di Martha Torrence146

Cambiamenti nei corsi Montessori:
un’esperienza americana

Due tagliapietre sono occupati nella stessa attività: qualcuno chiede loro che cosa stiano facendo. Uno risponde: “Sto squadrando questo blocco di pietra”. L’altro: “Sto costruendo una cattedrale”. È evidente: ciò che conta non è tanto quanto lavori una persona, ma come percepisca ciò che sta facendo.

(Willis Harman, 1988).

Chi è impegnato nella formazione di maestri Montessori si trova di fronte a una notevole responsabilità: opera come un’ostetrica o un alchimista alla trasformazione di adulti che intraprendono un percorso che va dal sillabario a Dante, dal tagliar pietre al costruire cattedrali, dalla conoscenza dei materiali Montessori e della sua filosofia ad aiutare esseri umani a divenire capaci di realizzare ciò che Montessori ha chiamato educazione nuova.


La responsabilità è grande. Non si tratta solo di trasmettere ai nostri allievi un rigoroso insieme di conoscenze, ma di creare sistemi che liberino creatività e capacità critica, in sintonia con la nostra cultura. Per dirla più chiaramente, un corso, dominato da lezioni frontali “di stile europeo” e da metodi tradizionali di valutazione, ci sembra incompatibile con una filosofia educativa che si fonda sul rispetto dell’individuo, sulle motivazioni personali, sull’uso individuale dei materiali.

Per di più un crescente numero di studi contemporanei sfida qualsiasi insegnante a riflettere a lungo e in modo nuovo sui sistemi di valutazione. Ricerche come quelle di Gardner (sulle intelligenze multiple, 1985), Slavin (imparare in forme collaborative, 1983), Dunn e Dunn (stili di apprendimento), Flake (educazione olistica, 1993)147 , per citarne solo alcune, continuano a creare paradigmi di cambiamento circa il modo attuale di considerare i punti d’arrivo e i mezzi pratici di studio nell’educazione degli adulti.

  • Come può la preparazione di un corso Montessori rispondere al meglio alla sfida di contesti ricchi di significati creativi, di esercitazioni attive che diano buoni risultati, senza perdere la piena aderenza ai suoi principi teorici?
  • Come possono i docenti presentare che cosa sia Montessori e, al tempo stesso, “addestrare” i futuri educatori, adottare sistemi rigidi, assegnare limiti di tempo strettamente prestabiliti?
  • Come assimilare le ricerche più recenti sul cervello, l’apprendimento fondato sulla cooperazione tra gli studenti, le forme nuove di valutazione, alla preparazione accurata, prevista nei corsi?

Infine, come cambia il ruolo del docente di fronte a modelli di apprendimento sempre più centrati sullo studente e fortemente interattivi.


È da queste domande che ha preso avvio la nostra ricerca. Non pretendiamo di aver tutto visto e contemplato. Consideriamo il lavoro svolto come un ciottolo gettato in acque profonde: siamo ben liete di accogliere le possibili increspature di risposta.

Origine dell’inchiesta e sua strutturazione

Lo studio è stato intrapreso da tre membri del gruppo docenti del CMTE/NY, affiliato all’AMS, che ogni estate prepara studenti nel campus del Collegio di New Rochelle, NY. Circa 100-130 studenti seguono annualmente i corsi per maestri (suddivisi nei tre livelli: 0-3; 3-6; 6-12) e per amministratori di scuole Montessori. Molti di loro arrivano quotidianamente dalle zone limitrofe; altri invece vengono da Stati lontani o da altre nazioni (Canada, San Salvador, Asia).


Il corpo insegnante, anch’esso composto da individui provenienti da diverse regioni degli USA, vive nel campus per tutta la durata del periodo di insegnamento.


Durante l’estate l’intero staff si incontra una volta la settimana, per verificare insieme l’andamento dei corsi; durante l’anno, almeno due volte, quando hanno luogo i due seminari intensivi che completano la preparazione.


