di Sara Hionegger

ASNADA:
Montessori per adulti di origine straniera

Premessa

L’apprendimento della letto-scrittura in età adulta, in una lingua che non è la propria e avendo alle spalle scarsa o nulla scolarizzazione, è un processo complesso, difficile, a volte quasi titanico. Oltre a mancare quasi del tutto la manualità fine, essenziale all’utilizzo della matita o della penna, le persone si trovano a dover abbinare suoni (fonemi) a loro non familiari a simboli (grafemi) del tutto sconosciuti. Ancor più complesso avvicinare la grammatica e la sintassi, che prevedono una riflessione sulla lingua stessa, una capacità di astrazione e di simbolizzazione cui ci abituano solitamente anni di scuola.


Le persone migranti difficilmente hanno davanti a sé anni da poter destinare a tale apprendimento. Spesso non hanno neanche la mente sufficientemente libera da potersi dedicare anima e corpo a un processo oggettivamente difficile. La ricerca del lavoro o del permesso di soggiorno, la lontananza della famiglia, il trauma di un viaggio spesso all’insegna del pericolo di sopravvivenza, la precarietà abitativa quotidiana sono solo alcuni dei pensieri e delle necessità che occupando in modo costante la mente e il tempo delle persone straniere presenti oggi nel nostro paese, possono interferire pesantemente con l’apprendimento.


Nell’ultimo decennio alcune scuole del privato sociale hanno iniziato a utilizzare materiali Montessori in relazione all’apprendimento della letto-scrittura, della lingua, della grammatica e della sintassi. L’approccio montessoriano, caratterizzato da una costante attenzione alla qualità delle relazioni, dall’esperienza sensoriale, dalla struttura dell’ambiente e dalla libera scelta, può contribuire in maniera sostanziale a sostenere questa fatica, coadiuvando nel medesimo tempo lo studente come l’insegnante.


Tuttavia qui – trattandosi di un lavoro con adulti – i materiali Montessori non vengono utilizzati da soli. Tutta la scuola si orienta, grazie alla strutturazione dell’ambiente e a modalità di lavoro in piccolo e grande gruppo ispirate ai CEMEA, alla costruzione di un gruppo di lavoro come contesto di ascolto, capace di sostenere la libera espressione di ognuno e, al contempo, la fatica quotidiana dell’apprendere. A tal fine si utilizzano modalità di lavoro in cerchio, con canti, giochi, talvolta anche forme teatrali; laboratori manuali, grazie ai quali anche persone con pochissima lingua possono esprimere contenuti molto personali e dare nome a ciò che vibra dentro di loro; attività di narrazione, autobiografica o letteraria, grazie agli stimoli e al sostegno offerto dalla scelta accurata di albi illustrati, silent book, brani di narrativa, poesia, film. La lingua viva, vera e personale, che prende forma con queste attività, ha la possibilità di strutturarsi grazie all’utilizzo di alcuni approcci e materiali di chiara ispirazione montessoriana.

Apprendimento della letto-scrittura

La prima cosa da fare quando ci si mette accanto a persone analfabete è di essere particolarmente accoglienti e incoraggianti, di sostenere l’interesse: far sì che la persona non si perda d’animo, soprattutto nella fase iniziale, quando il mondo dei segni sembra tutto aggrovigliato. È importante anche non separare le persone analfabete da chi già sa scrivere per tutto il tempo di scuola, ma esclusivamente quando si debbano fare lavori specifici rispetto alle loro richieste, al loro desiderio. Per il resto, è bene che i gruppi siano il più possibile misti (naturali) e che si amplifichino grazie alle differenti competenze le possibilità di apprendimento. Altrettanto importante è procedere per gradi, dando sempre alla persona la sensazione di portarsi a casa una cosa – piccola, magari, ma sicura. Mentre la mano lavora e la mente si orienta verso il riconoscimento e la riproduzione dei grafemi, si offrono vari modi espressivi: orali (avendo sempre l’accortezza di trascrivere) e manuali. L’intento è di partire dalla considerazione che il linguaggio serve sì a comunicare, ma all’interno di una cornice tutta particolare che è quella dell’espressione di sé. Dobbiamo anche tenere presente che i nostri studenti non sono bambini. Come dice Montessori, uomo fra uomini, persona fra persone.


