Quali aiuti, in concreto?

A commento di queste esperienze proviamo qui ad elencare, sulla base di esperienze, personali o di altri, i criteri di aiuto, diretto e indiretto, a rischio di risultare noiosi ripetitori di concetti già espressi e partendo dalla necessità di:

  • preparare l’adulto. Nella scuola Montessori l’aiuto al bambino si sposta sugli aiuti indiretti, più che sulle coccole, sui premi o sugli stimoli diretti, ma questo presuppone negli educatori fiducia, consapevolezza, chiarezza circa i fini e i mezzi, oltre alla capacità di occuparsi con senso di giustizia di ogni bambino, senza debolezze, né predilezioni più o meno dichiarate;
  • preparare l’ambiente: “Il bambino può fare tante cose senza il mio diretto aiuto, senza la mia spinta!”136

    Basta che segua le “direttive meravigliose” che ha dentro di sé. Questo vale (almeno entro certi limiti137 ) anche per il bambino che nasce con difficoltà o ne accumula durante la crescita. Le sue sofferenze, la sua fatica di stare al mondo sembrano nascondere questa naturale ricchezza. D’altra parte gli adulti, nell’ansia ben comprensibile di intervenire al meglio per lui, rischiano di non vedere, di aiutare troppo, di soffocare, relegandolo in una passività doppiamente pericolosa rispetto a un bambino “normale”.

Altri criteri:

  1. Dobbiamo rispettarlo come persona è il primo passo: guardare al bambino globale, non allo scolaro o, peggio, all’handicap. Valorizzare ogni minima capacità, anziché sottolineare il fatto che “ancora non cammina” o “ancora non parla”. Allunga la manina verso il biscotto? Che lo prenda da solo. Tenta di spogliarsi come può? Lasciamolo provare, anche se lo sforzo è grande; diamogli, se mai, un piccolo sostegno, ma quasi impercettibile. Il fare da sé è molla vitale di crescita, come si vede nei bambini molto piccoli. Anche il bambino speciale ha bisogno di sentirsi capace e valorizzato.
  2. Montessori ha parlato di “periodi sensitivi”, di “mente assorbente”: questo vale anche per il bambino che, procedendo più adagio, incontra maggiori ostacoli. Anche in lui sono vive queste potenzialità che, insieme all’enorme plasticità del cervello, portano spesso a risultati sorprendenti. Tuttavia esse si mettono in moto quanto più il bambino agisce da sé e per propria scelta.
  3. La sciatteria, l’incuria per gli spazi che sono di tutti – i cosiddetti luoghi pubblici – sono un grave difetto del nostro paese. Anche le scuole ne risentono, attrezzate ancora oggi, salvo eccezioni solo con i banchi in file, cattedra e lavagna. Perché i bambini siano attivi nella scelta e nelle azioni occorre che gli ambienti siano attraenti, ricchi di offerte anche semplici ma per loro significative e con un mobilio… mobile. Maria Montessori ha messo al bando, con la forza di una denuncia, l’abitudine all’incuria; ha dichiarato il banco uno “strumento di tortura” e ha proposto un tipo di scuola la meno scolastica possibile, anche nel suo aspetto esteriore. Una bella casa, appunto, anche per un bambino che non vede o che sembra non capire!
  4. È essenziale eliminare dall’ambiente barriere di ogni tipo, quelle fisiche e quelle psicologiche: vigilare sull’accessibilità degli oggetti, degli interruttori, dei libri, dei materiali; sistemare gli spazi in funzione delle esigenze individuali di ognuno, esattamente come si farebbe per un bambino molto piccolo, cui non si vogliano impedire le esperienze. Certo, i compagni, i fratelli, gli adulti possono dare una mano, ma solo quando davvero non gli è possibile fare altrimenti.
  5. “Aiutami a fare da solo”: la frase detta da un bambino vari decenni addietro138 è diventata emblematica del Montessori, a ogni livello. Non si tratta di incitare a sbrigarsela da sé, ma di dare i mezzi concreti per riuscirci. Un bambino potrà andare da solo al gabinetto se i suoi calzoncini hanno in vita un elastico, anziché una complicata chiusura. Un bicchiere resterà in equilibrio sul tavolo se non è troppo leggero. Nei Nidi Montessori si studiano in modo accurato tutti quei semplici mezzi che assicurano libertà di iniziativa e indipendenza a livelli minimi, già a diciotto, venti mesi. Lo stesso può essere fatto per un bambino più grande, per incoraggiare, perché non debba dire: “Non posso”, “Non ci riesco”.
  6. Grande varietà di esperienze: a causa delle difficoltà in cui si trova – impedimenti sensoriali, motori o mentali – un bambino può rischiare di cadere in una monotonia di azioni che inducono un pericoloso impoverimento, non diversamente di un piccolo che, in grado di andare gattoni per casa, venga a lungo costretto in un recinto o in un seggiolone. Gli oggetti allora dovranno essere tutti esposti e in molte varianti. (A scuola saranno inutili più copie di uno stesso gioco: ogni attività differenziata e non banale accende l’interesse per la scelta e la voglia di agire).
  7. Nella scuola Montessori il tempo è del bambino. Si parla spesso di diagnosi e di interventi precoci: questo significa non perdere tempo prezioso per capire al più presto di che cosa il bambino ha bisogno, ma si cade poi nell’errore di voler affrettare il ritmo di vita, costringendolo a interventi ripetitivi, fin troppo veloci. L’adulto tende ad accelerare le azioni infantili: infastidito dalla lentezza del bambino, gli causa disorientamento e sofferenza. Anche la questione delle interruzioni è delle più delicate. Ciascuno di noi si irrita se viene disturbato quando sta facendo qualcosa che sente importante. Nella scuola tradizionale questo è eretto a sistema: di continuo i bambini sono costretti a interrompere ciò che fanno per passare ad altro. Nella divisione prestabilita in tempi uguali per tutti, il bambino con difficoltà risulta il più penalizzato.
  8. Nella scuola Montessori il fatto di trovarsi tra bambini di diversa età permette a chiunque di “mimetizzare” le proprie difficoltà. I termini di paragone sono meno esacerbati. “Certe cose le so fare poco, come Roby (il più piccolo dei suoi compagni), in altre sono più sicuro, perfino bravo”, dice un ragazzino di otto anni, consapevole di ciò che non riesce a fare. C’è una forma naturale di confronto, c’è l’aiuto spontaneo, non la gara continua fomentata da adulti che a ogni istante, e spesso in modo ambiguo, mettono in luce qualcosa che non va in questo o quel bambino.
  9. Chi controlla l’errore? Occorre dare ai bambini i mezzi per verificare da soli ciò che fanno – mezzi semplici come l’acqua che cade da un bicchiere troppo pieno – anni prima di arrivare a controllare i propri sbagli in ortografia o in calcolo. L’autocorrezione diventa a poco a poco un’abitudine, una disciplina che assicura indipendenza e fa crescere la stima di sé. Questo vale nella stessa misura anche per il bambino con difficoltà. Si tratta solo di trovare gli aiuti indiretti più opportuni.
  10. Tra bambini: in questo tipo di scuola non c’è una gerarchia di valori in base a ciò che si “produce” e il fatto che il maestro non esprima giudizi li libera dalla paura e dall’invidia. Non sprecano energie nella competizione, non si fanno la spia: è la “società per coesione” a vincere. Spesso si fa l’errore di investire i compagni di un bambino svantaggiato di compiti “materni”, protettivi, che però rischiano di impedirgli di far da sé. Il bambino che tenta con fatica va rispettato e valorizzato agli occhi suoi e degli altri, ma con interventi delicatissimi, senza clamorose lodi verbali che in realtà mettono in luce le sue difficoltà. Tutto ciò non si spiega a parole: gli allievi lo assorbono dal clima della classe e dal comportamento degli adulti in accordo tra loro.

