di Maria Montessori ha preso vita: una tradizione orale ha codificato in forme diverse la trasmissione del sapere sul metodo e secondariamente – o forse solo in misura meno apparente – sulla vita stessa di Maria Montessori.


La mia ricerca ha inteso inserirsi in questa tradizione, per cogliere, attraverso il racconto delle intervistate, i loro cambiamenti personali e professionali, ricondotti dalle stesse alla relazione diretta o mediata con l’origine.


È stato il tentativo di ricostruire un filo rosso di continuità/discontinuità tra la fonte e l’eredità che ancora oggi riceviamo dalle persone che propongono il suo metodo o comunque i punti nodali del suo pensiero.


L’incontro con le allieve, con la loro ricca esperienza di educatrici montessoriane, mi ha aiutato a mantenere viva la complessità del mio oggetto/soggetto di studio.


L’ascolto dei loro racconti, la rilettura dopo la trascrizione, la comprensione dei passaggi per me più rilevanti sulla vita e sull’opera della Montessori nonché sul movimento, mi hanno permesso di approfondire e di articolare maggiormente l’eredità montessoriana attraverso le memorie di queste persone.


Ho incontrato Maria Antonietta Paolini (1907-1997) nella sua casa, a Urbino. Nello studio la scrivania parla di una persona ancora nel pieno dell’attività di lettura; le pareti parlano invece dei suoi ricordi di persone care: Maria Montessori, il nipote di lei, Mario Montessori Jr, la permanenza insieme a Laren, in Olanda, subito prima della seconda guerra.


Il tempo del racconto si invola di lì a Perugia, alla scuola montessoriana da lei fondata negli anni ’50 e diretta fino a poco fa; dall’oggi a quel periodo ormai lontano e poi ancora, all’indietro, agli anni ’30.


Il ritmo cadenzato, in tono ora da epopea, ora da favola, è quello di una generazione di inizio secolo, che ha attraversato eventi epocali e di una persona particolare che li ha vissuti nella speciale condizione di “zingara felice”, secondo le sue parole, al seguito diretto di Maria Montessori.


Da questo punto di vista, alla luce della presenza reale e simbolica della sua maestra, Maria Antonietta Paolini ha affrontato diversi cambiamenti generazionali. Nel suo racconto alterna momenti evocativi ad altri didattici e restituisce tutta la grandezza del pensiero di Maria Montessori. La descrive con forza come una “mente logico-matematica”, accompagnata da una sensibilità straordinariamente profonda e ricostruisce così una figura di donna di cultura, di scienziata, di formatrice, ostacolata tuttavia in campo educativo come in quello scientifico.


La narrazione di un’altra allieva intervistata, Flaminia Guidi (1905-2006), si fa subito puntuale intorno alla sua esperienza di insegnante montessoriana. C’è poco spazio per la divagazione nel suo dire: la memoria è impegnata a frugare nella ricchezza dei suoi novant’anni, gran parte dei quali dedicati a una scuola montessoriana di Roma. Nelle sue parole il centro che attira i fili del racconto è la meraviglia del bambino, il suo mondo straordinario e sempre originale da rispettare e da aiutare.


La gratitudine per la donna che le ha permesso di accedere a una tale scoperta non vela neppure per un istante l’attenzione del suo racconto e si manifesta in tutta la sua fecondità proprio nella descrizione dei risultati raggiunti in tanti anni di lavoro.


Appare chiara in lei la consapevolezza della “fortuna” di aver conosciuto la Montessori, prima attraverso le opere, poi direttamente.


Nella stessa Roma primaverile in cui ho conosciuto Flaminia Guidi, incontro Sofia Cavalletti e Gianna Gobbi. La conversazione a tre scorre veloce per la briosità e la vivace sicurezza di quest’ultima.


Il ricordo più forte di Maria Montessori è nel suo linguaggio di straordinaria efficacia e semplicità e, subito dopo, i suoi occhi, dallo sguardo acuto e intenso.


Attraverso la ricostruzione del proprio percorso, Gianna Gobbi delinea i tratti di alcune notevoli allieve di prima generazione come Anna Maria Maccheroni e Adele Costa Gnocchi, il ricordo di Mario Montessori Sr e del figlio di lui, Mario Jr.


Il tono, ora di confidenza, ora di maggiore professionalità, si accende di sdegno al pensiero dell’incomprensione da parte dei molti critici.


Quanto a Sofia Cavalletti, ritrae con sobrietà le allieve di Montessori che l’hanno avvicinata al suo pensiero, in particolare Adele Costa Gnocchi e Giuliana Sorge: ricordi che si intrecciano con quelli della sua ricerca personale insieme a Gianna Gobbi intorno all’educazione religiosa dei bambini.


L’incontro con Maria Montessori resta sullo sfondo: dopo averla ascoltata in due occasioni negli anni ’50, non sentì particolare interesse ad approfondire la conoscenza personale, colpita e impegnata in modo sufficiente dalle sue intuizioni profonde, mediate dai suoi scritti e, più ancora, dalle parole della Costa Gnocchi.


In una scuola Montessori, alla periferia di Como, incontro Costanza Buttafava Maggi, allieva di Giuliana Sorge, divenuta poi co-direttrice con Eleonora Rano della storica Scuola Montessori di via Milazzo 7 a Milano. Sorpresa per l’interesse da me mostrato al suo essere stata allieva, ricorda volentieri eventi ricchi e significativi della propria formazione professionale. Mentre emerge la figura complessa della sua maestra con il fascino esercitato sull’allora adolescente Costanza, il modello di vita, offerto dalla Sorge, di una totale dedizione all’impegno mai esaurito di formare nuovi maestri, il fascino della sua parola, traspare anche una relazione, non priva di increspature, con la Montessori, espressa però con estrema discrezione. Un rapporto non senza difficoltà tra la Sorge e, non tanto la sua amata maestra, quanto le persone che abitualmente l’attorniavano.