Regole che sempre ci guidano sono quelle della gradualità e del ritmo lento da tartaruga: la prima modalità per imparare, mantenendo vivo l’interesse, è aiutare gli studenti a diventare cacciatori di lettere. Li sosteniamo nello sviluppare quell’attitudine per cui a scuola, sul metro, al bar, per strada, ovunque si trovino, la loro mente si orienti a captare nuovi segni grafici, a scrutarli per farli propri. Per questo, sebbene nella scrittura si tenderà lentamente ad usare il corsivo, nella lettura mostriamo anche lo stampato, soprattutto maiuscolo, perché facilmente è questo che trovano per strada e che cominciano a riconoscere.

1° passo – la presentazione delle lettere

La presentazione, primo passo dentro il viaggio verso lettura e scrittura, comincia con una, due lettere per volta, possibilmente in contrasto sonoro e visivo fra loro: a/u, i/o, ma anche a/m. In genere la e si presenta da sola perché nel corsivo la sua forma prelude quella di altre lettere (l, b, f, h). Prima delle singole lettere, però, mostriamo la chiave alfabetica156 , cartellone molto rassicurante. Non a caso Montessori, che aveva sempre in mente il senso del limite quando preparava i suoi materiali157 , ha immaginato l’alfabeto come una chiave. Attenta com’era ai simboli, ha visto nell’analfabetismo una porta chiusa e in queste 21 lettere la chiave per accedere a tutte le parole della lingua italiana. Questa cosa, raccontata lentamente e con enfasi, mostrando un grande vocabolario contenente tutte le parole che si potranno leggere, produce sempre un certo stupore e comunque tranquillizza, perché è come vedere dal basso quanto sarà lungo il sentiero da percorrere per arrivare in cima alla montagna.

Presentata la chiave, in cui le vocali sono in rosso, (colore che useremo a lungo per questi cinque segni/suoni), essa rimane sempre esposta come quadro di riferimento cui tornare per verifiche o anche per contare quante lettere conosciamo già, quante ne dobbiamo ancora scoprire. Va da sé che, mentre si catturano nuove lettere, a scuola si fanno tante altre attività in modo che l’apprendimento alfabetico non diventi noioso e “anatomico”.


Seguono poi il lavoro sulle singole lettere e, come già accennato, quello per coppie di lettere in contrasto sonoro e grafico. Ci si sofferma molto, parlandone insieme, sulla forma di ogni lettera, su cui si sostiene lo sguardo, l’attenzione: a che cosa somiglia, se è lunga, corta, tonda, il puntino… Le lettere date in modo visivo hanno il riscontro sonoro, cioè si cerca di connettere le lettere ai suoni e viceversa. Da questo punto di vista può essere utile l’omino delle vocali, che mostra come si comportano labbra, bocca, gola, stomaco, pancia quando emettono le vocali, così come sono anche utili giochi di riconoscimento e di produzione sonora:

  • dire la lettera e poi quasi subito la sillaba, prima di fronte, poi, in una seconda fase, alle spalle della persona, chiedendo di scegliere la lettera pronunciata dall’alfabetario a sua disposizione (si può insistere su coppie particolarmente difficili come e/i, b/p, v/f, ma sempre con leggerezza, con spirito di gioco);
  • proporre un riconoscimento labiale;
  • giocare con le vocali (i tanti modi di dire o di rappresentare ad esempio A oppure U).

Ecco un altro importante principio Montessori: usare i sensi. Nel caso di bambini piccoli sono pronti, basta dare il giusto materiale e fanno da sé. Per gli adulti, l’interesse va risvegliato: con giochi, varietà di proposte e così via. Per questo usiamo il più antico dei materiali Montessori per la scrittura, da lei predisposto inizialmente per i bambini oligofrenici di fascia elementare, poi sperimentato con i piccoli della scuola di San Lorenzo e infine largamente utilizzato in tutte le scuole Montessori con bambini di qualunque capacità: le lettere smerigliate.