MONTESSORI: PERCHÉ NO?
MONTESSORI: PERCHÉ NO?
Grazia Honegger Fresco
Una pedagogia per la crescita.Che cosa ne è oggi della proposta di Maria Montessori in Italia e nel mondo? Un testo fondamentale, corretto, ampliato e riproposto a distanza di anni, per chiunque si interessi alla vita e alle opere di Maria Montessori. Montessori: perché no? è un testo fondamentale per chiunque si interessi alla vita e alle opere della celebre pedagogista. Sull’onda del recente rinnovato interesse per la figura e il pensiero di Maria Montessori, il testo, già edito da Franco Angeli in 7 edizioni ed esaurito da anni, è stato curato da Grazia Honegger Fresco, corretto e ampliato con uno scritto della stessa Montessori relativo all’Educazione Cosmica e uno sull’apprendimento della nostra lingua per adulti migranti. Il bambino che ha sentito fortemente l’amore all’ambiente e agli esseri viventi, che ha trovato gioia ed entusiasmo nel lavoro, ci fa sperare che l’umanità possa svilupparsi in un senso nuovo. La nostra speranza per la pace futura non risiede negli insegnamenti che l’adulto può dare al bambino, ma nello sviluppo normale dell’uomo nuovo.Maria Montessori Conosci l’autore Grazia Honegger Fresco (Roma, 6 Gennaio 1929 - Castellanza, 30 Settembre 2020), allieva di Maria Montessori, ha sperimentato a lungo la forza innovativa delle sue proposte nelle maternità, nei nidi, nelle Case dei Bambini e nelle Scuole elementari. Sulla base delle esperienze realizzate con i bambini e i loro genitori, ha dedicato molte delle sue energie alla formazione degli educatori in Italia e all'estero.È stata presidente del Centro Nascita Montessori di Roma dal 1981 al 2003 e ne è stata Presidente onorario. È stata consulente pedagogica di AMITE (Associazioni Montessori Italia Europa) e nel 2008 ha ricevuto il premio UNICEF-dalla parte dei bambini.Ha pubblicato numerosi testi di carattere divulgativo.