Un insieme di condizioni positive crea il clima favorevole allo studio ed è all’interno delle diverse riunioni, soprattutto a partire dall’estate 1993, nel corso di sessioni guidate da uno dei nostri docenti, Pat Werner, che si è raggiunto il consenso su modalità più interattive.


Si stabilì che gli studenti dovevano essere incoraggiati a:

  • discutere di più;
  • scrivere di più e in modo riflessivo;
  • scoprire di più;
  • affrontare e risolvere problemi;
  • partecipare di più, esprimendo le loro esigenze e autovalutandosi;
  • essere più attivi;
  • ascoltare meno in modo passivo.

Il nostro gruppo di ricerca si formò nel giugno 1994 allo scopo di trovare nuove vie per un corso di formazione interattivo, fondato sul dialogo, rispondente ai bisogni attuali degli adulti, coerente con la filosofia educativa proposta da Montessori. L’indagine, avviata in modo volontario e non retribuito, fu presa in carico da due di noi che avevano già condotto altre ricerche (Torrence e Schwab) e da una collega (Stoehr), esperta di educazione olistica. Ci univa un senso di collegialità e il desiderio di offrire materiali significativi di discussione all’interno della comunità Montessori.


Definimmo il nostro progetto come un’azione-ricerca, caratterizzata da un’inchiesta sistematica su tutto ciò che di collettivo, basato sulla cooperazione, autoriflessivo, critico, viene intrapreso dai partecipanti all’inchiesta. Obiettivo di tale tipo di ricerca è la comprensione della pratica e della teoria relativa alla pratica, allo scopo di migliorare la pratica stessa.


Dopo aver individuato un’ampia rete di indagini, il gruppo decise di limitarsi a due aree:

  1. ristrutturare le lezioni teoriche del corso 3-6 anni, passando dalla tradizionale serie di lezioni a un modello fondato sulla collaborazione, sull’esperienza diretta e sull’interazione docente-allievo;

  2. verificare il nuovo metodo di valutazione (unità di verifica) adottato dai docenti del corso elementare, al fine di sostituire l’esame finale.

Le domande/guida furono:

  • in quali modi questo tipo di esperienze favorisce l’apprendimento?
  • studenti e docenti si sentono sicuri quando vengono esplorate nuove modalità?
  • si verificano inconvenienti?
  • in che modo le innovazioni inducono gli studenti a riflettere su se stessi come adulti in apprendimento?
  • se gli studenti confermano personalmente tali modalità di apprendimento, quanto di ciò si riflette nel loro futuro lavoro in classe?

Metodo

Abbiamo scelto il metodo di ricerca etnografica, basato su domande relative all’indagine stessa. (L’etnografia descrive metodi di indagine culturale, condotta da osservatori e da osservatori-partecipanti). Abbiamo raccolto i dati nel corso di due estati (1994 e 1995), conducendo osservazioni regolari, sistematiche, intervistando ed esaminando studenti e docenti.


Raccolti i dati secondo le procedure indicate da Lincoln e Guba (1985)148 , abbiamo rivisto periodicamente le annotazioni e trascritto i nastri. Le interviste agli studenti sono state condotte da membri dello staff che non avevano con loro rapporti diretti e continui. A tutti gli studenti che hanno partecipato è stato spiegato l’obiettivo dell’indagine e inoltre, a intervalli regolari, abbiamo informato il corpo insegnante sull procedere dell’inchiesta.

Risultati

A. Apprendimenti teorici per il corso 3-6 anni

Le lezioni teoriche del corso 3-6 anni (Casa dei Bambini), per un totale di 30 ore, furono trasformate nel 1994 in modo da ridurre le lezioni collettive frontali e aumentare l’interazione e la partecipazione degli studenti che vennero divisi, all’inizio del corso, in gruppi di discussione, condotti da un istruttore. I gruppi, creati in base a criteri eterogenei – età, studi fatti, esperienza professionale – furono dapprima composti da dieci membri; poi, dietro suggerimento degli studenti stessi, ridotti a 6-7 persone per gruppo.


Gli studenti cominciarono il corso con un esercizio, chiamato Jump Street Odyssey, con il quale parlavano della propria infanzia, delle prime esperienze di scuola, dei motivi per i quali avevano scelto Montessori.