Montessori consiglia di ritualizzare il momento del tocco delle lettere con il lavaggio delle mani. Noi questo non l’abbiamo mai fatto per non rischiare di offendere adulti in condizione di tanta fragilità, ma vale la pena di pensarci o di immaginare qualche altro percorso per attirare l’attenzione sui polpastrelli, rendendo attento, quasi religioso, il clima del tocco. Ugualmente è interessante sollecitare la sensibilità in modo giocoso, proponendo cose nascoste sotto la coperta (oggetti da riconoscere, strisce di differenti stoffe), sistema utilissimo anche per la produzione di aggettivi. Un altro stratagemma per accrescere l’attenzione delle mani sulle lettere smerigliate è la lettura bendata.

2° passo – il riconoscimento delle lettere

Dopo aver proposto la conoscenza delle lettere in tanti modi diversi, inizia la scoperta dell’ortografia: ovvero come si combinano i segni per formare parole. Comincia così una vivace caccia in testi da noi preparati – magari quello di una piccolissima storia che abbiamo raccontato, come la lepre e la tartaruga – oppure in quotidiani e riviste. È un modo indiretto per dire: siate attivi, usate le vostre risorse, anche andando per strada. Questa ricerca si può fare con le forbici, con la penna: l’importante è che sia accompagnata da un atto che metta in movimento la mano.


Allo stesso tempo si possono comporre le prime parole con l’alfabetario mobile, parole che si possono anche correggere tutti insieme, sempre in modo piacevole, senza mai indurre il timore dell’errore, anzi valorizzando gli errori come amici carissimi.


L’alfabetario mobile può essere usato individualmente (così lo pensava Montessori), ma funziona anche in gruppo, tenuto semi-verticale. Mentre avviene la caccia alle lettere e alle parole, la mano lavora e in tanti modi possibili: spetta a noi trovarne spesso di nuovi, perché nel variare le persone trovino ulteriore interesse. Bisogna educare la mano a riprodurre la forma che vediamo ben chiara davanti a noi, che può sembrare semplice e invece sfugge.


Per questo occorre molto tempo e soprattutto che la mano lavori tanto: tagliare, dipingere, fare cose piccole, infilare perline, cucire, fare catenelle, usare l’uncinetto… Si può proporre per esempio l’annodatura con corde adeguate.

Potrebbe essere interessante sapere che un antico sistema di scrittura (quipos)158 utilizzava per l’appunto le cordicelle e i nodi con i quali si esprimevano gruppi di idee più che singole parole. Il quipos è una corda più robusta cui sono attaccate tante piccole cordicelle, di colore e nodi differenti. Sistema simile è stato inventato anche in alcune zone della Nigeria. A seconda del tipo di persone partecipanti, si sceglieranno le attività da proporre, tra le tantissime possibili, in modo che la mano diventi elastica, morbida.

Un’altra proposta è per esempio quella delle lettere dipinte, un’esperienza di laboratorio grazie alla quale la lettera si fissa nella mente, ma al tempo stesso ciascuno, gratificato dalla possibilità di renderla bella decorandola, scopre proprie capacità creative.

Si arriva così al terzo passaggio, parallelo a quella che Montessori ha chiamato la lezione dei tre tempi composta da:

  • presentazione
  • riconoscimento
  • produzione

3° passo - produrre testi scritti

Siamo cioè alla scrittura vera e propria, che spesso sorge spontanea, nel senso che la persona inizia a scrivere sui foglietti alcune parole cui è particolarmente legata e che emergono durante la lezione, incerte, miste maiuscolo e minuscolo, scomposte, tremolanti, ma tutte egualmente da valorizzare, da conservare con attenzione (per esempio dando a ogni studente una cartelletta individuale, decorata in copertina con un collage a strappo o, se si ha spazio, una scatola che è magari frutto anch’esso di un percorso laboratoriale).

Sono parole da leggere insieme allo studente, rileggere, enfatizzando la comprensione, incoraggiando. Molto spesso compaiono le prime, brevissime storie. Sappiamo che nel bambino, se non è costretto a un apprendimento dell’alfabeto noioso e prestabilito, la scrittura sorge insieme a un bisogno di narrazione159 . Non c’è motivo di pensare che negli adulti le cose vadano diversamente. La scrittura è un secondo linguaggio, grazie al quale si raccontano cose particolari – le storie e, soprattutto, la mia storia.