Il viaggio della memoria che connota l’intervista a Grazia Honegger Fresco è ricco di date, particolari, emozioni provate nel lungo percorso all’interno dell’orizzonte montessoriano, la cui prima tessera fu posta da sua madre, Adele Petri (1898-1994), allieva di Adele Costa Gnocchi a Roma nella Scuola Privata Normale per maestre, retta dalle Suore Dorotee, dal 1915 al ’18.


L’attenzione a indicare i molteplici aspetti dei fatti vissuti, a porsi da punti di vista differenti, arricchiscono il racconto autobiografico di voci, di riferimenti teorici o personali, di aspetti talora contrastanti. Si sente uno spirito critico e la familiarità con un mondo di idee e di persone che ruotano idealmente intorno a un punto centrale che è il bambino.


Adele Costa Gnocchi, divenuta a sua volta dal 1947 maestra di Grazia nella conoscenza del bambino, viene collocata in contesti storici precisi. Più tardi anche i suoi incontri con Anna Maria Maccheroni e con Giuliana Sorge.


È evidente che la vita del movimento è tutt’altro che lineare: in questo contesto narrativo la figura di Maria Montessori viene delineata attraverso gli occhi e le modalità operative delle allieve dirette conosciute, fra cui Maria Fancello.


Pur avendola ascoltata solo per pochi mesi (corso del 1951), è attraverso la mediazione vivente di chi l’ha seguita più da vicino nella prima metà del secolo che la Montessori si è ancorata nella mente e nel cuore di GHF, allieva di seconda generazione.

Il punto di ascolto

Ritorno a me, ovvero al punto di ascolto che, attraverso le parziali genealogie femminili delle allieve intervistate e la ricchezza dei singoli percorsi esistenziali e formativi, ha mostrato interpretazioni del tutto originali di quanto recepito da Maria Montessori.


Emerge nel pensiero montessoriano e nella vicenda umana di lei una provocazione: la richiesta di mantenere una tensione sempre molto alta nel vivere l’impegno come formatori, in qualunque posizione o ruolo ci si trovi nei confronti dei bambini e, in particolare per le donne, l’esigenza di mantenere un “ascolto vigile” per potersi avvicinare rispettosamente a ognuno di loro.


Cominciare a leggere le opere di Maria Montessori e conoscere la sua vita nel momento in cui vivevo per la prima volta l’esperienza di madre, non è stato per me indifferente. Continui erano i rimandi alla novità di mio figlio che vertiginosamente scombinava ritmi e modalità della vita quotidiana e alle difficoltà sempre presenti nella vita femminile a trovare nuovi equilibri tra ambiti diversi come il professionale o il relazionale più ampio.


La mia ricerca sulla vita di Maria Montessori si è legata all’opportunità di partire anche da questo punto, non sempre facile, ma di sicuro arricchente. La Montessori ha voluto dire per me la possibilità di cogliere la grandezza e l’unicità del suo percorso umano. Così la conoscenza scientifica si è intrecciata con un ascolto attento il più possibile alle trasformazioni della vita. Il rigore, non sempre traducibile in regole di metodo, si è sostanziato nella costante tensione a non perdere questa occasione di incontro.

MONTESSORI: PERCHÉ NO?
MONTESSORI: PERCHÉ NO?
Grazia Honegger Fresco
Una pedagogia per la crescita.Che cosa ne è oggi della proposta di Maria Montessori in Italia e nel mondo? Un testo fondamentale, corretto, ampliato e riproposto a distanza di anni, per chiunque si interessi alla vita e alle opere di Maria Montessori. Montessori: perché no? è un testo fondamentale per chiunque si interessi alla vita e alle opere della celebre pedagogista. Sull’onda del recente rinnovato interesse per la figura e il pensiero di Maria Montessori, il testo, già edito da Franco Angeli in 7 edizioni ed esaurito da anni, è stato curato da Grazia Honegger Fresco, corretto e ampliato con uno scritto della stessa Montessori relativo all’Educazione Cosmica e uno sull’apprendimento della nostra lingua per adulti migranti. Il bambino che ha sentito fortemente l’amore all’ambiente e agli esseri viventi, che ha trovato gioia ed entusiasmo nel lavoro, ci fa sperare che l’umanità possa svilupparsi in un senso nuovo. La nostra speranza per la pace futura non risiede negli insegnamenti che l’adulto può dare al bambino, ma nello sviluppo normale dell’uomo nuovo.Maria Montessori Conosci l’autore Grazia Honegger Fresco (Roma, 6 Gennaio 1929 - Castellanza, 30 Settembre 2020), allieva di Maria Montessori, ha sperimentato a lungo la forza innovativa delle sue proposte nelle maternità, nei nidi, nelle Case dei Bambini e nelle Scuole elementari. Sulla base delle esperienze realizzate con i bambini e i loro genitori, ha dedicato molte delle sue energie alla formazione degli educatori in Italia e all'estero.È stata presidente del Centro Nascita Montessori di Roma dal 1981 al 2003 e ne è stata Presidente onorario. È stata consulente pedagogica di AMITE (Associazioni Montessori Italia Europa) e nel 2008 ha ricevuto il premio UNICEF-dalla parte dei bambini.Ha pubblicato numerosi testi di carattere divulgativo.