Poi si dettero loro alcune letture; tipo l’embrione spirituale e simili, con la richiesta di riportarne riflessioni scritte.


Ogni giorno, dopo una lezione di 20-30 minuti sul tema dato, i piccoli gruppi si incontravano per discutere le domande del pomeriggio precedente. Un istruttore era presente in ogni gruppo per osservare e per facilitare lo scambio verbale, senza dare indicazioni dirette. Dopo 45 minuti di discussione, il gruppo faceva una sintesi da presentare agli altri gruppi riuniti.


Attraverso questa modalità di apprendimento in collaborazione, il docente riduceva le 30 ore di lezione a circa 3. Sono stati proposti agli studenti altri mezzi concreti come: creare una striscia della vita di Maria Montessori; progettare praticamente con il design sulla carta una classe; vedere alcuni video per approfondire i punti chiave.


Illuminante l’uso dell’One-Minute Paper (Foglio da un minuto) sul quale ogni studente quotidianamente annotava i punti più significativi della giornata e le domande che gli avevano suscitato.


Una delle docenti, intervistata due volte (giugno 1994), ha descritto il suo ruolo come di “collegamento facilitatore”, tale da costruire ponti tra i contenuti Montessori e altre aree del curriculum. “Questa modalità non tradizionale di insegnare provoca cambiamenti a livello mentale” ci ha detto, aggiungendo: “Essa propone un modello di ascolto partecipativo e una struttura; dà strumenti per imparare insieme agli altri e promuove la collegialità”.


Dai fogli stilati giornalmente emerse chiaro il riscontro individuale circa le cose apprese, i sentimenti provati, il livello di soddisfazione raggiunto.


Si colsero anche suggerimenti per migliorare il lavoro (vennero adottati l’anno seguente) quali: gruppi di discussione più piccoli; strutturare con maggiore chiarezza la guida dei gruppi; fare in modo che tutti avessero la possibilità di parlare nel gruppo e che ciascuno si assumesse la propria responsabilità circa i compiti da svolgere, equamente suddivisi.


Alcuni studenti riferirono sentimenti di disagio per conflitti di opinione o quando un collega non si era preparato, ma convennero che queste circostanze fanno parte della vita e del lavoro in generale.

B. Le unità di verifica (corso per maestri 6-12 anni)

L’unità di verifica è un metodo elaborato dai docenti del corso per le elementari del CMTE/NY, secondo il quale gli studenti sono esaminati individualmente su un settore di una delle aree di studio, sul quale si sentono pronti.


Il vasto programma (curriculum) del corso è stato suddiviso in 36 unità, per cui ogni studente deve superare 36 prove per completare tutto il lavoro. Questo metodo sostituisce il sistema già in uso (assimilato dai corsi europei) con il quale lo studente viene esaminato con una selezione a sorte, su un totale di cinque materiali, uno per ciascuna delle aree che compongono il programma.


Tale modalità è stata spesso descritta dai docenti come ‘fonte di agitazione e di ansia’. In un’intervista del giugno 1995 uno di loro ci ha detto: “Stavamo valutando i nostri allievi in un modo che era esattamente l’opposto di ciò che proponevamo per il loro lavoro in classe con i bambini”.

Viceversa l’unità di verifica è stata spesso descritta dai docenti come il “terzo tempo”149 di lavoro con un gruppo di materiali, che lo studente, a partire da una o più presentazioni fatte dal docente, ormai conosce, avendone approfondito l’uso e interiorizzato i concetti relativi.

Prende quindi la responsabilità di iscriversi entro un tempo determinato, al fine di presentare uno dei materiali (scelto dal docente nell’unità proposta dall’allievo) e rispondere alle domande ad esso connesse. Gli album (con i piani di lezioni relative all’argomento, elaborati dallo studente) vengono verificati nella stessa circostanza.