A questo punto possiamo offrire alcuni strumenti diretti per un maggiore controllo della mano, come le classiche lettere puntinate, cioè su una base morbida – feltro o altro materiale simile – se ne traccia la forma con un punteruolo e tanti forellini (attività in uso negli asili froebeliani e agazziani). Se riescono a farne cinque minuti al giorno a casa, l’abilità manuale se ne avvantaggia tantissimo. Possono farne anche a scuola, come pure tracciarle su vassoi cosparsi di sabbia inventati negli Stati Uniti al tempo della conquista dell’Ovest, quando le carovane partivano e fra queste c’erano i mormoni e i quaccheri, preoccupati di educare alla lettura della Bibbia i loro figli, ma impossibilitati ad avere carta e penne. Niente di meglio, quando ci si accampava la sera, della terra o di un recipiente con la sabbia per tracciare con le dita o con un bastoncino i rudimenti della scrittura.


I vassoi di sabbia (preferibile alla farina di mais che è un alimento) sono ottimi perché l’errore scompare subito e creano divertimento. La sabbia, inoltre, può essere usata per scrivere (bottigliette dal tappo bucato) o per disegnare.


La mano si educa molto bene, come ci insegnano i Giapponesi, anche grazie a l’acquarello con pennelli a punta fine, su grandi fogli, tecnica che aiuta molto il controllo manuale, ma nello stesso tempo dà una bella sensazione di libertà. Può essere fatta anche con grandi fogli sul pavimento e con movimenti liberi, creando forme insolite, uscite per caso dalla propria mano, attività che ovviamente può coinvolgere tutti gli studenti, non solo i principianti.


Ma si possono anche costruire lettere con la creta, con la pasta di pane o di sale.


Dipende molto dalle persone, dalla loro età, dal sesso, dal tipo di vita… Si può anche costruire con il traforo un alfabetario di legno. Può essere un lavoro bellissimo.


Infine si arriva al foglio: prima quello a righe tutte eguali di quinta, colorandone una sì e una no, con un evidenziatore color pastello; poi via via si passa a righe da prima, da seconda, infine al foglio senza righe e alla biro. Ovviamente il punto fondamentale è: che cosa si scrive?


Qui entra in gioco tutta la scuola: i laboratori che sostengono l’espressione personale, la narrazione di storie con ausili visivi, la protezione dei sentimenti e dell’esporsi di ogni studente, l’attenzione del maestro nel riportare scritte, frasi e parole degli studenti stessi, che a scuola, per il loro carattere ricorrente, assumono il ruolo che Paulo Freire chiamava generatore, cioè sono capaci di richiamare altre parole, altri suoni e di espandersi in un preciso contesto di senso. Quale che sia la produzione, è importantissimo correggere con molta cautela, evitando il confronto, i giudizi di valore e quindi la competizione – in perfetta sintonia con Montessori – cercando piuttosto di proporre via via attività calibrate alle difficoltà che gli scritti lasciano intravedere, stando molto attenti affinché ognuno possa essere ascoltato con la giusta attenzione, con l’idea che, quando scrive, sta scrivendo di sé e molto probabilmente ha qualcosa d’importante da dire.

Grammatica e sintassi

I nove simboli grammaticali e le grandi domande (Dove? Quando? Come?…) elaborati da Maria Montessori, usati nelle scuole che alla sua metodologia si ispirano, si prestano per gli adulti non solo al lavoro individuale, per il quale furono pensati, ma anche al lavoro e alla discussione di gruppo. La loro semplicità facilita la comprensione delle relative funzioni grammaticali e logiche anche negli adulti che non hanno potuto usufruire da piccoli di adeguata formazione scolastica: per loro morfologia e sintassi possono risultare veri e propri labirinti.


Alla base del lavoro di analisi grammaticale e logica c’è sempre uno scritto del singolo o del gruppo, elaborato tramite la metodologia della scrittura collettiva (Don Milani) o un testo libero (Célestine Freinet). Non è mai facile l’analisi simbolica di testi personali; non a caso nelle grammatiche tradizionali le frasi sono prescelte, i margini di dubbio calcolati e tuttavia la nostra si è rivelata una scelta molto più appassionante. Perché proprio da questo lavoro nasce la discussione sulla lingua, anche negli aspetti solitamente considerati aridi, freddi. Talvolta le domande sono così accurate e insolite da mettere in difficoltà anche l’insegnante più esperto: è un buon segno! La ricerca coinvolge tutti, non solo gli studenti.

Simboli grammaticali

La famiglia del nome: articolo, nome, aggettivo. La presentiamo sempre come una famiglia coesa, con una madre autorevole e prudente. Autorevole: quando lei è femminile, anche i figli sono femminili. Quando è singolare, i figli sono singolari. Prudente: lascia che il bambino più grandicello (l’aggettivo) si scosti da lei, magari andando a posizionarsi dopo il verbo (il sole della frase); ma non lo permette al bimbo piccolo (l’articolo), che le sta sempre attaccato o in braccio, salvo i rari casi in cui il fratello più grande s’intrufoli nel mezzo, come colto da improvvisa gelosia.


La famiglia del verbo: verbo, pronome, avverbio. Non la presentiamo come una famiglia. È vero che il pronome non sta mai senza il verbo, ma è anche vero che l’avverbio – una studentessa della scuola, egiziano/copta, l’ha definito “l’aggettivo del verbo” – è assai più libero, legandosi ora all’aggettivo, ora a un altro avverbio, ora all’intera frase, di cui precisa o muta il senso. L’avverbio, come Montessori ha scritto nella Psicogrammatica, dà il via alla scrittura, alla sua ricchezza, alla sua precisazione. Conferisce stati d’animo, atmosferici, temporali; riorganizza la frase precisando il nostro punto di vista.


I tre aiutanti: preposizione, congiunzione, interiezione. Altra simbologia molto chiara: preposizione e congiunzione legano le parole, le interiezioni colorano la frase. La difficile differenza fra “e” ed “è”, si fa limpida, quando si mettono sopra le due lettere, differenziate la prima senza accento da un rettangolino rosa, la seconda con l’accento – un verbo – da un cerchio rosso.

Grandi domande

Le domande dell’analisi logica – secondo Montessori, anche da noi sempre usate – sono le domande della narrazione, dell’organizzazione del discorso. Grazie ad esse, un testo semplice può essere arricchito e approfondito. Le prime domande su cui lavoriamo sono quelle del verbo (Che cosa fa?), del soggetto (Chi? Che cosa?), del complemento oggetto (Chi? Che cosa?). Questa struttura minima viene riproposta a lungo, finché non viene interiorizzata come base della lingua italiana. Molto presto si introduce anche la domanda Dove?, perché i primi verbi che gli studenti portano a scuola sono di solito verbi di movimento (vado a…, parto per…, vengo da…) e a scuola si lavora molto con ciò che gli studenti dicono o cercano di dire. Sulle frecce delle domande che richiedono la preposizione, apponiamo da subito il simbolo verde corrispondente, ma ne diamo spiegazione solo se qualcuno la chiede, altrimenti aspettiamo. Nel frattempo, il simbolo s’imprime nella memoria. C’è chi lo descrive come un ponte. Noi usiamo di solito la metafora della barchetta, perché poi è molto bello quando sulla barchetta si pone la vela azzurra dell’articolo: la preposizione articolata.

Movimento e apprendimento160

Analisi simbolica 161

All’inizio del lavoro, quando ancora non è completamente interiorizzata la funzione grammaticale delle parole, può essere divertente e utile lavorare a terra con simboli molto grandi (il triangolo del nome ha la base di almeno 20 cm, gli altri in proporzione).


Si inizia con due soli simboli: nome e verbo. Si mettono per terra. La maestra – ma poco dopo anche gli studenti – dice una piccola frase: Ahmed mangia. Poi ripete, rima il nome e lo studente dovrà posizionarsi accanto al simbolo corrispondente, di seguito il verbo.


Il gioco si complica, sia per quantità di simboli (uno per volta), sia per complessità della frase, ma non cambia la struttura: prima si dice la frase completa, poi parola per parola, dando allo studente il tempo di andare via via accanto al simbolo corrispondente.

Analisi logica

Il lavoro a terra può essere fatto anche con l’analisi logica, con le grandi domande della narrazione. In questo caso si pone al centro un grande sole (almeno 30 cm di diametro) e attorno le grandi frecce: dove? quando? con chi? per mezzo di che cosa? a quale scopo? e così via.