Chi dimostra di non avere acquisito le competenze necessarie o gli aspetti teorici ad esse collegati riprende le esercitazioni pratiche e può ripetere dopo un certo tempo l’unità di verifica. Tutti gli studenti ricevono, dopo ogni prova effettuata, un riscontro dai docenti. Durante le prove possono essere presenti altri studenti, per offrire supporto morale, dare indicazioni, partecipare.

Riguardo a tale sistema, i docenti in generale hanno constatato una minore ansietà negli studenti (rispetto all’altro tipo di esame), maggiori opportunità di scambio reciproco. Si riduce il mito della perfezione; aumentano invece la competenza, la comprensione globale e la coerenza tra questo tipo di verifica e quella auspicabile poi nella classe. Si cita anche come circostanza positiva per lo studente il fatto di poter avere ulteriori prospettive su un dato materiale, in quanto chi verifica di solito non è lo stesso docente che lo ha presentato.


Nelle interviste del 1995 i docenti hanno descritto l’unità di verifica come una valutazione “naturale” che fortifica lo studente nei suoi processi personali e genera maggiore padronanza dei concetti e competenza.


Il lato negativo ricordato più di frequente dai docenti è il tempo – e l’impegno intenso – che questo tipo di verifica personalizzata richiede, provocando fatica e superlavoro, al punto che “non può essere il modello più sano per un allievo”. “Un buon esito per lo studente deve esserlo anche per il maestro. Questo può generare l’idea che si debba lavorare sempre, ogni secondo”.


Il parere degli studenti sull’unità di verifica coincide notevolmente con le osservazioni dei docenti. Termini come pratico, interattivo, genuino, perfetto, sono ricorrenti. Molti studenti non hanno esperienza della modalità precedente, ma confrontano l’unità di verifica con altri esami svolti altrove e in precedenza e valutano positivamente il trovarsi a diretto confronto e dialogo con il docente. Altri riferiscono di aver provato in principio apprensione e ansietà riguardo al fatto di essere giudicati; tuttavia molti hanno riconosciuto che tali vissuti erano dovuti più a paure antiche rispetto all’esser giudicati, che alla situazione come tale.


Alcuni studenti hanno comunque espresso il desiderio di interagire meno fra loro e di ascoltare più teoria da un docente esperto.


In generale sia gli allievi che i docenti hanno valutato positivamente il “buon confronto” tra queste modalità “liberatrici” e i principi Montessori, anche per l’impatto che esso ha avuto sulla loro visione del lavoro con i bambini. Molti studenti hanno apprezzato la fiducia che gli insegnanti hanno mostrato nei loro confronti come adulti in apprendimento, dando loro la possibilità di personalizzare il percorso di studio e le verifiche ad esso relative. D’altro canto l’opportunità di imparare attraverso forme di scambio e di collaborazione ha sviluppato tra loro sentimenti positivi e ha aumentato le capacità di apprendimento. È apparso chiaro che, per incoraggiare l’espansione di una “conoscenza naturale” profonda (contrapposta a una conoscenza superficiale), “gli insegnanti abbiano bisogno di orchestrare l’immersione dell’allievo in esperienze complesse e interattive, ricche e genuine al tempo stesso” (R. e G. Caine, 1991).


Come ha scritto Gardner, “sono rari i corsi di formazione per maestri che indichino che cosa siano l’insegnare bene, il verificare correttamente, l’offrire un giusto modello del ruolo educativo. Gli insegnanti hanno bisogno di sapere come guidare, come incoraggiare gli allievi, affinché questi accedano a livelli successivi di istruzione, apprezzino la conoscenza, scoprano come si impara e come si valuta la propria crescita. A meno che i futuri maestri non ne abbiano già esperienza dalla propria formazione (di base), non è ragionevole aspettarsi da loro che siano in grado di farlo con i propri allievi, se a loro volta non l’hanno sperimentato (durante la formazione)”.

Conclusioni: insegniamo ciò che siamo

C’è ancora molto spazio per ulteriori studi su come i corsi di formazione Montessori possano preparare in modo ottimale gli allievi alla sfida del tagliapietre. Pensando alla cattedrale e mettendo insieme un pezzo dopo l’altro, si realizza un percorso complesso, ricco di trasformazioni. Non dovrebbe l’idea Montessori promuovere un sistema liberatorio di educazione degli adulti, futuri maestri? Non dovrebbe il messaggero diventare messaggio? Il danzatore, danza? La logica, la teoria, la ricerca ci dicono che la risposta è ‘Sì’, sia pure in modo ragionevole ed equilibrato.