Entrambi i giochi rendono analisi simbolica e logica meno statiche: il movimento del corpo sostiene l’apprendimento e il ragionamento.

Il lavoro di gruppo

Analisi simbolica

Si scrive il testo scelto su grandi fogli che sistemano al centro dei tavoli. Ogni tavolo ha intorno cinque, massimo sei persone. Se sono solo tre o quattro ancora meglio. A disposizione si hanno i simboli grammaticali di carta e un rotolo di scotch (usavamo un tempo la colla, ma lo scotch ci permette di riutilizzare i simboli più volte).


Si parte sempre dal verbo. Si cercano tutti i verbi, si mette il cerchio rosso sopra ognuno. Poi è la volta dei nomi e degli articoli. Seguono gli aggettivi e poi gli avverbi. Infine gli aiutanti.


La mobilità dei simboli sostiene la discussione: si possono spostare, valutando insieme; vengono attaccati solo quando tutti sono d’accordo sulla loro posizione.


Infine si confrontano i risultati. A turno un gruppo appende il proprio foglio alla parete e spiega, tramite uno, due portavoce, come ha lavorato. Se altri gruppi hanno fatto scelte differenti, se ne discute fino a trovare la soluzione corretta: se c’è un aggettivo, da qualche parte deve esserci un nome, magari sottinteso. Non così l’avverbio. Ma se è un avverbio: a quale parola è collegato? A un verbo? A un aggettivo? A un altro avverbio? E quella parolina piccola piccola (la preposizione) che cosa unisce?


Grazie a questo lavoro, la grammatica si fa vivente e l’analisi della lingua qualcosa di personale.

Analisi logica

Lo stesso lavoro si può fare con l’analisi logica. In questo caso, ogni tavolo avrà a disposizione un sole e la serie delle grandi domande. Il testo verrà in questo caso letto e poi tagliato in strisce che andranno posizionate in corrispondenza delle domande a cui rispondono. Anche in questo caso la verifica è collettiva. A turno, ogni tavolo racconterà un pezzo del testo mostrando come ha lavorato, quale ragionamento ha condotto.

MONTESSORI: PERCHÉ NO?
MONTESSORI: PERCHÉ NO?
Grazia Honegger Fresco
Una pedagogia per la crescita.Che cosa ne è oggi della proposta di Maria Montessori in Italia e nel mondo? Un testo fondamentale, corretto, ampliato e riproposto a distanza di anni, per chiunque si interessi alla vita e alle opere di Maria Montessori. Montessori: perché no? è un testo fondamentale per chiunque si interessi alla vita e alle opere della celebre pedagogista. Sull’onda del recente rinnovato interesse per la figura e il pensiero di Maria Montessori, il testo, già edito da Franco Angeli in 7 edizioni ed esaurito da anni, è stato curato da Grazia Honegger Fresco, corretto e ampliato con uno scritto della stessa Montessori relativo all’Educazione Cosmica e uno sull’apprendimento della nostra lingua per adulti migranti. Il bambino che ha sentito fortemente l’amore all’ambiente e agli esseri viventi, che ha trovato gioia ed entusiasmo nel lavoro, ci fa sperare che l’umanità possa svilupparsi in un senso nuovo. La nostra speranza per la pace futura non risiede negli insegnamenti che l’adulto può dare al bambino, ma nello sviluppo normale dell’uomo nuovo.Maria Montessori Conosci l’autore Grazia Honegger Fresco (Roma, 6 Gennaio 1929 - Castellanza, 30 Settembre 2020), allieva di Maria Montessori, ha sperimentato a lungo la forza innovativa delle sue proposte nelle maternità, nei nidi, nelle Case dei Bambini e nelle Scuole elementari. Sulla base delle esperienze realizzate con i bambini e i loro genitori, ha dedicato molte delle sue energie alla formazione degli educatori in Italia e all'estero.È stata presidente del Centro Nascita Montessori di Roma dal 1981 al 2003 e ne è stata Presidente onorario. È stata consulente pedagogica di AMITE (Associazioni Montessori Italia Europa) e nel 2008 ha ricevuto il premio UNICEF-dalla parte dei bambini.Ha pubblicato numerosi testi di carattere divulgativo.