Noi insegniamo ciò che siamo (letteralmente chi siamo) è in sintesi l’idea di nuove modalità di formazione nella teoria e nella pratica dei nostri corsi.


John Gatto, vincitore nel 1993 del premio “Maestro dell’Anno”, promosso dalle scuole pubbliche della città di New York, ce lo ha ricordato: “Noi insegniamo ciò che siamo: prospettando un modello attivo di acquisizione di conoscenza, accompagnando passo passo l’allievo e permettendogli di agire, di procedere e di riflettere in modo personale, arriveremo a esprimerci nel linguaggio, muto ed eloquente al tempo stesso, della proposta Montessori”.


Il nostro esempio dovrebbe esprimere quei comportamenti che desideriamo sviluppare negli studenti e un esempio che si riferisca all’esperto come ai contenuti, all’allievo-maestro come alla pedagogia che egli deve assimilare, non può non riflettere il nostro rispetto per i processi umani – individuali – dello sviluppo e insieme la consapevolezza che, se la conoscenza continua a espandersi, altrettanto deve avvenire per la consapevolezza del nostro compito.


Uno studente nel giugno 1995 ci ha detto:

“La conoscenza cambia di continuo. Si espande, si contrae. Quello che ritenevamo vero un anno fa, può non esserlo più tra un anno. Quindi se ci presentiamo al bambino come autorità, come maestri infallibili, saremo contestati. I nostri limiti sono di continuo messi in discussione. Se invece ci presentiamo anche noi come persone che stanno imparando, che non hanno tutte le risposte, allora il bambino si tranquillizza e la situazione diventa “Vediamo insieme”…”

MONTESSORI: PERCHÉ NO?
MONTESSORI: PERCHÉ NO?
Grazia Honegger Fresco
Una pedagogia per la crescita.Che cosa ne è oggi della proposta di Maria Montessori in Italia e nel mondo? Un testo fondamentale, corretto, ampliato e riproposto a distanza di anni, per chiunque si interessi alla vita e alle opere di Maria Montessori. Montessori: perché no? è un testo fondamentale per chiunque si interessi alla vita e alle opere della celebre pedagogista. Sull’onda del recente rinnovato interesse per la figura e il pensiero di Maria Montessori, il testo, già edito da Franco Angeli in 7 edizioni ed esaurito da anni, è stato curato da Grazia Honegger Fresco, corretto e ampliato con uno scritto della stessa Montessori relativo all’Educazione Cosmica e uno sull’apprendimento della nostra lingua per adulti migranti. Il bambino che ha sentito fortemente l’amore all’ambiente e agli esseri viventi, che ha trovato gioia ed entusiasmo nel lavoro, ci fa sperare che l’umanità possa svilupparsi in un senso nuovo. La nostra speranza per la pace futura non risiede negli insegnamenti che l’adulto può dare al bambino, ma nello sviluppo normale dell’uomo nuovo.Maria Montessori Conosci l’autore Grazia Honegger Fresco (Roma, 6 Gennaio 1929 - Castellanza, 30 Settembre 2020), allieva di Maria Montessori, ha sperimentato a lungo la forza innovativa delle sue proposte nelle maternità, nei nidi, nelle Case dei Bambini e nelle Scuole elementari. Sulla base delle esperienze realizzate con i bambini e i loro genitori, ha dedicato molte delle sue energie alla formazione degli educatori in Italia e all'estero.È stata presidente del Centro Nascita Montessori di Roma dal 1981 al 2003 e ne è stata Presidente onorario. È stata consulente pedagogica di AMITE (Associazioni Montessori Italia Europa) e nel 2008 ha ricevuto il premio UNICEF-dalla parte dei bambini.Ha pubblicato numerosi testi di carattere divulgativo.